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Autore: Bethesda    17/12/2012    2 recensioni
Le sue parole mi rimbombavano in testa, come il ricordo delle ore passate: i rapidi preparativi, l’avviso ad alcuni degli uomini che ancora avevano l’opportunità di salvarsi, la corsa in stazione. E lì, esattamente davanti a noi, vidi dal finestrino il professor Moriarty, in partenza per il Continente. Ormai era fuggito.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Diario di un Consulente Criminale'
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Il treno procedeva sulle rotaie a massima potenza, libero del peso di vagoni inutili. Canterbury sarebbe stata la nostra meta: lì io ed Holmes avremmo raggiunto Moriarty.

Il mio amico sedeva in un angolo, lo sguardo da falco indirizzato verso un punto indefinito, la macchina della sua mente più rapida del nostro mezzo.

Era infuriato, avvilito come mai prima di allora.

 

«Sono nella sua rete, Watson. Buona parte dei miei uomini sono già destinati alla forca e alcuni hanno le manette ai polsi. Sono stato uno sciocco, un completo idiota! Pensavo di poter giocare al gatto con il topo e invece mi sono ritrovato bloccato in un angolo, con un coltello alla gola. Moriarty è già sulle nostre tracce: Roma è crollata».

 

Le sue parole mi rimbombavano in testa, come il ricordo delle ore passate: i rapidi preparativi, l’avviso ad alcuni degli uomini che ancora avevano l’opportunità di salvarsi, la corsa in stazione. E lì, esattamente davanti a noi, vidi dal finestrino il professor Moriarty, in partenza per il Continente. Ormai era fuggito.

Ma il mio amico non si sarebbe mai dato per vinto: affittammo un treno speciale. Li avremmo raggiunti al più presto, quando il treno si sarebbe fermato per imbarcarsi Oltremanica.

Lì la nemesi di Holmes e il suo fedele braccio destro e biografo, il colonnello James Moran, avrebbero trovato pane per i loro denti.

 

Da parte mia ero preoccupato: tutto ciò che avevamo concluso, tutti i casi, tutti i crimini perfetti – perché di tali si trattava – che erano stati portati a termine, erano crollati come castelli di carta per mano di un unico uomo, che aveva stretto la sua ragnatela intorno ai nostri uomini.

Osservai il mio compagno e nell’incontrare il suo sguardo, per la prima volta da quando eravamo partiti su fisso su di me, ed ebbi paura.

 

«Credi che li raggiungeremo?»

 

«Non lo credo, Watson. Sono certo che li raggiungeremo. In qualunque caso il loro treno è diretto a Parigi, dove so che il professore intrattiene diversi contatti. Non mi stupirei se decidesse di farsi proteggere da qualche suo amico potente. In qualunque caso il treno ferma a Canterbury e il traghetto parte sempre con un quarto d’ora di ritardo. E anche se ci sfuggissero potremmo ritrovarli nella capitale francese».

 

Fu un viaggio frustrante: mancammo il traghetto per un soffio e riuscii a sentire un’imprecazione sfuggire dalle labbra del mio amico. Tuttavia non ci demmo per vinti: avremmo preso il traghetto successivo e sarebbero stati nostri a Parigi, dove non avrebbero avuto scampo. Bastava lo sguardo di Holmes a darmi conferma di ciò.

 

Giungemmo alla Gare Du Nord con un giorno di ritardo rispetto al professore e al colonnello, con il risultato che sprecammo ore preziose alla ricerca delle loro tracce.

Riuscimmo a rintracciare i loro bagagli, scoprendo che erano stati recapitati presso un hotel nella zona di Montmartre: non ci restava che cogliere il momento opportuno per incontrare i proprietari.

 

Francamente non riuscivo a immaginare come Holmes avrebbe ottenuto la sua vendetta in un luogo come Parigi, sempre affollato, giorno e notte, e dalle vie sconosciute. I due non si sarebbero mossi certamente per vicoli bui e tortuosi, o lontano dalla folla; ma non riuscivo ad immaginare i fuggitivi passeggiare lungo Rue de Rivoli senza tendere l’orecchio o aguzzare la vista per ogni movimento sospetto. Moriarty non era uno sciocco, e quella che lui e il mio amico stavano giocando era una partita di scacchi.

 

A favore di Holmes vi era la sua rete di conoscenze, fortunatamente intaccate all’estero: nella capitale lo scoprii avere contatti svariati ed eccentrici, che risultarono pronti ad effettuare ogni controllo ed indagine per suo conto non appena mettemmo piede nello stesso hotel di Moriarty e Moran.

 

«Abbiamo ricevuto il suo telegramma, Mr Holmes».

 

A pronunciare quelle parole fu un uomo sulla trentina, sguardo sveglio e con un accento che lasciava facilmente intendere che l’inglese non fosse la sua lingua madre.

 

«Non abbiamo visto gli stranieri da lei descritti, ma tuttavia non c’è dubbio che i bagagli siano stati recapitati qui. Il nome utilizzato per la prenotazione è Moreau. Purtroppo è tutto ciò che siamo riusciti a trovare fino ad ora».

 

Holmes e io sedevamo in un bar che permetteva di osservare chi entrava ed usciva dall’hotel senza dare nell’occhio, mentre il nostro informatore manteneva lo sguardo fisso sul suo capo, in attesa di ordini.

Il mio collega spense la sigaretta nel posacenere con forza.

 

«Louis, ascoltami: voglio la città setacciata. E non solo: informatevi presso le stazioni, soprattutto quelle minori. Anche per quanto riguarda i traghetti voglio che siano fatti dei controlli. Ne comprenez-vous?»

 

«Oui, monsieur».

 

Holmes gli allungò una moneta e lo guardò scomparire fra la folla con passo celere, mantenendo sempre un occhio sull’ingresso dell’albergo.

 

Fu vano il mio tentativo di attirare la sua attenzione: non dava ascolto alle mie parole, e non badò al sottoscritto neanche quando cercai di entrare nel suo campo visivo. Infine, stanco di tentare, cercai di dedicarmi alla lettura del giornale, ma il mio francese stentato rese il compito noioso e inconcludente.

Avevo terminato il mio tè quando Holmes parlò, distogliendomi da un incidente ferroviario avvenuto nel Sud del paese, ma non ero completamente sicuro di avere ben inteso ciò che avevo appena letto.

 

«Questa notte», cominciò, portando le punte unite delle lunghe dita di fronte alle labbra, «ci infiltreremo nella camera di Moriarty. Qualunque cosa vi sia all’internò smuoverà questa incresciosa situazione».

 

 

Non trovavo affatto allettante l’idea di dovermi addentrare in quella stanza: da un lato Holmes, se avesse incontrato Moriarty, avrebbe potuto attaccarlo senza esitazione; dall’altro non eravamo affatto sicuri di cosa avremmo potuto trovare.

Fatto sta che la sera stessa, con la luce tenue dei corridoi a coprirci le spalle, abbandonammo la nostra camera per adempiere al nostro triste compito.

 

Holmes aveva con sé il suo set da scassinatore, sempre aggiornato e custodito con cura. Lo utilizzò con rapidità, senza far rumore, mentre io facevo da palo presso le scale.

 

Un leggero scatto mi fece capire che era riuscito nel suo intento, così lo affiancai, i muscoli tesi, una mano nell’interno della tasca, vicino alla rivoltella.

Fu una precauzione inutile, dacché la stanza risultò essere intonsa e priva di inquilini, fatta eccezione per due valige che ancora riportavano l’etichetta con il nome dell’albergo.

 

La rabbia di Holmes parve gelare la stanza, e tornammo in camera senza dire una parola solo dopo aver controllato all’interno dei bagagli.

 

___________

 

«Ci hanno gabbati», ringhiò irato il mio compagno. Camminava nervosamente per la stanza, una sigaretta in mano quasi completamente consumata, la cenere che sporcava il pavimento.

 

Non avevamo trovato alcun indizio, nulla che potesse dirci dove si erano nascosti. In qualunque luogo si trovassero avevano due giorni di vantaggio e sarebbe stato difficile ripercorrere i loro passi.

Holmes aveva già spedito diversi telegrammi, cercando di rimediare a quella mossa. Si tormentava per non essere riuscito a prevedere ciò che avrebbe fatto Moriarty: per la prima volta i sentimenti, che era sempre riuscito a mantenere relegati dentro di sé durante i casi passati, erano sfuggiti al suo controllo, concludendosi in un fallimento. Se la situazione non fosse stata così grave avrei potuto sentirmi grato di questa dimostrazione di “umanità” e imperfezione, ma la posta in gioco era troppo elevata.

 

Adesso snocciolava rapidamente i diversi percorsi che i due fuggitivi potevano aver intrapreso, ma le sue parole sembravano seguire il flusso dei suoi pensieri, risultando eccessivamente veloci per il sottoscritto.

Pensai che sembrava un animale in gabbia, tormentato dall’impossibilità di una via di fuga, sempre più aggressivo e disperato. Da quanto tempo non dormiva o mangiava un pasto, senza limitarsi a sbocconcellare qualcosa solo per farmi tacere?

 

Mi alzai dal bordo del letto, facendo sollevare il materasso con un cigolio, e, sorprendendolo, mi posizionai di fronte a lui, afferrandogli gli avambracci e stupendolo, ammonendolo con il solo sguardo.

Sembrò raddolcirsi, ma fu un breve istante: con mio sommo dispiacere cercò di divincolarsi.

 

«Holmes».

 

«Watson, non ho tempo per le tue premure chiocce».

 

Strinsi con maggior forza gli esili muscoli, e costui mi fulminò con lo sguardo.

 

«Le mie premure chiocce ti hanno salvato ben più di una volta. Non puoi dannarti in questo modo: finché non ci giungerà almeno una notizia, non sarà possibile rintracciarli. E qualora ciò accadesse tu non saresti abbastanza in forze per portare avanti ciò che hai in mente».

 

Mi osservò con aria corrucciata, come se la mia richiesta fosse un qualcosa di completamente inconcepibile per la sua mente ormai unicamente proiettata verso la vendetta.

Come fosse riuscito a capire a cosa stessi pensando non mi è dato sapere, ma riuscì a stupirmi, come era sempre solito fare.

 

«Lascia che esponga ciò che le tue meningi stanno pensando da quando siamo partiti: restiamo qui, lontano da Londra, dal lavoro, dalla polizia. Abbiamo soldi abbastanza per cavarcela in modo egregio e la nostra compagnia sopperirà tutte le ulteriori mancanze».

 

Mi allontanai da lui: il modo in cui aveva pronunciato quelle parole mi giunse sarcastico e velenoso, come se ciò che si era sviluppato fra noi fosse unicamente un passatempo.

 

«Lo ammetto», conclusi, senza dare a vedere quanto mi avesse colpito quel suo tono. «Siamo braccati, Holmes. Non abbiamo via di scampo e Moriarty, una volta tornato a Londra, sarà salvo. Mentre a noi, cosa rimarrebbe? Nulla del tuo impero, nulla del mio lavoro. Solo io e te, liberi e in un paese lontano, in cui l’unico nostro crimine sarebbe visto con occhio certamente meno critico rispetto a quello di un giudice inglese. Pensaci, Holmes: non dovremmo più vivere con il terrore che i tuoi uomini ti rinneghino. La Francia potrebbe essere il nostro nuovo paese, e finalmente--»

 

«Dio del Cielo, Watson, stai farneticando!»

 

Rimasi pietrificato. Davvero lo pensava? Credeva che stessi semplicemente scherzando, o addirittura che fossi impazzito? Quale uomo non desidererebbe la tranquillità e la pace accanto alla persona che ama? E il Fato ci stava dando un’occasione tragica, inaspettata, ma anche piena di speranza e prospettiva per un futuro diverso, migliore, privo di angosce.

Un futuro insieme.

 

«Holmes».
 

Me ne sarei pentito. Lo sapevo, lo sentivo dal profondo dell’animo. Ero terrorizzato nel porre una domanda del genere al mio compagno, soprattutto in una situazione in cui la sua principale preoccupazione erano due uomini in fuga per l’Europa, se non per il Nuovo Continente.

 

«Tu mi ami?»

 

Buon Dio, il fatto che fosse così spiazzato mi provocò una stretta allo stomaco.

 

«Watson, non mi pare il momento--»

 

«Io ritengo che questo sia il momento più adatto. Voglio sapere in tutta onestà se tu lasceresti tutto per me».

 

Taci, John. Taci prima che sia troppo tardi.

 

«Se mi ami abbastanza da decidere di smettere di giocare con i miei sentimenti, ma soprattutto con la tua vita».

 

Cielo, cosa sto facendo.

 

«Perché io ti amo, Holmes. Non te l'ho mai celato».

 

Non ho idea di cosa sarebbe successo se di lì a pochi secondi, mentre Holmes mi fissava con aria indecifrabile, se qualcuno non avesse bussato alla porta.





Note: Lo so, sono in ritardo...di circa due mesi...mi dispiace ma l'ispirazione è una baldracca, e ho avuto anche delle influenze esterne (benevole o malevole a seconda del punto di vista) che  mi hanno impedito di scrivere. Ma comunque ecco la prima parte del quinto capitolo della AU. Spero vi piaccia e...ANCORA PERDONO çWç

   
 
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