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Autore: PostBlue    17/12/2012    2 recensioni
"Non è certo la prima volta che lo sente cantare. Anzi. Suo malgrado (più o meno) conosce anche piuttosto bene il repertorio dei Muse. Non è neanche la prima volta dal vivo."
Brian, Matt e la loro Madness.
Ovviamente non sono miei, non penso che farebbero mai niente di quello che io immagino e non ci guadagno un bel niente ad immaginarmelo.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non è certo la prima volta che lo sente cantare. Anzi. Suo malgrado (più o meno), conosce anche piuttosto bene il repertorio dei Muse. Non è neanche la prima volta dal vivo.
E' sempre stato dolorosamente consapevole della diversità delle loro voci. Di quanto quella di Matt sia estremamente più articolata, potente, completa della sua, che è invece così nasale; un miagolio, se riascolta i vecchi album. E infatti non li riascolta. Se poi ripensa anche a quei cazzo di vestiti da donna, davvero non si capacita di come sia riuscito ad arrivare dove effettivamente si trova adesso. Cioè, non proprio in questo preciso momento – su quella parte purtroppo ha le idee fin troppo chiare.
E comunque di punto in bianco ha la pelle d'oca su tutto il corpo. Parte il beat ossessivo del brano che hanno scelto per il primo lancio dell'album e la voce che arriva piano, quasi sussurrata, gli trasmette una scossa alla quale non è preparato.
 
Perché? Perché questa canzone. Perché questa sera. Cos'è che hai finalmente realizzato Matt? Che cos'è che voglio dire? Di che cosa ho bisogno? Dimmelo, se davvero l'hai capito, perché io non ci sto capendo più un cazzo. Altrimenti per quale altro motivo i tuoi occhi continuano a cercarmi e a trovarmi, nonostante sia nascosto e affogato in mezzo ad una folla che non sarebbe in grado di riconoscermi neanche se mi mettessi a gridare il mio nome. Dici di aver capito, ma alla fine non riesci a dirmi quello di cui ho bisogno io. Finisci, come sempre, per urlare al mondo quello di cui tu hai bisogno. Hai bisogno di sapere se è vero amore? Bé, tesoro, benvenuto nella realtà. Quella è una domanda della quale conosci la risposta solo quando è troppo tardi. Dovresti averlo imparato ormai. Ma no, tu hai bisogno di qualcuno che ti risponda. E possibilmente ti risponda quello che vuoi sentire. Sei sempre tu al centro. Tu e il tuo egoismo mascherato da insicurezza. Tu e quegli occhi imploranti da cane bastonato quando ti presenti a casa mia alle ore più impensate perché non hai voglia di dormire da solo. Tu e il tuo modo assurdo di elemosinare una scopata anche nei momenti più inopportuni. Tu e il tuo essere sempre così dannatamente fuori posto dappertutto e in particolare vicino a me. Parli delle nostre scenate. A cosa stai pensando esattamente? Alla cicatrice che ti è rimasta sul collo? O al sangue che dalla mia mano gocciola a macchiare la ceramica bianca del lavandino? Ci siamo arrivati senza accorgercene e senza accorgercene finiremo con l’annientarci, lo sai bene. E’ questo quello che hai finalmente capito, non è vero? Però hai bisogno che io ti dica che non è così. Hai bisogno di essere rassicurato. Stai tranquillo piccolo Matt, non è successo niente. Stai tranquillo, puoi continuare a recitare il tuo ruolo di poeta tormentato da malesseri cosmici. E' così comoda, vero, la parte del perennemente incompreso. 
 
"Ciao, spero che il numero sia giusto. Lo so che suona strano dopo una vita che non ci sentiamo neanche, ma mi farebbe piacere vederti. Posso passare da te per un caffè? Matt."
E' cominciato tutto con quel messaggio. Brian, stupidamente, lo conserva ancora nella memoria del telefonino. Quando lo aveva letto non aveva realizzato subito chi fosse. Matt. E chi cazzo era Matt? Conosceva troppa gente per ricordarsi i nomi di tutti. Ma questo era un Matt che aveva il suo cellulare quindi doveva averci avuto a che fare, in un modo o nell'altro. Poi lo sguardo gli era caduto sulla copertina di quel mese di Rolling Stone e vedendo quel muso da topo che lo fissava con aria strafottente aveva collegato. Bellamy. Certo che non gli diceva niente Matt. Per lui il cantante dei Muse era sempre stato un cognome. Anche in quelle rare occasioni in cui avevano avuto modo di fare una conoscenza decisamente più approfondita. Prima e dopo era sempre stato Bellamy. Durante non era stato altro che un diversivo.
Dopo aver individuato il mittente anche il messaggio risultava molto più chiaro. Quel finto chiedere permesso e intanto autoinvitarsi direttamente a casa sua. Quel tono lagnoso che implica che un "no" è un'opzione troppo crudele per essere presa in considerazione. Quella prima persona singolare così...irritante. Ecco una parola per descrivere Matt era sicuramente irritante.
Cosa gli era passato per la mente quando gli aveva detto di sì? Non avrebbe saputo dirlo neanche adesso. Si sarebbe comportato diversamente, se solo avesse immaginato? Forse. Ma forse è solo un'altra bugia dietro alla quale nascondersi. Un altro antidolorifico per la memoria.
 
Ti osservo mentre ti muovi sul palco. Ti guardo e aspetto i tuoi occhi anche se vorrei non vederti mai più.
Hai bisogno del mio amore dici. Mi urli di avere fiducia. Ma soprattutto mi urli di salvarti. Ma non sei tu che devi essere salvato. Non lo sei mai stato.
E' stata una follia, sì. Questa è l'unica cosa su cui ci hai preso, anche se non penso che tu ti renda effettivamente conto di quanto.
  
Brian non sa perchè ma si sente come una diga sul punto di cedere. Semplicemente è troppo. Il castello non regge più, ci sono troppe crepe, troppe falle. E lui sente la voce di Matt come non l'ha mai sentita prima e improvvisamente ha solo una disperata voglia di piangere.

NOTA
Non so bene come inquadrare questa Mollamy. E’ venuta fuori come una specie di raptus durante uno degli innumerevoli ascolti di Madness e l’ho scritta per metà sul pullman. Non so neanche bene perché vi stia infliggendo questi dettagli, ma se siete qui grazie di aver letto.
E grazie anche a chi avrà voglia di darmi il suo parere. :)
PB


 
   
 
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