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Autore: _L_Black_    14/12/2012    0 recensioni
1° classificata al contest "Non sono mio padre/non sono mia madre" di Elisir86 indetto sul forum di EFP
La fuga di Angelina fa crollare il mondo addosso alla fragile Roxanne, che lascia Hogwarts per occuparsi del padre, ma il destino ha in serbo per lei la fuga, la fuga da una vita piena di dolore.
Era scappata di casa per non dover guardare un’altra bottiglia di firewhisky per terra.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: George Weasley, Roxanne Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Nick EFP:  _L_Black_

Nick forum: _L_Black_

Titolo storia: La rinascita nella fuga

Protagonista: Roxanne Weasley, George Weasley

Punti bonus: 2/2

Genere: Drammatica

Rating: Verde

Avvertimenti: One Shot

Beta:

Introduzione:

La fuga di Angelina fa crollare il mondo addosso alla fragile Roxanne, che lascia Hogwarts per occuparsi del padre, ma il destino ha in serbo per lei la fuga, la fuga da una vita piena di dolore.

Era scappata di casa per non dover guardare un’altra bottiglia di firewhisky per terra.

Note:

Una storia del genere la volevo scrivere da un po’ di tempo a dir la verità, tutti pensano a George come il padre perfetto mentre io, pessimista nata, la penso in un modo diverso.

 

 

 

La rinascita nella fuga

 

Era scappata di casa, e vagava per Londra di notte, non ce la faceva più a stare a casa, con suo padre ubriaco e suo fratello che stava seduto comodamente sul divano della Sala Comune di Grifondoro a Hogwarts.
Hogwarts.
Quanto le mancava quella scuola, il luogo dove tutto accadeva, dove le coppie si formavano e si creavano famiglie.
Ma era meglio che la sua famiglia non si creasse, era meglio che lei non nascesse.
Sapeva di non doverla pensare in quel modo, ma come poteva non farlo? La sua vita aveva preso una piega orribile da quando sua madre era scappata con quel Nott.
Jerard Nott aveva soltanto tre anni in più di lei eppure era riuscito a rubare il cuore di sua madre, portandola via dalla sua famiglia.
Aveva abbandonato Hogwarts al suo sesto anno, subito dopo la fuga di sua madre, per aiutare suo padre al negozio e per non dover sopportare le occhiate dei compagni di scuola.
Tutti sapevano.
Tutti lo sapevano che cos’era successo alla famiglia Weasley e tutti ne ridevano, a differenza di lei, suo fratello se ne fregava altamente ma lei non ci riusciva.
Non riusciva a sopportare le risatine stridule delle compagne, non riusciva a sopportare l’idea di dover stare sola con suo padre e suo fratello.
Si accese una sigaretta presa da un uomo poco prima, non sapeva neanche cosa significava fumare, voleva soltanto provare qualcosa di diverso tolto il dolore costante che le lacerava il petto ogni giorno. Vagava per i vicoli della metropoli babbana senza sapere esattamente dove andare, senza un soldo e senza voglia di vivere un altro minuto di più.
Era scappata di casa per non dover guardare un’altra bottiglia di firewhisky per terra.
Le lacrime iniziarono a cadere, si portò una mano sul viso e si lasciò cadere a terra, facendo si che le gocce d’acqua salata potessero scendere sul suo viso roseo senza pensare a ciò che le persone potessero pensare. Continuavano a cadere come neve d’inverno, come foglie d’autunno e lei non riusciva a fermarle.
Singhiozzò ripensando alle parole dette a suo padre.
<< Si sente bene, signorina? >> chiese una voce poco distante da lei.
Alzò il viso e guardò il ragazzo che le aveva appena parlato ma ciò che uscì dalla sua bocca fu solo un singhiozzo, l’ennesimo da quando sua madre se n’era andata, lasciandola al suo destino.
Prese un tiro dalla sigaretta e alzò gli occhi al cielo, continuando a far cadere quelle gocce d’acqua dai suoi occhi fino alle sue guance.
Non guardò quel ragazzo che attendeva la sua risposta, speranzoso di poterla aiutare in qualche modo.
Ma nessuno la poteva aiutare, nessuno capiva quel dolore che le lacerava il cuore.
<< Sto bene >> riuscì a mormorare, mentre abbassava lo sguardo verso le sue scarpe vecchie.
Il ragazzo rimase un attimo a fissarla prima di andarsene e lasciarla li, al suo destino.
Per un attimo, Roxanne sperò che lui tornasse da lei, forse perché era l’unico che si fosse preoccupato di come poteva stare da quando sua madre se n’era andata.
I suoi cugini non si erano mai preoccupati di chiederle nulla, sicuri che stesse bene.
Ma lei non stava bene, non lo era più stata da quando George Weasley era stato lasciato dalla dolce Angelina per un diciottenne per bene. 
Sembrava che nessuno riuscisse a capire quel dolore silenzioso che si era posato li, proprio nel cuore della ragazza dai capelli rossi spenti e dagli occhi azzurri velati di tristezza. Una tristezza che da un anno a quella parte, aveva varcato la soglia di quegli occhi così belli che i ragazzi di Hogwarts amavano.
Lei era stata una Grifondoro, ma di coraggio non ne aveva, non sapeva neanche come fosse finita in quella casa, sembrava che tutto fosse soltanto un sogno, che era scomparso la sera stessa in cui aveva trovato la lettera di sua madre.
Quel Natale avevano festeggiato a casa loro, non dai nonni come sempre, solo lei e suo padre, Fred non si era preoccupato di dover pensare a come la pensassero i loro zii.
Molte volte, Roxanne voleva essere proprio come suo fratello Fred, menefreghista fino al midollo.
Ma non ci era mai riuscita, quando guardava suo padre svenuto per via dell’alcol, si rimboccava le maniche e lo trascinava in camera, così da farlo dormire su un letto anziché su un pavimento freddo, come la tristezza che era nel cuore dell’uomo.
Il bruciore alla mano la fece ridestare dai suoi pensieri, guardò la sua mano e rimase sorpresa, nel vedere che quella sigaretta stupida le aveva bruciato le dita che sembravano fragili all’occhio di tutti.
Buttò quella schifezza babbana e si asciugò le lacrime, alzandosi da terra. 
Continuò a camminare per quelle vie affollate da sconosciuti che non si preoccupavano neanche di guardarla in faccia, i babbani erano così disinteressati ad ogni cosa e persona. E a lei questa cosa piaceva, non si doveva preoccupare di ciò che la gente pensava nel mondo dei babbani, non come a Hogwarts.
Si ricordava ancora il suo ultimo giorno di scuola, quando la sua compagna di stanza mormorò ad una ragazza di Corvonero ciò che le era capitato, ridendo.
Quella risata non se n’era mai andata dalla sua testa, ogni volta che ripensava a quel giorno, la risata rientrava nella testa come a ricordarle che nullità fosse. Arrivò al fiume e si fermò a guardare l’acqua che scintillava sotto di lei, la luna la rendeva come un enorme diamante prezioso che nessuno sarebbe riuscito a prenderlo per quanto fosse grande.
Guardò le stelle sopra di lei, da li non si vedevano bene, l’unica cosa brutta di Londra era proprio quella, non riuscire a vedere i gioielli del cielo.
Il suo sguardo cadde di nuovo sull’acqua mentre le parole dette qualche ora prima le risuonavano nella mente, imperterrite.

 

<< Devi lavare la cucina, è uno schifo, come è possibile che faccia così schifo eh?! Roxanne certe volte mi sembri una nullità, perché non è rimasto tuo fratello anziché tu? Non fai mai niente qui dentro, non aiuti, non pensi alla casa, tua madre invece... >> gridò George Weasley, tenendo in mano l’ennesima bottiglia di firewhisky.
Aveva lo sguardo spento, il viso stanco da tutto ciò che in un anno gli era capitato.
<< Smettila >> mormorò Roxanne.
Una lacrima solitaria scese sulla guancia della ragazza, che stava pulendo le scale dove era caduto del firewhisky poco prima.
<< NON LA SMETTO! Come è possibile che tu non sia un po’ come tua madre? Eh?! Me lo spieghi?Mi spieghi come è possibile che non servi a nulla?>> esclamò, l’uomo, gridando.
Non serviva a nulla, ecco ciò che le stava dicendo suo padre, quello che le doveva voler bene e che doveva chiamarla principessa.
Ma lei non era più una principessa.
Era una ragazza che aveva sulle spalle il peso del dolore.
Scosse la testa e guardò altrove, come a ignorarlo, sperando che se ne andasse, lasciandola da sola sulle scale a lavorare.
<< Mi ignori eh?! Ma brava. Sai che c’è? Ti do più lavoro da fare dai. Così almeno vediamo se la prossima volta mi ignorerai >> gridò l’uomo.
Roxanne non si voltò, lasciò che il padre facesse scivolare dalla bottiglia, il firewhisky a terra.
Lasciò che il padre facesse scivolare la tristezza a terra.
Si voltò, guardando l’alcol a terra e la bottiglia semi vuota nella mano del padre, che la teneva stretta a se, come fosse un gioiello prezioso che non si poteva lasciare a nessuno.
<< Ecco! Lavora adesso, fa vedere a tua madre... >> sbottò l’uomo.
Roxanne si alzò di scatto e lo guardò senza farlo finire di parlare, si avvicinò a lui e prese la bottiglia di firewhisky che l’uomo aveva tra le mani, la lanciò al muro, facendola rompere in mille pezzi.
<< Smettila! Smettila di paragonarmi a mia madre, perché io NON SONO MIA MADRE! Non sarò mai lei, non sarò una sua brutta copia, non mi lascerò più urlare contro la mia nullità quando qui chi è inutile sei proprio tu! >> urlò con tutta la forza che aveva addosso. 
George la guardò un attimo stupito, prima di darle, con tutta la forza che aveva, uno schiaffo in faccia, Roxanne si massaggiò la guancia dolorante e guardò il padre con le lacrime agli occhi.
Corse verso la porta di casa e si voltò un attimo verso i cocci della bottiglia che erano li, sul pavimento, inerti, senza che qualcuno li aiutasse a rialzarsi.
Li guardò con amarezza prima di chiudersi la porta alle spalle.
I cocci rimasero li, come la neve sulle montagne, a guardarla andar via.

Le lacrime tornarono a cadere sul suo viso senza riuscire a fermarle. Non riusciva a credere di aver fatto una cosa del genere, lei di coraggio non ne aveva mai avuto, era sempre stata quella che lasciava far tutto agli altri senza mai intromettersi sentimentalmente.
Eppure quei cocci a terra le avevano fatto capire una cosa.
La vita era la sua, non poteva scegliere suo padre.
La notte attorno a lei la stava avvolgendo come una figlia amata mentre lei continuava a piangere. Il buio la stava consolando e la luna stava illuminando quelle lacrime che avevano aspettato tanto a cadere.
Non sapeva dove andare, cosa fare, ma sapeva che in quella casa non ci sarebbe mai più tornata.
Non voleva più sentire quel dolore dentro di se.
<< Se ti vuoi buttare, te lo sconsiglio, non è un bel suicidio >> esclamò una voce accanto a lei.
Si voltò a guardare chi aveva parlato.
Nel vedere lo stesso ragazzo di prima, sorrise amaramente e scosse la testa, verso le poche stelle sopra di loro.
<< Non voglio uccidermi >> mormorò continuando a guardare il cielo blu scuro della notte.
<< Meglio, perché così posso conoscerti >> disse il ragazzo sorridendole.
Roxanne posò di nuovo lo sguardo su di lui e sorrise.
Un sorriso vero, un sorriso caldo, un sorriso che aveva aspettato un anno per aprirsi sulle sue labbra. L’inizio della sua nuova vita, forse, era proprio davanti a lei e voleva coglierlo al volo. Non voleva più star male, voleva vivere una vita che non fosse piena di dolore e tristezza. 
Il suo nuovo inizio era li e non se lo sarebbe lasciato sfuggire di nuovo.
Perché lei era Roxanne Weasley, la ragazza coraggiosa che era riuscita a dire ‘No’ a una vita di dolore.
E non avrebbe più sofferto.

Mai più.

  
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