Storie originali > Soprannaturale
Ricorda la storia  |      
Autore: Diana924    15/12/2012    2 recensioni
Un racconto gotico, un velo che nasconde un volto, un patto fatto troppo presto e un resoconto lugubre: la storia di Klarisse von Altenhause e della sua maledizione
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

quarta classificata al contest " Goth Contest " di Carmilla Lilith

 

Il maniero doveva essersi eretto un tempo superbamente a sfidare il bosco lì accanto, pensai quando lo scorsi a cavallo. Sarei dovuto essere già a Strasburgo in una locanda, i miei amici mi aspettavano ma, a causa della pioggia non vidi alternative così fermai il cavallo e proseguii a piedi tenendolo per le briglie. Era un maniero lugubre e vidi solamente la luce di una candela che appariva e scompariva da una piccola finestra. Quel luogo non era segnato sulle mappe, mi dissi mentre controllavo la mia.

Un rumore mi ridestò dal mio pensare e vidi un uomo anziano che scendeva a fatica le scale.

Indossava abiti semplici e con lui c’era una bimba di circa sei anni, entrambi però si muovevano come se appartenessero alla famiglia reale. << Chi sei straniero? >> mi chiese il vecchio mentre la bambina si avvicinava al mio cavallo. << Mi chiamo Hans Muller e credo di essermi perso, vi chiedo solo ospitalità per la notte >> risposi osservandoli a lungo. Lui era piegato dall’età e lei invece appariva radiosa, appena entrata nella vita. << Freida vi mostrerà la strada, abbiamo già cenato, il cavallo può andare nella stalla >> e detto questo scomparse all’interno.

Freida mi condusse prima nelle stalle e poi all’interno del vecchio maniero. Mi era sembrata tranquilla dimostrandosi a suo agio in quei corridoi diroccati, tranne che di fronte ad una porta quando iniziò a tremare. Era una porta come tutte le altre eppure la bambina smise di tremare solamente quando la porta fu alle nostre spalle. << Questa è la vostra stanza, non abbiamo mai visitatori, se volete recarvi nella biblioteca dopo … vi attendono >> e detto questo si voltò e corse via. Rimasi sorpreso e mi recai nella mia stanza.

Non avevo bagaglio con me, non avevo reputato importante portarlo per quel misero viaggio, pensavo mentre un fulmine illuminava la stanza. E fu allora che lo vidi: un ritratto di donna, di buona fattura. Il volto era coperto da un velo nero da cui non traspariva nulla, Gli abiti erano maestosi, in seta nera e pieni di pizzi, e da quel che vedevo dovevano appartenere a circa cinque secoli prima, l’epoca del buon imperatore Enrico.

Rimasi a fissare il dipinto per quello che mi parve un battito di ciglia quando sentii una voce alle mie spalle : << Bella vero? Si cerca il suo volto ma non lo si trova, perché lei non vuole che gli altri lo vedano >>. Mi voltai e vidi il vecchio che mi osservava, mi parve di scorgere nel suo volto un accenno di pietà e di comprensione. << Non mi attendevate nella biblioteca? >> chiesi alquanto seccato che mi avesse colto in quella situazione, eppure non vi era nulla di sbagliato nell’osservare un dipinto.

<< Vi ho atteso, per quasi due ore, poi ho chiesto a Freida in quale stanza vi avesse sistemato e lei ha ammesso di avervi fatto alloggiare qui. Così ammiravate dama Klarisse, la signora velata? >> Klarisse, il nome della dama misteriosa era Klarisse. Osservai con maggiore attenzione il quadro: la pelle di dama Klarisse era davvero come il suo nome: chiara, generava un bizzarro contrasto con l’abito di seta nera, rendendola fragile, quasi malata.  << Si chiama Klarisse? >> dissi continuando ad osservare il dipinto. << Klarisse von Altenhause, siete come il marito della mia amata nipote Hanna, quel povero ragazzo passava le ore ad osservare Klarisse, voleva chiamare così Frieda ma mia nipote si oppose e alla sua morte mi implorò di chiamare con qualsiasi altro nome sua figlia: “ Voi siete un uomo buono, nonno, e non permettere che la mia bambina abbia il nome di quel mostro “ mi disse, prima di spirare, e io ho acconsentito >>.

<< Mostro? Sembra un angelo invece >>. Non riuscivo a credere che Klarisse fosse stata un mostro, era troppo bella e fragile per esserlo. << Siete caduto anche voi nella sua trappola Herr Hans, ma non ve ne faccio una colpa: Klarisse era un demonio fuggito dall’inferno ma era bella come un angelo, le sue brutture erano dell’anima, se volete potrei raccontarVi la sua storia, ma sono vecchio e non ricordo quale fosse la verità e quale la leggenda che nacque alla sua morte, spero mi perdonerete >>. << Vi ascolto >> risposi, sedendomi su una sedia in modo da poter osservare Klarisse: mi chiesi cosa stesse guardando lei in quel dipinto, Klarisse von Altenhause.

 

Klarisse von Altenhause era nata nell’anno del Signore 12 ... . Sua madre era la discendente di una casata magiara, una donne forte e orgogliosa, che morì nel darla alla luce. Suo padre, il duca Franz von Altenhause, al ritorno dalla crociata aveva iniziato ad occuparsi in prima persona della sua unica figlia. Klarisse crebbe credendo che ogni cosa le fosse concessa, dal vestirsi come un maschio al rompere le bambole che riceveva in dono, ma soprattutto che potesse leggere ogni singolo volume della libreria di famiglia. Il duca aveva una cura particolare verso la figlia, concedendole una cultura che avrebbe fatto impallidire i più dotti filosofi dei tempi antichi. A Klarisse, quando era bambina infatti era accaduta una disgrazia.

Non aveva nemmeno sei anni quando rimase sfigurata al volto, per sempre; taluni dicono che fu una disattenzione della cameriera, qualcuno sostiene che fu un tentativo di rapimento mal eseguito e altri giurano che fu un patto infernale di Klarisse, la sua bellezza e quello che sarebbe stata in cambio del potere e della conoscenza. Nessuno l’avrebbe mai sposata, non ci sarebbe stato alcun matrimonio per lei, tantomeno un convento. Quando aveva dieci anni anche il duca Franz morì, lasciandola sola con la sua servitù. Fu da allora che iniziò a velarsi il volto, suo padre non aveva paura di lei, quale padre ha paura del volto della propria figlia? Ma alla sua morte Klarisse cominciò a velarsi di seta nera, in segno di lutto e a non farsi più vedere in giro

Aveva sedici anni quando si fece ritrarre, poi nessuno seppe più niente di lei fino a quel giorno maledetto.

Klarisse von Altenhause

Klarisse von Altenhause era alla finestra come tutti i giorni, il capo velato che le concedeva di vedere ogni cosa e allo stesso tempo di non far comprendere a chi le era di fronte cosa vedesse. Era piacevole stare lì ad osservare la servitù e i radi visitatori che capitavano da quelle parti. Fu allora che li vide: lei aveva i capelli color dell’oro, occhi color del cielo e un viso dolce, a forma di cuore. Indossava una gonna rosa e una camicetta bianca, un abito semplice, tipico dei paesani che abitavano lì vicino. Lui, invece, era diverso.

Tanto per cominciare i suoi capelli erano castani, indossava abiti di buona fattura e di buon taglio ma quello che la sorprese era il volto: bello e buono, animato da una forza che non conosceva. Desiderò immensamente che guardasse anche lei in quel modo, che le sorridesse e che soprattutto non avesse né paura né compassione del suo volto, ma questo era impossibile.

Da quel giorno, ogni giorno andava alla finestra ad osservarli, a volte non venivano, altre volte erano senza cavalli ma erano sempre sorridenti e le labbra di lei erano belle e lui sembrava amarle visto che spesso e volentieri le univa alle sue. Klarisse aveva domandato alla sua cameriera personale, una vecchia quasi sdentata e con pochi e radi capelli bianchi, perché non potesse fare a meno di osservare i due.

<< E’ l’amore che ti spinge bambina mia, solo l’amore che provi verso quel giovanotto. Ma insieme ad esso vi è un demonio: quello della gelosia che tu provi verso la sua amata. Fattene una ragione bambina mia, lui ama un’altra e in quanto a te …  >> e lì aveva taciuto, limitandosi ad osservarla.

L’amore, e così quello era l’amore, quel sentimento di cui aveva letto nei libri di suo padre, l’amore. Da allora desiderò con forza che l’altra sparisse e che lui fosse suo, solo suo.

Un giorno in cui il suo cuore era diviso tra l’amore che nutriva verso l’uomo e l’odio verso la sua accompagnatrice non desistette e chiamò presso di sé il capo dei soldati della sua guarnigione, un certo Marc. << Vedi quella donna e quell’uomo? >> domandò indicandogli i due.

<< Vi hanno forse offeso mia signora? >> chiese lui e lei si accorse che lui la guardava come lei guardava il giovane: lui l’amava, pensò, ma lei amava un altro.

<< Portami lui, lei lasciala pure andare >> rispose e con piacere l’altro chinò il capo in segno di obbedienza. << Portalo nelle celle del sotterraneo ma che non gli manchi nulla >> aggiunse prima di sfiorargli il volto con le mani. Aveva belle e bianche mani, dalle dita affusolate e non come quelle dell’altra donna, che erano scure e rovinate dal lavoro, nonché corte e piene di calli e sorrise nell’accorgersi con quale sguardo Marc la stesse osservando.

Gabriel e Lisa

Gabriel e Lisa quel giorno erano andati a cavalcare come facevano da mesi, da quando le loro famiglie avevano acconsentito al fidanzamento. Lei era l’erede della fortuna di suo padre, un mercante di stoffe di solide fortune, mentre lui era l’unico figlio del borgomastro. Le due famiglie vedevano in quel matrimonio l’occasione per una di elevarsi socialmente, per l’altra ricevere abbastanza denaro da poter tramandare onorato il proprio nome andando così incontro ai sentimenti dei due fidanzati e a quel che provavano fin dall’infanzia.

Lei stava ridendo mentre, dopo essere smontato da cavallo, lui la stava aiutando quando sentirono un rumore di zoccoli e videro degli uomini armati. Gabriel distinse immediatamente il loro emblema, il teschio nero su fondo bianco degli Altenhause e quello gli riportò in mente i racconti che aveva udito su dama Klarisse, la sfuggente signora velata padrona di quei luoghi. Sfoderò la spada e subito Lisa ad un suo cenno si riparò dietro di lui.

<< La mia signora vuole vedervi, afferma che le avete arrecato offesa >> ordinò loro quello che sembrava il comandante.

<< Non abbiamo recato offesa a nessuno, buonuomo >> rispose Lisa a voce bassa. << Comandante, se abbiamo veramente recato offesa a dama Klarisse allora che venga lei a spiegarci in quale modo io e la mia fidanzata le abbiamo mancato di rispetto >> affermò Gabriel con tono deciso.

<< E voi credete che dama Klarisse von Altenhause si scomodi per due pezzenti come voi? No, mein Herr, kommt mit mir e Voi Fräulein tornate subito a casa, gli ordini sono di non far del male a nessuno di voi >> disse Marc osservando i due. Erano due persone così semplici, ma dovevano aver commesso un grave torto verso dama Klarisse, si disse, maledicendosi per non averla sempre accompagnata le poche volte che era andata a cavallo. Lei lo aveva accarezzato, sentiva ancora le sue dita sul volto. A volte fantasticava di toglierle il velo e di poter scorgere il suo volto, quel volto che persino il quadro celava e che lui non aveva mai scorto, tranne che nei sogni.

<< Gabriel, cosa vuoi fare amore mio? >> chiese Lisa terrorizzata. Klarisse von Altenhause era una strega che aveva ucciso sua madre alla nascita, un’empia donna che aveva barattato la sua bellezza con il potere e che si dedicava alla sapienza proibita dalla Chiesa.

<< Andrò mio tesoro, tornerò il prima possibile, sta tranquilla mio unico amore, tornerò da te >> le rispose Gabriel spavaldo prima di risalire in sella e seguire Marc e i gli altri soldati.

<< Non andare Gabriel, ti scongiuro non andare >> disse mentre osservava Gabriel che si allontanava da lei. << Non andare Gabriel >> ripeté mentre saliva a cavallo. << Non mi lasciare >> disse, infine, mentre iniziava a cavalcare a spron battuto verso il villaggio.

Arrivata si recò immediatamente dal padre di Gabriel e tra le lacrime spiegò cos’era avvenuto poco prima: << Quella strega, quell’arpia, quel mostro di Klarisse von Altenhause ha fatto rapire vostro figlio Gabriel. Io vi supplico Herr Peter, aiutatemi. Non so cosa sia accaduto ma Franz non può aver offeso quel demonio, per favore aiutatemi a riabbracciarlo >>. Herr Franz era un buon uomo così, dopo aver ascoltato Lisa, decise che forse era ora di recarsi da dama Klarisse. Era dalla morte del duca Franz che non si recava al maniero.

Gabriel

Non appena erano giunti al maniero dei von Altenhause Gabriel era stato scortato da Marc nelle segrete. << La mia signora vorrà interrogarvi, e sperate che sia ben disposta >> e detto questo chiuse la porta.   Rimasto in quella fredda segreta Gabriel si sedette per terra e ripensò a Lisa, ai suoi capelli color dell’oro che gli ricordavano il grano, alla sua risata quando erano insieme, ai suoi bellissimi occhi color del cielo e al tenero sentimento che nutriva verso di lei fin da quando erano bambini che giocavano insieme nei cortili.

Stava ripensando a quando il padre di Lisa aveva accettato la sua proposta di matrimonio quando sentì la porta aprirsi e vide una figura nerovestita e velata che entrava.

Come tutti gli altri abitanti del villaggio aveva sentito infinite e orrende storie sulla duchessa Klarisse von Altenhause, colei che aveva venduto la sua bellezza al Maligno per empi e nascosti poteri eppure quella donna dinanzi a lui appariva leggiadra e dignitosa come la migliore delle regine. << Mi dispiace che siate stato trattato in sì crudele modo, avevo comandato a Marc di scortarvi da me e invece lui vi ha trascinato qui, mi dispiace molto >> disse lei avvicinandosi a lui e lui notò che aveva una voce dolce e melodiosa. << Scusate se non mi sono subito presentata. Il mio nome è Klarisse von Altenhause >> e la sua mano si avvicinò a lui, bianca e affusolata, la mano di una gran dama, pensò Gabriel con sollievo, forse quelle storie erano solo storie e lei non era un mostro.

<< Gabriel von Brecht, accetto le vostre scuse ma vorrei sapere perché avete ordinato che fossi condotto qui >> disse lui dopo averle fatto il baciamano, la pelle non era solo bianca ma anche fredda come il marmo. << Io vi avevo invitato, e mi scuso nuovamente per Marc, mio caro Gabriel >> e la mano salì a sfiorargli il volto, lentamente in tocco gentile e vellutato << Bello, siete così bello Gabriel >> diceva con dolcezza mentre il velo si muoveva. << Dunque potrò andare?  La mia fidanzata mi attenderà con ansia >> le chiese lui, più passava il tempo e più avvertiva disagio in compagnia di quella donna velata. << No, mai, Voi non la rivedrete più! Resterete qui per sempre se oserete anche solo nominare una volta ancora quella donna >> urlò lei, in un impeto di furia.

Quello era troppo, un’insolenza vera e propria, lui era un gentiluomo e non avrebbe tollerato simili impertinenze. << Ora basta signora duchessa. Ho sopportato un rapimento, questa prigionia ma non sono disposto a sopportare oltre, liberatemi subito! >> stava gridando e nel sentire che lei stava per andarsene l’afferrò per le spalle e le tolse il velo.

Non gridò perché era un gentiluomo ma se fosse stato un villico ignorante avrebbe sicuramente urlato. Il volto di Klarisse von Altenhause era completamente bruciato, la carne era quasi distrutta, solo attorno alla bocca dei brandelli scuri sopravvivevano, il resto era un involucro di carne sanguinolenta e disgustoso che metteva in risalto le vene del suo volto e che cadeva a pezzi. I suoi occhi erano verdi come gli smeraldi e in quel istante lo osservarono colmi di sorpresa, paura, disgusto e rabbia. << Non Vi manca il coraggio Gabriel ma se oserete anche solo ritentare questo vostro infame gesto Vi priverò della vita, ora capite perché non mostro mai il mio volto? >> e detto questo Klarisse von Altenhause letteralmente fuggì, portando con sé anche la torcia che aveva rischiarato la sua prigionia fino ad allora.

Klarisse e Peter

Klarisse aveva risalito le scale in preda all’angoscia, alla paura e alla rabbia. Lui aveva avuto l’ardire di respingerla e di toglierle il velo, rivelando ai suoi occhi quale orrendo mostro essa fosse.

Un mostro, ecco cosa sono, un mostro, ma lui mi amerà, mi deve amare, lo costringerò se necessario, pensava mentre risaliva le scale e s’imbatteva nella sua cameriera. << Lui mi amerà, lo costringerò se necessario, ma mi amerà >> le disse mentre stava per tornare nelle sue stanze.

<< Ci sarebbe un modo, ma voi ne pagherete il prezzo >> le rivelò la cameriera. << E quale? Dimmelo, te lo ordino >> << Vi consegnerò qualcosa, e voi dovrete fare in modo che lui lo beva, è uno speciale filtro che lo farà innamorare di voi, ma ricordate bambina, se rivedesse il suo vero amore l’incantesimo si spezzerà >> le spiegò la vecchia. << Lui non la rivedrà più, qual è il prezzo? >> << Il solito bambina, quello che paghi da anni per poter mantenere il potere e avere una conoscenza sempre più estesa, sei disposta a pagarlo nuovamente? >> << Non ho paura, non più, quindi si, portami quel filtro >> ordinò lei. Aveva pagato quel prezzo infinite volte e non aveva più paura.

Era già entrata quando sentì un lieve bussare e vide Marc entrare. << Mia signora, mi dispiace disturbarVi ma il borgomastro von Brecht è qui e domanda insistentemente di vederVi >> le annunciò lui e lei subito scese.

Peter von Brecht era nel cortile interno e l’attendeva. Era certa che fosse tutta colpa di quell’altra donna, quella donna insulsa che aveva fatto innamorare di sé Gabriel.

<< Herr Peter, per quale motivo siete qui? >> domandò con aria imperiosa, il velo che ondeggiava a causa del vento. << Dama Klarisse, sono qui per chiedervi di rilasciare il mio ragazzo. È un brav’uomo, appena uscito dall’infanzia e sono certo che non è accusato di alcun crimine. Pertanto vi supplicò di rimandarmelo, attenderò qui >> la supplicò Herr Peter.

Aveva visto Klarisse l’ultima volta otto anni prima, quando era ancora una bambina ma già velata, e ora al suo cospetto vi era una donna stupenda che aveva lo stesso portamento di una statua che non mostrava nulla, solo l’abito di seta nera e il velo che le proteggeva il volto.

<< Herr Peter, buongiorno a Voi. Se cercate il vostro ragazzo non lo troverete qui. L’ho interrogato e, riconosciutolo innocente, l’ho liberato, forse è tornato a casa passando per un’altra strada >> rispose, Klarisse osservando l’uomo che subito rimontava a cavallo << Avete ragione signora duchessa, sono sicuro che lo ritroverò a casa >> e detto questo si congedò.

Klarisse e Gabriel

La notte piovve a lungo e i lampi e i tuoni più di una volta svegliarono Klarisse. Nel suo letto a baldacchino si rigirò più volte nel sonno, chiedendosi se stava facendo la cosa giusta e se, soprattutto, era veramente pronta a pagarne il prezzo. Era in quei momenti che si pentiva di quel patto sciagurato e rimproverava la bambina che era stata e così si toccò lentamente il volto, ogni pressione delle sue dita, anche se minima, le procurava orrendi dolori e sofferenze. Lentamente sprofondò nel sonno senza sogni che sapeva precedere il prezzo che avrebbe pagato per avere Gabriel e sorrise, lui sarebbe stato suo.

Il mattino dopo si svegliò e indossò i suoi abiti migliori, sempre in seta nera e scelse un velo più sottile del solito. 

<< Perfetta come sempre bambina mia – la salutò la cameriera non appena entrò nella stanza – quel che ti ho preparato è pronto, spetta a te ora decidere cosa farne, avrà effetto verso la prima persona che vedrà dopo aver bevuto >>.  << Glielo porterai tu, io aspetterò fuori >> le ordinò, mentre usciva e l’altra la precedeva.

Gabriel aveva passato la notte nella cella, cercando in ogni modo di trovare una via d’uscita da quell’inferno. La notte sembrava appena passata o forse era agli inizi quando vide una donna anziana con pochi e radi capelli bianchi che portava un vassoio tra le mani. << Per Voi giovane signore, sarete stanco e avrete sete, bevete. >> Non si fece ripetere il consiglio, afferrando a due mani il calice e bevendo a grandi sorsate. Non era acqua, non era vino e nemmeno birra ma in quel momento poco importava.

Dopo aver terminato alzò lo sguardo e vide Klarisse von Altenhause che lo osservava, immobile e bella come sempre. Lentamente si alzò, vergognandosi di come doveva apparire a quella nobile dama e sentendo per lei un trasporto che non credeva di provare.

Lei entrò nella cella e lo osservò a lungo prima di porgli una domanda con voce tremula e timorosa : << Mi ami Gabriel von Brecht? >>

Una simile domanda gli parve superflua, era così evidente che l’amava. <<  Klarisse, come potrei non amarti? Questo ti chiedo bella Klarisse, come potrei non amarti? Sei colei che il mio cuore anela, colei che il corpo desidera, l’unica donna degna di essere al mio fianco >> le dichiarò, mentre lei con mani tremanti poggiava in terra la fiaccola e correva verso di lui. << Amarmi, oh tu mi ami Gabriel, tu mi ami! E sei mio, solo mio >> sussurrò prima di correre tra le sue braccia. Veloce lui le aprì permettendole di abbracciarlo. Così bella, così delicata, così sventurata, chi era così vile da non amare la sua Klarisse? (, dopo il punto di domanda non vanno altre interpunzioni!) questo pensò prima di stringerla a sé. Fece per toglierle il velo ma lei lo fermò. << No >> disse, bloccandolo, << Non lo fare, non ti piacerebbe quello che vedresti >>, il suo volto orribilmente sfigurato solamente in una persona non aveva generato orrore e ripulsa, suo padre, ma lui era morto da anni.

<< Sei bellissima Klarisse, bellissima >> dichiarò lui, allontanando la sua mano e levando il velo. Al posto dell’orribile volto divorato dal fuoco vide un volto bellissimo, fatato, di un pallore quasi innaturale e i cui occhi verdi erano pieni di sorpresa. Le labbra erano rosse e piene, perfette da baciare e per farsi baciare, si disse mentre la studiava.

<< Sei bellissima >> le disse mentre le sfiorava il volto. << Sei bellissima >> le ripeté mentre avvicinava le sue labbra a quelle di lei. << Sei bellissima Klarisse >> disse questa volta prima di toccare le labbra di lei. Bellissima, mi trovi bellissima perché sei sotto un incantesimo, ecco perché Gabriel, altrimenti mi chiameresti mostro ed essere degenerato, così si diceva Klarisse mentre sentiva su di sé per la prima volta, il tocco di un uomo.

<< Vieni nelle mie stanze >> mormorò facendolo uscire da quella cella e lui la seguì ammaliato.

Giunti nella sua stanza lei si sedette sul letto e lui sulle sue gambe, godendo del modo in cui lei faceva passare tra le sue mani suoi capelli.

<< Non ricordo perché mi hai fatto buttare in prigione, ma qualcosa devo aver fatto >> << Non importa, non ora, non adesso amor mio >> rispondeva lei, godendo di come quei riccioli castani restavano tra le sue dita.

Ad un certo punto lui si alzò e la strinse nuovamente a sé, per poi farla cadere sul letto. Lei rise sorpresa di quella sua trovata, almeno finché non sentì le mani di lui che si poggiavano sulle sue gambe dopo aver spostato la gonna. << Sei così bella Klarisse, così bella >> stava dicendo Gabriel alternando le parole a baci sulle sue gambe e sulle cosce, procurandole il paradiso e allo stesso tempo facendola tremare di paura. << Bellissima, e sei solo mia, la mia Klarisse >> disse lui poggiando le mani sulle cosce e aprendole, mentre lei iniziava a tremare spaventata. Lui stava per farle qualcos’altro, qualcosa di temibile e di spaventoso, pensò Klarisse un attimo prima di allontanarlo da sé, terrorizzata.

<< Cosa stai facendo? Smettila Gabriel, ho paura >> urlò terrorizzata, mentre lui si ritraeva, gli occhi scintillanti di qualcosa che lei non conosceva, di cui non aveva mai letto.

<< Klarisse amore mio, non respingermi così, ti scongiuro, permettimi di dimostrarti quanto io profondamente ti ami >> replicò lui, gli occhi che mandavano lampi. << No, non così, stammi lontano Gabriel, non mi toccare >> urlò lei prima di aprire la porta e fuggire terrorizzata, non prima di essersi nuovamente velata.

Klarisse e Hilse

Klarisse si era rifugiata nella biblioteca dove, tremante, l’aveva trovata la vecchia cameriera, che corrispondeva al nome di Hilse. Hilse era al suo servizio da anni ed era la sua guida e la persona di cui più si fidasse.

<< Bambina mia, capisco la tua paura ma devi lasciarti andare e devi cedere ai desideri di quell’uomo, solo così il nostro piano sarà pronto per il gradino successivo >> le disse, osservandola tremare. << E cosa dovrei fare? Lui mi guardava come se volesse mangiarmi e le sue mani … quelle belle mani erano diventate esigenti, volevano stritolarmi e io non … >> tremava dalla paura, e così era questo quello che l’altra permetteva a Gabriel di fare.

<< Dovrai cedere, ad ogni suo desiderio, e dovrai farlo finché non concepirai un figlio >> annunciò Hilse. Un figlio, lei doveva concepire un figlio, un erede per gli Altenhause, era quello il suo dovere e lo avrebbe assolto, anche se era bloccata dal terrore. << Bevi questo: ti darà la forza di sopportare quanto accadrà >> disse porgendole un bicchiere di cristallo al cui interno vi era un liquido leggermente rosato. Klarisse la guardò un’ultima volta prima di berne il contenuto in piccole sorsate per poi avviarsi.

Hilse rimase ad osservarla: Klarisse era stata una brava allieva eppure da quando aveva scorto alla finestra Gabriel era cambiata, perdendo interesse per il suo sapere e passando le giornate a spiare quell’uomo.

Quando era bambina aveva pagato un prezzo temibile per ottenere tutto quello, ed era merito suo se ora era la più potente signora in quei luoghi, sua  e dal suo Signore. Si avvicinò lentamente alla finestra dove trovò un corvo nero che l’attendeva. << Avvisa il mio Signore e Padrone che prima che l’anno sia trascorso la missione che mi affidò sarà portata a termine e perché ne sia persuaso consegnagli questa >> e porse al corvo, che subito la prese nel becco, una rosa nera. Bella a vedersi, ma piena di corte e pungenti spine. Il corvo gracchiò prima di librarsi in volo e lei lo seguì con lo sguardo.

Klarisse nel frattempo era tornata nella sua stanza e con il cuore colmo d’inquietudine e di felicità vi trovò Gabriel che la stava aspettando. << Sapevo che saresti tornata da me Klarisse, mia Klarisse >> disse avvicinandosi a lei. << Come lo sapevi? >> chiese lei rigida mentre sentiva le sue braccia che la stringevano. << L’amore Klarisse, e ho ricordato >> rispose lui, tenendola stretta. << Cosa hai ricordato? >> chiese terrorizzata e pronta a chiamare Marc se lui avesse ricordato tutto, anche l’amore per l’altra.

<< Perché mi hai incarcerato: avevi paura e io fui così villano da non obbedirti >> le rispose lui, togliendole definitivamente il velo. Lei stava per dire qualcosa quando lui la prese tra le braccia e la fece distendere sul letto.

<< Klarisse, la carne di un uomo è debole e tu … sei così bella, non respingermi >> sussurrò mentre lentamente iniziava ad alzarle le gonne. << Non lo farò Gabriel, non lo farò amore mio >> rispose lei, avvertendo uno strano torpore, diverso dal solito e a differenza di quello questo era appagante.

Quella notte Klarisse von Altenhause divenne una donna, senza immaginare che alla fine del anno avrebbe perduto tutto quello che le era caro.

Klarisse e Marc

Fu in quel tempo che Klarisse sbocciò, divenendo non solo bella ma anche amabile e il suo cuore era pieno d’amore per Gabriel. Lui l’amava, anche se era un amore indotto dal filtro che lei gli aveva fatto bere, il quale gli faceva apparire il suo volto mostruoso come meraviglioso, ma le era sufficiente. Per evitare che l’altra donna, non sapeva nemmeno il suo nome, potesse vederlo e così rompere l’incantamento aveva dato ordine che non appena l’avessero scorta i soldati dovevano immediatamente allontanarla. Lentamente iniziò anche a smettere gli indumenti neri, prediligendo colori più chiari ma non il velo, quello era sempre sul suo volto, anche se Gabriel ormai non doveva più chiederle il permesso per sollevarlo e baciarla.

Da quel che ricordava aveva sempre indossato abiti neri per simboleggiare il lutto, lutto per la morte di sua madre, lutto per suo padre, lutto per la sua bellezza.

Fu lui a farle indossare abiti di tutti i colori e a portarla a cavallo. Raramente aveva lasciato il maniero, i cavalli la spaventavano e loro sentivano la sua paura e si ritraevano ma con Gabriel era diverso, con lui era tutto diverso.

La scarsa servitù che ancora risiedeva al maniero sembrò approvare quell’idillio, specialmente Hilse che nelle notti di luna piena spariva non appena il sole si nascondeva dietro le aguzze montagne per ritornare solamente la mattina, subito dopo l’alba. L’unico che non appariva soddisfatto era Marc.

Il soldato infatti si mostrava sempre molto scontento di scortare i due e non comprendeva perché la sua signora dovesse comportarsi in siffatta maniera verso qualcuno che l’aveva offesa. Tante volte aveva fantasticato di abbracciare dama Klarisse, di manifestarle la sua infinita devozione, di dichiararle che era pronto a morire per lei, e lei sceglieva quel giovane così banale. E lui era costretto a sopportare tutto quello.

Fu a settembre, la sera aveva piovuto per tutto il tempo e nessuno dei due aveva avuto l’idea di andare a cavallo che dama Klarisse lo convocò nelle sue stanze. Nell’entrare la vide seduta accanto alla finestra, solo lei evidentemente lui quel girono non si sarebbe fatto vedere, ad osservare il cielo. Quel giorno indossava un abito rosa che le lasciava scoperte le spalle.

Lei si alzò per riceverlo e sebbene apparisse leggermente appesantita non gli era mai sembrata così bella. << Dama Klarisse >> la salutò inginocchiandosi. << Marc, ti ho chiamato qui per un motivo. Hai dato eccellente prova della fedeltà al mio casato ma da domani i tuoi servigi non saranno più richiesti. So che potrebbe apparirti prematuro ma desidero spiegarti il perché … >> stava dicendo, ma lui già non ascoltava più. << No, io non lascerò il mio servizio perché quel ragazzino impertinente ha deciso che sono troppo vecchio, troppo villano o altro. Servo la vostra famiglia da quando vostro padre era in vita e solo un vostro ordine mi convincerà a lasciare il servizio >> la zittì, esponendole le sue ragioni, non avrebbe accettato per nessuna ragione si disse, non avrebbe ceduto, non l’avrebbe persa.

<< Marc Grüßen, non osare più parlarmi in siffatta maniera altrimenti ti farò frustrare e ti getterò nelle celle senza niente da mangiare. In quanto a Gabriel von Brecht … dopo la nascita del bambino lui sarà il tuo padrone >> terminò e fu allora che lui si accorse del ventre che leggermente sporgeva. Klarisse von Altenhause aspettava un figlio.

In preda al furore e alla tristezza si alzò e la prese tra le braccia. << Hanno ragione al villaggio quando sostengono che sei un demonio: tu sei il peggiore dei demoni. Ti amo da quando eri una bambina e così mi ripaghi vipera? Concedendo quello che mi spettava di diritto a quel ragazzino! E ti sei fatta anche ingravidare, cagna! Ma non permetterò tutto questo >> urlò, estraendo la spada. << Cosa vuoi fare? Lasciami subito, te lo ordino! >> urlò lei.

Tutta la felicità che aveva provato era ormai sparita sostituita dal terrore. Aveva rivelato quella verità a Gabriel due gironi prima; erano soli sul prato, lei per una volta senza il velo e indossava un abito verde che s’intonava ai suoi occhi. Lui nell’apprendere la notizia l’aveva ricoperta di baci dichiarandole il suo amore ancora una volta, per poi chiederla in sposa. Un matrimonio e un battesimo, aveva detto mentre la baciava e l’amava lì, sull’erba. Lei si era sentita piena di felicità, così tanta che ne sarebbe morta.

Per allora avrebbe anche potuto fargli rivedere la ragazza bionda. Era certa che se anche il filtro avesse perso il suo potere su di lui, Gabriel non l’avrebbe lasciata,  non quando sarebbe divenuta sua moglie e la madre di suo figlio.

<< Cosa voglio fare maledetta strega? Prima mi prendo quello che è mio di diritto, poi con questa spada estrarrò dal tuo grembo l’abominio che hai generato e solo allora lo ucciderò >> le rispose lui, prima di spingerla sul letto e strapparle il velo. Se lei aveva pensato che il suo volto l’avrebbe scoraggiato lui non lo diede a vedere, non mentre le strappava le vesti e lei restava in silenzio. Acconsenti ai suoi desideri e basta, poi tutto avrà fine e non sentirai più niente, solo la pace, l’unico rimpianto sarà per il bambino ma Gabriel è giovane, potrà averne altri da quella ragazza bionda, pensava mentre osservava Marc ora che era rimasta con la sola camicia.

Poi vide qualcosa che penetrava il corpo di Marc e che si fermava sulle sue lenzuola, mentre il suo corpo e la sua camicia si sporcavano di sangue, sporcando lei e le lenzuola, oltre alla camicia stessa. Sentì il corpo di Marc che rovinava su di lei e si spostò, scoprendo Gabriel che la osservava mentre puliva la sua spada.

<< La tua bellezza è pericolosa per gli uomini Klarisse, ma ti prometto che veglierò sempre su di te >> le disse, prima di prenderla in braccio.

Lisa

Lisa in quei mesi non si era data per vinta. Saputo di ciò che Herr Peter aveva appreso da dama Klarisse anch’ella aveva atteso Gabriel. Lo aveva atteso più di tutti, rinunciando solo quando fu certa che lui era ormai scomparso. Herr Peter, che sarebbe dovuto diventare suo suocero, immalinconiva sempre di più e le aveva consigliato di fidanzarsi con un altro, perché non poteva passare il resto della sua vita ad attendere come Penelope. Un anno, Vi chiedo un anno e poi smetterò di attendere, aveva giurato lei ed erano passati solo sette mesi, ne restavano cinque si diceva ogni giorno.

Aveva ripreso a cavalcare, anche se senza una metà precisa, solo la libertà di sentire il vento tra i capelli e, soprattutto, così facendo dimenticava Gabriel. Gabriel, che l’amava da quando erano fanciulli e che l’aveva così indegnamente abbandonata per scomparire.

Quel giorno si era recata al piccolo lago dove da bambini lei intrecciava dei fiori aspettando che lui la raggiungesse per poi giocare quando sentì delle voci. Erano di un uomo e di una donna e una le sembrava familiare. Con circospezione scese da cavallo, un cavallo baio di nome Brigida perché l’aveva ricevuta per l’onomastico della santa, la legò al ramo più vicino e con circospezione si era avvicinò.

Il lago era come l’aveva visto l’ultima volta che vi era passata, un delicato specchio d’acqua che sembrava replicare quello del cielo sopra di loro. Accanto ad esso vi erano due figure. Non riuscì a vedere il volto della donna, che immaginò magnifico ma vide che indossava un abito verde smeraldo mentre lui aveva calzoni neri e una camicia bianca, la giacca era per terra e loro vi era distesi sopra.

<< Dovremmo rientrare, le mie guardie si preoccuperanno se non mi vedranno rientrare >> stava dicendo la donna ma era evidente che non sarebbe andata da nessuna parte, come lei quando sosteneva che dovevano rientrare, che altrimenti sarebbero stati puniti ma Gabriel non l’ascoltava.

<< Non ancora, non ancora, resta con me mia Klarisse >> replicava lui e lei tremò nel riconoscere quella voce: era quella di Gabriel, del suo Gabriel. E la gran dama era Klarisse von Altenhause, non v’erano dubbi. In lei era sempre esistita la possibilità che Klarisse von Altenhause, quel demonio, avesse fatto rapire il suo amato per ragioni che non conosceva e quella ne era la prova. Dovette ammettere che era bella, quindi quella parte della leggenda che la voleva brutta come il demonio era falsa, ma vi era attorno a lei come un’essenza di morte, un essenza così forte di lutto e di cimiteri che nemmeno il profumo alla rosa di cui era cosparsa riusciva a disperdere, anzi le due essenze si fondevano in quello che per lei era un odore disgustoso ma che Gabriel non sembrava percepire.

<< E invece si, dobbiamo andare, passami il velo >> e lui le porse un velo nero che subito lei con gesti veloci indossò, celando nuovamente il suo volto. << Non possiamo restare via troppo a lungo, non dopo quello che è successo a Marc >> stava dicendo lei, mentre si avvicinavano a uno stallone nero come la notte. << La tua cameriera Hilse ha pensato a tutto, non corriamo alcun pericolo, fidati di me. E quando sarà nato il bambino ti confesserai se la pena per quel che è accaduto non ti abbandona >> disse lui che era già salito in sella.

Lisa all’inizio non comprese quelle parole, almeno finché non vide Gabriel che sollevava dama Klarisse la quale si sistemò accanto a lui con grazia: Klarisse von Altenhause aspettava un figlio. E il padre della creatura era Gabriel, il suo Gabriel.

Non appena fu sicura che i due erano lontani tornò da Brigida, la slegò e subito si diresse verso il villaggio sperando che Herr Peter l’ascoltasse. << E questo è tutto, dovete andare là ed esigere che lei Vi ascolti, dovete strappare vostro figlio dalle grinfie di quella strega. Dovete ucciderla e dare la morte anche all’abominio che sta crescendo nel suo grembo e che avrà sicuramente concepito durante un sabba diabolico. Dovete salvare Vostro figlio dalla perdizione e da quella donna diabolica >> lo supplicò, sperando di essere arrivata al suo cuore di padre.

<< Lisa, figliola mia, ti conosco da quando eri una bambina. Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Sono accuse gravissime quelle che stai gettando su dama Klarisse von Altenhause di cui noi siamo suoi fedeli vassalli. In quanto al mio Gabriel, sa Iddio se mi piacerebbe rivederlo ma egli non torna e tu come fai a sapere che era lui il giovane insieme a dama Klarisse? >> Erano buone domande ma lei era sicura di avere ragione, doveva solo dimostrarlo, pensò mentre lasciava la dimora di Peter von Brecht, proprio mentre Hanna Paumgarten stava per entrare. << Vi ho udito parlare di dama Klarisse. La conobbi non appena nacque, ero la sua nutrice. Che bella bambina era, sempre allegra e pronta alla risata, almeno finché il duca non assunse quella diabolica cameriera. Hilse le ricordava sempre che lei era l’erede degli Altenhause e che non doveva mostrare pietà, corrompendola sempre più. Aveva dieci anni quella povera bambina quando accadde. La sua stanza prese fuoco improvvisamente ma quando la servitù accorse le fiamme si erano già placate. Lei era salva ma il suo volto: un volto da bambina completamente bruciato dal fuoco e la pelle ancora più bianca e lei che ci guardava con quegli occhi; verdi come le piante di assenzio e vuoti come mai ne ho visti. Poco dopo fui cacciata e lei rimase sola con quella dannata Hilse. Se volete andare andate, ma ricordate: Klarisse non ha colpe >>.

Klarisse e Lisa

Nella biblioteca del maniero dei von Altenhause vi erano testi sull’arte della guerra, della caccia, di medicina, di alchimia e fisica, di geometria e di cento altri saperi, persino sull’occultismo e la demonologia, ma nessuno di loro aveva preparato Klarisse von Altenhause a quello che sarebbe accaduto.

Più passava il tempo e più sentiva che forse era ora di rinnegare le esperienze giovani che le apparivano come un sogno. Come in sogno aveva letto antichi trattati dimenticati. Il suo girovagare nei cimiteri per raccogliere piante insieme a Hilse, gli incontri con altre donne, con Hilse che parlava e lei che restava nascosta nel buio. Le pozioni che preparava insieme a Hilse come quando avevano distillato assenzio o altri vegetali, il suo preferito era però l’arsenico, il sottile veleno in polvere, mentre non aveva molta fiducia nel liquido verde che dicevano permetteva di raggiungere il paradiso. Eppure niente, né la sapienza, né l’inganno cui era ricorsa per avere l’amore di Gabriel l’avevano preparata a quel momento terribile.

Lisa aveva riflettuto sul da farsi per tre giorni poi era tornata al maniero degli Altenhause nascondendo Brigida pochi alberi prima in modo da non essere vista. Quel giorno nessuno dei soldati era presente, per sua fortuna, così entrò.

Il cortile era semplice e scarno e così aprì la porta, che sapeva l’avrebbe condotta al piano superiore, con timore. I corridoi erano deserti e oscuri, immersi in un’oscurità che sapeva di lutto e di dolore. Con trepidazione fece qualche passo per accorgersi che vi era una scalinata di gelido marmo bianco che portava al piano superiore. Iniziò a salirla, per poi sentire delle voci concitate che la fecero avanzare con più baldanza.

Quello che vide quando raggiunse la galleria buia, illuminata solo da poche torce, la rassicurò. Gabriel, il suo Gabriel che urlava ordini e tutta la servitù che gli obbediva.

Vide alcune domestiche entrare correndo in una stanza e uscirne subito dopo, sostenendo che la vecchia levatrice del villaggio avrebbe ucciso la loro signora, che stava sbagliando. Che la uccida pure, sarà un’opera di misericordia, pensò lei, prima di avanzare. E poi lo chiamò con appena un filo di voce: << Gabriel >> facendolo voltare.

Fu come se un velo fosse calato su Gabriel: Lisa, Lisa era lì e lo osservava. Istintivamente lei fece per correre verso di lui e lui le aprì le braccia.

<< Lisa, amore mio, sei qui, tu >> diceva, mentre la teneva stretta tra le braccia. << Oh Gabriel, cosa ti hanno fatto? >> chiedeva lei, mentre sentiva che quello era Gabriel, il suo Gabriel.

<< Ricordo solo il buio delle celle e … >> fu in quel momento che i ricordi riaffiorarono: Klarisse. Lui che giurava di amare Klarisse rinnegando Lisa. Lui che giaceva con Klarisse, a lungo, per tante notti provando una felicità che non credeva esistesse. Klarisse che gli sorrideva felice. Lui che trapassava il petto di Marc che voleva far del male alla sua amata.

E il volto. Quell’orrendo volto completamente carbonizzato di cui restavano a malapena le labbra che lui aveva baciato, che lui aveva amato. Sentì immediatamente disgusto verso se stesso e rabbia, come avevano potuto ingannarlo così facilmente? Aveva amato un demonio, una donna il cui volto era quasi del tutto scomparso e quanto l’aveva amata ma, soprattutto, lei stava per dargli un figlio.

<< Herr Gabriel venite subito perché la duchessa ha appena partorito: è un maschio >> disse una servetta dai capelli castani, uscendo dalla stanza. << Devo andare, aspettami >> e detto questo entrò nella stanza lasciando Lisa da sola.

Gabriel era entrato nella stanza e quel che vide lo tranquillizzò e lo indignò allo stesso tempo: Klarisse von Altenhause, sempre con il suo velo nero, stringeva tra le braccia un neonato che piangeva, suo figlio. Doveva dissimulare l’orrore che provava stando in sua compagnia così si avvicinò al letto e le tolse il velo. L’orrore di quel volto gli apparve immediatamente e solo con uno sforzo di volontà riuscì a baciarla sulle labbra per poi osservare la sua creatura: era un bambino apparentemente normale che in quel momento aprì gli occhi e lo osservò. Il suo primo istinto fu di sopprimerlo, era pur sempre figlio di quel demonio che lo stava osservando dal velo, ma era suo figlio e non sarebbe stato giusto nei confronti della sua anima. Ridiede il bambino a Klarisse che gli sorrise per poi uscire e raggiungere Lisa, che lo attendeva. << Questa sera lascerò questo luogo infernale e tu verrai con me >> le disse, stringendola tra le braccia. << E tuo figlio? >> chiese lei, comprendendo che Gabriel non l’avrebbe mai perdonata se lei si fosse rivelata sterile e lui avesse lasciato il suo unico figlio in quel maniero maledetto. << Lo porterò con me, non può restare qui, nessuno può restare >> e, detto questo, le diede un bacio veloce sulla guancia, e sospirò nel sentire la carne rosata di lei al posto della carne bruciata di Klarisse.

<< Quando partiremo? >> chiese Lisa, sempre più in ansia. << Dopo la cena, prenderò il bambino e ce ne andremo via >> le rispose Gabriel.

Lisa e Klarisse

Klarisse stava dormendo con accanto al suo bambino quando si svegliò di colpo e vide Hilse che aveva tra le braccia la sua creatura che dormiva placidamente.

<rosa bianca, basta niente e tu morirai >> e, detto questo, uscì dalla stanza.

Lisa non aveva avuto il coraggio di andarsene ed era rimasta lì, appena in tempo per vedere una sorta di nuvola nera che correva verso il piano di sotto, per poi udire un urlo.

Vide Klarisse von Altenhause che si trascinava sul pavimento e si accorse che la vestaglia della donna era rosa perché impregnata di sangue. Il volto di dama Klarisse era orrendo ma non fu la carne bruciata a spaventarla, bensì l’espressione di terrore e di angoscia che vi era dipinta sopra. Le passò davanti senza vederlo, gridando, piangendo e implorando di Gabriel, il suo Gabriel, di correre nella cripta e di salvare il loro bambino. Se si fossero incontrate in circostanze diverse, Lisa l’avrebbe solamente maledetta ma in quel momento la compatì e decise che era suo dovere di donna aiutarla. Il mio cuore è troppo tenero, ha commesso peccati indicibili ma ora è solo una donna disperata per il suo bambino, pensò, e corse verso di lei, che aveva iniziato a scendere le scale. << SosteneteVi a me, Vi aiuterò io dama Klarisse >> le disse, non curandosi del sangue che le stava sporcando i vestiti e cercando di non ascoltare i suoi deliri su stregonerie, patti infernali e le rose, più fragile di una rosa ripeteva la duchessa.

Quella discesa le sembrò eterna ma, quando entrò nel luogo che Klarisse le indicò, rimase senza parole. Il bambino non piangeva più, si limitava a singhiozzare. Accanto a lui c’era Gabriel che le osservava in silenzio, la lama sporca di sangue e, ai suoi piedi, una donna che non conosceva.

<< Klarisse tu avevi pensato a tutto, fin dall’inizio. Me, quello che mi hai fatto bere, il tuo stato e infine tutto questo. Non so a quale potenza infernale tu ti sia venduta, ma sappi che tutto questo sta per finire. Dovrei ucciderti ma non lo farò. Tu e la tua serva brucerete all’inferno per l’eternità ma vi brucerò anch’io. Ho peccato amandoti e generando quell’abominio e solo la mia morte potrà espiare questi peccati. Ma sappi che, per tutti gli anni che ti restano da vivere, tu non avrai pace finché non avrai compreso i tuoi sbagli. E ora addio >>

Lisa ebbe appena il tempo di aprire bocca che vide Gabriel che si trafiggeva il petto con la spada e Klarisse che correva verso di lui. Non sentì cosa stava dicendo dama Klarisse, troppo scossa da quello che era appena accaduto.

<< Gabriel, parlami, ti scongiuro, sono io, Klarisse >> implorava Klarisse von Altenhause, mentre teneva tra le braccia il corpo di Gabriel. Lentamente Lisa si avvicinò al bambino e lo osservò. Era un bambino come tutti gli altri, come suo fratello, come i tanti infanti che aveva visto nella sua vita, non singhiozzava più e sperò che fosse solo addormentato. Lo strinse tra le braccia e quello lentamente si mosse.

<< Dama Klarisse, Vostro figlio >> disse, portandole il bambino e cercando di non guardare Gabriel, non doveva guardarlo. Klarisse non la sentì nemmeno, troppo occupata a tenere il volto di Gabriel tra le braccia, a piangere e a implorare. << Cosa devo farne? >> chiese e, come prima, non ebbe risposta.

Fuori stava già albeggiando quando Lisa, tenendo stretto a sé il bambino, uscì dal maniero dei von Altenhause.

Epilogo

<< Lisa crebbe il bambino come suo, evitando di accennare a quello che era accaduto. Lo chiamò Gabriel come il suo amore perduto e come il padre. Dama Klarisse non era in grado di occuparsi di lui, solo tre guardie riuscirono a staccarla a forza dal corpo di Gabriel, che venne sepolto in terra sconsacrata in quanto suicida, ma a lei non importava. Della sua cameriera Hilse non trovarono i resti mortali, in tanti sostengono che non appena Gabriel la trapassò con la spada si dissolse in cenere, o che fu ferita e fuggì tramutandosi o in lupo o in un corvo. Da allora Klarisse iniziò a perdere lentamente brani di pelle che le si staccavano dal corpo, come se una magia prima li avesse tenuti insieme, rendendo il suo corpo identico al volto. Gabriel visse fino a tarda età e tornò qui al maniero. Tanti dicono che perdonò sua madre per i suoi orrendi peccati, altri sostengono che le diede la pace uccidendola, altri invece affermano che poté solamente pregare per lei. Ebbe dei figli, che a loro volta ebbero dei figli, fino a Freida >> e detto questo il vecchio tacque. Non sapevo cosa pensare, era una bella leggenda quella su dama Klarisse, ma questo era, una leggenda. E ora quell’uomo voleva farmi credere di discendere da dama Klarisse.  Poteva anche essere vero, ma per nulla al mondo avrei creduto che quella donna fosse stata un demonio, era troppo bella la figura del dipinto per esserlo.

<< Chi mi assicura che questa sia la verità? Certo, Voi lo credete ma questo non è sufficiente per me >> chiesi. Stava albeggiando, così pensai che, se mi fossi avviato entro mezzodì, sarei stato a Strasburgo, i miei amici si stavano di sicuro preoccupando per me. << Non ci credete, vero? Venite allora >> disse Freida, che era comparsa quasi per incantamento.

Mi condusse verso la porta di ieri sera, quella che l’aveva turbata, e l’aprì. Vi erano alcuni gradini e scesi seguendo quella bambina e il nonno di sua madre. Raggiungemmo una cripta desolata e scarsamente illuminata, eppure vi era qualcuno. Con gesti lenti il vecchio rischiarò la cripta e fu allora che la vidi.

Ringrazio di essere vissuto in un’epoca di Lumi per non essere impazzito di fronte a quella visione che avrebbe reso folle anche il più saggio dei saggi.

Sul pavimento una figura si trascinava piangendo. Non indossava dei vestiti ma solo degli stracci impregnati di sangue e polvere ma il suo corpo, oh quel corpo non lo scorderò mai. Era completamente bruciato, la pelle si staccava rivelando non altra pelle, ma le ossa che sporgevano sinistramente biancastre. Il volto poi era totalmente distrutto, restavano gli occhi ma non riuscii a riconoscerne il colore e la bocca era solo una riga più rossa del corpo, il naso era completamente assente. L’essere si trascinava strisciando, piangendo e supplicando. << Per l’amor di Dio, ridatemi Gabriel, ridatemi il mio amore, quanto devo ancora soffrire perché lui torni da me? >> ripeteva, alternando le parole alle lacrime.

<< Per morire deve riconoscere i suoi sbagli, ma non ammetterà mai di non aver amato Gabriel e che quello che fece per avere il suo amore era sbagliato. Freida è la sua ultima discendente e ha promesso che entrerà in convento così la linea cesserà con lei >> mi spiegò Herr Hans, mentre osservavo che quell’essere si dirigeva verso uno scheletro che giaceva dall’altro lato della cripta.

<< Per l’amor di Dio! Cos’è quella cosa? >> urlaì, era un abominio fuggito dall’inferno, una mostruosità emersa dalle viscere della terra.

<< Cos’è? È dama Klarisse von Altenhause. La signora velata del ritratto. La nostra antenata >>.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Diana924