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Autore: musicaddict    02/07/2007    5 recensioni
ville non poteva aspettarsi questo. non che un'assistente sociale gli suonasse al campanello per fargli presente che era padre da 11 anni! e quel bambino è identico a lui, eppure così diverso, così lontano... sarà un'avventura doverlo conoscere, recuperare gli 11 anni trascorsi, e cercare di non farsi odiare per quella decisione presa... quella pessima decisione. [fanfiction ambientata nel 2011]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'

GHIACCIO SECCO

CAPITOLO UNO

Un suono stridulo lo avvisò che qualcuno aveva suonato al citofono del suo appartamento. Quando alzò la cornetta per sapere chi fosse si sentì rispondere da una voce femminile e sconosciuta.

-Sì?-

-Signor Valo?-

-Sì, sono io… chi è?- domandò il cantante degli HIM aggrottando le sopracciglia.

-Mi chiamo Sonja Tahvonainen, sono un’assistente sociale, avrei bisogno di parlarle, posso salire?-

Ville rimase un attimo in silenzio prima di aprire alla donna. Mentre aspettava che salisse fino al suo piano si chiese cosa mai potesse volere da lui un’assistente sociale… L’avrebbe saputo presto. Il cantante andò ad aprire a una donna sulla cinquantina, abbastanza in carne, capelli biondo chiaro, che gli sorrideva cortese.

-Buongiorno!- salutò la donna porgendo la mano al cantante.

-Buongiorno… vuole entrare?- rispose Ville lanciando uno sguardo al casino che aveva disseminato per casa.

Anche l’assistente parve notarlo. –Non è necessario. Devo consegnarle questa lettera e questi documenti.- disse la donna consegnando al darkman una grossa busta marrone e una busta più piccola bianca. –E un’altra cosa, ma prima apra la busta.- aggiunse infine, assumendo un’espressione un po’ imbarazzata.

Ville strappò la carta della busta e cominciò a leggere la lettera. Ci vollero solo pochi istanti prima che sbiancasse guardando la carta piegata con un’espressione sconvolta. Rilesse più e più volte le prime righe per cercare di renderle più reali o per cercare di farle sparire. Non era possibile…

-Ci dev’essere un errore!- esclamò il cantante guardando interrogativo l’assistente sociale.

-So che è una cosa sconvolgente, anche perché è una cosa inaspettata, ma… posso assicurarle che non c’è un errore, lo vedrà lei stesso.- rispose la donna –Eljas, vieni qui.- disse poi.

Un bambino sui 10anni entrò nel campo visivo di Ville. Decisamente non poteva esserci un errore, quel bambino gli somigliava in maniera impressionante, a partire dagli occhi verde acceso, per continuare sui capelli castano scuro leggermente mossi e sul nasino leggermente all’insù, tipicamente finlandese. Eljas guardò l’uomo che gli stava di fronte con uno sguardo vuoto, forse appena consapevole di quello che gli stava accadendo.

-E’ un po’ timido, non si sorprenda se non le rivolgerà molto la parola all’inizio.- disse Sonja Tahvonainen appoggiando una mano sulla spalla del bambino, già abbastanza alto per la sua età. –Capisco che la cosa sia abbastanza improvvisa, ma nelle ultime volontà della madre c’era scritto che il bambino fosse portato da lei. Eljas ha con sé lo stretto indispensabile, il resto delle sue cose le verrà recapitato nel giro di una settimana, due al massimo.-

Ville e il bambino si guardarono intensamente per parecchi secondi, poi finalmente il cantante riuscì a parlare –Io… non so se posso… voglio dire, non sono preparato a questo, non vorrei che… insomma, mi capisce, no?-

-Posso capirla, ma purtroppo non possiamo fare altrimenti. Nel testamento della madre si richiedeva espressamente che Eljas stesse da lei, ma se vuole dare il bambino in affidamento devo avvertirla che le procedure sono molto lunghe, ci potrebbero volere parecchi mesi.- rispose l’assistente sociale.

Ville tornò a guardare Eljas che stavolta ricambiò lo sguardo penetrante. Non era pronto per questo! Sarebbe stato un male per entrambi, lo faceva per il suo bene… -Faccia un tentativo per l’affidamento e mi faccia sapere il prima possibile.- disse infine –Io credo sia meglio così… Io non mi sento pronto per una cosa del genere, farei solo danni.-

Sonja Tahvonainen lo guardò comprensiva, non era la prima volta che le capitava di sentire quelle parole, purtroppo. –Non si preoccupi, me ne occuperò personalmente.- rispose, poi tirò fuori dalla borsa un blocchetto e una penna e scrisse il suo recapito telefonico –Mi chiami a questo numero, ci metteremo d’accordo.- disse poi porgendo il foglietto a Valo. –Ora devo andare. Eljas, cerca di comportarti bene finché rimarrai qui. Arrivederci, signor Valo.-

Finché resterai qui… Quelle parole riecheggiarono nelle orecchie di Ville come raffiche di mitra. Adesso si sentiva in colpa. Lanciò un’ulteriore occhiata al bambino dopo che la donna li ebbe lasciati soli. E adesso? –Avanti, entra.- gli disse facendogli segno di accomodarsi in cucina. Si sedettero l’uno di fronte all’altro, uno a capo della tavola, l’altro a quello opposto, e rimasero in silenzio finché Ville non riuscì a parlare di nuovo. –E così tu saresti mio figlio.-

-Così sembrerebbe.- rispose Eljas con voce atona.

-Già…- sospirò Ville cercando di rivolgere lo sguardo altrove: quegli occhi identici ai suoi gli facevano impressione –Bé, visto com’è dimmi qualcosa di te, cosicché io possa conoscerti. Non mi va di leggere chi sei da delle carte.-

-A che ti serve conoscermi se tanto hai già deciso di sbarazzarti di me?- replicò velenoso il bambino.

Ville lo guardò allibito –Non è che io abbia deciso di sbarazzarmi di te, Eljas, è solo che penso sia meglio che tu viva da qualche altra parte. Io non sono pronto per fare il padre, farei solo danni.-

-Nemmeno io ero pronto a perdere mia madre, eppure ora sono qui e affronto la cosa!- obiettò Eljas. Ville si sorprese della maturità che dimostrava, per quanto le sue parole non gli facessero affatto piacere.

-Non è la stessa cosa.- disse il cantante –Io devo crescerti ed educarti in quanto genitore, ma se non mi sento maturo io, come faccio ad educare te? Non saprei nemmeno da dove cominciare, farei soltanto delle grandissime caz… volate!-

-Non ti preoccupare, non ho più 1 anno, non devi cambiarmi i pannolini.- disse acido Eljas.

-Quanti anni hai?- sospirò sconfitto Ville.

-Undici.-

Undici. I conti tornavano: erano 11 anni che non vedeva la madre del bambino. Un giorno era semplicemente sparita senza lasciare traccia, né un numero telefonico né un biglietto… semplicemente era andata via. Ora Ville poteva intuire perché, anche se non riusciva a capire come mai non gliel’avesse detto.

-Allora hai ancora l’età per andare a scuola, e io dovrei essere responsabile per te, andare a parlare con gli insegnanti… Non sono pronto per tutto questo! Un padre e una famiglia affidataria riuscirebbero a garantirti una vita tranquilla e serena e poi avresti anche una nuova mamma!-

-Io non la voglio un’altra madre! Andava benissimo la mia! Ma un camionista del cazzo ha pensato bene di guidare ubriaco e di centrare in pieno la sua macchina un mese fa!!- sbottò il bambino. L’appartamento cadde nel silenzio completo. Ville ignorò il turpiloquio del bambino, era l’ultimo a poterlo rimproverare.

-Senti… per parecchi mesi dovrai restare qui, quindi che ne dici di un armistizio?- domandò Ville, poi aggiunse –Sai cosa vuol dire?-

-Sono un bambino, ma non sono un ignorante.- replicò Eljas. Ville poté constatare che ignorante non lo era, ma arrogante sì. Se non altro la genetica funzionava.

-Perché non apri la busta?- domandò il ragazzino alludendo alla grande busta marrone appoggiata sul tavolo.

-Vuoi che la apra?-

-Per curiosità.- disse Eljas facendo spallucce.

Ville lo accontentò e strappò anche quella busta estraendo vari fogli di carta stampata o scritta a mano. Prese in mano un fascicolo e cominciò a dargli un’occhiata: erano tutti i documenti riguardanti il bambino fino ad allora.

-Eljas Nikolai Rakohammas, nato il 17 luglio 2000.- lesse Ville –Ti ha dato il mio nome vero!- esclamò stupito.

-Sì, infatti nessuno ha mai sospettato che fossi tuo figlio, nemmeno io.- rispose Eljas.

Ville lo guardò perplesso –Non ti ha mai detto che eri mio figlio?-

Eljas scosse la testa –No. Quando le chiedevo chi fossi e dove fossi finito mi diceva che non poteva ancora dirmelo, ma che un giorno avrei saputo tutto.- disse –L’ho scoperto dopo che è morta.-

-Io… non sapevo che lei fosse rimasta incinta. E’ sparita e non si è più fatta viva. Pensavo avesse deciso di troncare lì la storia senza troppi addii… ma a quanto pare c’era qualcosa più sotto.- sospirò Ville.

Dopo parecchi minuti di silenzio il darkman si alzò e prese il borsone di Eljas. –Vieni, ti mostro la tua stanza. Per il momento sopporta il casino, quando avrò tempo, oggi… o domani… metterò in ordine.-

Eljas seguì mite il padre fino alla stanza in questione: era abbastanza grande, ma come tutto l’appartamento era ingombrata da cose più o meno riconducibili al campo semantico della spazzatura. –Mi adatterò.- disse sedendosi su un letto a piazza singola. Ville lo osservò titubante, poi si congedò e andò in camera sua.

“Un figlio, cazzo… Sono padre da 11 anni e nemmeno lo sapevo!” pensò picchiando un pugno sul materasso. Il movimento fece uscire dalla busta poggiata sul letto un’altra lettera che riportava sulla busta la scritta Per Ville. Il cantante l’afferrò e la l’aprì, terrorizzato dal suo contenuto.

Caro Ville,

anzi no. “Caro” è una parola molto formale e questa lettera vuole essere tutt’altra cosa.

Ciao, Ville. Se stai leggendo questa lettera significa che mi è capitato qualcosa e che io non ci sono più. Mi dispiace di non averti più potuto rivedere, ma la vita va così. Se stai leggendo questa lettera vuol dire anche che sei venuto a conoscenza di Eljas. Molto probabilmente ora sarai stupito, scioccato e quasi sicuramente anche molto arrabbiato con me per averti nascosto la mia gravidanza. Hai tutti i diritti del mondo, ma io ho avuto le mie ragioni.

Anche se ti potrà sembrare stupido (secondo me non lo è affatto) ho preferito sparire perché non volevo che mio figlio diventasse un fenomeno mass-mediatico, perché sapevo che sarebbe stato così. Quando ho scoperto di essere incinta ho subito capito che avrei tenuto il bambino, anche se era un errore; non so perché, ma in certo senso dev’essere stato il pensiero di aver fatto quell’errore con te. Sei autorizzato a ridere della mia romanticheria, ma solo questa volta. Tuttavia tenere il bambino e dirtelo avrebbe voluto dire che tutto il mondo avrebbe saputo di quel piccolo e che lui non avrebbe mai potuto vivere una vita normale. Ho solo voluto proteggerlo dai riflettori, ma per farlo ho dovuto nasconderla anche a te. Perdonami, ma non ho avuto scelta, avresti sicuramente insistito affinché io restassi con te e Eljas sarebbe diventato “il figlio di Ville Valo” prima che essere se stesso.

Ora però è rimasto solo, e quindi trovo giusto che venga a sapere di te, almeno per conoscerti e sapere chi sei. So che avrai da obiettarmi molte cose, anzi mi sembra di sentirti: “Ma se sono un bambino io, come posso fare il padre?” e mi viene da sorridere. Tu in realtà sei un uomo maturo, Ville, hai 35 anni e posso benissimo vedere che sei maturato tantissimo in questi ultimi 11 anni, da quello che dici e da come ti poni. So che la tua immaturità è tutta una scena, quindi non prendere in giro te stesso. Sono sicura che troverai il modo per accettare questa nuova situazione.

Abbraccia forte Eljas per me e digli che gli ho sempre voluto bene.

Un bacio

Alexandra

Alexandra… Non sentiva quel nome da 11 anni. L’aveva amata, per quanto poi l’avesse maledetta per il suo abbandono. In fondo ora capiva, non la giustificava, ma la capiva. Rimaneva solo da accettare la situazione e vedere cosa sarebbe successo. Prima di tutto però aveva un dovere da compiere.

Si diresse in camera di Eljas, che stava riordinando le poche cose che aveva, e lo abbracciò forte. Dopo un attimo di smarrimento il bambino si lasciò andare, lasciando che i suoi occhi si bagnassero di lacrime silenziose, mentre le braccia protettive di Ville gli circondavano le spalle.

eccomi di nuovo, dopo la fine di Legame di Sangue (1 e 2)! questo è il motivo per cui tardavo con l'aggiornamento dell'altra... spero che vi piaccia, è tutto un altro genere tuttavia. come sempre non è una fanfiction per ingiuriare, ma per omaggiare e io non conosco veramente i personaggi... lo dico perché sennò efp mi trucida. XD commentatemi in tanti e ditemi, come sempre, apertamente se vi disgusta! enjoy me!

Julia (aka musicaddict)

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