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Autore: Seiht    18/12/2012    1 recensioni
Delle storie così non ne parla mai nessuno, quelle che ti lasciano con una canna in mano e le guance grigie.
Quelle che dopo averti buttato a terra ti fanno rialzare a forza.
Un bel calcio in culo e torni su.
Non quelle romantiche, sdolcinate. Quelle difficili ma vere. Non quelle storie da guardare al cinema o da leggere in un romanzo. Quelle da vivere.

Una storia andata male, ma non come le altre.
Che se ce la fanno tutti quanti, a dimenticare, prima o poi ce la farò anch'io.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Una volta mi hai chiesto: "Fammi leggere una storia che parla di me". Io volevo dirti che tutte le mie storie parlavano di te, ma sapevo che non avresti capito. Quindi, questa storia parla di te.
E scusate se non è la solita, dolce Harmony. Ma avevo davvero bisogno di pubblicare questa robina obrobriosa. Siate clementi, se mi leggete ancora.
Un bacio,
Ela
(oh, certo, se volete leggetela con sotto 
Green eyes dei Coldplay)



Green eyes.
 
« Piano, fai piano, cazzo, quella roba è forte! »
Guardo Flavio che, sicuro, ha gli occhi più rossi dei miei e scoppio a ridere.
Gli butto in faccia tutto il fumo che ho nei polmoni e dico: « Stai zitto, stronzo ».
Lui sbatte le palpebre un paio di volte e mi prende la canna che ho nella mano destra.
« Dammi », dice.
Mi gira la testa, mi brucia la gola, mi sento gli occhi gonfi.
Flavio aspira quel poco che rimane a comincia a fare tanti cerchi sopra la testa.
Poi abbandona il mozzicone nel posacenere verde sul suo comodino e si sdraia sul letto vicino a me.
« Ma non avevi smesso? Per quello, come si chiamava, Simone? »
Chiudo gli occhi e stringo le labbra.
 
« Dai, dimmelo che è colpa mia! Cazzo, di’ qualcosa! Prenditi le tue responsabilità, mi stai lasciando? Dimmi perché. E dimmi la verità ».
Ci sei tu davanti a me che mi hai detto: «Non posso più », ed io non sto piangendo, io sopravvivo perché sono forte e perché sono capace di resistere.
Sai una cosa? Quando lasci la tua vita nelle mani di qualcuno non ne sei consapevole. Doni tutto quello che hai a qualcuno e non lo sai. Lo lasci giocare con le cose che ti stanno più a cuore e sei contento se si diverte. Non ne sei consapevole, ma ti stai concentrando dentro quella persona.
Ti stai prendendo e mettendo dento di lei con un bel bigliettino di auguri.
“Tienimi”.
Dici: « Non sono la persona giusta per te, non posso renderti felice ».
Mi avvicino a te e sento che mi sto avvicinando a casa mia. E mollarti uno schiaffo è come sfondare una porta, rompere un vetro. Lascio che la mia mano bruci sulla tua guancia.
« Dimmi che non sei innamorato di me, dimmi che ti vuoi scopare un’altra, dimmi quel cazzo che ti pare, ma non dirmi che non sei la persona giusta per me. Questo lo decido io, io soltanto ».
Non ho mai avuto bisogno di perderti per capire il tuo valore.
Sei diventato l’aria che respiro, un’aria marcia, piena di smog, insalubre, ma la mia aria.
Non posso cambiarla, capisci? Sono abituata, sono dipendente.
Come faccio senza la mia aria?
Non respiro.
Resti fermo e immobile, hai il segno lieve delle mie cinque dita addosso, gli occhi bassi.
« Guardami » dico, e tu non lo fai.
« Dimmi che non sei innamorato di me ».
« Non posso ».
« Dimmi che non sei innamorato di me! » urlo.
Deglutisci, ti umetti le labbra con la lingua.
Poi lo dici: « Non sono innamorato di te ».
Chiudo gli occhi, prendo fiato, distendo le labbra.
« Giuralo su ciò che hai di più caro ».
Mi guardi, finalmente mi guardi.
« Giuro su di te che non sono innamorato di te ».
Hai gli occhi verdi.
Verdissimi.
« Scusami ».
 
« L’ho lasciato, quel figlio di puttana. Magari per una volta impara a stare da solo », ridacchio.
Vedo Flavio incupirsi e guardarmi storto.
Gli dico: « Passami altra erba ».
Lui sta zitto, per una volta, e mi guarda rollare male quello spinello imbottito di marijuana e con il filtro fatto con un biglietto dell’autobus ripiegato.
« Non faceva che rompere le palle, quella testa di cazzo. Sempre sulle sue, sempre a non dirmi nulla, si teneva tutto per lui… »
« Serena… »
« Ci conoscevamo da una vita e non mi ha detto un cazzo. Non mi ha detto niente, quel gran pezzo di merda».
« Serena ».
« Non me l’ha mica detto che la sua ex era incinta » lo dico e scoppio a ridere, e le lacrime che mi erano scese sugli zigomi mi entrano in bocca scure di mascara.
Flavio sospira.
« Sai chi me l’ha detto? Sua madre. Quella gran troia di sua madre, perché bisogna per forza essere una troia per poter crescere un figlio così, che prima mette incinta la prima che capita, poi viene da te, dice che ti ama e quando ti lascia ripete solo “scusami” ».
Le lacrime mi scendono giù per la gola, aspiro forsennatamente da quello spinello che si sta disfacendo tra le mie dita.
Flavio lo prende e lo spegne, poi mi abbraccia e mi bacia la testa.
Le mie lacrime nere gli macchiano la maglietta.
È che io ci credevo davvero a noi.
Ce l’avevamo fatta.
Delle storie così non ne parla mai nessuno, quelle che ti lasciano con una canna in mano e le guance grigie.
Quelle che dopo averti buttato a terra ti fanno rialzare a forza.
Un bel calcio in culo e torni su.
Non quelle romantiche, sdolcinate. Quelle difficili ma vere. Non quelle storie da guardare al cinema o da leggere in un romanzo. Quelle da vivere.
« Domani non ci andiamo al lavoro, okay? » dico.
« Okay ».
« Io rimango qui con te ».
« Va bene ».
Flavio mi tiene stretta, guarda verso il soffitto.
Per adesso va bene così.
Che tanto, prima o poi, i tuoi occhi verdi se ne andranno dalla mia testa.
 
  
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