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Autore: shesunbroken    15/12/2012    10 recensioni
Mi dirigo verso l'armadio e come sempre mi ritrovo davanti allo specchio. Osservo la mia figura, il mio contorno. Noto quanto sia così poco perfetta, anzi, per niente perfetta.
Tutti mi dicono e mi hanno sempre detto che ho dei bellissimi occhi blu. Quello, ormai, è un dato di fatto. Penso di avere solo quello di bello, tutto il resto non lo evidenzia mai nessuno, se non per offendermi. Ebbene, quegli occhi stonano con il mio viso pieno e roseo.
Con le mie labbra a forma di cuore di un colore acceso.
Con le guance piene e morbide.
Con i capelli sempre raccolti.
Con le mie lentiggini marcate.
E più spingo il mio sguardo verso il basso e più mi odio.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Dopo aver asciugato i miei lunghi capelli castani, mi tolgo l'asciugamano per infilarmi gli slip ed il reggiseno che avevo preparato prima che iniziassi a farmi una breve doccia. Mi dirigo verso l'armadio e come sempre mi ritrovo davanti allo specchio. Osservo la mia figura, il mio contorno. Noto quanto sia così poco perfetta, anzi, per niente perfetta.

Tutti mi dicono e mi hanno sempre detto che ho dei bellissimi occhi blu. Quello, ormai, è un dato di fatto. Penso di avere solo quello di bello, tutto il resto non lo evidenzia mai nessuno, se non per offendermi. Ebbene, quegli occhi stonano con il mio viso pieno e roseo.

Con le mie labbra a forma di cuore di un colore acceso.

Con le guance piene e morbide.

Con i capelli sempre raccolti.

Con le mie lentiggini marcate.

E più spingo il mio sguardo verso il basso e più mi odio.

Una sottile ma estesa striscia di pelle divide il mio viso dal resto del corpo. Se così si può chiamare. Il seno è nella media. Di quello non posso lamentarmi. Ma il resto...il resto è catastrofico. La linea continua verso il basso, e non è dritta e né tanto meno si restringe per poi allargarsi leggermente.

Basta, non posso più guardare, non posso più soffermarmi su tutto questo, un'altra volta. Mi devo sempre affrontare e non sono mai pronta a farlo.

Mi siedo sul letto per tranquillizzarmi. Guardo immancabilmente verso il mio comodino quasi vuoto. La cornice che racchiude l'immagine di mio padre, una delle ultime mai scattate, viene accompagnata più in basso ad una tagliente lametta. Mi ero ripromessa che l'avrei buttata, ma non ce l'ho fatta. Non posso buttare una delle poche cose che mi fanno stare bene. Sollevo la cornice e la porto sotto i miei occhi lucidi.

Mi manchi.

La giro. Due occhi castani ed un sorriso perfetto mi ridanno tutta la forza che avevo perso.

Stay strong.

Non solo la lametta mi fa stare bene, ma anche lei. Forse è l'unica donna che amo e che ammiro. Di certo non si può dire lo stesso di mia madre. Beve, fuma, mi maltratta e si sfoga su di me. Demetria, se mai riuscirò ad incontrarla, non mi tratterebbe mai così. Lei mi sorriderebbe e mi direbbe che devo andare avanti, che devo resistere, che mi aspetta un brillante futuro. Mi ricorderebbe che anche lei ci è passata, e ne è uscita. Appoggio la foto sul comodino e sposto il mio sguardo sul mio polso. Vari segni marcati in rosso ed in bianco fanno da sfondo ad una linea scura, più sensata delle altre. “Stay strong.” Il mio motto. Il suo motto. Il nostro motto.Com'è possibile che una persona così lontana possa aiutarmi così tanto?

Alzo gli occhi verso le fessure alternate della tapparella chiusa, per incontrare qualche raggio di sole. Alla sola vista, mi bruciano gli occhi. Avevo pianto di nuovo senza rendermene conto.

Ma ormai cosa potevo fare per andare avanti? Non ce l'avrei comunque fatta. La malattia mi sta consumando. Perché aspettare la mia triste fine se posso crearmene io una meno dolorosa? Da questo si capisce quanto io sia degna del dono della vita. Non sono mai riuscita ad accettare tutto questo. Mai. Non so più cosa fare, ogni giorno mi sento sempre più in trappola, più tempo passa e più mi rendo conto che sto consumando la mia vita. Ma non è colpa mia. Dio, per te mi piace sentirmi così isolata? Pensi che io voglia tutto questo? Io ci ho provato, ho provato in tutti i modi a farmi valere per il mio carattere, ma non interessa a nessuno, e nemmeno a te. Io aspetto ogni giorno un miracolo, un miracolo che non accadrà mai. E' triste sapere che non posso contare su nessuno, nemmeno su di me. Mi faccio paura da sola. Trovo sempre il coraggio di farmi del male da sola. Sono un mostro. Sia interiormente che esteriormente.

 

Grassona, vuoi il mio bombolone alla crema?

 

Ehi, com'è stato quando Pinocchio e Geppetto sono riusciti ad uscire dalla tua bocca?

 

Ma ti riesci a pesare su una bilancia normale?

 

Tuo padre avrebbe dovuto usare il preservativo.

 

Tutte cose che pesano. Tutte cose che fanno riflettere. Hanno ragione, sono solo un errore e tale rimarrò.

Mi alzo. Sono stanca di tutto questo. Prendo con forza quella cazzo di cornice e la frantumo, in mille pezzi. Ecco che fine mi ha fatto fare la speranza. Calpesto i frammenti a piedi nudi, arrabbiandomi con loro. Voglio farli sentire piccoli ed inutili, proprio come mi sento ogni giorno io. Mi dirigo velocemente verso l'armadio, apro l'anta con una tale forza da staccarla dal resto della struttura. Prendo i vestiti, uno per uno, e con forza li faccio diventare della stessa taglia che vorrei essere. Li faccio piccoli piccoli, in modo che possano entrare nel corpo dei miei sogni, che mi possano vestire come una principessa che ha ancora tutta la vita davanti, come una bellissima ragazza amata dai suoi genitori e dai suoi amici. Strappo la stoffa con forza, le mani rimangono segnate da cerniere e parti più dure. Una volta fatti della loro misura ideale li getto in terra, sotto ai miei piedi sanguinanti, per renderli di quel colore così accesso, di quel colore che ti fa notare tra la folla. Avrei tanto voluto farmi notare. E così è stato. Ma in modo negativo, come quel sangue sulla pianta dei miei piedi che colorava quei vestiti così spenti. Guardo le impronte lasciate. Non voglio fermarmi qui. Mi avvento sulla lametta. I fiochi raggi del sole la fanno risplendere. Sembra, ancora una volta, l'unica soluzione. Una mossa dopo l'altra. Sempre più velocemente, sempre più nel profondo. Non voglio fermarmi. Voglio ancora di più. Afferro i miei capelli con forza, ciocca per ciocca.

Dal seno alla spalla.

Dalla spalla al collo.

Dal collo all'orecchio.

Ed intanto piccole ciocche cadono sul mio corpo quasi nudo, o sui vestiti resi a brandelli.

Poi butto tutto a terra.

Non posso davvero essere arrivata a tanto. Chiudo gli occhi. Le mie ciglia, le mie palpebre incontrano del bagnato. Le mie lacrime. Adesso me le sento scendere lungo il viso. Alzo la tapparella. Apro la finestra. Il sole illumina violentemente la mia stanza, come per far vedere al mondo tutto quello che ho fatto. Un mondo che se ne fotte altamente. Un mondo che senza di me sarebbe migliore. Cosa se ne fa mia mamma di me? Per lei sono un peso. I soldi che risparmierebbe non pagando più la mia scuola, i miei vestiti ed da mangiare li potrebbe spendere in sigarette e alcool, così si sentirebbe meglio. I miei compagni di classe? Non sprecherebbero più fiato per prendermi in giro. Il nome di mio padre non verrebbe più infangato.

 

Oggi è davvero una bella giornata.

 

Punto i miei occhi verso il sole.

 

Vedo sempre tutto più chiaro, fino ad arrivare al bianco più totale. Poi piomba il buio.

 

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Ciao lettori. 
Per prima cosa ho un po' esitato prima di pubblicare questa  one shot.
E' davvero di contenuto molto forte e mi scuso se vi ho impressionato molto.
Volevo, dovevo scrivere questa cosa.
Vorrei precisare che io non sono quella ragazza, la mi situazione è ben lontana da quella.
Ma molte volte io mi sento così e volevo condividerlo con qualcuno.
Io sono qui, per dirvi che comunque non siete soli e di non perdere le speranze.
No, non sono nessuno per dirlo ma penso di aver passato momenti davvero brutti e che so cosa si prova.
Adesso la smetto con le mie noiose e sentimentali note da scrittrice.
Grazie per il sostegno,
Noemi.

   
 
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