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Autore: Jack Le Fleur    16/12/2012    0 recensioni
“Vuoi salvarla?” “Si” “Io posso aiutarti. Il mio nome è Morrigan” Mi disse con un sorriso. Io sorrisi a mia volta: potevo aiutare la padrona! “Tuttavia, mi devi promettere che tu e la tua amica resterete sempre con me e che mi sarete fedeli. Saremo solo noi tre, o meglio noi due” “Noi due?” “Se vuoi salvare la tua amica, devi donarle la tua vita: il corpo e l’anima. Così sarà salva”. Mi sentivo sempre più stranita. Come potevo dare alla padrona corpo e anima? Ero solo una bambola.
[dal primo capitolo]
Raven Adams era un diciassettenne piuttosto mingherlino con moderatamente corti capelli mori e la grande particolarità di avere gli occhi uno diverso dall'altro: un occhio di un caldo color nocciola e l'altro di un tetro e freddo azzurro ghiaccio. Non aveva mai avuto amici, non ne aveva mai voluti. Le persone gli suscitavano una certa inquietudine da sempre e preferiva evitarle. Ed eccolo lì, nel fulcro pulsante della vita di un adolescente: la scuola. Non c'era posto più discriminatorio per un ragazzo come lui.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anima di Bambola

Prologo


Si narra che molti anni or sono, quando ancora la luce proveniva dalle profumate candele di cera accese nelle lunghe notti invernali, una bambola viaggiasse accompagnando la sua padrona lungo il fiume per prendere l’acqua.
La bambina era solita recarsi a prendere l’acqua ogni giorno, tranne quando erano previste tempeste.
Suo padre le ripeteva spesso: “Non devi mai uscire durante una tempesta o verrai portata via dai demoni del fiume!”. La bambina aveva sempre avuto paura dei demoni del fiume.
Un giorno d’estate decisa di soffermarsi più del solito lungo il fiumiciattolo per raccogliere dei Denti di Chimera, dei fiori dai petali allungati e bianchi che sfumavano in un rosso cremisi e d’un tratto una creatura le si avvicinò: era piccola come un folletto, con la pelle ricoperta di scaglie completamente blu, capelli bianchi come la neve candida che scendeva sui pendii delle montagne, la bocca rosea e piccola, il naso sottile e degli occhi a mandorla del colore opalescente della luna, con la pupilla verticale piccola e nera. Era un piccolo demone del fiume. Non sembrava affatto minaccioso come gli era stato descritto! Così un giorno, sicura che fossero innocui e nonostante fosse prevista una tempesta, uscì a prendere l’acqua al fiume, ma non fece mai più ritorno. Il padre della bambina, distrutto dal dolore, prese a recarsi al fiume tutti i giorni. Fece così per trent’anni, fino a che non morì di vecchiaia.
Della bambina non si seppe più niente e ben presto divenne solo una storiella per spaventare i bambini e venne dimenticata.
 


La mia padrona era un’incosciente! Suo padre le diceva di non uscire durante le tempeste, ma lei trovava simpatica quella strana creatura blu che tutti odiano.
Era strana.
Cosa avrei dovuto fare? Avrei dovuto fermarla? Lei non mi ascoltava!
Quindi non mi restava altro che andare con lei.
Avevamo seguito il fiume e la creaturina blu le aveva fatto cenno di seguirla.
La mia padrona lo fece. Che sciocca! Non doveva farlo!
Ci portò in una strana grotta illuminata d’azzurro. C’erano altre creature blu lì. Tante. Troppe. Le saltarono addosso affondando i denti nella carne pallida.
Io provai ad aiutarla, ma sono solo una bambola.
D’improvviso vi fu un lampo di luce nera e le creature scapparono.
La mia padrona era ridotta in fin di vita. Perché non mi aveva ascoltato?! Che cosa dovevo fare? Come potevo salvarla?

D’improvviso apparve uno strano essere fluttuante, con una veste che sembrava di fumo e seta della più pregiata, il volto bianco come il latte, gli occhi del colore dei gioielli delle persone ricche, quello strano giallo e contornati di nero, i capelli erano neri come la notte e volavano intorno alla testa, le labbra nere nascondevano denti degni del peggiore dei predatori. Faceva quasi paura. Quando parlò, però, tutte le mie incertezze volarono via: la sua voce era la cosa più bella e melodiosa che avessi mai avuto l’onore di ascoltare.“Tu le vuoi bene, vero?” sussurrò con la sua voce suadente “Si” le risposi ovviamente “Vuoi salvarla?” “Si” “Io posso aiutarti. Il mio nome è Morrigan” Mi disse con un sorriso. Io sorrisi a mia volta: potevo aiutare la padrona! Però il successivo commento di quella donna mi rese un po’ perplessa “Tuttavia, mi devi promettere che tu e la tua amica resterete sempre con me e che mi sarete fedeli. Saremo solo noi tre, o meglio noi due” “Noi due?” “Se vuoi salvare la tua amica, devi donarle la tua vita: il corpo e l’anima. Così sarà salva”.
Mi sentivo sempre più stranita. Come potevo dare alla padrona corpo e anima? Ero solo una bambola “Come posso farlo?” Chiesi infatti “Ci penserò io. Tu devi solo dirmi se sei disposta a farlo” “Certo che lo sono!” risposi con furore. L’essere fluttuante rise, una risata cristallina “Bene, cominciamo allora!”.

L’essere mi prese in braccio e mi depose su una roccia. Poi prese la padrona e la mise accanto a me.
Cominciò a parlare in una strana lingua sconosciuta, tanto melodiosa che pareva cantata.
Cominciai a sentirmi stanca.
Persi la vista e l’udito.
Dopo un po’ persi anche il gusto.
A mano a mano che quella cantilena andava avanti, io sentivo sempre meno il mondo intorno a me.
Persi l’olfatto.
Quando la donna finì, persi anche il tatto e probabilmente smisi di esistere.


Da quel momento la bambina divenne la bambola e la bambola divenne la bambina, unite in un solo unico essere.
Promisero di essere sempre fedeli alla donna e, per un certo periodo di tempo, lo furono.
Tuttavia, la bambina continuava a crescere e presto divenne donna e, stanca di vivere nelle grotte sulle montagne con Morrigan, scese in un villaggio vicino e si innamorò di un giovane del posto.
La donna, infuriata dal tradimento della bambina, le scagliò contro una maledizione: non avrebbe mai avuto la pace e così nemmeno la sua bambola.
La ragazza non capiva cosa intendesse, in fondo non aveva fatto niente di male.
Voleva solo conoscere altre persone come lei, com’era un tempo.
Non comprese la maledizione della donna finche non ebbe i suoi figli: un maschio e una femmina, entrambi con delle parti del corpo di bambola. La ragazza si spaventò: i bambini non solo avevano parti del corpo della bambola, ma era come se si fossero portati via anche una parte di lei.
I bambini crebbero ed ebbero dei figli che a loro volta avevano parti del corpo della bambola e la ragazza, ormai vecchia si sentiva sempre più stanca.
Quando morì, rimase ancorata al mondo umano, sempre vicina a coloro che possedevano il corpo della sua bambola.
La donna l’aveva detto. Aveva detto che non avrebbe più trovato la pace.
Le generazioni si susseguirono, dando in eredità l’anima di bambola.
La ragazza non credeva di poter cambiare la situazione, di trovare la pace.
Non fino ad oggi.
 
 
 
Salve a tutti! Me ne torno con qualcosa di assurdo che spero vi piaccia. Fatemi sapere cosa ne pensate *prega in ginocchio*. Al prossimo capitolo~
M.J.V.
  
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