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Autore: crissya    18/12/2012    1 recensioni
-John.. Di che colore sono?-
- cosa?-
- di che colore sono?-
-si ho sentito cosa hai detto ma non ho capito la domanda.
Sherlock sbuffò per l’incapacità del compagno di capire al volo le sue domande.
-se dovessi darmi un colore, quale mi daresti?-
"ammetto che l'introduzione non dice molto...sta a voi continuare a leggere"
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!! ^__^ dunque questa fanfic è a dir poco fluff perché dopo secoli di romanticismo e dolcezza velata ho sfogato tutto il fluff che era in me un questa piccola.. Uhm.. “cosa” comunque… passando a cose più importanti…vorrei dedicare questa storia alla persona più importante Gipsiusy il mio John.. Colei che sopporta le mie lamentele e che ruola con me ogni qual volta ne abbia bisogno. Dear.. Sei speciale e non potrei chiedere amica o John migliore di te… grazie di esistere <3
P.S. i personaggio non mi appartengono, purtroppo.. (per il momento) quindi mi limito a scrivere di loro con la speranza che il frutto delle nostre menti arrivi a Steven Moffat e Mark Gatiss che si decidano una volta per tutte a far nascere esplicitamente qualcosa tra Sherlock e John… bè buona lettura!!  
 
 
 
 
 
 
GOLD AS HONEY.. ICE AS DIAMOND
 
-esco con Greg per una birra.. Torno alle undici- disse John chiudendo la porta dell’appartamento al 221 B di Baker Street.
Sherlock era rimasto solo, detestava quando John usciva senza di lui ma non poteva impedirglielo perche sapeva, o meglio, aveva paura che se avesse fatto troppa pressione, John si sarebbe allontanato da lui lasciandolo solo per davvero.
Rimase quindi così, solo nel silenzio, non era mai stato un problema per lui il silenzio ma adesso lo detestava, il silenzio sembrava essere così rumoroso da perforare i timpani di Sherlock facendolo sprofondare ancora di più nella sua poltrona. Fissava l’orologio, vile traditore che con le sue maledette lancette scandiva il silenzio con un rumore ancora più insopportabile del silenzio stesso, il ticchettio incessante che faceva pesare a Sherlock l’assenza del suo compagno. Avrebbe voluto aprire il quadrante dell’orologio e girare le lancette nere fino alle undici con la speranza di sentir aprire la porta di ingresso e veder entrare John con il suo maglione beige. Quel colore gli stava bene, si sposava con la sua carnagione abbronzata..se Sherlock avesse dovuto dare un colore a John, gli avrebbe sicuramente dato il dorato. Ma non il dorato pacchiano dei gioielli che le signore di una certa età sfoggiano alle feste o in quegli insulsi programmi televisivi, il dorato di cui parlava Sherlock era il dorato del sole che baciava la sabbia, era il dorato del grano che si muoveva leggero scosso appena dal vento, era il dorato dei biscotti appena sfornati il cui profumo invadeva la casa, era il dorato delle foglie autunnali che cadevano lente nel parco verde, era il dorato di John.
Sherlock si alzò dalla sua poltrona dirigendosi verso la camera da letto del compagno approfittando della sua assenza per curiosare un poco; come un procione in cerca di cibo, Sherlock aprì l’armadio del compagno lasciandosi travolgere dall’ondata del profumo di John. Aprì il cassetto osservando i maglioni del compagno piegati perfettamente e impilati uno sull’altro; ne prese uno, il suo preferito, quello che John indossava spesso, era anch’esso beige ma con riporti arancione scuro e marrone  che facevano risaltare il biondo dei suoi capelli e i suoi occhi di caramella al miele. Con l’indumento stretto al petto si mise sul letto avvicinando il maglione al suo naso e respirandone il profumo. Sapeva di vaniglia, di dopo barba,di disinfettante, di terra, di guerra e di notti d’amore.. sapeva di John. Rimase così fermo per un tempo interminabile finché Morfeo non passò di li per dargli la grazia del sonno.
***
John tornò a casa a mezzanotte, di sicuro si sarebbe sentito la sfuriata di Sherlock per la sua miserabile ora di ritardo eppure nessun messaggio preoccupato aveva fatto squillare il suo telefono facendogli, per l’appunto, dimenticare di guardare l’orologio.
Entrò cautamente nell’appartamento trovando tutte le luci spente.
-Sherlock..?-  chiamò quasi timoroso dell’improbabile spettacolo che avrebbe potuto coglierlo alla sprovvista. Invece nulla. Tutto perfettamente in ordine e stranamente silenzioso, solo una flebile luce proveniva dal piano di sopra, precisamente dalla sua stanza. L’ansia iniziò a ridurre il respiro del dottore e ad accelerare il suo battito cardiaco;  come se avesse ricevuto una scossa John scattò salendo le scale a perdifiato spalancando la porta della sua stanza e l’improbabile spettacolo di cui aveva paura non tardò ad arrivare.
Sherlock era steso sul suo letto addormentato con il naso affondato in uno dei suoi maglioni.
John si fermò un attimo cercando di capire se fosse una scena reale o uno scherzo della sua mente che accusava solo ora l’effetto delle due birre e del whiskey. Decise di verificarlo da solo avvicinandosi al letto per osservare meglio la scena. Sherlock stava li tutto tranquillo a respirare leggermente con le labbra dischiuse come quando facevano l’amore e lo sentiva gemere piano sotto il suo corpo muscoloso.
Allungò la mano incastrando le dita tra i ricci corvini per poi farle scivolare sulla sua nuca d’alabastro dell’altro che al tocco impercettibile sussultò facendo aprire gli occhi di Sherlock rivelando due pezzi di cielo contornati dalle ciglia come pizzo nero.
-ciao bell’addormentato- lo canzonò John sfiorandogli il viso.
-John.. Di che colore sono?-
- cosa?-
- di che colore sono?-
-si ho sentito cosa hai detto ma non ho capito la domanda.-
Sherlock sbuffò per l’incapacità del compagno di capire al volo le sue domande.
-se dovessi darmi un colore, quale mi daresti?-
-che razza di domanda è?-
-voglio una risposta-
John sapeva che era perfettamente inutile fare altre domande quindi si arrese a quella dell’amico -uhm.. Direi… ghiaccio!-
-ghiaccio? Ma ghiaccio non è un colore!-
-si che lo è!-
-no, non è vero!-
-Ti dico di si… tu hai il colore del ghiaccio. La tua pelle è bianca come la neve e la neve è fredda come il ghiaccio e incastrati nella neve ci sono i tuoi occhi, pezzi di ghiaccio luminosissimi che quando sono colpiti dal sole riflettono un piccolo punto di luce. Quando piove invece si scuriscono diventando d’un grigio ghiaccio ma non perdono quella scintilla vitale che li caratterizza. Quando sei felice sembrano brillare di luce propria e quando invece, quelle rare.. rarissime volte, ti ho visto piangere, i tuoi occhi diventano azzurro cielo, bagnati dalle lacrime sembrano due iceberg che si stanno sciogliendo. Il ghiaccio perché rappresenta anche il tuo carattere. Sei freddo e duro, molto difficile da scalfire ma se trovi il punto giusto, va in mille pezzi infrangendosi in piccolissime parti scintillanti.-
-credo che tu stia confondendo il ghiaccio con il diamante, John.-
-sai cosa intendo..-
Sherlock incatenò i suoi occhi di ghiaccio a quelli color miele di John percependo tutta l’emozione che il compagno ci aveva messo.
Sherlock trascinò John sul letto con lui dandogli un bacio sulle labbra che sapevano di alcool, gliele morse appena accarezzandogli il viso.
John respirò sul respiro di Sherlock desideroso di un altro bacio che non tardò ad arrivare…
Rimasero, con le braccia e le gambe aggrovigliate in un dolce nodo coperto da una coperta calda, così fermi semplicemente a sfiorarsi e a baciarsi finché Morfeo, essendo molto buono e paziente quel giorno, decise di ripassare per il 221B di Baker Street e concedere qualche ora di sonno ai due compagni i quali non volevano rinunciare neanche per un secondo l'uno alla presenza dell’altro, quindi decisero che per quella volta si sarebbero rivisti in un viaggio di dimensioni oniriche, sussurrandosi, prima di chiudere gli occhi, un "ti amo" che risuonò nel silenzio assieme al battito dei loro cuori.
 
  
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