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Autore: MimiRyuugu    17/12/2012    3 recensioni
Ecco qua, dopo Ultimi Ricordi, la continuazione della saga dei Tre Uragani. Riuscirà la nostra Giulia Wyspet ad avvicinarsi di più al burbero Severus Piton?
"You are the life, to my soul, you are my purpose, you are everything."
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
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Salve *-* oramai sapete che gli aggiornamenti a lungo tempo non sono la mia specialità xD anyway, finalmente un cap in cui succede qualcosa u.u *sfugge dagli spoiler di se stessa* siii lo so che vi faccio fare le fusa e poi vi turo una pietra in testa, chiedo perdono u.u pomodori ed eventuali mazze chiodate sempre al banco tre *^*/ *indica angolo* in questo cap troviamo Extraordinary Girl dei Green Day *-*

Avvertenze: OCCtudine, diabetanza, conoscenze moleste che tornano.

Spero che l'aggiornamento vi piaccia,
buona lettura <3



12° Capitolo

I giorni successivi proseguirono velocemente. Interrogazioni, scontri verbali con la Umbridge e visite la sera nei sotterranei. Josh cercava di parlarmi ma, appena si avvicinava, Anna lo minacciava e lui, da uomo saggio che ha visto cosa può fare una Haliwell, si allontanava sconsolato. Inoltre, come aveva predetto Severus, non smise di nevicare per nemmeno un giorno. Il lago era diventato una lastra ghiacciata e di pomeriggio, prima di cena, alcuni studenti sgattaiolavano fuori per farsi una pattinata. Sabato mattina la sveglia suonò come al solito, solo che, a differenza degli altri giorni, l’energia per svegliarsi non mancava. Perfino Anna si precipitò fuori dal letto. Appena fummo pronte, andammo a colazione, poi tornammo in dormitorio a prendere le borse. Dentro le cose essenziali, come soldi, fazzoletti e bacchette. Attorcigliate nelle nostre sciarpe e strette nei cappotti, scendemmo e raggiungemmo la fila. La McGranitt controllò i permessi uno per uno, poi potemmo proseguire. Arrivati ad Hogsmerade, Draco si aggiunse al nostro trio. La prima tappa fu Mielandia, in cui io le mie amiche ci perdevamo ancora come bambine, a osservare tutti i dolci. Comprammo un paio di Api Frizzole, le immancabili Gelatine Tuttigusti+1 e anche qualche lecca lecca al sangue. Insomma, spendemmo parte della paghetta che i genitori ci avevano mandato il giorno prima, proprio in occasione della visita. Sapendo poi del mio buon voto in Pozioni, di cui avevo informato i miei genitori il giorno dopo l’interrogazione via gufo, mi era arrivato un extra, che sapevo già cosa usare. Dopo Mielandia, Hermione ci trascinò da Scrivenshaft, per fare rifornimento di penne. Facemmo anche un giro da Stratchy&Sons, per la gioia di Draco. Poi, per ripicca, lui portò a forza Anna da Madama Piediburro, con il nostro consenso ovviamente. Io ed Hermione andammo nell’anonimo negozio di bigiotteria dove avevo preso il braccialetto. Dall’ultima visita non era cambiato nulla. In confronto agli altri negozi, questo non aveva nulla di speciale. Sembrava piccolo da fuori, ma una volta entrati era un’insieme di scaffali girevoli, vetrine e ogni tipo di porta gioielli ovunque ci si girasse. Era il posto in cui gli studenti di Hogwarts facevano compere ai loro innamorati o per loro stessi in particolari occasioni. Oppure, quando c’erano soldi extra. O almeno, tutte le coppie tranne una si compravano regali in questo negozio. Anna e Draco, che tutto tranne una coppia normale potevamo sembrare, acquistavano i regali l’uno per l’altra da Magie Sinister, a Notturne Alley. Una volta ci entrai anche io, per accompagnare la mia amica, ma non trovai nulla di interessante. “Posso esservi utile?” ci chiese una donna, avvicinandosi. “Facciamo un giro, poi in caso ti chiediamo…grazie lo stesso Astrid…” le dissi. Lei sorrise dolcemente e tornò al bancone. Un altro motivo per cui quel negozietto aveva molti acquirenti di Hogwarts era perchè la proprietaria era gentile e disponibile, non solo come commessa, ma anche come consigliera. Astrid appunto, era una vecchietta arzilla e dolce. Oramai era come se ci conoscessimo da una vita. Era come una nonna, sia per me, che per Hermione ed Anna. “Penso che comprerò qualcosa anche io…” sorrise il prefetto, iniziando a guardarsi in giro. Io passai saltai gli scaffali con cose con brillantini e luccichii vari. Una anello con un teschio viola attirò la mia attenzione, ma lo lasciai perdere e tornai al mio obbiettivo. Guardai i bracciali di caucciù, ma rifiutai anche quell’idea. Quello che mi ero prefissata non era facile. Sentivo Hermione trotterellare agitata da uno scaffale all’altro. Sospirai, affranta. Mi appoggiai ad uno scaffale e per puro caso la vidi. Una semplice collana di filo nero, con un serpente attorcigliato ad un cuore. Rimasi a fissarla per un po’, fino a che qualcuno mi posò una mano sulla spalla. “Ti piace?” chiese Astrid, prendendo la collana dallo scaffale. Io la guardai insicura. “È uno degli avanzi di San Valentino…povero serpentello, non l’ha comprato nessuno…” sospirò triste la donna, accarezzando la collana. Sorrisi. “Ho visto che ti guardavi in giro sperduta…” spiegò sorridendomi. “In effetti…dovrei fare un regalo…però è per una persona…speciale…” iniziai a dire. Astrid annuì. “Solo che non è tipo da portare collane…però vorrei donargli qualcosa di simbolico…il serpente è un animale che lo rappresenta molto, perciò mi ha attirato questa collana…” spiegai. Lei annuì. “Eh si…i Serpeverde attirano sempre…” esclamò divertita. Io arrossii. “È più grande di me…un tipo serio ed elegante, che però è anche dolce e gentile…” sospirai. Astrid ridacchiò. “Beata gioventù innamorata! Anche io ero così ai vostri tempi!” rise ancora. Io sorrisi. Lei iniziò a guardarsi in giro. “Forse ho trovato quello che fa per te…seguimi…” disse, iniziando ad camminare tra gli scaffali. Mi condusse allo scaffale dei gioielli magici. Li guardai dubbiosa. “Non mi intendo molto di gioielli magici…” commentai, imbarazzata. Astrid mi guardò comprensiva. “Proprio come pensavo…” sorrise. Iniziò a scandagliare con lo sguardo i gioielli appesi. “Ecco! Perfetto!” esclamò, prendendo una collana. Me la porse. Era un cuore fatto da due serpenti. Sembrava d’argento, e probabilmente costava un mucchio di soldi. “Tranquilla…non costa molto, e in caso ti posso fare uno sconto famiglia…” disse la donna, dopo aver visto la mia espressione preoccupata. “Gra…grazie…è davvero bella…però…non mi sembra molto magica…” commentai, curiosa, rigirandola in mano. “All’apparenza sembra un normale ciondolo…non devi fare altro che sussurrare il nome dell’uomo che ami, poi…” iniziò a raccontare. Io la guardai curiosa. “Avanti…prova!” mi incitò. Io arrossii. “Avanti…tranquilla, prometto che non ascolterò il nome…” sorrise Astrid. Io avvicinai la collana. Tossii, e presi coraggio. “Severus…” sussurrai. I due serpenti della collana si staccarono ed si chiusero ad anello, formando due collane. “Visto? Per farli tornare normali, basterà che l’altro pronunci il tuo nome, e torneranno a diventare una cosa sola…” concluse Astrid. “E ora? Come faccio a farli tornare un cuore?” chiesi. Lei prese la collana in mano, ed i due serpentelli tornarono ad unirsi. “Se una persona estranea toccherà l’anello quando i due componenti sono ancora vicini, torneranno ad unirsi…” spiegò ancora. La guardai imbarazzata. “E…se l’amore non dovesse essere ricambiato?” chiesi, con voce tremula. Lei mi diede un pugno affettuoso sulla testa. “Chi è lo Schiopodo che non contraccambierebbe una ragazza così gentile e dolce come te?” mi rimproverò. Io sorrisi. “Ok…la prendo!” mi decisi infine. Hermione mi si avvicinò, con un paio di orecchini a stelle. “E Anna, dove l’avete lasciata? Quella malandrina, potrebbe anche venire a salutarmi!” esclamò Astrid, andando alla cassa. “Draco l’ha trascinata da Madama Piediburro…” rispose Hermione. “Allora la perdono…Draco è un così bravo ragazzo, contrariamente a quanto si dice…e poi quei due stanno davvero bene insieme! Quant’è, un anno?” chiese, controllando i prezzi. Io annuii. Astrid sospirò ancora, poi ci comunicò il prezzo. Per mia fortuna, la collana non era così costosa. Giusto per permettermi di mettere degli altri soldi da parte. Chiacchierammo con Astrid ancora per qualche minuto poi, la salutammo e decidemmo di andarci a bere una Burrobirra a I Tre Manici di Scopa. Ci sedemmo in un tavolo in un angolo, notando molti dei nostri coetanei sparpagliati per vari tavoli. Ordinammo le Burrobirre e, appena Madama Rosmerta si allontanò, Hermione mi sorrise. “Hai trovato il regalo per Piton?” chiese. Io arrossii. “Come…” iniziai a chiedere. “…facevo a sapere che stavi cercando un regalo per lui? Semplice! C’erano almeno un milione di articoli viola o con teschi, e tu non li hai nemmeno guardati…” spiegò lei, ovvia. “No davvero? Dai torniamo al negozio!” esclamai, divertita. Herm rise. “Cosa gli hai comprato di bello?” chiese ancora, curiosa. “Una collana magica...però non so se funzionerà…ho paura che non gli piaccia…” spiegai, percorrendo il bordo del boccale con un dito. “Vedrai che gli piacerà…solo per il fatto che gliel’hai comprata tu…” commentò Hermione, bevendo poi un sorso di Burrobirra. “Non so mica sai...” dissi ancora, tirando fuori la collana dal pacchetto. Il prefetto l’analizzò, poi, mi guardò, aspettando spiegazioni. Le spiegai il meccanismo, e lei annuì. “Si…pensò proprio che gli piacerà…” sorrise infine. “Speriamo…stasera mi ha promesso che andiamo a fare un giro sotto la neve…” raccontai. Hermione sospirò. “Beata gioventù…” commentò, imitando Astrid. Scoppiammo a ridere. Finimmo di bere poi, uscimmo e trovammo Anna e Draco. Iniziava a fare buio e freddo, e la neve non smetteva di scendere. Stavamo decidendo se tornare ad Hogwarts, quando, sentii qualcosa tirarmi la borsa. “Piantala Bulstrode!” ringhiai, girandomi. Tenni stretta la borsa a me. Come immaginavo, la serpe e la sua compare erano dietro di me. “Non vi sono bastate le botte dell’ultima volta?” ghignò Anna, iniziando a togliersi i guanti. Pansy grugnì. “Per colpa vostra siamo finite dalla Umbridge! Siete state fortunate solo perché i vostri genitori hanno chiesto a Piton di proteggervi!” rimbeccò Millicent. Mi sgranchii le dita. “Per tua informazione, siete state voi ad iniziare!” commentò acida Anna. Passai borsa ad Hermione, mentre lei la lasciò a Draco. Le due grugnirono ancora. Io ed Anna ci guardammo. “Siete solo delle lecchine!” disse velenosa Pansy. “Oh no…ora si che si mette male…” commentò preoccupata Hermione. Quello era l’unico insulto che Anna proprio non tollerava. Strinse i pugni ma io la fermai. Lei mi guardò dubbiosa. “Non fare il loro gioco...vedrai che andranno a piangere dalla Umbridge…così a noi toccheranno trenta frasi come minimo…” spiegai. Anna si calmò. Presi fiato e mi avvicinai a Millicent. Lei mi si avventò addosso, facendomi atterrare sulla neve, con il suo dolce peso addosso. Hermione squittì di paura. “Mossa sbagliata Bulstrode…” commentai, spostandomi di poco e dandole un calcio nello stomaco. Ecco, il mio mp3 era stato vendicato. Lei scivolò via e io mi rialzai. Ringraziavo che la neve non fosse stata dura, perché altrimenti la mia schiena sarebbe stata davvero spacciata. Pansy guardò l’amica, la tirò su di peso e andò via con la coda tra le gambe. Mi ripresi la borsa. “Come stai, tutto bene?” chiese Hermione. Io annuii. Mi sistemai il cappotto poi, ci dirigemmo verso Hogwarts. Mancava un’ora alla cena quando arrivammo, così io, Anna ed Hermione, stanche ed infreddolite, andammo in dormitorio a scaldarci. “Stasera cosa fate?” chiese Anna, buttando giubbotto di pelle e guanti sul letto. “Penso che terminerò di leggere quel libro che mi sto portando avanti da una settimana…per colpa delle interrogazioni sono sempre ferma allo stesso capitolo…” rispose sconsolata Hermione, piegando accuratamente il giubbotto e mettendolo infondo al letto. Io iniziai a sbottonare il cappotto poi, mi tolsi la sciarpa. “Tu Giulia?” mi chiese ancora la ragazza. “Esco…” risposi solo. Anna mi guardò di sbieco. “Con chi?” chiese ghignando. Io arrossii e fischiettai innocente. Sul suo viso le si formò un sorriso che andava da orecchio ad orecchio. “Tra rose e fior, vedo arrivar, Severus e Giulia si voglion sposar!” iniziò a cantare. Per poco caddi per terra dall’imbarazzo. “Anna, non cominciare…” la rimproverò già stufa Hermione. L’altra la prese a braccetto e il prefetto iniziò ad intonare a bassa voce la canzone. “Eh no! Herm non ti fare trasportare anche tu!” la supplicai. Le due scoppiarono a ridere. “È solo un’uscita…” specificai, abbassando la testa e facendo cerchietti nell’aria con un dito. “Si e noi ti crediamo!” esclamò Anna, per poi ricominciare a cantare. Io le tirai un cuscino. “Forse mi farà vedere il suo Patronus…” sospirai, speranzosa. “Certo, il suo Patronus…” commentò ancora maliziosa. Le feci la linguaccia. “A proposito, c’è una busta sul tuo letto!” disse Hermione, indicandola. Io la presi e lessi l’indirizzo. “Mia madre mi ha scritto di nuovo…avrà scordato di ricordarmi che non devo spendere tutto l’extra da Mielandia…” spiegai divertita, aprendola. “Troppo tardi…e, a proposito…” iniziò a dire Anna, frugando nella borsa. Appena ebbe tirato fuori un lecca lecca al sangue, Hermione glielo rubò di mano. “Ti rovinerai la cena così!” la rimproverò. Anna iniziò a tendere le mani verso il dolce, come una bambina. Herm alzò la mano con il dolce, approfittando della scarsa altezza dell’amica. “Ridammelo!” si lagnò Anna, sbuffando. Io risi ed iniziai a leggere la lettera. Soliti saluti iniziali, notizie generali condite di pettegolezzi, e raccomandazioni, tra cui quella della paghetta. Lessi con disattenzione una frase, che, dopo averne capito il senso, mi toccò scorrere ancora. La rilessi una ventina di volte, a bocca aperta. Hermione si distrasse e lasciò il lecca lecca ad Anna. “Qualcosa non va?” mi chiese, mentre l’altra si gustava il dolce. Io rimasi impietrita. Anna mi strappò la lettera di mano. “Dunque…cara Giulia…bla…si…” iniziò a leggere, storpiando le parole a causa del dolce in bocca. “Dai qua!” rimbeccò Herm, prendendosi la lettera. “Le…righe di mezzo…” boccheggiai. “Allora…” iniziò il prefetto, schiarendosi la voce. “…Mentre giravo su internet, ascoltando la mia amata musica (sai tesoro, ultimamente ho un debole per il cantante italiano Renato Zero! Se puoi, chiedi alla sorellina di Anna se mi manda via gufo qualche suo cd!!), ho provato a cercare informazioni sul concerto dei Green Day di quest’estate, a Londra, e indovina? Ho saputo il prezzo dei biglietti e sono anche riuscita a convincere tuo padre a lasciarti andare! Merito della tua E in Pozioni ovviamente…” lesse Hermione. Io annuii ancora in stato di shock. “…basta che convinci qualche tua amica ad accompagnarti, ed il gioco è fatto! Però ricorda, non ti deconcentrare a scuola e continua con i tuoi bei voti…” concluse poi. Lesse le righe successive a mente poi, mi riconsegnò la lettera. “Non ci posso credere…andrò a vedere i Green!! Il mio Billy Joe!” esclamai, felice. Hermione tossì. “Devi trovare qualcuna che venga con te però…” commentò. Io la guardai, poi osservai anche Anna. Quest’ultima mi fece segno positivo, mentre la prima scosse la testa. “Eddai Herm! Ci divertiremo!” cercò di convincerla Anna. “Non lo so…” rispose il prefetto. Io unii le mani a mo di preghiera. “Ti prego!” la supplicai. “Tua madre ha detto che serve un’amica…” sbottò, decisa. “Non possiamo lasciarti a casa! Noi siamo il trio! Gli uragani di Hogwarts!” squittì ovvia Anna. Hermione la guardò scettica. “Voi due siete gli uragani di Hogwarts…io sono…il prefetto!” commentò, quasi offesa. “Disse la donna che aveva dato un pugno a Draco Malfoy al terzo anno…” risposi. Lei arrossì, ma dopo sorrise. “Ci penserò…” disse, anche se il suo sorriso, che non accennava a svanire, la tradiva. Fu Anna a cambiare discorso. “Avanti, tra poco si cena!” esclamò, battendo le mani e buttando da una parte lo stecco del lecca lecca, oramai finito. “Giusto!” concordò Hermione. Uscimmo dal dormitorio e percorremmo le scale. “Però…non ho molta fame…” sospirò la prima. Il prefetto le diede un pugno leggero sulla testa. “Tel’avevo detto io!” rimbeccò poi. Anna le fece la linguaccia e io sorrisi. Arrivammo in sala grande e cenammo tranquille. Mi girai qualche volta in direzione del tavolo insegnanti, dove Piton mangiava tranquillo. La Umbridge scambiata occhiatacce con la McGranitt. Finii tranquilla la mia bistecca con patatine, seguita da un pasticcino al cioccolato, poi rimasi a chiacchierare con le ragazze fino a che le portate sparino del tutto. Poi salimmo fino in dormitorio. Mi sedetti sul letto, mentre Anna sventrava il guardaroba. “Torni a dormire stanotte, vero?” le chiese Hermione, più come un ordine che come domanda. La ragazza alzò le spalle per risposta. Mi stiracchiai e balzai giù dal letto. Andai alla finestra, notando con piacere che nevicava ancora. Poi andai al mio baule. In un angolo, c’erano dei vestiti che non avevo ancora indossato da quando me li avevano portati puliti gli elfi domestici, almeno un mese prima. C’erano delle camicie bianche, dell’uniforme. Alcune primaverili, con le maniche a tre quarti, e altre con le maniche corte. Il vestito del Ballo del Ceppo, e della festa per il compleanno di Piton, era piegato e messo in un cellofan li vicino. Presi una camicia viola. Sopra ci misi un gilet senza maniche nero, di un tessuto elegante, e ancora una gonna viola scuro, quasi nero. Calze alla coscia viola e nere e le solite Converse viola, immancabili. Misi qualche spilla dei Green Day sul gilet e sistemai i due bottoni. Andai al bagno, non curandomi dei cuscini volanti tra le mie due compagne. Mi pettinai e misi meglio il fermaglio. Sistemai il bracciale con i teschi e l’orecchino. Mi guardai ancora allo specchio. Portai una mano sul ciondolo a forma di G della collana che mi avevano regalato i miei quando ero piccola. Un po’ come la medaglietta di Severus. Sospirai, fissando i miei stessi occhi nocciola. I capelli biondo castani mi arrivano sotto le spalle. Chissà come sarei stata tra due anni. Magari sarei rimasta la stessa ragazzina. Oppure sarei cambiata. Lasciai il ciondolo e portai senza accorgermene una ciocca di capelli dietro l’orecchio con una mano. Poi la riportai dov’era, accortami del gesto che avevo fatto senza saperlo. Sospirai affranta. “Se solo avessi due anni in più…” sussurrai, triste. Uscii dal bagno e tornai in camera, andando davanti allo specchio ovale in un angolo. Era uno di quelli con il piedistallo per terra, in cui ci si poteva osservare per intero. Mi sistemai la camicia, poi feci una piroetta. “Certo che siamo cambiate eh…” disse d’improvviso Anna, portandomi alla realtà. “Dici?” chiese Hermione. Lei annuì. “Tu eri una bambina con i denti storti e i capelli a cespuglio…ora si sono appiattiti e i denti ti si sono accorciati…” osservò ancora Anna, riferendosi all’intervento di Madama Chips al secondo anno. “Spiritosa…e tu eri la ragazza con gli occhiali sempre sulla punta del naso perché le cadevano…e poi…eri la più bassa…” rimbeccò Hermione. Io risi. “Veramente lo è ancora…” commentai, perfida. Anna sbuffò. “Però dobbiamo ammettere che siamo diventate carine…o, almeno voi…” dissi. Herm mi tirò un cuscino. “Come dire che tu non lo sei! Siamo fiorite tutte e tre…dopotutto abbiamo sedici anni!” mi rimproverò. Sorrisi. “E se quel pipistrello gigante non ti sposa, lo uccido, giuro su Manson!” sbottò Anna, prendendo un altro lecca lecca al sangue dalla sua borsetta. “Non chiamarlo pipistrello gigante!” lo difesi, rubandole poi il dolce. Lei allungò le mani, ma io lo tirai su in modo che non ci potesse arrivare. “Herm!!! Giulia sfrutta la sua altezza anormale!” si lagnò. Il prefetto tossì. “Non sono io che sono anormalmente alta…sei tu che sei anormalmente bassa!” dissi, divertita. Hermione ridacchiò, mentre Anna sbuffò. Le diedi il lecca lecca, poi tornai a guardarmi allo specchio. “Inutile che ti guardi, stai benissimo…” sbottò Anna. Io sorrisi e mi misi la sciarpa. Mi infilai il cappotto, mettendo in tasca il pacchetto con il regalo per Piton, e dei dolci assortiti in una bustina. Poi presi l’mp3 e lo misi in un’altra tasca. Allacciai il cappotto. “Buon appuntamento!” mi augurò Hermione, con in viso un’espressione da “oh, la mia bambina sta crescendo”. “Non fatevi sorprendere dalla Umbridge! Ricorda: l’amore è cieco, ma il confettone no!” disse saggia Anna. Il prefetto le tirò un cuscino come punizione per la cavolata appena detta. L’altra ricambiò. Per non finire coinvolta, sgattaiolai fuori. Feci a grandi passi le scale, per poi arrivare in Sala Comune, che era vuota. Uscii salutando la Signora Grassa e percorsi la strada fino ai sotterranei. Oramai li conoscevo quanto la Torre di Grifondoro. Arrivai al suo ufficio e bussai. “Avanti…” disse. Un brivido mi percorse la schiena, e la pancia iniziò a farmi male. Queste sensazioni le provavo solo vicino a lui. Entrai richiudendomi la porta alle spalle. Come immaginavo, Severus era chino sulla scrivania. “Buonasera professore…” lo salutai. Lui alzò la testa e mi guardò. Arrossii. “Come mai il cappotto?” mi chiese, senza interesse. Io abbassai lo sguardo. “Mi aveva detto…che…saremmo usciti…a vedere la neve…” risposi, tormentando l’orlo del cappotto tra le dita. Piton rimase in silenzio. Non poteva essersene dimenticato. No, non ci credevo. “È ancora intenzionata ad uscire?” disse, acido. Io annuii. Lui sbuffò, riordinò le carte sparse sulla scrivania e mi guardò ancora. Poi si alzò e andò nella camera, tornando poco dopo con un mantello. Sembrava pesante. Io sorrisi. “Sia chiaro, appena incomincia a fare troppo freddo, torniamo dentro!” ordinò, severo. Annuii e battei le mani, felice. Raggiungemmo il giardino. Una volta arrivati fuori, iniziai a correre sotto i fiocchi di neve. “Poteva portarsi almeno un ombrello…” osservò Piton. Io risi alzando le braccia al cielo. “È più bello così!” risposi, tranquilla. Continuai a piroettare, finché persi l’equilibrio e caddi a sedere in giù. Vidi Severus scuotere la testa divertito. Un sorriso si era formato sul suo viso. Io mi tirai su e tolsi la neve da cappotto, gonna e calze. “Lei è davvero una ragazza strana…” commentò, raggiungendomi. “Oramai mi conosce…” precisai, sorridendo. Lui scosse ancora la testa sorridendo. “E poi, sono felice!” continuai, prendendo un po’ di neve e buttandola in aria. Ricadde leggera come i fiocchi. Risi. “Come mai?” chiese curioso Severus, osservandomi. Lo guardai negli occhi. “Sono felice perché lei è qui con me…” risposi. Vidi le sue guance colorarsi, per poi riconoscere in quegli occhi scuri un lampo di dolcezza. Mi avvicinai trotterellando, stando attenta a non cadere. “Le ho portato una cosa…dalla visita a Hogsmerade di oggi pomeriggio…” iniziai a dire. Piton mi guardò sorpreso. “Chiuda gli occhi!” gli ordinai. Lui mi guardò scettico. “Avanti!” lo incitai. Severus sbuffò e mi obbedì. Tirai fuori dal sacchetto la collana. “Apra le mani!” continuai. Lui non obbiettò e allungò le mani. Gli poggiai la collana. “Ora può aprire gli occhi…” conclusi. Piton li aprì e guardò dubbioso la collana. “Lo so che non porta collane e altre cose, però…questa…ha un significato particolare…vede…quando l’altra sera mi ha raccontato di sua madre, ho pensato che…ecco…” cercai di dire. Severus osservò il ciondolo. “Insomma, volevo donarle qualcosa che le facesse ricordare di me…ecco…anche se io non vado da nessuna parte…però…di questi tempi, non si sa mai cosa succederà in futuro…” spiegai, infine. Piton annuì. “È una collana magica…” sorrisi. La presi piano e la avvicinai alle mie labbra. “Severus…” sussurrai. Lui sobbalzò, sentendosi chiamare per nome. Come sapevo, i serpenti si divisero formando due collane. “Il cuore tornerà integro quando lei pronuncerà il nome della persona che…ama…” spiegai, arrossendo. Severus prese una collana e ne esaminò il ciondolo. “Non l’ho presa da Magie Sinister…” precisai, in caso lui avesse dubbi. Notai un’incisione su un lato del suo ciondolo. Anche Piton lo notò. “Severus…” lesse. Io sorrisi sorpresa. “Non c’era prima!” commentai. Lui guardò il mio ciondolo. Non c’era nulla. “Strano…” dissi, dubbiosa. “Devo pronunciare il nome a voce alta o posso anche solo sussurrarlo?” mi chiese il professore. Io lo guardai sbigottita. “Come preferisce…” sorrisi. Prese i due ciondoli e li avvicinò alla bocca, poi sillabò una parola. Mi passò il cuore riunito. Una dopo l’altra, le lettere che componevano il mio nome si tracciarono nell’argento, accanto a quelle del suo nome. Sorrisi, stupita e rossa in viso. Severus mi sorrise. “Tocca a lei signorina Wyspet…” disse, indicandomi il ciondolo. Io annuii e tornai a pronunciare il suo nome, in modo che i due serpenti si staccassero. Piton prese il suo ciondolo e si allentò il mantello. Si sbottonò la giacca e si allacciò la collana. Poi tornò a coprirsi. Slacciai il giubbotto, tolsi la sciarpa e misi a mia volta la collana. Mi ricoprii anche io. “Non sapevo questa cosa dei nomi…” sorrisi, timida. Severus mi guardava. C’era qualcosa nel suo sguardo. D’improvviso si avvicinò e mi abbracciò. “Non serviva che spendesse dei soldi per me…ho apprezzato il pensiero…non credo di meritami una ragazza tanto dolce…” mi sussurrò. Arrossii ancora di più. Ricambiai l’abbraccio, poi scossi la testa. “Posso…chiamarla per nome?” gli chiesi. Piton ci pensò su qualche minuto, poi annuì. “La cosa migliore che mi potesse capitare sei tu Severus…ti prego…non abbandonarmi…” dissi, ancora abbracciata a lui, con la testa affondata nella sua spalla. Sentii la sua mano accarezzarmi la testa. “Ti proteggerò, qualunque cosa accada…non voglio che questo orribile mondo ti contagi con le sue disgrazie…sei l’unica anima pura rimasta…una ragazza spontanea e solare…gentile e dolce…” rispose. Poi mi strinse ancora a se. Sorrisi. Mi resi conto che non serviva dire quelle due banali parole. Lui lo sapeva già. “Voglio stare con te…solo con te…tra due anni…sarò solo per te…” sussurrai ancora, alzando di poco lo sguardo. Avevo le guance in fiamme. Vidi Severus sorridere. Rimanemmo abbracciati per cinque, dieci minuti. Il tempo non sembrava mai abbastanza. Quando ci staccammo, avevo gli occhi lucidi. Però sorridevo. Ero felice. Come non mai lo ero stata nella mia vita. Alzai le braccia al cielo e piroettai su me stessa. Per poco scivolai, ma le mie Converse mi salvarono. Presi Piton a braccetto. “Se cade non la seguirò di certo!” sbottò acido, ma divertito. Gli sorrisi, trascinandolo avanti. “Adoro la neve!” dissi, entusiasta. “Io no…” rimbeccò lui, mentre un fiocco si posava sul suo naso. Io risi e glielo tolsi. Sentii un brivido lungo la schiena e tremai. “Ora che ha visto la neve, potremmo tornare dentro?” chiese, seccato e senza entusiasmo. Sbuffai e presi una manciata di neve. Piton si allontanò. “Non lo pensi nemmeno! Le annullo la E dell’interrogazione!” minacciò, guardandomi sospettoso. Io sorrisi e formai una palla di neve. La rigirai in mano indecisa. Alla fine, la buttai in aria. Mi spostai e si frantumò per terra, accanto al professore. Presi ancora della neve e ricominciai a maneggiarla. “Si diverte tanto eh?” esclamò Severus, guardandomi. Io annuii. Lanciai in aria anche questa palla, che però cadde un po’ troppo in la. Diritta sulla testa del professore. Lo guardai mortificata, però, vedendo la sua espressione, non potei fare a meno di ridere. “Le giuro che non ho fatto apposta!” mi scusai, anche se tra le risa. Piton si spolverò la neve di dosso, poi prese la bacchetta. Io mi allontanai. Con un gesto elegante, Severus alzò un cumulo di neve e la fece volteggiare sopra di me, poi la lasciò cadere. Finii seduta a terra, coperta di neve fino alla vita. “Ma così non vale!” rimbeccai. Severus ghignò compiaciuto. Gli feci la linguaccia. “Vuole una mano?” mi chiese, ancora divertito. Io scossi la testa, offesa. Presi dell’altra neve e ne feci una palla. Mirai e lo colpii su un braccio. Piton scosse la testa e subito un’altra massa di neve mi cadde addosso. Lo guardai arrabbiata e con le braccia incrociate al petto. Lui si avvicinò e mi tese una mano. “Avanti, si alzi…torniamo al caldo prima che le torni la febbre…” commentò. La accettai e mi alzai. Mi avvicinai e mi appiccicai al braccio suo destro. Rossa in viso, ma sorridendo. Sapevo che per ora mi sarei dovuta accontentare di abbracci e passeggiate innocenti sotto la neve. Ma mi bastavano. In attesa dei miei diciotto anni, quando finalmente, ci saremmo sposati. Andammo nel suo ufficio, dove mi offrì una cioccolata calda. Lasciammo il cappotto ed il suo mantello appesi vicino al camino. Ero seduta sul letto, che sorseggiavo la mia cioccolata calda. Piton aveva avvicinato la sedia e stava bevendo una tisana alle erbe. Notai il suo sguardo fermo in un punto. “Ha visto le mie spille?” sorrisi, mettendo giù la tazzina e iniziando a dondolare le gambe. Severus scostò lo sguardo con finta indifferenza. “Questa è la prima che ho comprato…” dissi, indicando quella dove c’era Billy Joe in mezzo a Tré Cool e Mike Dirnt. Il professore fece un cenno che sembrava un invito a continuare. “Poi c’è quest’altra, che mi ha regalato mia madre in un attimo di bontà, in giro per i mercatini babbani…” continuai, indicando quella dove c’erano le lettere I, un cuore a forma di bomba, come quello della copertina del cd, e G D. I love Green Day. “Infine, c’è la spilla con i tre membri del gruppo…” finii di illustrare. Severus annuì poco convinto. “Molta gente dice che i Green sono emo, ma io credo che sia vero punk…o almeno punk rock…se ascolta attentamente le canzoni, si posso notare delle certe influenze dei Sex Pistols…” osservai. Piton sorrise. “Se parlasse così anche nelle interrogazioni mi risparmierebbe fatica!” commentò, divertito. Io risi. “E sa l’ultima? Mia madre mi ha scritto, ha convinto mio padre a farmi andare al concerto a Londra quest’estate!” esclamai, battendo le mani entusiasta. “E tutto grazie alla sua E!” dissi ancora. Mi alzai e gli diedi un bacetto sulla guancia, poi tornai a sedermi. “Non deve ringraziarmi, sel’è meritato…” rispose Severus, le cui guance si erano colorate. “Mia madre mi ha mandato un articolo trovato su internet, che diceva che Billy Joe sceglie sempre uno spettatore tra la folla, lo fa salire sul palco e gli fa eseguire con la chitarra una loro canzone…poi regala a questo fortunato lo strumento…” raccontai, allegra. Piton annuì. “Se solo potessi essere io quello spettatore…” sospirai. Lui sorrise divertito. “Con la sua voce potrebbe benissimo salire su un palco…” osservò poi. Io arrossii. “Speriamo che Voldemort non decida di fare casino proprio prima del concerto… giuro che se combina qualcosa, lo strangolo con le mie mani!” sbottai, irritata. “Lo vede…siamo di due generazioni così diverse…” sospirò Piton. Io scossi la testa. “Abbiamo solo gusti musicali un pochino differenti…e comunque, a lei perdono il fatto che non le piacciono i Green Day!” precisai. “Quale onore!” rimbeccò sarcastico Severus. Io risi. Tornai alla mia cioccolata. “Devo essere sincero con lei signorina Wyspet…” iniziò a dire, serio. Lo guardai curiosa. “Devo ammettere che ho riascoltato il cd che mi ha fatto sentire l’altra sera…e devo dire che ho trovato orecchiabili alcune canzoni…” continuò. Gli occhi mi si illuminarono. “Quali?” chiesi, sorpresa. “Dunque…non le so dire i titoli…però…la traccia quattro…” iniziò a dire. Annuii. “Boulevard Of Broken Dreams…” dissi. “…la nove…” continuò. “Extraordinary Girl…” precisai ancora. “E la undici…” concluse. “Wake Me Up When September Ends…” sospirai. Piton mi guardò piacevolmente sorpreso. “Devo dedurre che sa a memoria ogni canzone…” osservò. Io scossi la testa. “Lei ha elencato due tra le mie preferite…poi la traccia quattro è facile da ricordare…” risposi, imbarazzata. “Qual è la sua preferita del cd?” mi chiese. Io ci pensai. “Non ne ho una preferita…dipende dagli stati d’animo…per esempio un po’ di tempo fa prediligevo quelle tristi…” spiegai. Il professore mi guardò curioso. “Nobody likes you...everyone left you...they're all out without you...having fun...” cantai. “Avevo preso ad ascoltare sempre Letterbomb quando la Umbridge ha iniziato con le sue punizioni…canticchiavo sempre l’inizio, ed Hermione saltava sulla sedia ogni volta…dice che assomigliavo ad uno spettro…” spiegai, divertita. Piton annuì. Lo guardai negli occhi. Poggiai la tazzina sul comodino, poi, con le braccia lungo i fianchi, sospirai. “Summer has come and passed, the innocent can never last…” cambiai canzone. Vidi il professore poggiare a sua volta la tazzina e chiudere gli occhi. “Wake me up when September ends…” continuai. Severus aveva accavallato le gambe. Adoravo la sua eleganza. Era presente in tutto quello che faceva, dal semplice movimento per prendere la bacchetta, alla camminata lenta. Continuai per qualche strofa, poi rimasi a guardarlo. Lui aprì d’improvviso gli occhi ed arrossii. “La sua voce ha un che di armonioso… rilassante…” osservò. Gli sorrisi, ancora imbarazzata. Ricominciammo a parlare. Discutevamo su ogni cosa ci capitasse. Libri, musica, poi mi chiese com’era andata la visita ad Hogsmerade. Gli feci un riassunto, accennando al piccolo scontro con Millicent. Mi piaceva conversare con Severus. Era un buon ascoltatore, ed inoltre, ci si poteva discutere in modo civile. Non usava parole rozze, al contrario dei miei coetanei, e non parlava sempre di Quiddich. Insomma, parlando si fece tardi. Fui costretta a riprendermi il cappotto, che Piton rimpicciolì in modo da facilitarmi, e lo salutai. Stavolta fu lui che mi scostò la frangia e mi diede un bacio sulla fronte. Gli sorrisi e mi incamminai al mio dormitorio. Ero nel corridoio appena superate le scale, vicino alla Torre di Grifondoro, quando sentii dei rumori. Pensai che si trattasse di Anna, così non mi preoccupai di nascondermi. “Ancora in giro? Cavolo Anna, certo che tu e Draco vi date da fare!” commentai. Nessuna risposta. Un brivido mi percorse la schiena. “A…Anna…dai non scherzare!” rimbeccai, con la voce tremula. Ancora passi. “Non è divertente! Sei tu vero? Anna?” la chiamai. Vidi qualcuno muoversi nel buio. Mi ricordai di aver lasciato la bacchetta nella borsa, in dormitorio. Arretrai di qualche passo. “Keith? Sei tu?” sentii chiamare. Il mio cuore ebbe un sussulto nel sentire quella voce. Perché proprio quella sera. Perché proprio lui. Non risposi, impaurita. Iniziai a correre verso la fine del corridoio, ma i passi aumentarono e mi raggiunsero. Josh mi prese un braccio e mi fece fermare. Tremai di poco. “Ah…Giuly…sei tu…” commentò. Aveva un odore forte. “La…lasciami…” ordinai, senza sicurezza. Il ragazzo mi guardò, come perso. “Che sorpresa! Finalmente ti ho trovata da sola!” commentò, senza lasciarmi. “È tardi, devo tornare in dormitorio…” risposi, fredda. “Calma…non ti mangio mica! O almeno…non per ora…” sorrise Josh. Un brivido di orrore mi percorse da capo a piedi. “Cos’hai, tremi Giuly?” mi chiese. Io scossi la testa. “Hai forse paura di me?” chiese. “No…” riuscii a dire, con un filo di voce. Josh rise. “Hai paura di me?” ripeté. Scossi ancora la testa. “Avanti dimmelo…hai davvero paura di me?” disse ancora, spingendomi addosso alla parete. Solo allora i raggi della luna, filtrati da una finestra vicina, lo illuminarono. Josh aveva il cravattino slacciato, la camicia mezza sbottonata. Mi feci piccola piccola addossata alla parete. “Cosa fai in giro a quest’ora?” chiese, con un tono irritato. Non risposi, guardandolo negli occhi. “Sei andata a trovare il tuo innamorato?” continuò, avvicinandosi. Si abbassò in modo che fossimo faccia a faccia. Il suo fiato era pesante. “Josh…hai bevuto?” gli chiesi. Lui rise. “Qualche bicchiere di vodka…” rispose, divertito. Magnifico. Già era pericoloso di suo, figuriamoci ubriaco! “E ora rispondimi…” disse, tornando serio. Si avvicinò così tanto che pregai di poter trapassare la parete, per evitare un contatto tra di noi. “Non…c’è nessun innamorato!” sbottai. Il ragazzo mi guardò e scosse la testa. “Non dire bugie…Keith ti ha vista comprare un ciondolo oggi pomeriggio…non era nel tuo stile…” obbiettò, appoggiando le mani sul muro, ai lati della mia testa. “Tu non sai qual è il mio stile…” rimbeccai, infastidita. Per risposta, Josh mi prese per il gilet e mi strattonò. “Lasciami!” sbuffai, tentando di fargli mollare la presa. Il suo sguardo si fermò su qualcosa. Lasciò il gilet e tirò la catenina con il serpente ad anello. “E l’altro dov’è? L’hai dato a quel bastardo?” ringhiò, tirandola. “Non toccarla!” sbottai, arrabbiata. Riuscii a togliergli la mano dal ciondolo, ma in un attimo si liberò e mi prese il polso, girandomi e tirandomi a se. Quel dolore iniziava a tormentarmi la mente. Ecco il primo flashback. “Non ti dimenticare che ho un anno più di te Giuly…non mi fai nulla…”. Aveva ragione. Non riuscivo a fronteggiarlo. Per quanto ce la mettessi, non riuscivo a ribellarmi. Io. L’uragano di Hogwarts. “Il tuo profumo…fantastico…” sussurrò nel mio orecchio. Un altro brivido di orrore. Alzai la mano e senza accorgermene, mi girai di scatto e gli detti un ceffone. Il rumore risuonò in tutto il corridoio. Josh mi lasciò portandosi le mani alla guancia. Avrei dovuto scappare. Ma non ci riuscii. Le gambe mi tremavano. Avevo perso il controllo. Non riuscivo a pensare a nulla. Il ragazzo mi guardò. Sorrise. Le labbra increspate in una smorfia cattiva. E fu un attimo. Mi si avventò addosso. Avrei preferito aver a che fare con Millicent o con Pansy. Mi scaraventò addosso al muro, per la gioia della mia schiena. Scivolai fino a finire seduta a terra. Aprii la bocca per urlare, chiamare aiuto. Ma lui si inginocchiò davanti a me e mi mise una mano davanti. Cercai di liberarmi. Era come un incubo. Uno di quelli che non facevo più. Poi, d’improvviso, pensai a Severus. Josh mi guardò. Le mie mani stavano tremano, stingendo involontariamente il ciondolo. “Smettila!” gridò, cercando di sciogliere le mani. Iniziai a scalciare, ma lui evitò tutti i colpi. Però continuavo a scalciare. Infastidito, il ragazzo mi prese le caviglie e le strinse tra le mani. Si avvicinò, poi mi tirò a se. Bacino contro bacino. Tramavo ancora, incapace di reagire. “Allora Giuly, farai la brava?” chiese, iniziando a far salire la mano. Il ginocchio. Il cuore mi batteva a mille. Sentivo una strana sensazione. Era come se il ciondolo pulsasse fra le mie dita. Ora la mano era sulla coscia. Lo guardai negli occhi. “She's all alone again…” iniziai, in un sussurro. Lui mi guardò dubbioso. “Wiping the tears from her eyes…” continuai, alzando il tono della voce. Josh si guardò intorno, non capendo. “Some days she feels like dying…” proseguii, stavolta a volume molto più alto. “Stai zitta!” mi ordinò. Continuai a guardarlo negli occhi. “She gets so sick of crying…” dissi, quasi gridando. “Zitta!” urlò, tirandomi per il colletto della camicia con la mano libera. “She sees the mirror of herself…” continuai. Sentivo che continuando a cantare sarebbe successo qualcosa. Le mani ancora unite sul ciondolo, tremanti. “Vediamo se canti ancora…” sibilò, con gli occhi socchiusi in due fessure. Si appiccicò addosso a me, con la mano fissa sulla mia coscia. Iniziò a baciarmi sul collo. Mi sembrava una scena famigliare. Però. Dovevo continuare. “And image she wants to sell…” ripresi. Josh continuò. La lingua che percorreva il mio collo. L’altra mano che cercava di tirarmi giù la camicia. Ero schiacciata tra lui e la parete. E quell’odore di alcool. Non riuscivo a sopportarlo. “To anyone willing to buy…” cercai di dire, con voce tremula. Finalmente Josh si staccò. “Hai gli occhi lucidi eh?” mi canzonò. Non dovevo. Niente lacrime. “Ti odio” gli dissi. Il suo sguardo vacillò. Ritrasse la mano sulla mia coscia. “Non lo dire…” sussurrò. Io continuai a guardarlo con puro, meritato odio. Josh scosse la testa. “Smettila! Non è vero!” rimbeccò, come un bambino. “She gets so sick of crying…” conclusi, decisa. Il ragazzo alzò la mano. Chiusi gli occhi, pronta ad uno schiaffo. E invocavo il suo nome. Ogni volta che mi trovavo in pericolo, invocavo quel nome. “Ti proteggerò, qualunque cosa accada…”.
  
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