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Autore: LadyTargaryen    15/12/2012    6 recensioni
Dany ha quindici anni. Ha cercato di dare alla luce un figlio, ha dato fuoco alla pira funebre di un khal, ha guidato la sua gente attraverso i patimenti e le privazioni della Desolazione Rossa. Ed è la legittima regina dei Sette Regni. Arrivata a Qarth, sente le sue certezze vacillare. Non ha un esercito, non ha denaro per assoldarlo. Eppure di una cosa è ancora ricca: i suoi sogni. [DanyxJorah]
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jorah Mormont
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Keep Holding On
 

 
 
 
 
 
 
Daenerys si mise seduta sul letto, sospirando assonnata. Era notte inoltrata, forse già mattina, eppure il sonno non accennava ad arrivare. Non voleva saperne di portarla nella terra senza pensieri del sogno. Si era girata e rigirata nel proprio giaciglio, alla ricerca di una posizione comoda, ma non c’era stato nulla da fare. Sbadigliò, strofinandosi gli occhi, poi alzò lo sguardo e si guardò attorno.
 
Nel buio quasi totale della stanza, rischiarata solo dalla debole luce lunare che giungeva dalle tende che fluttuavano nell’aria notturna di Qarth, distinse una stanza ricca, ben arredata, avrebbe osato dire principesca: mobili in legno pregiato, lussuosi tappeti impreziositi da intricatissimi disegni, ceramiche pregiate e tendaggi di impalpabile tessuto di Myr. Non era abituata a tanta ricchezza. Viserys, suo fratello, le aveva raccontato tante storie quando era bambina, e ciascuna di queste grondava opulenza, parlava di ricchezza, di benessere, di felicità.
 
Approdo del Re, con il Palazzo Reale e l’immensa Sala del Trono; i suoi arazzi variopinti, le sue statue di marmo candido nei giardini; l’oro che campeggiava ovunque, sottoforma di coppe, bicchieri, gioielli e monili. 
 
I vestiti delle dame di corte, intessuti di fili dorati e argentati, arricchiti di pizzi e perle. Le armature dei cavalieri e degli alti lord, tutte di uno scintillio accecante, i loro mantelli in velluto con sopra ricamati gli stemmi delle loro grandi Case di cui andavano tanto fieri.
 
Lei però non aveva mai potuto vedere né apprezzare tutto ciò.
 
Di quel magico caleidoscopio di luci, risa e colori lei non aveva potuto che udirne le storie, senza mai poterle vivere.
 
Viserys gliele aveva promesse tutte, aveva fatto promesse e ancora promesse. Il giorno in cui Willem Darry era morto, quando se n’erano andati dall’abitazione col portone rosso, l’unico posto in cui si fosse mai sentita a casa, quando anche i loro ultimi soldi si erano esauriti, lui non aveva fatto altro che promettere.
 
“Un giorno i Sette Regni saranno di nuovo nostri, Dany. Ci riprenderemo ciò che c’è stato tolto. E’ una promessa. ” .
 
“Torneremo a casa dolce sorella, te lo prometto. E potrai avere gli abiti più belli, i gioielli più preziosi, tutto ciò che vorrai. E’ una promessa.”.
 
Parole. Parole e nient’altro che parole.
 
Parole per supplire a quei sogni che continuavano a restare tali, a quella distanza che li separava dalla loro vera casa. Parole che non facevano che logorarli entrambi con la loro inutilità, con quella speranza che ogni giorno si faceva più labile e sottile.
 
Per riavere quel trono, quel regno così lontano, l’aveva venduta a Khal Drogo come una qualunque merce di scambio. Avrebbe concesso al suo intero khalasar di violentarla, per poter riavere ciò che era suo. A suoi occhi non era ormai nulla più di un animale da immolare sull’altare dei propri sogni di vendetta e rivalsa.
 
Ma mentre l’uomo spietato che un tempo l’aveva protetta e confortata coltivava inarrivabili sogni di gloria che gli avvelenavano l’anima ogni giorno di più, lei continuava a rimpiangere quella semplice casa con il portone rosso e l’albero di limoni fuori dalla sua finestra. Era quella la sua casa, non quei Sette Regni che li aveva cacciati obbligandoli ad una vita di umiliazioni e patimenti.
 
Eppure, alla morte di suo fratello, tutto era cambiato.
 
Era lei, ora, a volere indietro tutto ciò che per una vita intera le aveva promesso Viserys: il Trono di Spade, Westeros, tutto. Era vissuta in mezzo alla miseria, aveva visto suo fratello diventare un uomo crudele e spietato, l’aveva visto aggrapparsi ai falsi sorrisi di gente che non aveva fatto che rubare loro tutto ciò che rimaneva, fino all’ultimo.
 
Era anche a lui, al ragazzo che le raccontava storie dove tutti erano felici e dove splendeva sempre il sole, che sentiva di doverlo.
 
Con l’armata di Drogo, il suo sole-e-stelle, avrebbe riconquistato il regno che le spettava di diritto.  Ce l’avrebbe fatta. Sì, ce l’avrebbe fatta.  
 
Per la seconda volta però il destino l’aveva illusa.
 
Drogo era morto, e Rhaego, il loro bambino, quella creaturina che per nove mesi aveva portato dentro di sé, con lui. I dothraki l’avevano abbandonata quasi tutti, lasciandola con tanti sogni infranti e null’altro in mano che la polvere del deserto. Ma era stato sulla pira di Drogo, tra le fiamme danzanti che li avvolgevano, che aveva capito: non era la fine, ma solo un nuovo inizio.
 
Seguendo il cammino indicato dalla Stella che Sanguina aveva condotto la sua gente fuori dalla Desolazione Rossa. Avevano sopportato il caldo, patito la fame e sofferto la sete. Ed infine erano giunti a Qarth.
 
Ed ora? Come avrebbero fatto a raggiungere il Continente Occidentale, senza navi? Come avrebbero fatto a conquistarlo, senza un vero esercito? Aveva tre draghi, era vero, ma erano piccoli, troppo piccoli per poter combattere. Cosa poteva fare,  per dare risposte e sicurezza al suo popolo, quando non ne aveva neppure per se stessa?
 
Si alzò in piedi, stancamente. Quella notte proprio non ce l’avrebbe fatta a chiudere occhio. Lanciò uno sguardo ai suoi draghi addormentati, acciambellati su una poltrona imbottita che già portava i segni dei loro artigli. Rhaegal soffiava fumo dalle narici, Viserion agitava la coda uncinata a mezz’aria. Solo Drogon era fermo, immobile come una statua.
 
Dany sorrise con un velo di tristezza.
 
Erano i suoi figli, gli unici che avrebbe mai avuto.
 
Dopo un ultimo sguardo affettuoso, uscì. Una volta fuori, inspirò a pieni polmoni l’aria fresca della notte. Alzò gli occhi al cielo, e vide che era coperto di stelle.
 
Quante volte le aveva ammirate di notte, stesa sull’erba del Mare Dothraki…Tutto aveva un altro sapore, allora.
 
Poi d’improvviso si accorse che c’era qualcuno, seduto sull’alta balaustra del palazzo. Sorrise, riconoscendo all’istante Ser Jorah.
 
Mormont stava con la schiena poggiata ad una colonna, una gamba piegata e l’altra stesa che sporgeva in fuori. Nella destra stringeva l’elsa della propria spada lunga, mentre con la sinistra passava una cote sulla lama larga almeno quanto il suo palmo, con un raschiare metallico ritmico e quasi cadenzato. Era assorto nel suo lavoro, a capo chino, lo sguardo fisso sul bagliore dell’arma su cui si rifletteva la luna, con un’espressione di meticolosa concentrazione, da sembrare quasi ignaro di tutto ciò che lo circondava. Ma Dany sapeva bene che non era così.  
 
Non sapeva dirsi perché, ma guardarlo intento a fare qualcosa, qualunque essa fosse, perfino la più piccola, le trasmetteva sempre un grande senso di calma. E soprattutto di sicurezza. Jorah sapeva sempre cosa fare e cosa dire. Non aveva mai vacillato, mai avuto un dubbio. E mai le aveva fatto mancare il suo sostegno.
 
- Vedo che non sono l’unica a non aver sonno stanotte. -
 
L’uomo alzò la testa, sorpreso. – Kalheesi. – chinò il capo, in un gesto di rispettoso saluto. – Non riesci a dormire? - . – No, purtroppo. – Daenerys si avvicinò anche lei alla balaustra, nel tentativo di arrampicarsi. Senza una parola, Jorah mise da parte la spada e le tese una mano, tirandola su a sedere con lui senza sforzo. Lei lo ringraziò con un sorriso e si sedette al suo fianco.
 
- Troppi pensieri, probabilmente. –
- Capisco. -
- Tu invece? Come mai non dormi? –
- Io ? – Ser Jorah alzò le spalle in un gesto di noncuranza – Io non avevo sonno, nient’altro. E poi – aggiunse con un sorriso -  Jhogo quando dorme russa in un modo che a confronto il rollare dei tamburi di guerra è musica d’arpa. -
 
Daenerys rise. In effetti, i suoi dothraki sapevano essere rumorosi perfino dormendo. Sapeva però che il motivo della sua presenza lì era un altro: nonostante le avesse consigliato lui stesso di non tenere i suoi ko di guardia alle sue stanze per non dare l’idea ai suoi ospiti di non fidarsi di loro, non aveva saputo fare altrettanto. Un pensiero che la rincuorava, ma che le arrecava anche tanta tristezza, dopo quel giorno a Vaes Tolorro. 
 
- Ed io che pensavo che fossi venuto a farmi la guardia… - gli scoccò uno sguardo obliquo, e il cavaliere si vide costretto a confessare. – Effettivamente, volevo controllare che fosse tutto a posto. – ammise – Non dobbiamo fidarci troppo di questi sedicenti "principi mercanti". – . – Perché? Sono stati ospitali. –. - Puro interesse. Un mercante con una mano ti da una pacca sulla spalla e con l’altra controlla se hai la borsa piena. -

La ragazza non poteva che concordare: Magistro Illyrio avrebbe venduto anche sua madre se gli avessero fatto una buona offerta. 
 
In ogni caso, un cavaliere senza armatura e con solo una spada al fianco dava meno nell’occhio di un gruppo di dothraki a sbarrare l’ingresso, arakh alla mano.
 
- Non hai torto, cavaliere. – concordò asserendo col capo – Ho avuto modo di sperimentarlo sulla mia pelle. Illyrio ha nutrito me e mio fratello di menzogne per mesi, e prima di lui tantissimi altri. – Sospirò. – Che mondo è questo, dove sono le bugie l’unica moneta ? -.
 
Jorah non seppe che cosa risponderle. Si fece più vicino, mettendo anche lui le gambe fuori dalla balaustra. Le sorrise, paterno e affettuoso come sempre.
 
- Un mondo che non ha ancora conosciuto una persona come te, mia regina. –  
 
Daenerys rispose al suo sorriso, rincuorata. Avrebbe tanto voluto la sua forza.  
 
- Sei sempre così sicuro di tutto…-
Il cavaliere in esilio scosse la testa. - E’ in te, che ripongo le mie speranze. Solo in te, kalheesi. –
- Perché ? In realtà non sono davvero così forte. Ho solo quindici anni, in fondo. - 
- Tu mi hai promesso di riportarmi a casa, di ridarmi le mie terre, la mia casa, il mio titolo e il mio onore. Tu mi hai dato un nuovo motivo per combattere, ed io sono in debito con te. Io ti credo. – Allungò una mano e le alzò il mento per porre i loro visi alla stessa altezza. Aveva mani callose, indurite dalla spada, ma che possedevano una loro ruvida delicatezza. Al contatto, Daenerys inconsapevolmente fremette.
 
– Fidati delle mie parole, in te c’è più forza di quanto credi. E te lo posso giurare sugli dei Vecchi e su quelli Nuovi. –
 
La ragazza lo guardò negli occhi, due pozzi neri di ossidiana, in cui lesse tutta quella determinazione che tanto avrebbe voluto possedere. Lui credeva in lei, la credeva capace di adempiere ad ognuna delle promesse che gli aveva fatto. Non gli aveva mai potuto dare certezze a riguardo, ma a lui non importava.
 
Semplicemente, si fidava.
 
Jorah d’improvviso arrossì e ritirò la mano, come a scusarsi di quell’atto, e Dany sorrise. Era bello saperlo al suo fianco.
 
- Adorate tutti gli stessi dei, nel Continente Occidentale ? – domandò dopo un po’, per rompere il silenzio. – Mio fratello non me ne ha mai parlato. -
- Alcuni pregano i Sette, altri sono rimasti fedeli a quelli Vecchi. Poi ci sono altri culti minori. - 
- E voi Mormont ? -     
- Noi continuiamo ad avere il Parco degli Dei con gli Alberi Cuore. – raccontò l’uomo. Sorrise. – Una volta da ragazzino provai a scalarne uno e per poco non caddi giù. E mio padre quasi mi levò la pelle a scapaccioni. -  
 
Il suo sguardo si perse all’orizzonte, velato d’improvviso da un’ombra di tristezza. Dany lo fissò, desiderando di poter confortarlo in qualche modo, come lui tante volte aveva fatto con lei.
 
“E tu Ser Jorah per cosa preghi?”
“Casa.”
 
- Deve mancarti molto. –
- Infinitamente. Forse ti sembrerà strano dato che sai che aspetto ha…Ma è casa mia. La mia terra. – Inspirò a pieni polmoni. – E’ l’unico posto che ho mai sentito davvero mio. - 
 
Daenerys comprendeva perfettamente. Per lei “casa” significava quel luogo dove aveva abitato da piccola, con il vecchio Ser Willem e quella piccola pianticella di limoni in giardino. Di quei Sette Regni su cui tanto fantasticava conosceva solo le storie che le erano state raccontate e nulla di più.
 
- Secondo te riuscirò mai a riconquistare Westeros ? -   
 
Una domanda improvvisa, a cui mai veramente aveva dato voce, ma dalla quale aveva voglia di liberarsi la gola. Lui la guardò, senza dire nulla.
 
- Non ho denaro, non ho un esercito, non ho nulla a parte tre draghi troppo piccoli per andare in battaglia. Non ho niente. Solo i miei sogni. - Si voltò verso di lui. – Che speranze posso avere, Jorah? -. – Nessuna. – rispose il cavaliere. – Solo quella di una donna che sogna di conquistare il mondo per poterlo cambiare. – Le sorrise con calore. – Solo gli sciocchi sognano. Ma nessuno ha mai detto che quegli stessi sciocchi non possano diventare grandi. Forse sono gli sciocchi e i sognatori ad esserlo davvero. – 
 
Daenerys annuì, sorridendo commossa.
 
In quel momento desiderò come non mai di abbracciarlo, di stringerlo forte, il suo Jorah, il suo forte e fiero orso, che sempre accorreva quando aveva bisogno di lui, che credeva in lei. Che l’amava da lontano e in silenzio. Non sarebbe mai arrivata fin lì se ad ogni caduta non avesse avuto la sua mano a farla rialzare. 
 
Ma come sempre qualcosa la frenò. 
 
Anche Jorah sorrise, un sorriso sincero, limpido, senza nubi. Un sorriso che le scaldava sempre il cuore.
 
- Credo dovresti andare a dormire, kalheesi. Ci aspettano giorni faticosi. -  
- Già. – concordò la ragazza ridendo. – Non c’è nulla di più faticoso che sopportare Xaro Xhoan Daxos vantarsi delle sue ricchezze durante un banchetto. Credo proprio che andrò a dormire. - 
 
Aiutata dal cavaliere scese a terra, poi si avviò verso le sue stanze. Sulla porta si voltò e gli diede un bacio sulla guancia resa ispida dalla barba, su un lato della bocca. L’uomo rimase fermo, senza parole come quel giorno davanti alla pira in fiamme di Drogo. Daenerys si staccò da lui con un sorriso.
 
- Buonanotte, Jorah. -
- Buonanotte. – E, quando la ragazza fu entrata e si fu chiusa la porta alle spalle, sorrise, sfiorandosi la guancia. – Daenerys. –
 

 
 
 
 
FINE  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’Autore: Ma ciao gente! Tutto bene ? Ebbene sì, sono tornata a tartassarvi con i miei “capolavori”: questa volta il POV è di Dany, e spero non sia troppo deprimente. Io devo proprio essere nata sotto il segno della Depressione o.O! Che dirvi? Elencarvi le motivazioni che mi fanno sostenere questo pairing sarebbero troppe e troppo lunghe da dire, quindi glisserei e andrei al titolo: “Keep Holding On” è una canzone di Avril Lavigne, quella di “Eragon”, per intenderci. Come sempre mentre scrivo ho attaccato la musica e questa è stata il mio sottofondo. Tra le altre cose, il testo calza pure XD. Quindi ora vi lascio, sperando anche solo in una recensioncina ina ina ina di poche righe…E sperando che in ogni modo vi sia piaciuta :D !
 
Hasta!
 
#Raky94
  
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