La pioggia.
Siete mai stati lì, fermi in silenzio, ad ascoltare il suono della pioggia?
Io sì.
Amo sentire il dolce ticchettio che varia in base alla sua caduta.
Se cade sui vetri ha un suono, se cade suoi tetti ne ha un altro, se cade sulla strade un altro ancora.
Ha una una sua melodia.
La pioggia é una danza. Una danza mista di suoni e parole mai dette.
Una danza con una nota di malinconia, una danza che sa di lacrime mai versate.
Sì questa é la mia danza, questa é la pioggia che sento tutte le mattine, tutte le ore, tutti i minuti dentro di me.
Quella voglia di fare qualcosa: urlare, piangere, tirare calci, pugni, fare qualsiasi cosa ma non riuscirci.
Questa sono io, io in mezzo a questa strada buia e fredda, dove la pioggia mi scivola addosso facendo di me una spugna da strizzare.
Un'auto mi si ferma accanto perforandomi le retine con quei fari fastidiosi.
Porto una mano al volto per cercare di intravedere un volto.
Non riesco a vedere nessuno.
Sento un piccolo scatto e vido un uomo uscire dall'auto.
«Hey signorina che ne dice vuole un passaggio?» Lo guardo in modo contrariato. Ecco l'ennesimo uomo che cercava di fare colpo su una ragazza e di portarsela a letto.
Che schifo.
«Le sembro forse una poco di buono? Le risparmio i convenevoli; giri i tacchi e torni in macchina, non ho intenzione di venire con lei da nessuna parte, tanto meno nel suo letto o sul di dietro della sua auto scartocciata»
Gli rispondo per le rime, senza troppi problemi.
Vedo il Signore prendere la mia risposta in malo modo, stizzendosi.
Si avvicina a me e la cosa non mi piace, faccio un passo indietro. Un piccolo campanello di allarme risuona nella mia testa.
«Ah si eh?» mi prende il braccio strattonandomi. «Tu verrai in macchina con me ragazzina.»
«Mi lasci immediatamente. Come si permette? Mi lasci subito andare!» Inizio a spaventarmi e ad alzare la voce.
Posso provare a urlare, ma mi potrebbe mai sentire qualcuno in quel posto sperduto e isolato?
Mi guardo intorno cercando qualcuno o qualcosa.
Ma niente.
Inizio a opporre resistenza come meglio riesco.
Impro, alzao la voce, mi dimeno, cercando nel mentre, di liberarmi da quella salda presa e pressione che sento sul mio braccio.
L'uomo si spazientisce della mia insolenza o forse più per le mie urla e un'enorme mano viene verso di me e con un rumore assordante mi colpisce la guancia e cado a terra sotto il continuo scroscio della pioggia.
Un leggero odore di ferro e un piccolo fluido caldo scivola al lato della mia bocca.
Nei miei occhi c'é la paura.
E le lacrime che avevo trattenuto così a lungo, fuoriuscirono.
Si avventa di nuovo su di me tirandomi i capelli.
Inizio ad urlare sperando che qualcuno possa realmente sentirmi.
Vedo una mano pronta nuovamente a colpirmi, chiudo gli occhi, ma sento solo un fruscio di vento colpirmi. Quella mano non è mai arrivata.
Apro gli occhi e vedo un ragazzo alto, moro bloccargli la mano.
«Brutto schifoso pezzo di merda» e subito dopo un pugno colpisce la faccia del mio aggressore spedendolo a terra.
Lo placca a terra e vedo che estrae delle manette.
E'un poliziotto in borghese a quanto pare.
Un sospiro di sollievo mi pervade.
Ma io ancora spaventata me ne sto lì seduta a terra, bagnata, impaurita.
Il poliziotto porta quel tizio in macchina e subito dopo viene verso di me.
Mi allunga una mano, ma non riesco a muovermi. Sono pietrificata.
Ho paura di fare anche un solo gesto.
Si accorse della mia paura e con un ampio sorriso mi dice «Tranquilla ti porto al sicuro, io sono Axel»
Con un'ultima occhiata per decifrare ogni sua espressione allungo la mia mano verso la sua.
«Io sono Hanja, Hanja Cavendish» mi sorride.
«Hai un bel nome Hanija» e con queste ultime parole mi fa salire in macchina con lui, diretti alla stazione di polizia.