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Autore: Lost Girl    13/12/2012    1 recensioni
Per imparare a volare fino a Una Volta... perché C'era Una Volta, e c'era molto da scoprire, ragazzi... *-* E allora tanto vale provare ad entrare in un libro a caso, e scoprire cosa ci riserva...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One Shot: For Learn To Fly...

Oggi sera le mamme raccontano favole ai loro figli. A partire dalla nascita, siamo sempre stati abituati a viaggiare in mondi lontani e a credere a quello che ci leggevano. Ma, crescendo, si perde questa capacità... e sono poche le persone che hanno deciso di non invecchiare affatto, di rimanere nel mondo dell'infanzia, il più bello del mondo. Perché doversi costringere a diventare qualcosa che non è affatto bello? Diventare adulti è smettere di credere.
Questa favola, è la Favola delle Favole, e se diventerà un libro, ogni mamma la racconterà ai propri bambini, per insegnar loro a volare. Peccato che dopo un certo punto, ci si tarpa le ali da soli, senza che nessuno ci dica nulla. O meglio, gli altri si muovono subdolamente, finché noi non cadiamo nel loro tranello. Questa favola, è l'appello per chi ha avuto il coraggio di continuare a volare.

C'era Una Volta,
ma nemmeno così tanto tempo fa, un bambino. A occhio, sarebbe potuto essere un bambino come tanti, ma guardandolo bene si capisce che è l'unico che resta sveglio fino alla fine della favola che la mamma gli racconta. La guarda con occhi sgranati, immobile nel suo lettino, con un'espressione sognante. Mette il muso quando la mamma si interrompe e la sprona a continuare, per non mettere fine a nulla. Solo quando finisce la storia, puo' andare a dormire tranquillo.
Sorride e si infila a letto tranquillo, in attesa che le braccia di Morfeo lo portino nel mondo più reali di quelli che vediamo durante tutta la vita: il sogno.
Il mattino dopo, non sembrava avere molta voglia di alzarsi, ma come ogni mattina, si sveglia perché ha fame. Chiamò la madre a gran voce e lei, con la forza che hanno solo le giovani madri, si alzò e lo attaccò al seno, mentre cercava di rendersi conto sul per chi, per come e per quando.
Dopo la cucciata, il piccolo venne lavato e vestito, per poi essere posato sul letto, mentre la mamma era intenta a vestirsi lì davanti. 
Il bebè iniziò ad agitarsi e a sorridere, ripetendo la favola che aveva sentito la sera prima, provando a far sentire la mamma come si era sentito lui. Peccato che gli adulti non possano capire il linguaggio dei neonati, vero? Se lo sono dimenticati molto tempo fa... lo dimentichiamo non appena ci insegnano la lingua dei grandi.
Pensando che siano semplici chiacchiere, la madre gli sorrise, sebbene dentro di sé portasse l'enorme peso di crescere un figlio da solo.
Ma questo bambino è speciale... è solo triste che lei non se ne fosse mai accorta. Quando era nato, era già destinato. Invece di piangere, aveva gli occhi sgranati e si agitava, chiedendosi freneticamente in che diavolo di posto era finito e dov'era finito il suo lettino umido e caldo.
Aveva subito iniziato a scalciare e dare pugni, svegliando i bambini che dormivano accanto a lui. Indovinate cosa fu a farlo calmare! Sì, avete visto giusto. Lui aveva smesso di agitarsi solo quando la mamma iniziò a parlargli. Credendo che fosse la prima favola della sua vita, era rimasto ad ascoltare, in attesa che arrivasse la parola fine. Ma a quel tempo, non sapeva ancora che la parola FINE sarebbe arrivata molto tempo dopo, quando la mamma morì. Ciò di cui possiamo andare allegri è che morì troppo giovane per fare in modo che il bimbo si ricordasse di lei. Non si ricordava nulla e non riusciva a farlo. Non ricordava il primo sorriso che lo aveva accolto, non ricordava le favole, né i viaggi che gli aveva fatto fare facendo semplicemente muovere la bocca.
Morì che Tommy aveva solo tredici mesi, e venne affidato ad una zia, più giovane della mamma di qualche anno, ma con due figli di tre e sei anni. Non erano una brutta famiglia, tutto sommato. Tommy imparò tutto quello che c'era da imparare, e non ci volle molto che chiamò "mamma" la donna che in realtà era sua zia.
Ancora oggi è possibile rivederlo mentre si dirige tutubante verso la maestosa scuola dove avrebbe aumentato la sua preparazione. Frequentò le classi con altri giovanotti della sua età, ma non era affatto tranquillo.
Ogni tanto sentiva delle voci che gli parlavano. Aveva solo quattro anni, il piccolo Tommy, quando una di queste si fece più violenta. Stava giocando a pallone con degli amichetti che una voce le urlò nella testa "E una volta compiute le gesta, la parola fine è tutto quel che resta. Buonanotte, amore mio". Si accasciò a terra. Venne chiamata immediatamente un'ambulanza, ma non trovarono nulla di particolare e ipotizzarono solo un calo di pressione. Non parlò a nessuno di quello che gli era successo perché sentiva che era una cosa privata e segreta e non riusciva in qualunque caso a farcela. Ma come poteva, un bambino così piccolo, sopportare tutto questo? Ecco, se i bambini vengono cresciuti a dovere, possono sopportare delle pressioni psichiche molto meglio degli adulti, perché non se ne rendono conto; molto semplicemente.
In questa storia, si puo' dire che il nemico sia il ricordo così potente di una donna che non è mai stata conosciuta.
Passarono gli anni, e Tommy si preoccupò sempre di più di argomenti adatti man mano che cresceva. A 10 anni giocava a calcetto, a 12 iniziò a sognare di fare il calciatore, a 15 aveva scelto il suo lavoro serio, in modo che potesse scegliere le superiori, e a 16 aveva il suo bel gruppo di amici, con i quali si divertiva un mondo.
Era durante un uscita con quei sei ragazzi che gli tornò in mente cosa successe a quattro anni. Quella voce... era così familiare, così vicina... che non gli sembrava vero che non si ricordasse chi la possedesse.
In quel giorno, litigò coi suoi amici.
"Cosa succede?"
"Niente, niente..."
"Tommy!"
"Niente, davvero.."
"Tommy, stai diventando rosso"
"Oh, basta! Non ho niente!" Aveva sbottato, sì, è vero. Ma cosa vi aspettavate? Un angelo? Sin da piccolo aveva avuto lo spirito battagliero, e poi a quell'età si è un sacco suscettibili.
Era tornato a casa di corsa e si era buttato sul letto, senza voler vedere nemmeno i suoi fratellastri o la sua matrigna.
Si stringeva le tempie tra i pugni (che è il miglior modo per ricordare qualcosa) e continuava a sentirsi dentro quella frase. Sembrava, sì... il finale di una favola. Una favola in cui tutti vivevano felici e contenti.
Non gli tornò mai in mente di chi fosse quella voce, ma di una cosa potete starne certi.
Se ora voi lo vedeste per strada, vi accorgereste che non è esattamente un uomo. Sembra una via di mezzo tra sogno e realtà. Non ha più amici, ma non si sente mai solo. I bambini lo adorano, e lui si sente uno di loro. Non ha una casa, non ha una famiglia... ma sembra così... ricco. Sembra avere tutto quello che puo' desiderare, solo a guardarlo sorridere, con quei denti così storti, perché dopo quel giorno durante i suoi 16 anni erano tornati storti. Il suo carattere era tornato quello di un bambino e non crebbe mai più... oggi, la mamma è lì con lui, per raccontargli la favola di Peter Pan, l'unica che gli avesse mai raccontato.

"Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra ch'io ho detto la mia"
"Una volta compiute le gesta, la parola fine è tutto quel che resta"


Buonanotte, amori miei.

  
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