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Autore: Harleen Cobain    15/12/2012    6 recensioni
Salve a tutti! In questa brevissima storia ho voluto dare la mia interpretazione ad una delle più tristi e cupe canzoni degli Evanescence, band che adoro da sempre. La storia, come si può già immaginare, è incentrata sul soccombere al dolore, provato da una ragazza qualunque dopo la perdita della persona per lei più importante.
Spero vi piaccia!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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E’ notte fonda e sento il rumore scrosciante della pioggia che cade sull’asfalto. Non riesco a dormire.
Qualcosa di molto più impetuoso di una tempesta mi sta tormentando. Fisso ad occhi sbarrati l’oscurità e il vuoto che mi circondano,
un tempo così inquietanti. Ora nemmeno l’ignoto mi spaventa. Scendo dal letto e quasi automaticamente percorro il corridoio.
L’appartamento è in uno stato di totale abbandono,  la polvere regna ovunque e il silenzio rende tutto così sinistro.
Non ricordo nemmeno quanto tempo è passato dall’ultima volta che ho visto qualcuno.
Forse un paio di settimane. Forse un mese o più probabilmente sono sempre stata sola.
La mia vita è fuggita via assieme all’unico uomo che ho veramente amato. 
Tutto ciò che mi hai lasciato è questo corpo che continuo a trascinare per le fredde stanze  di questa “casa”, come uno zombie.
Sono consapevole di cosa mi aspetta e farò in modo che tutto sia perfetto. 
Accendo una candela che ho appoggiato sul mio pianoforte. Sollevo il coperchio della tastiera e incomincio ad improvvisare una melodia lenta e cupa. 
D’un tratto mi fermo a contemplare i colori dei tasti in contrasto: bianco e nero. Esattamente ciò che sta nascendo in me.
Un contrasto pazzesco tra senso di colpa e piena determinazione. Colpa soprattutto nei confronti di me stessa che ho trascurato per fin troppo tempo. 
E determinazione nell’aggiustare ogni cosa, cominciando con l’ afferrare il coltello che ho preso dal cassetto della cucina.
Senza indugiare m’incido due graffi profondi sui miei polsi. Ho desiderato così a lungo uccidere il dolore che ha vissuto in modo invadente in me,
offuscandomi la mente e facendomi versare lacrime amare, ma ora riesco solo a percepire il bruciore del sangue che sgorga dalle vene.
Ho peggiorato soltanto le cose. Mi sento una nullità.
E allora grido, tiro fuori tutta la rabbia che ho in corpo, fino a farmi mancare il respiro.
Dove ho sbagliato Dio? Sono davvero così persa? Non vi è più alcuna speranza per me? Desideravo solo essere felice.
E invece mi ritrovo a maledire il destino, a maledire il mio stesso cuore, così sciocco e oramai affaticato.
Cerco invano un laccio emostatico nell’armadietto del bagno ma so comunque che non riuscirebbe a salvarmi da un fato ostile e crudele. 
Mi chiedo per un’ultima volta se tu ti ricordi ancora di me, se in questa o la prossima vita ti accorgerai del male che mi hai fatto
o se per caso mi hai già dimenticata. Ad ogni modo sto per morire, stesa inerme in questa vasca da bagno, e nulla ha più importanza adesso.
Ogni pensiero s’annebbia pian piano…Riesco finalmente a sentire la fine di tutto. Dio concedimi la salvezza. Concedimi la libertà.
  
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