Questa è una song-fic, vi consiglio di leggerla con
questa canzone in sottofondo: http://www.youtube.com/watch?v=P-xK3CJRMlk
Shattered.
Yesterday I died,
tomorrow’s bleeding…
Fall into your sunlight.
The future’s open wide,
beyond believing,
to know why… hope dies.
Era pieno inverno, quel giorno. Uscii da
casa mia, con i pattini appesi al collo, sotto gli occhi vigili di mia madre,
con mia sorella. La mia piccola sorellina.
“State attenti” mi raccomandò mia madre,
con le braccia incrociate.
“Si, fidati” risposi sorridendo, come per
dirle che non si doveva preoccupare, e mi avviai, mia sorella già rideva e mi
tirava per il braccio. Guardai prima lei, e poi ancora mia madre.
Ci dirigemmo al solito laghetto, dove
andavamo sempre a pattinare nelle giornate in cui era ghiacciato. Insomma, una
giornata come quella.
Non ero un tipo freddoloso, per cui
indossavo solo una maglia bianca leggera e una mantella di pelle sopra,
abbinati ad un paio di pantaloni agiati e stretti. Ero a piedi scalzi, perché
poco prima avevo rincorso mia sorella nella neve, e le scarpe non erano il mio
forte.
Toccai il ghiaccio: sembrava abbastanza spesso per poter pattinare.
“È tutto a posto, puoi andare!” dissi a
mia sorella, che si stava infilando i pattini.
“Io sono pronta, Jack! Mi daresti una
spintarella?” mi chiese, con una faccia che non avrebbe accettato un no come
risposta. La presi per la vita, la sollevai e la misi sul ghiaccio. Lei iniziò
a fare qualche pattinata, per cui tutto stava andando bene. Feci un breve giro
nella neve che mi arrivava alle caviglie. Mi girai, e vidi il ghiaccio che stava iniziando a
lasciare delle crepe dietro di lei. Preoccupato, misi i miei pattini e mi avvicinai a lei, con un
bastone lungo e dritto, che all’estremità andava a formare una specie di amo
gigante. Non feci in tempo ad avvicinarmi del tutto che la vidi con la lama dei
pattini incastrata nel ghiaccio, immobile, circondata da una ragnatela di crepe.
Le ero esattamente di fronte, e vedevo il suo sguardo terrorizzato. Mi misi in
ginocchio e appoggiai dolcemente i pattini, abbassando lo sguardo, per poi
tornare a fissarla dritto negli occhi.
And finding answers
is forgetting all of the questions
passing the graves of the unknown.
“Sta tranquilla, andrà tutto bene” dissi,
allungando una mano, come per avvicinarmi, ma era troppo lontana. Rivolsi uno
sguardo al lago: era piuttosto profondo. “Non guardare giù, guarda… guarda me” e avvicinai una mano al mio petto.
“Jack… io ho paura…” disse mia sorella,
guardando in basso mentre muoveva i piedi, che crearono ancora più crepe
intorno a lei.
“Ah… lo so, lo so.” Misi un piede avanti,
che peggiorò la situazione, e tirai su le dita, come se servisse a migliorare
le cose. Feci una smorfia e avvicinai le mani a me, perpendicolari alla lastra
di ghiaccio “Ma… andrà tutto bene, non cadrai lì dentro.” Rivolsi ancora uno
sguardo alla profondità del laghetto e pensai a cosa dirle, poi mi venne un
idea. Aprii le braccia, sempre attento a non fare movimenti bruschi. “Ci
divertiremo un mondo, invece!”
“No, non è vero!” esclamò lei
“Ti direi mai una bugia?” le chiesi
“Si! Tu dici sempre le bugie!”
Mi scappò da ridere, mentre mi avvicinavo
di un piccolo passo a lei.
“Be’, sì ma… non, non questa volta. Te lo
prometto, andrà tutto bene.” Cercai di convincerla, muovendo la mano, facendole
fare su e giù in piccoli movimenti. “Andrà tutto bene.” Ripetei “Devi credere
in me…”
Lei spalancò la bocca, ma ero troppo
impegnato per capire qual’era il sentimento che indicava quell’espressione. Mi
venne un’altra idea geniale.
“Facciamo un gioco insieme?” proposi alzandomi
“Ora giochiamo a campana, come facciamo ogni giorno.” Lei abbozzò un sorriso “È
facilissimo! Uno…” alzai un piede e lo misi un po’ più lontano, creando ancora
quelle maledette crepe nel ghiaccio. La mia faccia era contratta in una smorfia,
per cui, per non far spaventare ancora di più mia sorella, feci quello che mi
riusciva meglio: farla ridere. Finsi di perdere l’equilibrio, rimanendo su una
gamba sola “WOAH!” esclamai. Mia sorella rideva, distratta per un attimo dal
macello in cui si trovava. “due…” dissi, andando avanti come per fare un passo
lungo “ tre!” esclamai, giunto vicino al bastone facendo un leggiadro salto. Allungai
una mano verso il bastone e l’altra verso di lei. “Okay, ora tocca a te.” presi
il bastone con entrambe le mani. “Uno…” e lei fece un piccolo passo facendo
scricchiolare il ghiaccio “ci sei quasi, così! Due…” e fece un altro passettino,
facendo fare al ghiaccio un suono più forte “tre!” La presi con l’estremità
ricurva del bastone e la tirai verso di me, scambiandoci di posto. Lei cadde in
avanti, a pancia sotto, io pestai il sedere. Mi alzai guardandola e
sorridendole. Entrambi ci scambiavamo uno sguardo di trionfo, che leggevamo nei
nostri occhi castani, così identici. Anche lei mi sorrideva. Feci per
avvicinarmi, ma tutto successe troppo in fretta: il ghiaccio si ruppe sotto di
me, e io sprofondai nell’acqua gelida. L’ultima cosa che sentii fu la sua voce
che urlava il mio nome disperata, poi, la luna.
And I’ve lost, who I am
and I can’t understand
why my heart is so broken
rejecting your love,
without love gone wrong,
lifeless words, carry on
but I know,
all I know’s that the ends
beginning.
Quello era il
ricordo più incisivo che avevo di mia sorella: l’ultima volta che l’avevo vista,
per salvarle la vita. Sono qui, davanti a questo laghetto, questo
stramaledettissimo laghetto in cui successe tutto.
Questa volta sono diverso, però. Ora i miei capelli sono bianchi come la neve,
ma sempre spettinati, e i miei occhi, azzurri come il ghiaccio. Anche a
distanza di 300 anni, niente era diverso di quel posto. Mi cedettero le
ginocchia, e mi attaccai al mio bastone. Lo stesso bastone con il quale le avevo
salvato la vita, che ora è il mio ‘scettro’. Con quello infatti posso
controllare tutto ciò che riguarda il freddo, a mio piacimento. Una lacrima
iniziò a scorrermi per la guancia, diventando subito fredda. Era molto tempo
che non piangevo.
– Per quale motivo
non mi hai mai detto una parola? Per quale motivo non mi hai fatto tenere i miei
ricordi? – urlai, al misterioso uomo nella luna, colui che mi aveva fatto
diventare Jack Frost. – Anche se ero invisibile, avrei potuto… avrei potuto
vegliare su di lei! – tirai un pugno nella neve. – Sono stato 300 anni senza
ricordare nulla, invisibile. Avrei potuto capire prima la ragione per cui mi
avevi ‘ricreato’. Ma ti costava troppo sforzo, non è vero?
Ormai stavo
piangendo. Le lacrime che scorrevano erano troppe, e non avevo intenzione di
fermarle. Cercavo di trattenere i singhiozzi, e mi riusciva anche abbastanza
bene.
– Grazie al tuo
perfetto tempismo, ora non posso più rivederla, e questo è molto, ma molto
doloroso.
Avevo iniziato a
ricordare il mio passato, dopo la battaglia contro Pitch, e il pensiero che la
mia famiglia mi credeva morto, ma io ero solo invisibile, senza che mi
ricordassi di loro, era doloroso. Ora le persone possono vedermi, perché sono
un Guardiano, ma dentro di me manca qualcosa… quel sorrisino che appariva sulle
sue labbra quando mi appendevo agli alberi o facevo lo scemo, quando rideva
forte, ma anche quando mi guardava con quei suoi occhioni castani, uguali ai
miei. La mia sorellina, lei mi manca. Aveva passato la vita senza di me, e io
non sapevo neanche che esistesse.
– Darei qualsiasi cosa per
rivederla…
Piansi, piansi per
lungo tempo. Dove 300 anni prima c’era la mia casa, ora sorgeva una città e
probabilmente la sua tomba non c’era. Mi recai in quella città così deserta e
fredda e con le lacrime agli occhi, cercando il punto in cui sorgeva la nostra
casa. Non c’era niente al suo posto, solo una distesa di neve. Ricreai casa mia
con delle statue di ghiaccio: io che tenevo mia sorella sulle spalle, entrambi
sorridendo a mia madre e a mio padre, che erano situati sull’uscio della
scultura di ghiaccio. La mia opera brillava al sole, e mi commossi: mi
inginocchiai e qualche lacrima ancora scorreva, ripensando ai ricordi che man
mano riacquistavo, come flashback. Ero solo in quel momento. Ero distrutto.
wasted years, wasted gain,
all is lost, hope remains
and this war’s not over.
There’s a light, there’s a sun,
taking all this shattered ones,
to the place, we belong,
and his love, will conquer all.