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Autore: Elena_Salvatore    18/12/2012    1 recensioni
Dal prologo
Mio padre non lo conobbi mai durante la vita. Era un nobile, uno dei grandi proprietari terrieri latifondisti del Sud. Un uomo importante. Il suo nome era Damon Salvatore, appartenente a una famiglia di antichi Conti italiani. Toscani, se non erravo. Non aveva certamente tempo da investire in me e mia madre.
[Da 3x16 alternativo. Jeremy/OC, Damon/Elena, Klaus/Stefan]
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Damon Salvatore, Jeremy Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore | Coppie: Caroline/Tyler, Damon/Elena, Damon/Katherine
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

L'eternità era sui nostri occhi e sulle nostre labbra, la felicità nell'arco delle ciglia; e non v'era parte, anche misera, di noi che non fosse di natura celeste. 
(Cleopatra: atto I, scena III)

William Shakespeare

 

Venni al mondo in una calda mattina di Luglio, a Grove Hill, mentre la Guerra di Secessione infuriava nella Pennsylvania meridionale, nella contea di Adams. Il ventitreesimo giorno del mese del 1863. Quel giorno entrò nella storia della nazione americana per una delle più sanguinose battaglie mai combattute sul suo suolo. La battaglia di Gettysburg. Morirono poco meno di cinquanta mila uomini. Avrebbe potuto esserci anche mio padre lì. Ma lui si salvò. Doveva essere un bravo soldato, uno dei migliori. Mio padre non lo conobbi mai durante la vita. Era un nobile, uno dei grandi proprietari terrieri latifondisti del Sud. Un uomo importante. Il suo nome era Damon Salvatore, appartenente a una famiglia di antichi Conti italiani. Toscani, se non erravo. Non aveva certamente tempo da investire in me e mia madre. Una ragazzetta di provincia, figlia di un semplice locandiere. Quando il taverniere, perché non avrei mai osato appellarlo nonno o parente – il solo pensiero mi disgustava alquanto e mi disgusta ancora oggi,- scoprì che mia madre era incinta, la buttò fuori di casa, per strada, preda di ingiurie e maldicenze, nell’afa di quell’estate eccessivamente calda. Mia madre vagò tra le strade della sua città, al pari di una vagabonda, sino a ritrovarsi, quella mattina – quel ventitré di Luglio,- dinanzi all’entrata candida di una chiesa. Si accasciò sugli scalini di marmo e le consorelle la portarono dentro, aiutandola a partorire. Non fu semplice. Nacqui prematura e nel parto, a causa delle cattive condizioni in cui versava la mia genitrice, sorsero delle complicanze ineluttabili. Al mio primo vagito corrispose l’ultimo respiro di mia madre che si spense vestita di cenci e con i lunghi capelli ramati – tanto luminosi da attrarre un eccelso signore,-  resi stopposi e crespi. La sua fiamma non fu mai luminosa e quella cattiveria, quella mancanza d’amore, fu ciò che la fece divenire miserabile. Da qual giorno vissi lì e fui amata da quelle sorelle misericordiose e pure di cuore. Mio padre ricevette il congedo e ritornò a casa, alla sua Mystic Falls, dove lo attendevano un padre a cui nulla importava di lui e un fratello che, invece, lo amava tanto. Fu un suo amico – per meglio dire un suo compagno di bevute e scorribande,- a riferirgli che la bella fanciulla che l’aveva incantato era stata cacciata di casa e aveva dato alla luce un pargolo. Mio padre mi cercò, ben attento a non farsi scoprire dal proprio, e risalì a me con una facilità di cui mi stupisco ancora oggi. Passeggiando per il centro di Grove Hill mi scorse mentre comperavo il pane. Avevo quattro anni. Non appena scoprì chi io fossi, vista la straordinaria somiglianza tra noi due, tornò ogni giorno a trovarvi sino a quando una mattina non lo trovai più. Non mi rivolgeva alcuna parola e la me bambina non si accorgeva nemmeno della sua esistenza. Mi osservava da lontano, mentre compravo ciò che mi commissionavano. Da quel 16 Ottobre 1864 non rividi più mio padre, se non in punto di morte. Crebbi semplicemente, tra giochi, commissioni e piccoli servigi domestici. Sino a quando un male non mi colpì, annientando tutta la mia gioia di vivere. La malattia divenne più grave, intensa, contagiosa. Scappai dal monastero per non infettare gli altri. Eravamo una grande famiglia, li consideravo i miei fratelli e le mie sorelle. Non potevo permettere che accadesse qualcosa di male a loro, che non lo meritavano affatto. Mi rifugiai sotto il ponte di Grove Hill, accanto al James River che scorreva sempre blando e pacifico. Mio padre mi trovò lì, semisvenuta. Quasi morta. Non era cambiato. Era sempre l’avvenente ventiquattrenne che avevo incontrato quel giorno nella piazza cittadina. Era sempre lo stesso. Non sapevo cosa l’avesse spinto a ritornare, forse l’abbattimento della sua vecchia casa in rovina, forse il richiamo della famiglia, - sebbene questa seconda opzione fosse troppo poetica anche per una giovane innamorata dell’amore come lo ero io. Mi diede il suo sangue, per curarmi, ma morii comunque, gravata da una malattia troppo più forte di me. Divenni un vampiro. Esattamente dodici anni dopo averlo incontrato per la prima volta. Mio padre mi fece nutrire – non avrebbe mai sopportato vedermi morire una seconda volta. Da allora divenni una creatura della notte, una predatrice, un’assassina. Un essere dannato. L’innamorata delle tenebre. 

Il mio nome è Marion Salvatore e questa è la mia storia.

 

Angolo dell’autrice
Buon giorno a tutti e benvenuti nella mia prima fan fiction. Mi sono sempre domandata come sarebbe stato Damon, che per me è l’anima dello show, se avesse avuto un figlio o una figlia. Sarebbe stato un padre affettuoso? Oppure accondiscendente? O un po’ combinaguai? E così è nata questa storia. La protagonista sarà Marion, come avrete capito, affiancata dai due fratelli Salvatore. Questa storia sarà principalmente Marion/Jeremy, Delena e Klefan. Alcune scene saranno ambientate nel passato, ma si ambienterà principalmente verso la fine della terza stagione. Spero vogliate lasciare un commento. Un bacio a tutti, Elena_Salvatore.

  
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