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Autore: cyrusfiancee    14/12/2012    9 recensioni
Dall'alto, come per magia comparve un piccolo mazzetto di vischio, ed il canadese spostò la ragazza esattamente sotto di esso, pronunciò l'ultima frase della canzone, guardò negli occhi Selene e annullò la distanza.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                           Christmas Eve




24 Dicembre,
Believe Tour,
NY City.



“Sapete quanto amo il natale, perciò ho deciso di dedicare questa seconda parte di show al mio album Under The Mistletoe, con una sorpresa che sicuramente apprezzerete” Justin sorrise e con la mano, libera dal microfono, si asciugò le gocce di sudore che sostavano sulla sua fronte.
Si avvicinò alla batteria, indossò un buffo cappello di Babbo Natale, e iniziò a suonare, mentre sotto partì la base di Drummer Boy.

Allison camminava tra le Beliebers cercando la fortunata.
Era una serata davvero speciale, e doveva trovare quella perfetta.
Le ragazze continuavano a saltare, piangere, urlare, senza lasciarle il tempo di respirare o anche solo fare un passo.
Era invivibile.
Tutta quella frenesia l'amava, ma quando arrivava l'ora di sceglierne una, e quindi di inoltrarsi tra loro, non riusciva neanche ad inalare un po' d'aria pulita.
Tutto successe in un attimo, perse l'equilibrio e si ritrovò per terra, con tutte quelle ragazzine che la pestavano senza degnarla di uno sguardo, tuttavia una di loro si avvicinò e l'aiutò ad alzarsi.
“Grazie mille” urlò Allison per farsi sentire dalla ragazza.
“Figurati” le sorrise lei.
“Vieni con me”.
Allison la prese per un braccio e la trascinò dietro le quinte, senza che l'altra potesse capire qualcosa.
“Sei pronta ad incontrare il tuo idolo?”.
Al suono di quelle parole, la rossa cominciò a singhiozzare, aggrappandosi alla camicia di Allison, e ringraziandola come l'avesse portata in paradiso.
'Questa era la parte meravigliosa di quel lavoro' pensò lei.
La ragazzina si ricompose, asciugò alla bella e meglio le lacrime, e cercò di risultare calma abbastanza, da non sembrare una piccola pazza furiosa.
Poi sorrise ad Allison.
“Sono Selene” si presentò la rossa.
Allison pensò di aver trovato quella giusta, la migliore che avesse mai potuto trovare.
Selena era una bellezza particolare, non di quelle che appena vedi definisci meravigliose, ma bella nei dettagli, bella nell'insieme, bella speciale.
Aveva dei lunghi capelli rosso fuoco, gli occhi verde smeraldo, grandi ed in quel momento contornati di quella poca matita nera rimasta, un naso delicato, il labbro inferiore particolarmente marcato, mentre quello superiore, leggermente, più fine, delle guance, che ad ogni suo sorriso, si trasformavano in dolci cuscinetti, e infine, un fisico particolarmente magro, che lasciava trasparire qualche dolore passato, che con forza e coraggio cercava di dimenticare.
Allison era intenta a scrutarla, mentre lei osservava, entusiasta, Justin, da dietro le quinte.
Una mano pesante la prese per la spalla, e la portò davanti alla tenda, dalla quale sarebbe dovuta entrare.
Dieci secondi e avrebbe visto il suo salvatore.
Nove secondi e avrebbe sentito il suo dolce profumo.
Otto secondi e tutto ciò che aveva sempre aspettato le sarebbe stato davanti.
Sette secondi ed ogni dolore sarebbe scomparso.
Sei e la vita le avrebbe sorriso.
Cinque ed il passato sarebbe stato un ricordo da non far più comparire.
Quattro ed ogni particella del suo corpo avrebbe lasciato posto a milioni di emozioni.
Tre e, adesso, sentiva la paura.
Due e non sentiva più le gambe.
Uno.
Kenny la spinse dentro, e in un attimo fu davanti milioni di persone, che annullò all'istante, quando il braccio di Justin le cinse la vita.
“Ciao” mimò lui con le labbra.
“Non svegliatemi mai” sussurrò Selene, più a se stessa che a Justin, il quale rise sotto i baffi.
Si aspettava di sentire One Less Lonely Girl, ma sotto risuonavano le note di Mistletoe, mentre Justin, con la sua voce perfetta, cantava, creando a lei, e al resto di quelle Beliebers sotto di loro, migliaia di brividi.
Dall'alto, come per magia comparve un piccolo mazzetto di vischio, ed il canadese spostò la ragazza esattamente sotto di esso, pronunciò l'ultima frase della canzone, guardò negli occhi Selene e annullò la distanza.
Durò meno di un minuto, eppure qualcosa successe.
Le farfalle presero posto tra lo stomaco della ragazza.
E Justin, si sentì totalmente libero da quelle catene che da un po' di tempo lo opprimevano.
Doveva conoscere quella ragazza.
“Aspettami dietro le quinte fino alla fine del concerto” sussurrò lui nel suo orecchio.
E lei, ancora paralizzata, ancora incredula, tornò dietro le quinte, scoppiando in un silenzioso pianto fatto di mille gioie.

Mezz'ora dopo il concerto Justin si presentò alla ragazza lindo e profumato.
Bello, bello da togliere il fiato.
Bello da far male.
“Ehi” salutò la ragazza.
“Ciao” cercò di sembrare il più normale possibile Selene.
“Come ti chiami?” chiese Justin avvicinandosi pericolosamente alla rossa.
“Selene” gli porse la mano.
“Luna?” sorrise lui.
“Sì, significa questo. Era il nome della figlia di Cleopatra” arrossì lei.
“Non sarai la figlia di Cleopatra, ma sono sicura tu sia più bella”.
Selene avvampò di colpo, cercando di nascondere l'imbarazzo portandosi davanti i capelli.
“Allora? So che nevica, perciò potremmo andare nel mio posto preferito di NY. Adesso è l'una di notte e in giro non c'è nessuno, sono questi i momenti in cui mi godo davvero la mia normalità” Il biondo indossò una cuffia blu, lasciando fuori soltanto il ciuffo davanti.
La ragazza prese i guanti bianchi, indossò il cappotto rosso, lo stesso rosso dei suoi capelli, e in testa mise una morbida cuffia bianca ornata da un ponpon rosso.
Justin spense le luci, ed insieme uscirono nella neve.
Enormi fiocchi ricadevano sulle loro teste, e Selene cercava di tenere a bada quella innata voglia, che sin da piccola la caratterizzava, di prendere quei meravigliosi fiocchi con la lingua.
Osservava il biondo, scrutando ogni suo dettaglio; la mascella contratta per il freddo, le mani in tasca, le gote rosse, e quel tic che aveva di abbassarsi la cuffia per coprire il più possibile le orecchie.
Perfetto era, forse, riduttivo, tuttavia altri termini non le parvero così adatti a descriverlo, se non quello.
Sembrava totalmente perso nel suo mondo, nel suo silenzio, guardava dritto davanti a sé e qualche volta, pareva quasi, che gli spuntasse un piccolo sorriso, così dal nulla, come se un ricordo gli fosse apparso nel cervello, e lui non poteva trattenerlo.
“Ti piace la neve?” chiese poi lui sciogliendo il silenzio.
Lei annuì, cercando di non sembrare scoordinata, cercando di apparire al meglio.
“Non devi aver paura di me. Io sono umano” sorrise lui.
“Lo so” disse imbarazzata.
“Vorrei che potesse sembrarti una passeggiata tra due amici, o tra due persone interessate l'uno all'altro, perché se avessi voluto una serata con il mio solito mondo finto sarei stato con tutta quella gente che continua ad elogiarmi, ma che, tuttavia di me conosce solo ciò che viene fuori nei giornali, e gli interessa solo quella” sputò lui, tutto d'un fiato, come se quel peso gli opprimesse l'anima.
Selene si sentì così fuori luogo, così inadatta, eppure le sembrava davvero sincero Justin, nel voler passare una normale serata, e le aveva appena confessato di essere interessato a lei, non doveva aver paura.
“Oh.. allora cercherò di conoscere il vero Justin” sorrise lei, facendo sorridere di rimando il biondino.
“E a te piace la neve?” chiese lei.
“Tanto, mi ricorda il Canada. Mi ricorda che da bambino prendevo la mia paletta e andavo fuori a spalare, poi mi facevo spazio tra la neve ed uscivo con la mia bici rossa, e mia mamma mi urlava di tornare in casa, perché faceva freddo, ma non capivo che senso aveva; insomma, mi aveva regalato una bicicletta rossa fiammante per natale, ed io non dovevo giocarci e dovevo aspettare l'estate? Non aveva senso” raccontò lui, un po' presente e un po' assente, immerso, per così dire, nei suoi veri ricordi, quei ricordi che gli ricordavano una vita fatta di piccole gioie.
“Non pensare – continuò lui – che la mia vita non mi piaccia, perché io faccio ciò che amo, e sono sempre me stesso, e do il meglio di me, e molte volte lo faccio semplicemente per tutte quelle persone che credono in me, che ci sono da sempre, per voi ecco, però mi dispiace che la gente pensi che io sia un prodotto, perché non lo sono, sono un ragazzo che fa quello che ama, e lo fa per la sua felicità e per la felicità di tutte quelle persone che nelle mie parole trovano conforto” chiuse così quel discorso, alzando poi le spalle, e abbassandosi un po' il cappello che gli aveva lasciato scoperto una piccola parte di orecchio.
“Vorrei ringraziarti Justin, perché tu ti stai aprendo con me, ed io non credo di essere così speciale da meritarmi queste confessioni” ammise lei.
“Non l'avrei fatto se tu non fossi speciale”.
Justin volse il suo sguardo, finalmente, dopo dieci minuti di cammino, senza mai voltarsi verso Selene, imbarazzandola all'inizio, ma facendola sentire, infine, totalmente a suo agio.
“Oh, guarda, siamo arrivati”.
Il biondo si avvicinò ad una porticina di un piccolo bar newyorkese, sconosciuto persino alla ragazza, che viveva in quella metropoli da tutta la vita.
All'interno non c'era nessuno, forse per l'orario, forse per quanto fosse sconosciuto quel posto, eppure, la ragazza, lo classificò come un posto accogliente; le pareti tutte in legno, come il resto dell'arredamento, completamente ornate di luci colorate, un alberello di natale posto accanto ad un vecchio jukebox, in fondo alla sala, ancora funzionante, che trasmetteva un vecchio CD degli anni cinquanta, ed un uomo barbuto dietro al bancone, che pareva somigliare a babbo natale.
Sembrava che il tempo là dentro si fosse fermato.
I due ragazzi si sedettero in mezzo alla sala, in un piccolo tavolo, e in pochi minuti gli si presentò davanti l'anziano.
“Ciao Justin” sorrise il vecchio.
“Ciao Paul” ricambiò Justin.
“Cosa vi porto?” chiese babbo natale.
“Per me il solito, però con tripla panna” ordinò il biondo.
“Per me quello che ha preso Justin con doppia panna.. sa sono a dieta” fece l'occhiolino al vecchio, che prese dal tavolo il menù e si diresse dietro al bancone.
“Come fai a conoscere questo posto?” chiese stupita lei.
“Una volta ero a New York per un'intervista, e alle undici di sera credetti di poter fare un giro da solo per le vie della città, ma mi sbagliai.. Insomma, non credevo al detto che questa città non si spegne mai, ed invece è proprio così. Un gruppo di fan mi raggiunsero e all'inizio fui felice di fare foto e autografi, ma quando iniziarono ad aumentare mi spaventai, perché so come siete fatte, e alcune volte siete esagerate, così iniziai a correre inseguito da questa mandria di ragazze, cercavo riparo ma non trovai nulla, poi vidi questo localino e pensai che nessuno mi avrebbe trovato, era una via così triste e desolata, e insomma, Justin Bieber, secondo la gente, non viene in questi luoghi neanche per una scommessa, così mi infilai e quando entrai rimasi incantato; c'erano solo anziane donne, alcune da sole, e altre accompagnate dal marito, che si ritrovavano qui a giocare a carte, a chiacchierare e ad ascoltare la musica della loro gioventù. Mi misi a piangere giuro, e così conobbi Paul, e passai tutta la notte a parlare con lui, fin quando non mi feci venire a prendere da Kenny, e da quella sera, ogni volta che sono qui, aspetto che si faccia tardi, e mi fiondo in questo locale ad assaporare la mia libertà, e anche la cioccolata calda migliore al mondo”.
Mentre Justin parlava, Selene notò come brillassero i suoi occhi in quei momenti, come se il suo vero io uscisse dal suo corpo, ed iniziasse a farsi spazio, e a lasciarsi andare.
“Raccontami tu qualcosa!” la guardò lui, scrutando con meraviglia le sue piccole lentigini del viso.
“Sono Selene, ho diciassette anni, nata a New York, vissuta a New York, Belieber e Smiler. Ho sofferto di anoressia quando scoprii che mio padre tradiva tranquillamente mia madre, a soli dodici anni mi ricoverarono in ospedale, e l'unica persona che mi veniva a trovare era mia madre, solo lei, così finii in depressione e dovettero ricoverarmi in una clinica a tredici anni, dove incontrai il mio attuale migliore amico, e probabilmente senza di lui la mia vita non avrebbe preso una piega migliore, perché in lui ho trovato la mia salvezza, e quando uscì da quella clinica, continuò a venirmi a trovare tutti i giorni, portandomi le caramelle gommose, che sono la mia più grande passione, ma solo quelle rosse, perché mi ricordano i miei capelli, ed io sono innamorata dei miei capelli, e mi diede il coraggio che mi mancava, così a quindici anni uscii dalla clinica, anche io, ed in macchina mandavano in radio un ragazzino, Justin Bieber per l'appunto, e fu così che ti conobbi, e credimi, sei stato il mio secondo amico dopo la scuola, e forse, il mio primo vero ed unico amore” e a quelle parole finali, tolse il suo sguardo da quello di Justin, immergendosi totalmente nella sua cioccolata calda, come se fosse la cosa più interessante al mondo, e non sapeva bene perché gli aveva detto tutte quelle cose, che solo lei e Andrew conoscevano, perché al di fuori di quella clinica, lei era tornata a scuola, e aveva vissuto normalmente, nascondendo al mondo il suo passato, facendosi nuove amiche, ma tenendo nascosto la parte oscura del suo cuore.
Justin la osservava cercando di arrivare sino in fondo al suo cuore, eppure tutte le volte che secondo lui stava per scoprire quel pensiero più profondo, trovava una barriera, che non riusciva a distruggere, ed era questo che trovava di bello in lei, era un cubo di rubik; facevi una facciata e poi arrivava la prossima e questo ti poteva distruggere la prima, dovevi trovare quindi un modo, una scappatoia, ma scappatoie non ce ne sono per quel gioco, devi giocare, devi ingegnarti e magari alla fine ci riuscirai.
Justin prese la mano della ragazza, ed iniziò ad accarezzarla, mentre lei continuava, silenziosamente, la sua cioccolata, come una bambina incantata.
“Vorrei rivederti” disse d'un fiato lui.
Lei sorrise, semplicemente sorrise.
“Ma questo non è possibile, perché io non mi fermo mai da nessuna parte, e non ho tempo per queste cose”.
E ad un tratto la felicità, creatasi in entrambi, si frantumò, in tanti piccoli pezzi.
“Lo so” disse lei, cercando di nascondere una lacrima dietro ad un finto sorriso.
“Starò qui fino al 2 di gennaio”.
“Lo so, ma non credo sia il caso di vederci Justin, farebbe solo più male”.

Selene si alzò dal tavolo, lanciò una moneta al vecchio che l'afferrò al volo, baciò Justin sulla guancia, ed uscì dal locale, lasciando il biondo da solo, su quel tavolo, che fino a cinque minuti prima ospitava persone felici ed innamorate.





31 Dicembre,
Time Square,
NY City.



Selene si trovava tra il pubblico di quell'enorme evento, e aspettava, con tutto il suo cuore, l'arrivo di Justin sul palco.
Da quel giorno non l'aveva più visto, ed era ritornata alla normalità, era ritornata a sognarlo ascoltando le sue canzoni, e adesso si ritrovava, trascinata da Andrew, al capodanno più grande del mondo, forse dopo quello di Sidney, e tra pochi minuti sul palco ci sarebbe stato il ragazzo dei suoi sogni.
Ed eccolo arrivare, salì sul palco, in tutto il suo splendore e in un attimo fece suo il pubblico, la sua voce, così pulita, scaldava tutte quelle persone, perché Justin Bieber riesce a riscaldare gli animi di tutti anche quando al di fuori ci sono almeno una decina di gradi sotto lo zero.
Poi finì tutto, e Justin ascoltò tutto quel pubblico che applaudiva solo per lui, ed un sorriso enorme, forse il più vero che avesse mai fatto nei suoi anni di carriera, comparve sul suo viso.
Salutò tutti, e sparì dietro le quinte.
Selene sapeva dove si sarebbe diretto Justin.
Voleva ritentare.
L'aveva abbandonato in quel bar, senza dargli spiegazioni, senza finire quella cioccolata, e aveva sbagliato.
Lasciò un flebile bacio sulla guancia di Andrew, ed iniziò a farsi spazio tra la folla, mancavano cinque minuti a capodanno.
Corse con tutta la forza che aveva dentro di sé, spinse chiunque le si piazzava davanti, corse fino a perdere il fiato.
Tre minuti.
Due minuti.
E arrivò al baretto.
Trovò Justin fuori dalla porta, che fissava l'ingresso senza fare un passo.
Si avvicinò lentamente a lui, fino ad affiancarlo.
“Ehy” sospirò dalla tanta stanchezza che le aveva procurato quella corsa a perdi fiato.
“Ehy” sorrise lui, senza guardarla.
“M-mi dispiace per l'altra sera” gli mise una mano sulla spalla.
“Tranquilla, hai fatto bene, hai ragione” ammise lui, voltandosi, finalmente, verso di lei.
“Vorrei farti un regalo, prima di perderci per sempre e poi giuro che potrà davvero finire tutto, e ci porteremo sempre l'uno nel cuore dell'altro, senza rancore ma con gioia”.
“Dimmi” la guardò lui.
“Senti” sussurrò lei, al suo orecchio, costringendo Justin ad appoggiarle le mani sui fianchi.
In lontananza si sentivano le voci che scandivano il conto alla rovescia.
“Dieci”
“Nove”
“Otto”
“Sette”
“Sei”

“Cinque”
“Quattro”

“Tre” questa volta era Justin a parlare.
“Due” disse lei
“Uno” sussurrò lui,.
"Auguri Justin" pronunciò lei, prima che Justin si avvicinasse a lei, inizinando a baciarla.

Fu un bacio diverso dal primo.
Questo era quello di due persone innamorate, di due persone che si erano spogliate dei loro segreti e che adesso, celebravano la loro unione.
Quando si staccarono, questa volta, i loro sguardi non si lasciarono neanche per un secondo, perché tutto doveva essere perfetto, tutto doveva essere ricordato per sempre.
“Ti va di ballare?” lo invitò lei, facendo partire mistletoe, dall'iPhone.
“Con piacere”.
Lei appoggiò le sue braccia sulle spalle del biondo, che intanto la strinse a sé, facendo aderire i loro corpi.
Un fiocco di neve poggiò sulle labbra della rossa, che Justin, poi, raggiunse con un altro bacio.

















 

Spazio Autrice

Sceeeeeu!
Quest'anno sono così natalizia che faccio pure OS di natale, cioè amatemi!
E' la mia seconda OS, ormai mi son presa benissimo, lo ammetto LOL.
Spero vi piaccia e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate amiche!

ciaaaao a tutte e buon natale e felice anno nuovo.

sbii

  
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