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Autore: Auty91    03/07/2007    13 recensioni
Alexis e Julie Owen hanno le idee ben chiare in testa: i Tokio Hotel sono assolutamente uno dei gruppi più assurdi e inutili mai visti sulla faccia della terra, e al diavolo tutte le loro amiche che hanno perso la testa dietro a quelle quattro paia di pantaloni! E anche quando l'intera famiglia Owen decide di concedersi una vacanza in Italia, le due cugine non hanno alcun dubbio: quella che gli si prospetta sarà una delle estati più noiose della loro vita.
E quando alla famosa rock band tedesca dei Tokio Hotel viene proposto un meritato periodo di relax sempre in Italia, prima di un concerto,...come poter rifiutare?
Peccato che il destino, beffardo come sempre, decida di far incontrare i gemelli più famosi del momento con una coppia di cugine che...sono tutto tranne che loro fans. Così quella che doveva essere un'estate "rilassante" si trasforma in una sfida a quattro per far capitolare l'altro, tra feste, giochi in spiaggia, concerti e tanta, tanta pazzia.
Genere: Romantico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno a tutti!! ^^ Questa è la mia primissima fanfiction, e per inaugurarla ho deciso di scriverla interamente sui Tokio Hotel. Li ho scoperti davvero da poco, ma adoro la loro musica, così come adoro loro! ;) Spero che la mia fanfic vi piaccia davvero, anche perché non parla –come si potrebbe sospettare- di due stra-fan dei TH che riescono a realizzare il loro sogno di incontrarli, bensì di due cugine per la pelle che detestano caldamente l’intero gruppo ^^ La dedico alla mia “cuginetta” Ale, che –fan dei Tokio come me- è stata in assoluto la prima persona a leggere la storia e a darmi il suo parere. Buona letturaaaaaa!! § I Tokio Hotel non mi appartengono, e con questo mio scritto privo di alcuno scopo di lucro non intendo dare una rappresentazione veritiera del carattere o delle vite dei componenti della band, né desidero offenderli in alcun modo §

Capitolo 1

Quando vuole il caso…

Per la seconda volta in Italia, in esclusiva al più famoso festival estivo del paese, si esibirà per noi la più acclamata rock band tedesca che in due sole stagioni ha venduto più di tre milioni di dischi, conquistando il pubblico giovanile in tutto il mondo. Il dodici agosto, al Summer Festival,con la grinta del loro portentoso rock…
i Tokio Hotel!
!

-Oh, Alexis, tu davvero non capisci quanto sei fortunata!-
Da circa tre quarti d’ora pieni di telefono con una delle sue migliori amiche, Alexis Owen non poteva fare a meno di chiedersi quante volte ancora avrebbe sentito la stessa, identica frase. Si morse quindi le labbra, come le decine di volte prima, trattenendosi dall’urlare una serie di epiteti all’amica dall’altra parte della cornetta, in un tentativo -sebbene inutile- di ricondurla alla realtà.

D’accordo: Abigail aveva una leggera fissazione per quella -a sentire lei- famosissima rock band tedesca, i Tokio Motel o qualcosa del genere, e questo poteva anche accettarlo. Ma non era umanamente possibile, nemmeno per quella sclerotica di Abigail, ricondurre l’argomento dal tempo in Italia sempre e solo a quei quattro strimpellatori di chitarra elettrica.

E così una quanto più esausta Alexis si era ritrovata a sopportare pazientemente un’ora di conversazione solo su quanto fosse romantica “Durch den Monsun” –qualunque cosa significasse- e stupidaggini del genere, limitandosi a –Ah-ha- di sufficienza ad ogni parola dell’amica. Decisamente , se non si fosse trovata a due ore di aereo di distanza da lei, l’avrebbe già scorticata viva.

-…e quindi pensavo di poterlo fare anch’io, giusto su una ciocca o due, ma tu che ne dici? E…Alexis, ma mi stai ascoltando?-

-Uh?- per un attimo, Alexis si distrasse dalle proprie manie di furia omicida nei confronti dell’amica e le prestò orecchio –Hai detto qualcosa?-

-Ecco, vedi?, non mi stai ascoltando! Uff! E io che spreco il mio preziosissimo credito per una chiamata all’estero per te…-

-Veramente ti ho chiamata io…-

-Dettagli, dettagli. Resta comunque il fatto che non mi ascolti, e questa me la lego al dito, cara la mia Alexis!-

Con un sospiro rassegnato, la giovane sedicenne si preparò emotivamente ad ascoltare lo sproloquio dell’amica –un vero atto di masochismo, conoscendo Abigail e la sua lingua logorroica.

-Scusa, Abby. Cosa mi stavi dicendo?-

-Umph! Ti parlavo dell’idea per i miei capelli: pensi che starei bene con qualche ciocca bianca? Giusto qua e là, proprio come Bill…-

-Bill chi?-

-Ma allora lo vedi che non mi ascolti!- esclamò con veemenza la voce di Abigail dall’altra parte del telefono, facendola sobbalzare –Come sarebbe a dire “Bill chi”?! Bill! Bill Kaulitz, il cantante dei Tokio Hotel-

-Ah. Quel Bill. Comunque sia… ciocche bianche? Ma sei per caso impazzita? Guai a te se tocchi i tuoi bellissimi capelli neri!-

Era incredibile, pensò Alexis, come tutte le sue amiche fossero riuscite a perdere la testa dietro a un paio di rockettari dalla dubbia materia celebrale, per di più tedeschi. Non che lei avesse qualcosa contro i tedeschi, questo mai; ma come potevano pretendere, Abigail e le altre, di innamorarsi di un paio di canzoni di cui non conoscevano neppure il significato? Bisognava davvero essere fuori di testa per sbavare davanti ad un’intervista di una band che, qualunque cosa dicesse, in qualunque lingua fosse, andava bene lo stesso solo perché si trattava di quella band. Roba da pazzi…

-Tu proprio non capisci- sospirò per la terza volta Abigail, e dal tono affranto della sua voce si intuiva benissimo che stava scuotendo la testa con disappunto –Il punto non sono tanto i miei capelli, quante te e la tua ostinazione a non voler capire! Insomma: a quante ragazze inglesi della nostra età capita la straordinaria opportunità di andare in vacanza per tutta l’estate in Italia, dove in agosto si terrà l’attesissimo concerto dei Tokio?-

-A me e a mia cugina. E, credimi, ne avrei fatto volentieri a meno- rispose seccamente Alexis, ignorando le proteste indignate dell’amica dall’altro capo della cornetta.

D’altronde non era stata certo lei a chiedere che suo padre vincesse quello stupido viaggio in Italia (accidenti a lui e ai suoi stupidi concorsi a premi!), quando avevo la possibilità di andare a Edimburgo in luglio, senza tutta la famiglia appresso; che poi in Italia si esibissero i Tokio Hotel…bè, questo era davvero l’ultimo dei suoi pensieri.

Stava giusto riflettendo sulla possibilità di fuggire per tornare in Inghilterra quando la porta della camera si spalancò, lasciando entrare una ragazzetta dall’aria allegra che canticchiava un motivetto improvvisato.

-Ciao. E’ Abby?- chiese senza troppi preamboli quella che era sua cugina Julie, lasciandosi ricadere con uno sbuffo stanco sul letto.

-Sì, mi sta di nuovo parlando di quel gruppo, i Tokio Motel…-

-Hotel! Tokio Hotel !- strillò la voce furiosa di Abby dall’altro capo del telefono, prima che Julie se ne appropriasse con aria scocciata.

-Ciao Ab’. Sì che sono io. No, non me frega nulla dei tuoi famosissimi Tokio –hotel o motel a cinque stelle che siano- che conosci solo tu. No, non sto delirando. Sì, ciao, arrivederci, addio !- e con un gesto secco, Julie chiuse la chiamata.

Sì, pensò Alexis, sua cugina era decisamente il tipo determinato e conciso che non accettava mai di essere contraddetta.

-Ecco fatto- disse Julie entusiasta, spazzandosi le mani l’una con l’altra –E così Abby è aggiustata. Ti stava dicendo di nuovo quanto…-

-…quanto fossimo fortunate ad essere qui?- concluse Alexis con un sorriso stanco –Esattamente. E non solo, si è anche messa in testa di farsi alcune ciocche bianche come il cantante dei Tokio Hotel-

Con uno sbuffo misto a risata, Julie spalancò la finestra della camera –Ma non mi dire. Un po’ come quando lo scorso mese voleva farsi rasta come il chitarrista. Ma per favore…-

Ancora una mezza risata, e la cugina si sdraiò accanto a lei sul grande letto della camera, fissando il soffitto con aria esausta ma allegra.

Nonostante fossero cugine (figlie di due fratelli, che avevano avuto la bella idea di portarsi in Italia non sono loro, ma altra metà famiglia), Alexis e Julie non si assomigliavano molto.

Tanto per cominciare, Alexis aveva dei lunghi e lucidi capelli rossi –a ciocche castani- che le ricadevano sempre ordinati sulla schiena; quelli di Julie, al contrario, erano più simili a spinaci color biondo oro, ondulati e sempre spettinati, con un’impertinente treccina rosa a lato. Come se non bastasse, quando si specchiava Julie vedeva sempre una ragazzina di sedici anni forse un po’ troppo minuta per la sua età –anche se con calci e pugni da vendere-, e non trovava mai niente di meglio se non lamentarsi della propria statura; inutile dire che non aveva mai perdonato alla cugina i suoi quattro-cinque centimetri in più…

Neppure a livello di carattere le cugine riscontravano qualche somiglianza. Quando c’era da elogiare una delle due, erano sempre la serietà e la compostezza di Alexis ad aggiudicarsi la soddisfazione dei parenti, mentre Julie, col suo carattere peperino e frizzante, si era sempre classificata al primo posto nella gara delle pazzie.

Non per questo le due cugine non andavano d’accordo, anzi: abitando così vicine erano cresciute insieme, e per quanto Abigail o le altre fossero loro grandi amiche, l’una era sempre stata la miglior confidente dell’altra.

Così, quando il signor Owen aveva annunciato il loro viaggio di famiglia (-Per ritrovarci tutti insieme. Sarà divertente!-), Julie ed Alexis si erano scambiate un’occhiata consolatoria a vicenda, sperando nella presenza dell’altra a conforto.

Ed ora eccole lì, in Italia, nella loro “nuova camera” della casa estiva offerta alla famiglia Owen da non ricordavano quale concorso, in uno dei quartieri più lussuosi della zona, ad annoiarsi mortalmente.

-Oh madrina- sbadigliò Julie –Siamo appena arrivate e già mi sono stancata dell’Italia…ci mancavano solo quelle mummie imbalsamate dei gemelli Kaulitz! Ma devono venire ad esibirsi proprio qui? Non gli basta aver monopolizzato i cervelli di mezza popolazione femminile della scuola?-

-A quanto pare no– ribatté noncurante Alexis, stiracchiandosi appena –Sai, cugi, sento che sarà una delle estati più noiose della nostra vita, con o senza i Tokio Hotel…-

Non poteva sapere quanto si stesse sbagliando, e in entrambe le cose: perché qualcuno, in viaggio su una limousine nera, si stava velocemente avvicinando. Un qualcuno che avrebbe decisamente movimentato la loro estate…

* * *

Con i lunghi capelli rasta al vento, la testa sporgente dal finestrino, Tom Kaulitz respirò a pieni polmoni l’aria frizzante del primo pomeriggio. La limousine correva lungo l’asfalto nero, attirando non poco l’attenzione della gente sul ciglio della strada, e più si avvicinava alla sua futura residenza estiva per il tour in Italia, più il ragazzo sentiva che gli sarebbe mancata quell’arietta stuzzicante. Quella sensazione di libertà, del vento che gli spettinava i capelli più di quanto non fossero già, la sensazione di potersi librare nell’aria, abbandonando problemi, pensieri e dubbi sulla terraferma.

Tom era, a tutti gli effetti, il genere di ragazzo ribelle e impulsivo che non riflette due volte prima di fare qualcosa –e questa era una delle tante cause della disperazione dei genitori. A differenza di suo fratello, non si faceva mai tanti scrupoli per le conseguenze delle proprie azioni, non pensava mai al poi , e tendeva pericolosamente a incentrarsi un po’ troppo su l’ adesso . Era tremendamente irragionevole a volte, e si lasciava guidare per lo più dall’istinto.

Quello stesso istinto che, come in quel momento, aveva bisogno di staccare la spina, e di lasciarsi andare a quell’arietta fresca che gli solleticava così piacevolmente il viso. Era appena arrivato in Italia, e già sentiva che si sarebbe divertito un mondo grazie al nuovo tour… o, più semplicemente, grazie alla routine di ragazze, birra e chitarra a tutto spiano di sempre.

-Tom? Tom! Hai intenzione di dare aria al cervello ancora a lungo o preferisci aspettare che un cartello stradale ti centri il naso?-

…e come in ogni bel momento ecco arrivare suo fratello, paladino della vita equilibrata e tranquilla, ad interrompere il suo attimo di spensieratezza.

Con un broncio infantile per i suoi quasi diciassette anni, Tom Kaulitz ritirò la testa dentro la limousine e si voltò a fissare contrariato il suo amatissimo gemello Bill, che ricambiava lo sguardo da sotto due centimetri buoni di matita nera.

Oddio. Forse non tanto paladino della vita equilibrata e tranquilla, pensò Tom osservando i capelli corvini a ciocche dritti e a ciocche bianchi del fratello, lasciando poi correre lo sguardo sul suo look alquanto…bè, ricercato . Ma d’altronde, così come Bill amava stivali, pantaloni aderenti e trucco, così lui prediligeva vestiti grandi il suo doppio; non aveva poi così tanta materia su cui poter ridire.

Era talmente concentrato a riflettere sulle differenze tra loro due –cosa assai strana per lui: solitamente era Bill il cervello tra i due, quello che pensava , per farla breve- che non si accorse dello sguardo perplesso del fratello.

-Quando avrai finito di farmi una radiografia completa- disse infatti il moro inarcando un sopracciglio, mentre il gemello tornava bruscamente alla realtà –forse avrai ripreso abbastanza possesso delle tue facoltà mentali per sentire quello che ti sto dicendo…-

Tom incrociò ostinatamente le braccia al petto –Io ho sempre possesso delle mie facoltà mentali, non c’è bisogno che mi parli come se fossi un idiota-

-Ah no?- il fratello si lasciò scappare un sorriso ironico –E che mi dici di quel concerto a Berlino quando al termine dell’ultima canzone, mentre tentavi una sottospecie di balletto con la chitarra, hai rischiato di far cadere tutti i piatti della batteria a Gustav?-

Il suddetto, seduto lì accanto, annuì con convinzione, mentre un leggero rossore andava a colorare le guance abbronzate di Tom –Quello è stato un incidente, lo sai benissimo…-

-…e cosa possiamo dire della festa di compleanno di Georg, quando sei letteralmente crollato addosso a sua madre, trascinandotela per terra come un sacco di patate?-

-Avevo alzato un pochino il gomito, può capitare che…-

-…e quando alla festa di premiazione per l’ultimo album…-

-Ho capito, ho capito!- esclamò Tom con una smorfia irritata, scatenando le risate del resto del gruppo –Non c’è bisogno che mi elenchi uno ad uno tutti i miei “peccatucci di gioventù”-

-Anche perché ci vorrebbe fin troppo temp-ouch!- una gomitata nelle costole interruppe prontamente le parole scherzose di Bill, facendo ridere ancora di più Georg e Gustav.

Tom alzò le spalle a mo’ di scusa –Scusa, fratellino, te la sei cercata. Ad ogni modo, cos’è che volevi dirmi?-

-Volevo dirti, caro il mio sapientone, che siamo arrivati- rispose laconico Bill, massaggiandosi la parte colpita, e gli indicò con un dito –ovviamente laccato di smalto nero- quella che da lontano sembrava essere la casa coloniale più grande che avesse mai visto.

Era circondata da un rigoglioso giardino, e affiancata da una serie di abitazioni più piccole all’apparenza ancora disabitate, ma che sicuramente si sarebbero riempite in pochi giorni.

-Carina- fu il commento di Tom, mentre Georg e Gustav si sporgevano anche loro dal finestrino per osservarla meglio, mano a mano che la distanza si accorciava ed essa appariva sempre più grande.

-Sai Bill- aggiunse, e il fratello si voltò a guardarlo col suo medesimo sorriso, mentre lo stesso pensiero attraversava le menti di entrambi –sento che sarà un’estate parecchio interessante…-

Lo so, come primo capitolo non è molto entusiasmante, ma vi assicuro che dal prossimo (già scritto, in via di revisione XD) ne accadranno delle belle! ^^ Per favore, commentate e fatemi sapere se la storia vi piace. Sono bene accetti consigli, apprezzamenti o critiche negative che siano ^^ Ciaoooo, un bacione dalla vostra Auty
  
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