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Autore: _keira_    01/07/2007    0 recensioni
<< E’ per questo che non voglio farvi venire con me. Io voglio vendetta perché ho visto morire troppa gente, troppa per i miei gusti. Voi cosa desiderate? Aiutare il vostro pazzo amico che non vuole altro che ucciderlo? Convincere Harry Potter che è un pazzo a voler provare sentimenti omicida? Spronarlo a rifugiarsi nella Tana, coccolato dai genitori che non ha mai avuto? Spiacente, ma Harry Potter non è d’accordo >>
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Privet drive n 4 Capitolo 1 Quell’estate era stata un inferno. Faceva davvero molto caldo e anche se i ventilatori erano accesi in mezza casa, nessuno sembrava essersi accorto di Harry, che annaspava sudato davanti alla propria finestra in Privet Drive. Era stato chiuso in camera per aver rovesciato un bicchiere d’acqua sulla preziosa moquette di zia Petunia, ma era stato un incidente: Dudley voleva che gli versassero l’acqua da almeno mezz’ora e nessuno dei due genitori gli dava retta perché attentamente presi da una partita di calcio in tv… Dudley non si sarebbe mosso da dov’era anche se ci fosse stato un terremoto perché voleva il suo bicchiere d’acqua, ed essendo totalmente stupido da non potersela versare da solo, Harry alzò la bottiglia. << Dammi il bicchiere, te la metto io… Sei peggio di un bambino di tre mesi che ha perso il ciuccio, sai? >> disse mentre gli versava l’acqua e Dudley, irato per il suo spregevole ma vero insulto, allontanò il bicchiere e Harry rovesciò l’acqua sulla tovaglia che pian piano gocciolò verso la moquette. << Mamma!!! Harry ha rovesciato l’acqua, Harry ha rovesciato l’acqua!!! >>. Fino a un momento prima al richiamo del loro povero figlioletto che voleva essere imboccato il biberon con un po’ d’acqua non avevano risposto, ma adesso che Harry aveva fatto il madornale sbaglio di aiutare quella scimmia di suo cugino sembrava che tutto il mondo si fosse rivoltato. << La moquette! >> urlò imbestialita zia Petunia. << Lui ha allontanato il bicchiere, è logico che l’acqua sia caduta!! >> strillò Harry. << L’hai rovesciata tu lo stesso, questa tua banale scusa non cambia i fatti! >> disse Dudley. << Allora ammetti di averlo allontanato tu il bicchiere! >> << Tu avresti dovuto avere la prontezza di allontanare la bottiglia, in fondo sei uno Svitato che fa tu-sai-cosa con quel bastoncino che ti porti dietro, perché non pulisci? >> rispose Dudley. << Non rischierò di farmi espellere di nuovo come feci due anni fa per salvare la tua miserabile vita da fifone che viene servito da due camerieri che ti fanno da genitori!! >> sbraitò Harry in preda alla rabbia. << Non usare quel linguaggio in casa mia, ragazzo! >> urlò zio Vernon. << E perché mai? Non è forse vero? Non immaginate neanche che danni state facendo a questo smidollato! Trattandolo come un bambino gli state decimando i neutroni del cervello! Diddino qua… Didduccio là… Ti fa male il pancino, hai la februccia… >>. << Ora basta… >> disse zio Vernon inviperito. << E perché? In fondo Diddino ha ragione… lui voleva l’acqua e i suoi camerieri non l’hanno ascoltato… invece Harry si, Harry si è preso la briga di servirlo… >> disse Harry ma fu interrotto. << …chiamandomi bambino di tre mesi che ha perso il ciuccio! >>. << Certo, perché sei così idiota da non saperti versare un bicchiere da solo, mentre invece sai andare a pestare i bambini di dieci anni… >> disse Harry diventando rosso per la rabbia. << Cosa? >> chiese zia Petunia guardando suo figlio. << Perché, non lo sapevi zia Petunia? Oh, ma certo, voi da cari genitori, pardon, camerieri apprensivi, credevate che vostro figlio andasse a fare merenda da i suoi cari amichetti? Oh… diglielo, Diddino, cosa facevi invece… >>. Dudley divenne rosso come un peperone. << Cosa facevi, Didduccio caro? >> fece la madre ma Dudley non rispose. << Oh, non parli? Peccato, sai, perché allora sarò io a parlare… Quella notte in cui lo salvai dai Dissennatori, non era di ritorno dai suoi cari amichetti, ma era stato accompagnato dai suoi scagnozzi, ridendo di un bambino che avevano pestato con tanta facilità… >>. << Mio figlio non lo farebbe mai >> disse Vernon. << Ah no? Chiamate tutti i bambini di Privet Drive, dubito che non ce ne sia ancora uno che non sia stato pestato da Big D e i suoi scagnozzi… >>. << Non dire baggianate, Potter, le tue non sono altro che scuse… >> urlò Vernon. << Il tema principale riguardava la moquette di mamma che tu hai rovinato versandoci dell’acqua! >> disse Dudley irritato. << “Il tema principale”… dove hai imparato queste paroline nuove, dal dizionario per i bambini di due anni? >> rise beffardo Harry. Da tanto aveva desiderato deridere il cugino come lui aveva fatto con Harry da più di sei anni. << Diddino, è vero? >> disse la madre. Lui non rispose. << Vi aspettate anche che risponda? Le uniche frasi che conosce è “Mamma è stato Harry” oppure “Papà punisci Harry”… La totale mancanza di regole lo sta sviando… Cosa credete che farà quando voi schiatterete? >>. << Potter! >> gridò zio Vernon. << Non fare il fifone, zio Vernon, perché prima o poi accadrà e voi lo sapete meglio di me… Comunque, quando voi verrete meno cosa crederete che farà? Si aspetterà di essere servito giorno e notte e se non accadrà potrebbe anche morire di fame aspettando di essere trattato come un re! Lo state trattando come un vegetale, lo capite questo si o no? >> disse Harry arrabbiato al massimo, ma poi si rese conto che i suoi tentativi di farli ragionare erano del tutto inutili. << Oh… ma con chi sto parlando, tanto voi date ragione solo a Diddino, che pesta i bambini di dieci anni per avere il possesso di videogame e poche sterline… >> disse Harry salendo le scale per sparire dentro la sua stanza. << Torna giù subito, devi pulire! >> gridò ancora una volta Vernon. << E’ stato Diddino, zio Vernon, io non c’entro niente! >> disse chiudendosi nella sua camera. Sentì i passi pesanti di un bisonte che saliva la rampa, così prese subito la bacchetta dal suo cassetto. << Scendi immediatamente o… >> disse Vernon bloccandosi alla vista della bacchetta. << O? >> disse Harry che se ne stava tranquillamente seduto sul suo letto. << Mettila giù immediatamente >>. << Altrimenti? >> disse Harry. << Verrai espulso da quel manicomio, lo sai >>. << Meglio, così potrò torturarvi qui con la mia bacchetta >>. Petunia e Dudley salirono le scale e si bloccarono insieme a Vernon sulla soglia della porta. << M-mettila giù… >> disse Petunia. << Davvero, e perché? Chi siete voi per ordinare me? Me che sono un mago che può facilmente incatenarvi a vita al muro con un colpo di bacchetta! >>. << Non puoi farlo, sarai espulso >> disse zia Petunia preoccupata. << Meglio per me, così potrò farvi vivere le pene che ho subito io vivendo in casa vostra… >>. << Ma quali pene, svitato?! Noi ti abbiamo ospitato qui sapendo che eri un tu-sai-cosa che avrebbe usato una tu-sai-cosa… Abbiamo fatto un sacrificio immane per tenerti qui senza destare troppi sospetti… >> disse Vernon. << Se mi aveste capito sin dal primo momento in cui mi “ospitaste” e aveste accettato la mia natura come io ho accettato la vostra di grandi sfruttatori sin dal primo giorno, magari avemmo potuto andare d’accordo! Non siete stati capaci di trattare un mago come vostro eguale! Sono anch’io un essere umano, anch’io bevo, mangio e dormo come voi! E invece no! Invece avete trattato lo Svitato Harry Potter come uno schiavetto, lì dove serviva là c’era, mentre voi e Diddino vivevate nel lusso più sfrenato, tanto avevate un servo, non c’era mica da preoccuparsi…>>. Petunia abbassò lo sguardo su Dudley. << E’ ora che puniate vostro figlio per una volta come avete fatto con me per tanto tempo. Prima o poi qualche genitore di uno di quei bambini che ha pestato insieme ad altri ragazzi verrà a farvi causa, e non sarà solo lui ma anche la comunità vorrà un riscatto per aver sfasciato le giostre di Magnolia Road >> disse poi calmandosi. << Dudley non è il tipo che se ne va sfasciando le giostre su e giù per il paese >> disse Petunia. << Bè… invece si… fare il bullo e distruggere le cose sono comportamenti tipici di ragazzi che vengono trattati come dei bambini di tre anni… Ringrazio Dio per non essere al suo posto >> disse Harry. Poi aggiunse: << Alcuni di quei ragazzi, però, hanno l’intelligenza di ribellarsi ai loro genitori facendo capire il loro senso di umiliazione. Dudley invece no, a lui piace essere trattato come un lattante, quale privilegio migliore, vero, Dud? Sono veramente contento di non essere nei suoi panni, adesso sarei davvero uno Svitato, perché se non ve ne siete accorti, i veri svitati in questa casa siete voi! Adesso sparite di qui, prima che vi faccia una Fattura… >> << Che cos’è? >> disse Vernon. << Una… una tu-sai-cosa? >>. << Si, zio Vernon, è una tu-sai-cosa che, per tua informazione, si chiama magia… - I Dursley sussultarono quando Harry pronunciò quel nome - Ne esistono tante di magie, però… Le Fatture in particolare, sono degli incantesimi che provocano il mutamento di alcune parti del corpo, tipo la coda che spuntò a Dud cinque anni fa >> Dudley sussultò spaventato. << Non ti sarà servito cibo per tre giorni, solo acqua la mattina e il permesso di andare in bagno la sera. Verrai chiuso a chiave in questa stanza per tutta la giornata, non uscirai da qui dentro fin quando non andrai a quella scuola di matti che sto incominciando ad amare perché mi tengono lontano da te! >> tuonò Vernon. << Non sai quanto sono felice io di andarmene da qui ogni volta che viene il primo settembre che per inciso è anche la data del mio compleanno che voi non mi avete mai fatto festeggiare!!! >> urlò Harry mentre Vernon chiudeva a chiave la porta. Era stato così che da un giorno lo stomaco di Harry brontolava insofferente, aspettando che qualcosa venisse mandato a bordo. Aveva anche una gran sete a causa del caldo ma non poteva effettuare alcuna magia o sarebbe stato espulso sul serio: non aveva ancora compiuto diciassette anni. La notte, anche se più fresca del mattino, restava comunque afosa e Harry andava a letto stanco come non mai, sempre più magro ogni ora che passava. Edvige gli stava accanto in ogni momento della giornata rischiando anche lei di non mangiare, ma quando Harry la obbligava a uscire per andare a caccia durante la notte e ritornava con un topo morto in bocca, molto spesso ne offriva una parte a Harry che all’alba del secondo giorno stava per accettare l’offerta. Meno male che la sua razionalità lo fece ragionare: se avesse mangiato un topo di strada chissà quali malattie avrebbe riportato. << Emh… no, grazie, Edvige, emh… io non ho uno stomaco forte come il tuo >> disse mentre il suo stomaco si ribellava. Quella sera sentì gli zii discutere nella stanza affianco. Avvicinò un bicchiere, quello che gli era stato dato la mattina stessa, alla parete per poter sentir meglio le voci. << Forse dovremmo sfamarlo, Vernon. Con quell’affare che ha nella stanza potrebbe avvertire i suoi simili… >> era la voce di Petunia. << E tu ricordi cosa mi disse quel vecchio barbone quando ricevemmo Harry in casa… >>. << Domani è il terzo giorno, Petunia, ed è l’ultimo. Dopodomani potrà mangiare anche lui, ma mi raccomando: non voglio che consumi i pasti dove li consumiamo noi. Non credo che gli altri Svitati obietteranno se non lo facciamo mangiare alla nostra stessa tavola…diremo che volevamo un po’ di privacy… >>. << Aveva ragione a chiamarci degli sfruttatori. Trattiamo meglio il cane di Marge che lui che è un essere umano >>. << Che pensieri vai facendo? Se abbiamo il terrore del cane di Marge? >>. << Appunto. Se di lui abbiamo il terrore, per Harry cosa proviamo? >>. “Totale ripugnanza” pensò Harry. << Totale ripugnanza, Petunia. Adesso dormi >>. Harry non sentì più nessuna voce e posò il bicchiere vuoto. Se avesse avuto a disposizione un telefono avrebbe chiamato la polizia e loro sarebbero stati incarcerati con l’accusa di maltrattamento di un minorenne che avrebbe compiuto gli anni di lì a poco. Ormai non credeva che Hermione e Ron sarebbero venuti a prenderlo: l’anno prima aveva detto loro che sarebbe andato alla ricerca degli Horcrux. Peccato per lui quell’anno a Hogwarts non sarebbe ritornato. L’anno prima aveva detto ai suoi amici che avrebbe giurato vendetta al famigerato Lord Voldemort che pian piano stava distruggendo la sua vita uccidendo le persone a cui teneva di più. Ma adesso niente e nessuno gliel’avrebbe impedito: avrebbe ucciso Voldemort. I suoi genitori, Sirius e Silente non erano morti per niente. Tutti loro avevano tentato di difenderlo, ma adesso basta, adesso era il suo turno. Immerso nei suoi pensieri, prese la foto di Ron ed Hermione che aveva sul comodino, che lo salutavano felici dietro la superficie liscia e trasparente del vetro. Chissà se li avrebbe mai più rivisti. Posò la foto e fissò il soffitto con lo stomaco che ballava la tarantella dentro il suo corpo. Mai e poi mai i suoi zii l’avrebbero definito una persona come tutte le altre, solo a Hogwarts si sentiva a casa, e adesso che non ci ritornava più si sentiva quasi male. Decise di alzarsi e di andare alla finestra, il caldo quella notte era terribile. Era incredibile come si era ridotto. Viveva in una casa, aveva un letto, ma veniva trattato come una bestia, senza offesa per gli animali che vivevano in condizioni più civili di lui. Desiderò di non essere mai nato, in questo modo non avrebbe patito le pene che viveva con i Dursley. Lasciò girare lo sguardo per le case quadrate di Privet Drive e vide la casa della signora Figg. Le luci erano spente ma se fossero state accese avrebbe scavalcato il davanzale fino ad arrivare a casa sua. D’improvviso, come se fosse stato il cielo a volerlo, la luce della stanza da letto in casa sua si accese e Harry esaminò la distanza che separava la sua finestra dall’aiuola. Era parecchia. “ Bè… al massimo mi fratturerò un braccio… oppure una gamba… ma gli arti non sono così necessari, in fondo… ” pensò. Decise di prendere il suo baule e la gabbia di Edvige dove il gufo dormiva beato, acchiappò quello che poté dal pavimento e lo infilò all’interno dell’enorme bagaglio, poi prese la bacchetta dal cassetto del comodino e la mise in tasca. Alzò di peso il baule e sperando di non fare rumore, lo gettò di sotto. Per fortuna nessuno si era affacciato al rumore di un gatto che scappava via dolorante, miagolando abbastanza forte. Edvige sbatté le ali infastidita e Harry aprì la gabbietta. << Va di sotto, aspettami vicino alla porta d’ingresso… >>. Edvige lo guardò, poi fece per andare giù per le scale ma la porta era chiusa e lei si appollaiò sul pavimento, aspettando che Harry la aprisse. << No, non da quella parte, Edvige, per di qua! >> disse indicando la finestra spalancata. << Vola giù fino a toccare terra e aspettami lì dove sei, hai capito? >>. Edvige si alzò in volo irritata e prese a scendere per la finestra fin quando non toccò il prato dell’aiuola con le sue fragili zampe. Harry gettò la gabbia vuota di sotto ed esaminò di nuovo la distanza che lo separava dalla curata aiuola che viveva sotto la casa degli zii, poi si sedette sul davanzale con le gambe fuori. “ Questo è puro suicidio… “ pensò ancora, ma poi si lanciò. Cadde di pancia, con un braccio innaturalmente piegato sotto il suo peso, ma subito si tirò su. << Auh… >> gemette Harry al dolore. << Petunia! Cos’è stato? >> sentì gridare sopra la sua testa. << Un gatto, probabilmente… adesso dormi, caro >>. Meno male. Aveva scampato il peggio. Fece entrare Edvige di nuovo nella gabbia e afferrò la maniglia del baule, pronto a partire alla volta dell’ignoto. << Vado a controllare se lo Svitato è ancora nel suo letto… >>. Oh, no, questa non ci voleva, era nei guai… Si guardò intorno ma non vide nessun nascondiglio adatto e tornare in camera sua era un impresa impossibile. Inoltre, tentare una via di fuga… quella si che sarebbe stata un suicidio… tutta la roba che si portava dietro era pari al peso di Vernon, il che significava che erano della stessa velocità, il che significava che Vernon l’avrebbe acchiappato sicuramente… Quasi non riuscì a ricordare come avesse fatto a pensare a quanto pesasse il suo baule… La mente di Harry lavorava frenetica… << Petunia! Lo Svitato è sparito! >>. Avrebbe dovuto fare come nei film, lasciare qualcosa sotto le coperte come se qualcuno ci stesse dormendo, ma con un estate afosa come quella non avrebbe comunque funzionato: nessuno con la testa apposto si sarebbe messo sotto le lenzuola… Ma almeno avrebbe guadagnato tempo… Sentì i soliti passi da bisonte schiacciare la rampa di scale e Harry trascinò il suo baule nascondendosi dietro la casa. << Potter! >> gridò Vernon nel pieno della notte. << Potter, vieni subito qui!!! >> << Sta zitto, stiamo dormendo! >> gridò il vicino accendendo le luci della propria stanza e alzando le tapparelle. << Scusate ma ho perso… il… emh… cane… >>. << Lo ritroverai domani, ora lasciaci dormire!! >> gridò ancora quello abbassando la serranda. Zio Vernon lo guardò torvo e ritornò in casa bofonchiando tra sé e sé qualcosa del tipo: << Se lo ritrovo poi mi sente >>. Sbatté la porta d’ingresso dietro di sé e Harry aspettò parecchi minuti prima di poter lasciare il suo nascondiglio. Avanzò piano per l’aiuola, attraversò il vialetto deserto e si intrufolò nel recinto della signora Figg. Si guardò le spalle nel caso qualcuno l’avesse visto o seguito, posò la gabbia di Edvige sullo scalino e bussò il campanello. Si sentì qualcuno precipitare per le scale e fermarsi proprio davanti alla porta, che subito si spalancò. << Harry? >> chiese la signora Figg sconvolta. << Chi ti ha ridotto così, poverino, entra dentro… >>. << Grazie >> disse lui attraversando la soglia pieno di roba in mano. << Ma da quant’è che non mangi, sei così magro… >>. << Due giorni… all’incirca >>. << O mio Dio, e ti presenti solo adesso? Bisogna punire quella gente, ti trattano come un’animale… In frigo ho un po’ di tutto… Aspetta, ti preparo uno di quei panini col prosciutto, sono una squisitezza! Seguimi, per di qua >>. Harry lasciò il baule e la civetta nell’ingresso, poi seguì la signora Figg in cucina, una graziosa stanza con i mobili turchesi. << Dimmi, che ti è successo, con esattezza? >> disse lei mentre prendeva un panino e il prosciutto dal frigo. Harry si sentiva un verme. << Emh… senta signora Figg, non c’è bisogno che mi prepari nulla, sono qui solo per chiederle di riferire un messaggio ai miei amici… e a Lupin, e a Tonks e a qualsiasi altro dell’Ordine >>. << Perché non puoi riferirlo tu? E poi per me non c’è nessun problema nel preparare panini, sono anni che non ne preparo uno per qualcuno >>. << La ringrazio, signora Figg, davvero, ma vado di fretta. Sono qui giusto per far sapere a qualcuno che sparirò dalla circolazione in modo che lei lo possa dire agli altri che non staranno in pena per me >>. << Sparire dalla circolazione? >>. << Esattamente. Voglio andare a cercare Voldemort e ucciderlo. Una volta per tutte… >>. << No, Harry caro, non puoi, sei così giovane, non hai esperienza… >> << Certo che ce l’ho. Ho un esperienza di sofferenze che dura da quel benedetto giorno che arrivai dai miei zii, e anche se a Hogwarts ho vissuto i periodi più belli della mia vita, io… non posso più tornarci >> << Perché, Harry, tu sei al sicuro in quella scuola… >> << Lei dice? Allora com’è che da quando sono diventato un alunno di quel castello, Voldemort attacca sempre degli innocenti? Io lo attiro, lo capisce questo? Io lo attiro perché vuole vendicarsi di me… uccidendo altre persone e questo non è affatto giusto >>. << Harry non puoi andare da solo a cercarlo, sarebbe troppo pericoloso… >> << Sarebbe pericoloso anche attirarlo a scuola, rischiando di uccidere altre persone >> convenne Harry. << Harry, forse è meglio che tu discuta di questa decisione con altre persone, io sono una Maganò, non ho il potere di farti restare… >> << Io non ho bisogno di discutere, ho preso la mia decisione >> << Harry… ti manca ancora un anno di scuola, tu non… non puoi andare via senza aver terminato i sette anni… >> << Certo che posso. Infatti lo faccio >> Harry prese il suo baule e lo trascinò via, fuori dalla porta. << Harry aspetta! >> disse qualcuno dall’interno della casa. Era una voce femminile estremamente familiare. Harry si voltò e vide Hermione saltargli al collo. << Hermione, c-cosa… Cosa ci fai a Little Whinging? >> << Sono venuta a prenderti, Harry. Mio Dio, ma come ti trattano in quella casa? >>. << Tu non mi prendi e non mi porti da nessuna parte… >> << Harry, ti prego… >> In quel momento la signora Figg sparì in cucina lasciandoli parlare. Hermione era preoccupata a morte. << No, Hermione, devo andare a cercare Voldemort >> disse Harry deciso mentre apriva la porta, ma Hermione la richiuse sbattendola e si piazzò davanti alla soglia. << Tu non vai da nessuna parte senza di noi >> disse qualcun altro dietro di lui e voltandosi, vide un ragazzone alto quasi quanto il soffitto, i capelli rossi e il volto spruzzato di efelidi, vestito in modo decisamente babbano e col volto segnato dalla preoccupazione e dal sonno. << Si può sapere che ci fate voi due qui? >> << Te l’ho detto, siamo qui per portarti via >> ripeté Hermione. << E io ti ho detto che non verrò con nessuno da nessuna parte. A scuola non ci torno >>. << Chi ti ha detto che devi tornare a scuola, puoi benissimo stare dai miei per un po’… Non obietteranno affatto, vedrai >> disse Ron. << Tu sei pazzo, in famiglia ne siete già tanti… E poi io non verrei comunque, vi ho detto che devo cercare Voldemort >>. << Lo cercherai con noi. Anche noi chiediamo vendetta, cosa credi? >> disse Hermione. << E’ una cosa che devo fare da solo, non vi permetterò di rovinarvi la vita con me dietro >>. << La vita te la rovinerai tu se partirai così senza prima avere un po’ più di esperienza… Pensaci: per uccidere Voldemort hai bisogno di diventare un Auror, non pretenderai mica di fargli qualche Fattura mentre cerca di scagliarti un Avada Kedavra… >> disse Hermione. << Infatti… Per diventare un Auror devi venire a scuola… lì impareremo una miriade di altri incantesimi che potranno stanare Voldemort e i suoi Mangiamorte… avanti Harry, non dirmi che a certi ragionamenti non ci arrivi… >> << Certo che ci arrivo, Ron, non sono stupido… >> << Se non lo fossi, non staresti qui a pensare di rischiare la vita per andare alla Sua ricerca… >> disse Hermione ancora appoggiata sulla porta per non lasciargliela aprire. << Avanti, Harry, vieni da me, hai anche il baule, miseriaccia… >> << Non ci penso neanche, Ron… Hermione spostati >> << Neanche per idea >> disse lei, Harry la guardò attentamente. Nei suoi occhi vedeva la paura di lasciarlo andare ma anche la decisione di non fargli varcare la porta. << Harry, avanti, non fare lo stupido… >> disse Ron. << Decidere di uccidere colui che ti ha rovinato la vita è un comportamento da stupidi? >> sbottò Harry. << No, è un comportamento da incoscienti, Harry, cioè modi di fare non degni di te - disse Hermione - Adesso torna con noi dagli Weasley, promettiamo di non costringerti a riprendere la scuola se tu non vuoi >> Harry li guardò tutti e due, non li aveva mai visti così decisi. << Non vogliamo perdere un amico, Harry, e sicuramente lasciarti andare per uccidere Voldemort significa perdere un amico >> disse Ron molto confuso. << Non puoi andare da nessuna parte se prima non ne avrai discusso con i membri dell’Ordine >>. << Io non voglio discutere - ribatté Harry deciso - spostati Hermione, dico sul serio >>. << Anch’io dico sul serio, Harry, credi che stia scherzando mentre cerco di non perdere una persona a cui tengo molto!? >> disse Hermione in preda alle lacrime. Poi si controllò e abbassò la testa facendo sparire il pianto. << Non fare così, Hermione… >> disse Harry in pena per lei. << Neanche tu devi fare così, Harry. Credevo di conoscere una persona ragionevole e guarda chi mi trovo davanti pronto a farsi uccidere. Hai tutte le regioni del mondo per abbattere quell’essere, ma aspettare un po’ prima che tu sia pronto non cambia nulla! >> << Certo che cambia Hermione! Se io aspetto, lui ucciderà qualcun altro… >> << Ha già ucciso, Harry, quello lì non ha scrupoli… - disse Ron serio - Avanti, trasferisciti da me, i miei saranno al settimo cielo, figurati Ginny! Saremo contenti di averti con noi, ma dobbiamo sbrigarci prima che qualcuno si accorga della nostra assenza… >>. << Come? >> << Nessuno sa che ci siamo allontanati da casa, e non sarà una bella sorpresa per loro non vederci nei nostri letti… >> disse Ron preoccupato. << Tanto è inutile… >> disse Hermione osservando Harry. Lui si girò verso la ragazza e la vide rassegnata mentre si toglieva dalla porta. << Ormai è chiaro cosa vuole fare… >>. Non se lo sarebbe aspettato da Hermione… non era da lei arrendersi subito. << Hermione, così se ne scappa, lo stavo convincendo… >> disse Ron a bassa voce. << Non è un cane, sa prendere benissimo da solo le sue decisioni. Se vuole andare, che vada allora, noi non possiamo dire di non averci provato >>. << E a chi dovremmo dirlo di averci provato? Hermione, se lo sa qualcuno ci ammazzeranno di brutto! >>. << Non fare lo stupido, è un modo di dire… >> disse lei sedendosi sul divano e aveva cominciato a lacrimare. << Lo so che era un modo di dire, era solo per sdrammatizzare… A quanto pare però Harry non apre la porta… >> bisbigliò poi per non farsi sentire. Hermione si asciugò le lacrime che continuavano a scendere ininterrotte e fissò Harry. << So già che se solo mi avvicinerò alla Tana, mi costringerete a tornare a Hogwarts e voi sapete meglio di me che non voglio >>. << Non lo faremo, parola mia… >> giurò Ron poco convinto. Harry abbassò la testa. Loro erano gli amici più pazzi che avesse mai conosciuto. Se ne erano andati in giro per Privet Drive cercando di convincere un Harry che già sapeva esattamente cosa aveva intenzione di fare. Il suo destino non prevedeva più Hogwarts. Non più ormai. Harry scosse lentamente la testa. << Non posso. Mi dispiace >>. Ron abbassò la testa abbattuto. Hermione cercò di calmarsi da quello che sembrava un attacco di singhiozzi. << Io non mi arrendo così facilmente, eh no, bello mio. Adesso tu vieni a casa mia e ne discutiamo davanti a una bella tazza di tè, ridendo di questo triste episodio melodrammatico, va bene? >> << No, Ron, non va bene. Ho preso la mia decisione. E anche se mi dispiace molto di lasciarvi, non posso fare altrimenti. Salutami i tuoi Ron… >> Stava per aprire la porta quando un Ron in preda alla rabbia la richiuse con forza. << Non ti permetterò di suicidarti. Se proprio ti facciamo schifo, permettici di deprimerti di più portandoci con te.>> << Ron, ma cosa diavolo vai dicendo, voi non mi fate schifo! Ti comporti come un bambino di dieci anni che vuole le caramelle >>. << Bel complimento, grazie. Adesso dacci un secondo per far comparire i bauli, d’accordo? >> << Bauli per cosa? >> << Veniamo con te >> disse Hermione rossa in viso. Harry sgranò gli occhi. << Voi non potete! Pensate ai vostri genitori, c-cosa… che cosa diranno quando sapranno che siete andati alla ricerca di Voldemort?! >> << I miei penseranno che sono a scuola… >> << E i miei saranno felici di sapere che il loro Ron è molto più di un fifone con le lentiggini… >> << Voi siete pazzi… >> << Abbiamo preso da te, forse >> commentò Hermione scettica. << Io ho un buon motivo per uccidere Voldemort… >> << E noi ne abbiamo uno altrettanto valido per non lasciarti da solo in un disperato duello suicida! >> urlò Hermione. Harry ammutolì. << Ma non capisci che siamo le uniche persone al mondo che ti vogliono un po’ di bene? E tu ci liquidi così? >> disse Ron calmandosi. << Io vi sto liquidando per non lasciarvi morire forse perché sono anch’io una di quelle persone che vi vuole un po’ di bene! >> << Lascia perdere i convenevoli e permettici di far comparire i nostri bauli, piuttosto… >> Harry li fissò entrambi. Pazzi… << State combattendo una battaglia già persa. Io non vi lascerò venire con me, né tantomeno mi farò trasportare alla Tana come una bambola di pezza! Credo di essere abbastanza maturo per poter prendere le mie decisioni da solo e anche se possono sembrare pazze, sono le mie decisioni! Decisioni di uno che ha sofferto in diciassette anni e che adesso vuole solo un po’ di vendetta, decisioni di qualcuno che vuole un po’ di giustizia non solo per se stesso ma anche per tutta la comunità magica che non dovrà più piangere per la morte dei propri parenti! >> esplose Harry. Poi, ripreso il fiato, sussurrò: << Contenti adesso? >> Ci fu un attimo di pausa, un attimo che sembrò durare in eterno, un attimo durante il quale Hermione e Ron si fissarono allibiti. << E’ per questo che non voglio farvi venire con me. Io voglio vendetta perché ho visto morire troppa gente, troppa per i miei gusti. Voi cosa desiderate? Aiutare il vostro pazzo amico che non vuole altro che ucciderlo? Convincere Harry Potter che è un pazzo a voler provare sentimenti omicida? Spronarlo a rifugiarsi nella Tana, coccolato dai genitori che non ha mai avuto? Spiacente, ma Harry Potter non è d’accordo >> Afferrò il suo baule e la gabbia di Edvige, spostò la mano di Ron dalla porta corse via nel caldo afoso della notte. << Harry! >> sentì urlare da Hermione. Lui si arrestò, pronto a scoppiare in un altro attacco d’ira tale da svegliare tutta Little Whinging. << Buon compleanno, Harry… >> Un mezzo sorriso comparve sulle labbra di Harry. Almeno qualcuno se l’era ricordato. Non rispose; non ringraziò; non disse addio ai suoi due migliori amici, ma proseguì da solo nel buio della notte, con il proprio baule che cigolava dietro di sé… Alcuni pochi minuti e avrebbe potuto usare la magia in modo legale, da perfetto maggiorenne. Gli serviva una scopa, questo era poco ma sicuro. E anche una scorta di cibo che migliorasse le sue misere condizioni. Doveva andare alla Gringott e convalidare i galeoni che gli avevano lasciati i suoi genitori in monete babbane se avrebbe voluto sopravvivere. Aveva un sacco di cose da fare prima di darsi alla vita di vagabondo. Primo fra tutte, doveva raggiungere Godric’s Hollow e stare un po’ con i suoi genitori, parlando con loro di tutte le cose che non aveva potuto confidare grazie a Voldemort. Faceva davvero caldo quella notte e Harry si chiese se stesse bene perché si sentiva estremamente accaldato. Forse era il desiderio di vendetta. Aveva bisogno di un piano. Come poteva un ragazzo di diciassette anni a breve, uccidere il più grande Mago Oscuro degli ultimi cento anni? Impresa difficile, complicata, pericolosa, irta di ostacoli… ma non impossibile. Qualcuno doveva pur mettere fine alla sua miserabile vita. E quel qualcuno sarebbe stato lui. Harry Potter. Sapeva che quello che stava facendo era estremamente azzardato; Voldemort aveva un esercito di Mangiamorte agguerriti, desiderosi di morte, distruzione, disperazione… Invece Harry era da solo per libera scelta, consapevole che sarebbe stato un suicidio, ma consapevole anche del fatto che non era debole, poteva farcela, se solo avesse avuto sangue freddo, tanto coraggio, e la sua fidata bacchetta al proprio fianco. Un cane ululò in lontananza alla pallida luna piena che sovrastava le stradine isolate di Little Whinging. Harry non poté fare a meno di ricordare il cane nero che vide poco più di tre anni fa per le strade di Magnolia Crescent. La sua mente ripercorse gli ultimi anni a Hogwarts, l’enorme mezzo gigante sgrammaticato, le avventure nella Foresta Proibita, il Torneo Tremaghi, Dolores Umbridge, la sua mano lacerata, Fiorenzo… Il bacio con Ginny, la morte di Silente… l’Avada Kedavra di Piton… Immediatamente scosse la testa, come per liberarsi da pensieri simili. << Non è questo il momento, Harry… >> si disse deciso mentre svoltava in una stradina costeggiata da alberi e cespugli insidiosi, come se celassero qualcosa o qualcuno pronto ad attaccarlo. La sua mano ricorse immediatamente alla sua tasca, dove aveva riposto la bacchetta magica. Si guardava intorno con circospezione, come aveva visto fare da certi agenti nei film polizieschi che amava tanto zia Petunia. Il cane ululò di nuovo in lontananza. Un segno di avvertimento o un semplice comportamento animale? Qualunque cosa fosse, Harry affrettò il passo. Si disse che non era il momento migliore per andare in un cimitero, meglio rifugiarsi nella casa dove era finita la vita dei suoi genitori. Percorse un mare di stradine per un tempo che sembrò eterno, fin quando… << Eccoti… >>. Era davanti alla casa dei suoi genitori, non distante dal cimitero dove adesso riposavano. Un brivido gli percorse la schiena. Non era mai entrato in quella casa, almeno non dopo la morte dei suoi. Cercò di raccogliere tutto il coraggio che aveva, ed estraendo la bacchetta si fermò davanti al portone d’ingresso lacerato in quegli ultimi diciassette anni. Se quella era la porta, l’interno non sarebbe stato un vero spettacolo… Guardò l’orologio che aveva al polso. Non era ancora mezzanotte. Niente magia. Doveva quindi forzare l’entrata sbarrata da aste di legno ammuffite. Cercò di staccarle con le mani, con il solo risultato che una scheggia gli finì nel dito, il quale cominciò a sanguinare. Harry estrasse dolorante il pezzettino di legno e succhiò il sangue che continuava a scendere. Poi si guardò intorno. Doveva pur esserci qualcosa che l’avrebbe aiutato ad aprire quella porta… Niente. Non c’era niente in quel giardino incolto. Tranne la cassetta delle lettere che Harry non riuscì a estrarre dal terreno. Decise allora di fare un giro della casa, trovando qualcosa su cui arrampicarsi, o una finestra casualmente rotta dalla palla dei figli dei vicini. Niente di niente. Quella casa era impenetrabile. Harry tornò sul davanti della casa e, con più attenzione osservò i tubi delle grondaie, che salivano fino al tetto affiancando una finestra chiusa. Niente di più facile che sfondare un vetro. Dopo aver lasciato il baule e la gabbia in giardino deciso a riprenderli quando avesse avuto diciassette anni e un secondo, si arrampicò per il tubo incrostato. Era scivoloso e sporco di una strana sostanza verde, per cui, al primo tentativo cadde rovinosamente a terra di schiena. Dopo aver imprecato contro il tubo, si issò nuovamente a esso e cominciò a salire sempre più in alto finché non si trovò sopra la porta d’ingresso. Con un complicato movimento di gambe riuscì a raggiungere in davanzale della finestra con la mano sinistra, ma d’improvviso sentì il tubo cedere sotto il suo peso… Harry non ci pensò due volte ad appendersi al davanzale con due mani e proprio in quel momento il tubo si spezzò in due e finì sul prato a pochi centimetri di distanza dal suo baule. Adesso però restava la speranza di non spezzarsi in due proprio come il tubo… Harry poggiò il piede su una trave che fuoriusciva arrugginita da un buco appena sopra la porta e con l’altra mano cercò di issarsi sul davanzale. Troppo lontano. Ebbe appena la possibilità di guardare l’orologio prima che la trave si spezzasse sotto il suo peso. Rimase però saldamente attaccato al davanzale e sperò con tutto il suo cuore che il marmo fosse indistruttibile. Alzò la gamba destra e cercò di spingersi fino alla finestra. Dopo svariati tentativi, si ritrovò steso accanto alla finestra. Ora il problema era sfondarla. Ti tolse una scarpa e cercò di sfondarla con quella. IL vetro era vecchio, si sarebbe rotto subito… Ma non accadde. << Oh, no… >> Si dichiarò uno scemo per non essersi portato qualcosa dietro per poterla sfondare, come un sasso o qualcosa di appuntito come… La bacchetta! La magia non poteva ancora usarla ma la bacchetta sì. La tirò fuori dalla tasca e provò a colpire la superficie del vetro. << Evvai! >> esultò Harry vedendo che la lastra era andata in frantumi. Ruppe i restanti pezzi di vetro con i gomiti e scivolò all’interno della casa. Era la prima effrazione che faceva e si complimentò del fatto di essere in territorio amico. Quella in cui si trovava doveva essere la stanza in cui aveva dormito fino al giorno in cui Voldemort era entrato in casa. Vide la sua culla impolverata sbattuta in un angolo e i suoi giocattoli seminati sul pavimento, insieme a pezzetti di legno che sarebbero dovuti appartenere a un mobile sgangherato stipato in un angolo accanto alla porta. Qui, in questa stanza, doveva essersi consumato il potere di Voldemort. Dopo aver dato una rapida occhiata alle ragnatele e al legno marcito che emanava un acre odore di muffa, aprì la porta cigolante e scese al piano di sotto. Poi si arrestò di colpo. Aveva sentito qualcosa provenire dal piano superiore, dal corridoio a sinistra. I suoi ricordi di bambino gli rammentarono che da quelle parti c’era la stanza dei suoi genitori. Si convinse che era stata solo la sua immaginazione, ma quando scese un altro scalino, sentì chiaramente un tonfo e un imprecazione. Chi c’era? Chi poteva starsene in quella casa infestata da topi e ragnatele? Un altro tonfo, una nuova imprecazione, da una voce diversa. Con cuore che batteva a mille, Harry ripercorse i suoi passi e si affacciò sul corridoio. Un intensa luce proveniva da una stanza semisocchiusa in fondo alla corsia. Con la bacchetta stretta in pugno e l’orologio al polso che segnava ancora le ventitré e cinquantuno, Harry si appiattì al muro e lentamente si avvicinò alla porta. Ora sentiva chiaramente le voci ridotte in sussurri di due persone, forse ce n’era anche una terza, non seppe distinguerle. Aspettò qualche minuto e quando guardò l’orologio erano ancora le ventitré e cinquantadue. Non poteva aspettare altri minuti. Al diavolo la legge, tanto l’avrebbe comunque violata se si fosse Materializzato, dato che non aveva fatto ancora l’esame… Pronto a scagliare qualsiasi incantesimo possibile contro i coinquilini, tese una mano nel buio e spalancò la porta… << Oh mio Dio! >> sentì gridare da una donna. << Ma che diavolo… >> gridò qualcun altro. << Expelliarmus! >> urlò Harry contro la persona più vicina a lui. Solo dopo si rese conto di aver sbattuto Ron contro la parete e che Ginny era rintanata in un angolo terrorizzata dalla sua ira. << Ma cosa diavolo ti salta in zucca, Harry! >> era Hermione a parlare. Era spuntata dal buio di un armadio e ora si stava precipitando alla volta di Ron. << Ron?! Ron, stai bene? >> Lui si alzò dolorante. << Si… Miseriaccia, allora ci odi davvero!! >> esplose il ragazzo. << Piantala di fare il melodrammatico, Ron! E poi come potevo sapere che ve ne stavate qui rintanati a casa dei miei? Credevo che fosse qualche Mangiamorte… >> << E invece siamo noi, contento? >> disse Ginny. << Tu cosa ci fai qui? >> << Anch’io sono felice di vederti… >> disse lei dominata dalla rabbia. Harry si guardò intorno confuso. << Si può sapere che ci fate voi qui?! >> << Sapevamo che saresti venuto a casa dei tuoi e visto che vogliamo venire con te… >> disse Hermione aiutando a mettere Ron sul letto matrimoniale dei genitori di Harry. << Credevo di essermi espresso chiaramente prima… >> << Anche noi lo credevamo… >> commentò Ron massaggiandosi la testa. << Vi siete Materializzati qui prima di me, per caso? >> chiese Harry. << Che intelletto… >> commentò Ginny isterica. Harry la fissò. << Si può sapere che ti prende? >> sbottò. << Stavo per farti la stessa domanda… Vuoi cercare di fare l’eroe vendicativo? O sei preso da una strana smania di uccidere? >> << Anche tu sei contro di me adesso? Cos’è, ti hanno fatto il lavaggio del cervello? >> << Non rivolgerti così a mia sorella! >> << So difendermi da sola Ronald! >> sbottò Ginny. << Scusami se cercavo di stare dalla tua parte! >> << EHI, VOLETE DARVI UNA CALMATA O NO? >> urlò Hermione. Tutti ammutolirono nella stanza. << Perfetta imitazione di mia madre, complimenti… >> sussurrò Ron. << Tu, piantala di fare l’isterica, tu smettila di fare il melodrammatico e tu >> disse rivolgendo prima a Ginny, poi a Ron e infine a Harry. << Tu, cerca di convincerti che non sei solo e che hai degli amici su cui contare! >> << Tu invece, potresti smettere di urlare, ci tengo ai miei timpani… >> sbottò Ron. Hermione si zittì paonazza. Cadde di nuovo il silenzio. << Ho… ho sentito dei tonfi prima… che… che cosa è successo? >> << Ginny stava cercando di spostare l’armadio per ripulire il pavimento dai ragni… >> disse Hermione quando si calmò. << E l’imprecazione che sicuramente ha sentito tutto il quartiere era quella di Ron che gridava come una femmina a causa di un ragno che tentava di arrampicarsi sul letto dove si era rintanato… >> disse Ginny. << Ehi, non posso farci niente se ho paura dei ragni! >> sbottò Ron. << Frignone… >> commentò Ginny sottovoce. << Cos’hai detto? >> << Ho detto FRIGNONE >> scandì Ginny. Ron aprì la bocca per protestare ma Hermione fu più rapida. << Se ricominciate, giurò che vi taglio la lingua e il Diffindo è molto utile in certi casi, credetemi! >> << Dov’è il tuo baule? >> chiese poi Ron dopo un momento di pausa. << Oh no, l’ho lasciato fuori! >> Harry fece per correre verso la porta ma Hermione disse: << Fermo >>. Harry si arrestò di colpo e in battibaleno il suo baule e la gabbia di Edvige furono davanti a lui. << Oh… be’… grazie… >> disse Harry vedendola con la bacchetta in mano. << Non c’è di che… >> mormorò Hermione. << Mi chiedevo… come hai fatto ad entrare? Credevo che l’entrata fosse sbarrata… >> chiese Ron. Harry raccontò loro della sua scalata. << Ecco cos’erano quei rumori! >> esclamò Ginny. <> disse indicando Hermione. << Ehi, avevo paura anch’io, non sono mica fatta di ghiaccio! >> disse lei. D’improvviso Ron sbadigliò. << Sei già stato al cimitero dai tuoi? >> << Lo farò domattina >> buttò lì Harry. << Come mai? >> chiese Ginny sorridendo. << Insomma… be’… diciamo che l’ultima volta che sono tornato da un cimitero di notte ero piuttosto sconvolto, quindi… Ho preferito rimandare >> << Afferrato il concetto, adesso che ne dite di dormire? >> chiese Ron tra uno sbadiglio e l’altro. << Dormire? Ehi, voi non potete stare qui, dovete tornare alla Tana! Gli Weasley saranno in pensiero per voi! >> << Fred e George ci hanno assicurato che se non saremmo tornati, avrebbero detto ai miei che dormivamo da loro per un po’… >> disse Ron. << Bella scusa! E se vi cercano nel loro appartamento, eh? >> << Allora diranno che saremo andati a Diagon Alley… >> disse Ginny. << Voi siete impazziti! I vostri genitori vi cercheranno fino in capo al mondo, e quando vi troveranno passerete la mezz’ora più brutta della vostra vita… >> << Ne abbiamo viste di peggiori… Adesso voglio dormire… >> disse Ron scoppiando in un nuovo sbadiglio. << No! Voglio dire… è pericoloso, voi non capite! >> << Lo capiamo eccome… >> disse Ginny. << E poi tu non dovresti essere affatto qui! Credevo che fossi quella più ragionevole in famiglia e invece ti trovo al mio fianco pronta a morire! Ma dove ce l’avete il cervello? >> << Nello stesso posto in cui ce l’hai tu, cioè nei calzini… >> commentò Ron. Ginny rise. << E poi non trattarmi come se fossi una bambina… Anch’io vorrei dirgliene quattro a Voldemort se non ti dispiace… >> << Certo che mi dispiace! Non voglio cercare Voldemort con la consapevolezza di avere tre vite sulla coscienza! >> << Non andare a cercarlo, allora… >> disse Ginny seria. Harry sospirò. << Non voglio essere ripetitivo. Una cosa preferisco dirla una sola volta. Io cercherò Voldemort e se il cielo me lo concede, lo ucciderò. Chiaro? >> << Trasparente. >> disse Hermione. << Non vedo quale sia il motivo di ribattere, allora… >> << Sai cosa penso? >> disse Ginny con gli occhi socchiusi, cercando di non far vedere le lacrime. << Aria >> disse Ron trascinando Hermione fuori dalla stanza. << Penso che tu abbia una strana voglia di morire. >> << Ti sbagli. >> disse Harry mentre la porta della stanza sbatteva alle proprie spalle. << Allora spiegami perché vuoi andare a cercare Voldemort, e non rifilarmi la storia della voglia di vendetta perché l’ho sentita talmente tante volte da poterci scrivere un libro… >> << Spiacente, perché è sempre quella. Almeno devo riconoscermi coerente, non credi? >> << Tu sei solo un vigliacco. >> << Se con vigliacco intendi aver paura che tu, o Hermione o Ron o qualunque altro a cui voglia bene muoia se prima non stendo Voldemort, allora sì, sono un vigliacco >> disse Harry con aria di sfida. << Dove credi di andare senza un istruzione, eh? A scuola potresti imparare gli incantesimi adatti per situazioni come queste… >> << Si, l’ho già sentita questa storia >> disse Harry. A stento si riconobbe in quelle parole piene di ironia e scetticismo. Non erano da lui. << Stai cambiando maledettamente, Harry. Non ti riconosco più >> disse Ginny come se gli avesse letto nel pensiero. << Neanch’io mi riconosco, a dirtela tutta… Sette anni fa ero un semplice ragazzino che veniva maltrattato dagli zii e guarda adesso chi sono diventato a causa di Voldemort. Il Bambino Sopravvissuto, il Prescelto… quale altro nome mi affibbieranno dopo che sconfiggerò o sarò sconfitto da Voldemort? >> << Se avrai la meglio, EROE. Se avrai la peggio, PAZZO. Sì, ecco cosa sei, un pazzo, uno che va alla ricerca di Voldemort come se fosse un giocattolo che desidera tanto, ma tu non ti rendi conto che la posta in gioco è molto più alta di un trenino o una bambola di pezza… >> << Certo che me ne rendo conto, Ginny. Qui si parla di vendicare i miei, Sirius e Silente e tutti gli altri innocenti che sono morti a causa sua! >> disse Harry surriscaldandosi. << Ma come puoi non capirmi? Come puoi essere così refrattaria Ginny, proprio tu che sai cosa vuol dire soffrire a causa di Voldemort! >> Ginny non rispose. Rimase immobile a fissarlo. Forse cercava di ricordare come si era sentita quando Voldemort l’aveva usata attraverso il diario… Harry gelò. Anche l’atmosfera si fece pesante. Harry ora poteva chiaramente distinguere delle lacrime negli occhi di Ginny. << E’ stato orribile… orribile quanto il tuo tentativo di suicidarti! >> esplose lei, piangendo. << Ginny… >> << Ho l’impressione che Hermione abbia ragione. Tu sei solo un ragazzo assetato di vendetta e basta… >> << E’ questo che dite di me? Che sono un vigliacco? Tu non hai idea di come ci si senta ad essere trattato così dai propri amici… >> << Stanno solo cercando di metterti sulla strada giusta, Harry! Perché diavolo non lo vuoi capire?! >> disse piangendo. << Ma tanto è fiato sprecato con te, giusto? >> Ci fu una pausa di alcuni minuti che durarono un secolo, secondo Harry. << Giusto >> disse alla fine. Ginny abbassò la testa, cercando di calmarsi. << Bene. Adesso ti pregherei di seguire Ron in soggiorno, io e Hermione dormiremo su questo letto stanotte. Sempre che a te non dispiaccia. In fondo, stiamo profanando la casa dei tuoi defunti genitori… Dev’essere un brutto colpo per te… >> << Ti comporti come Malfoy, lo sai? >> << Forse è quello che ho intenzione di fare, non credi? >> << A quanto pare non sono l’unico che è cambiato… >> << No, a quanto pare no… >> Harry guardò Ginny con tristezza. Crescere fa male. Uscì dalla stanza e vide Hermione giocherellare con un ragno e Ron che la guardava schifato giù in salotto. << Allora? >> chiese Hermione. << Allora niente. Ti aspetta per dormire. >> Lo sguardo di Hermione si spostò da Harry a Ron, poi, dopo aver dato loro la buonanotte, filò di sopra. << Avanti, che è successo, a me puoi dirlo! >> supplicò Ron. << Ron, non è successo niente, adesso dormi >> << Oh, va bene… peccato però, Ginny ci teneva tanto in una riappacificazione… ‘notte… >> << Un momento, cos’hai detto? >> << Che Ginny ha voglia di tornare a stare con te. Mi ha fatto un testa così durante questo mese… >> Ron si mise sul divano e Harry si guardò intorno. << Un momento, io dove dovrei dormire? >> << Mi sa che ci tocca fare metà divano per ciascuno… a meno che tu non voglia dormire sul pavimento… >> << No, no… >> disse Harry guardando a terra. Le ragnatele e la polvere non erano una prospettiva invitante. Si accoccolò sul divano ammuffito, portando le ginocchia al petto e la testa su di esse. Ron fece lo stesso, e in non meno di qualche minuto russava più di un ghiro. E’ il momento giusto per evadere… si disse Harry. Si alzò con cautela e si avvicinò alla porta, cercando di aprirla. Era bloccata. Forzarla avrebbe provocato solo un mare di rumori. Il suo sguardo cadde su una finestra lì accanto. Perfetto. Si avvicinò per aprirla, quando sentì dei passi dietro di sé… << Cosa stai facendo? >> era Hermione. << Niente… E’ solo che… non c’è aria qui dentro, fa caldo… >> << Ah si? >> << Si… >> << Ti dispiacerà sapere che tutte le finestre sono bloccate, allora. >> Harry si voltò a guardarla, più spaventato che mai. Non aveva pensato che quelli potevano essere tre Mangiamorte Metamorfomagus… << Hermione, che cos’è il C.R.E.P.A.? >> chiese, per essere sicuro. << Hai paura che sia una Mangiamorte? >> << Rispondimi… >> << Il Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbrutiti… Contento, ora? >> << Si. Hai bloccato le finestre e la porta per impedirmi di uscire? >> << No. L’ha fatto il tempo per me… Ginny mi ha detto tutto… >> << La tua curiosità supera la tua stessa logica, lo sapevi? >> disse Harry, accusandola chiaramente di essere una ficcanaso. << Scusami se voglio solo sapere come sta la mia migliore amica… >> Harry chiuse gli occhi: una discussione era l’ultima cosa che avrebbe voluto affrontare. << Perché sei scesa di sotto? >> chiese alla fine, mentre la stanchezza gli chiudeva le palpebre. << Avevo sete >> << Bella scusa, queste tubature non funzionano da diciassette anni… >> Hermione aprì il rubinetto e l’acqua cominciò a scorrere limpida come Harry non l’aveva mai vista. << Non è potabile… >> disse Harry sicuro di sé. Hermione riempì un bicchiere e ne bevve il contenuto. Nessun attacco improvviso di pancia e nessuna bolla carica di pus e cose del genere si manifestarono in lei. << Ho rimesso in funzione l’impianto oggi pomeriggio quando siamo arrivati a Diagon Alley… >> << Siete arrivati oggi pomeriggio!? >> << Già. Qualcosa in contrario? >> << Be’, si, visto che vi ho detto di andarvene… >> << Io non ci vedo nulla di sbagliato visto che abbiamo intenzione di restare… >> << Sei maledettamente prepotente… >> disse Harry avvicinandosi a lei. << E tu incontenibilmente testardo… >> disse lei facendo lo stesso. Per un breve momento, un istante durato un secondo, Harry si perse negli occhi di Hermione e il suo cuore prese a battere più forte di come non avesse mai fatto. Il russare di Ron li fece scostare, più allibiti che mai. << Che cosa… >> stava dicendo Hermione, ma poi si interruppe, arrossendo. << Non ne ho idea… >> disse Harry come leggendole nella mente. << Hermione, vuoi salire o no? >> gridò Ginny dal piano superiore, affacciandosi sulle scale. Poi vedendo che erano ancora vicini, cominciò a balbettare. << Ho… ho… ho int… ho interrotto qualcosa? >> << No, adesso… adesso vengo… emh… be’, buonanotte Harry… >> disse Hermione imbarazzata a Harry, il quale fece un mezzo sorriso in risposta, ancora scosso. Di cose strane ne erano successe tante nella vita, ma quella… lui… lui si stava innamorando di… no, impossibile, forse era solo la stanchezza… probabilmente si era solo incantato in preda a un attacco di sonno… Decise di rimettersi a letto, scostando i piedi di Ron che avevano occupato il suo posto. Sprofondò nel sonno facendo uno strano sogno in cui Ron veniva aggredito da un ragno gigante da cui Harry lo salvò e Hermione euforica, gli saltò al collo…
  
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