Film > Le 5 Leggende
Ricorda la storia  |      
Autore: Jo Scrive    18/12/2012    5 recensioni
E' la mia prima song-fic, siate clementi *-*
[...] "Avevo iniziato a ricordare il mio passato, dopo la battaglia contro Pitch, e il pensiero che la mia famiglia mi credeva morto, ma io ero solo invisibile, senza che mi ricordassi di loro, era doloroso. Ora le persone possono vedermi, perché sono un Guardiano, ma dentro di me manca qualcosa… quel sorrisino che appariva sulle sue labbra quando mi appendevo agli alberi o facevo lo scemo, quando rideva forte, ma anche quando mi guardava con quei suoi occhioni castani, uguali ai miei. La mia sorellina, lei mi manca. Aveva passato la vita senza di me, e io non sapevo neanche che esistesse." [...]
Recensite, please *---* voglio sapere il vostro parere u.u
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jack Frost, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
frost

Questa è una song-fic, vi consiglio di leggerla con questa canzone in sottofondo: http://www.youtube.com/watch?v=P-xK3CJRMlk

Shattered.

 

Yesterday I died,
tomorrow’s bleeding…
Fall into your sunlight.
The future’s open wide,
beyond believing,
to know why… hope dies.

 

Era pieno inverno, quel giorno. Uscii da casa mia, con i pattini appesi al collo, sotto gli occhi vigili di mia madre, con mia sorella. La mia piccola sorellina.

“State attenti” mi raccomandò mia madre, con le braccia incrociate.

“Si, fidati” risposi sorridendo, come per dirle che non si doveva preoccupare, e mi avviai, mia sorella già rideva e mi tirava per il braccio. Guardai prima lei, e poi ancora mia madre.

Ci dirigemmo al solito laghetto, dove andavamo sempre a pattinare nelle giornate in cui era ghiacciato. Insomma, una giornata come quella.
 Non ero un tipo freddoloso, per cui indossavo solo una maglia bianca leggera e una mantella di pelle sopra, abbinati ad un paio di pantaloni agiati e stretti. Ero a piedi scalzi, perché poco prima avevo rincorso mia sorella nella neve, e le scarpe non erano il mio forte.
Toccai il ghiaccio: sembrava abbastanza spesso per poter pattinare.

“È tutto a posto, puoi andare!” dissi a mia sorella, che si stava infilando i pattini.

“Io sono pronta, Jack! Mi daresti una spintarella?” mi chiese, con una faccia che non avrebbe accettato un no come risposta. La presi per la vita, la sollevai e la misi sul ghiaccio. Lei iniziò a fare qualche pattinata, per cui tutto stava andando bene. Feci un breve giro nella neve che mi arrivava alle caviglie. Mi girai, e  vidi il ghiaccio che stava iniziando a lasciare delle crepe dietro di lei. Preoccupato, misi  i miei pattini e mi avvicinai a lei, con un bastone lungo e dritto, che all’estremità andava a formare una specie di amo gigante. Non feci in tempo ad avvicinarmi del tutto che la vidi con la lama dei pattini incastrata nel ghiaccio, immobile, circondata da una ragnatela di crepe. Le ero esattamente di fronte, e vedevo il suo sguardo terrorizzato. Mi misi in ginocchio e appoggiai dolcemente i pattini, abbassando lo sguardo, per poi tornare a fissarla dritto negli occhi.


And finding answers

is forgetting all of the questions

we called home
passing the graves of the unknown.


“Sta tranquilla, andrà tutto bene” dissi, allungando una mano, come per avvicinarmi, ma era troppo lontana. Rivolsi uno sguardo al lago: era piuttosto profondo. “Non guardare giù, guarda…  guarda me” e avvicinai una mano al mio petto.

“Jack… io ho paura…” disse mia sorella, guardando in basso mentre muoveva i piedi, che crearono ancora più crepe intorno a lei.

“Ah… lo so, lo so.” Misi un piede avanti, che peggiorò la situazione, e tirai su le dita, come se servisse a migliorare le cose. Feci una smorfia e avvicinai le mani a me, perpendicolari alla lastra di ghiaccio “Ma… andrà tutto bene, non cadrai lì dentro.” Rivolsi ancora uno sguardo alla profondità del laghetto e pensai a cosa dirle, poi mi venne un idea. Aprii le braccia, sempre attento a non fare movimenti bruschi. “Ci divertiremo un mondo, invece!”

“No, non è vero!” esclamò lei

“Ti direi mai una bugia?” le chiesi

“Si! Tu dici sempre le bugie!”

Mi scappò da ridere, mentre mi avvicinavo di un piccolo passo a lei.

“Be’, sì ma… non, non questa volta. Te lo prometto, andrà tutto bene.” Cercai di convincerla, muovendo la mano, facendole fare su e giù in piccoli movimenti. “Andrà tutto bene.” Ripetei “Devi credere in me…”

Lei spalancò la bocca, ma ero troppo impegnato per capire qual’era il sentimento che indicava quell’espressione. Mi venne un’altra idea geniale.

“Facciamo un gioco insieme?” proposi alzandomi “Ora giochiamo a campana, come facciamo ogni giorno.” Lei abbozzò un sorriso “È facilissimo! Uno…” alzai un piede e lo misi un po’ più lontano, creando ancora quelle maledette crepe nel ghiaccio. La mia faccia era contratta in una smorfia, per cui, per non far spaventare ancora di più mia sorella, feci quello che mi riusciva meglio: farla ridere. Finsi di perdere l’equilibrio, rimanendo su una gamba sola “WOAH!” esclamai. Mia sorella rideva, distratta per un attimo dal macello in cui si trovava. “due…” dissi, andando avanti come per fare un passo lungo “ tre!” esclamai, giunto vicino al bastone facendo un leggiadro salto. Allungai una mano verso il bastone e l’altra verso di lei. “Okay, ora tocca a te.” presi il bastone con entrambe le mani. “Uno…” e lei fece un piccolo passo facendo scricchiolare il ghiaccio “ci sei quasi, così! Due…” e fece un altro passettino, facendo fare al ghiaccio un suono più forte “tre!” La presi con l’estremità ricurva del bastone e la tirai verso di me, scambiandoci di posto. Lei cadde in avanti, a pancia sotto, io pestai il sedere. Mi alzai guardandola e sorridendole. Entrambi ci scambiavamo uno sguardo di trionfo, che leggevamo nei nostri occhi castani, così identici. Anche lei mi sorrideva. Feci per avvicinarmi, ma tutto successe troppo in fretta: il ghiaccio si ruppe sotto di me, e io sprofondai nell’acqua gelida. L’ultima cosa che sentii fu la sua voce che urlava il mio nome disperata, poi, la luna.

 

And I’ve lost, who I am
and I can’t understand
why my heart is so broken
rejecting your love,
without love gone wrong,
lifeless words, carry on
but I know,
all I know’s that the ends
beginning.

 

Quello era il ricordo più incisivo che avevo di mia sorella: l’ultima volta che l’avevo vista, per salvarle la vita. Sono qui, davanti a questo laghetto, questo stramaledettissimo laghetto in cui successe tutto.
Questa volta sono diverso, però. Ora i miei capelli sono bianchi come la neve, ma sempre spettinati, e i miei occhi, azzurri come il ghiaccio. Anche a distanza di 300 anni, niente era diverso di quel posto. Mi cedettero le ginocchia, e mi attaccai al mio bastone. Lo stesso bastone con il quale le avevo salvato la vita, che ora è il mio ‘scettro’. Con quello infatti posso controllare tutto ciò che riguarda il freddo, a mio piacimento. Una lacrima iniziò a scorrermi per la guancia, diventando subito fredda. Era molto tempo che non piangevo.

– Per quale motivo non mi hai mai detto una parola? Per quale motivo non mi hai fatto tenere i miei ricordi? – urlai, al misterioso uomo nella luna, colui che mi aveva fatto diventare Jack Frost. – Anche se ero invisibile, avrei potuto… avrei potuto vegliare su di lei! – tirai un pugno nella neve. – Sono stato 300 anni senza ricordare nulla, invisibile. Avrei potuto capire prima la ragione per cui mi avevi ‘ricreato’. Ma ti costava troppo sforzo, non è vero?

Ormai stavo piangendo. Le lacrime che scorrevano erano troppe, e non avevo intenzione di fermarle. Cercavo di trattenere i singhiozzi, e mi riusciva anche abbastanza bene.

– Grazie al tuo perfetto tempismo, ora non posso più rivederla, e questo è molto, ma molto doloroso.

Avevo iniziato a ricordare il mio passato, dopo la battaglia contro Pitch, e il pensiero che la mia famiglia mi credeva morto, ma io ero solo invisibile, senza che mi ricordassi di loro, era doloroso. Ora le persone possono vedermi, perché sono un Guardiano, ma dentro di me manca qualcosa… quel sorrisino che appariva sulle sue labbra quando mi appendevo agli alberi o facevo lo scemo, quando rideva forte, ma anche quando mi guardava con quei suoi occhioni castani, uguali ai miei. La mia sorellina, lei mi manca. Aveva passato la vita senza di me, e io non sapevo neanche che esistesse.

– Darei qualsiasi cosa per rivederla…

Piansi, piansi per lungo tempo. Dove 300 anni prima c’era la mia casa, ora sorgeva una città e probabilmente la sua tomba non c’era. Mi recai in quella città così deserta e fredda e con le lacrime agli occhi, cercando il punto in cui sorgeva la nostra casa. Non c’era niente al suo posto, solo una distesa di neve. Ricreai casa mia con delle statue di ghiaccio: io che tenevo mia sorella sulle spalle, entrambi sorridendo a mia madre e a mio padre, che erano situati sull’uscio della scultura di ghiaccio. La mia opera brillava al sole, e mi commossi: mi inginocchiai e qualche lacrima ancora scorreva, ripensando ai ricordi che man mano riacquistavo, come flashback. Ero solo in quel momento. Ero distrutto.

 All this time, spent in vain,
wasted years, wasted gain,
all is lost, hope remains
and this war’s not over.
There’s a light, there’s a sun,
taking all this shattered ones,
to the place, we belong,
and his love, will conquer all.

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Le 5 Leggende / Vai alla pagina dell'autore: Jo Scrive