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Autore: LuluXI    19/12/2012    2 recensioni
“Ti ho già detto che non intendo aspettare!” ripetè ma, effettivamente, si fermò per voltarsi a guardarlo.
“Perché dovrei stare qui, immobile, con la neve alle ginocchia?”
Ritrovata la calma, Camus indicò con un cenno del capo un punto impreciso alle spalle dell’altro Saint.
“Per quello Milo”.

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Milo e Camus in viaggio in Siberia, faranno un incontro un pò particolare.
[Si, questa volta penso di averli distrutti: OOC, per sicurezza, come sempre!]
[Partecipa alla Challenge "Chi, con chi, che cosa facevano"]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Traccia 14 della Challenge “Chi, con chi, che cosa facevano”. Questa è, decisamente, un ritorno ai classici visto che i protagonisti sono Milo (8) e Camus (2), assieme a… bhe, sorpresa! Se ve lo dico, vi rovino tutto! xD La traccia recita “2, 8 e un orso polare”. L’ambientazione pertanto è scontata: la Siberia, ovviamente. La metto come “What If” perché, effettivamente, se una cosa del genere fosse capitata davvero le vicende del Santuario sarebbero potute cambiare…o forse no! La dedico a tutti coloro che amano Camus perché…penso di averlo un po’ distrutto!
 

Una passeggiata nella neve


Milo stava morendo di freddo: nemmeno il cappotto pesante che indossava riusciva a proteggerlo dalla bufera.
“Milo, aspetta!”
“Non se ne parla Camus” rispose il Saint dello Scorpione “Intendo arrivare a casa tua il prima possibile: il freddo della tua amata Siberia mi è entrato fin nelle ossa!”
“Milo, ascoltami per una buona volta: fermati!”
“Ti ho già detto che non intendo aspettare!” ripetè ma, effettivamente, si fermò per voltarsi a guardarlo.
“Perché dovrei stare qui, immobile, con la neve alle ginocchia?”
Ritrovata la calma, Camus indicò con un cenno del capo un punto impreciso alle spalle dell’altro Saint.
“Per quello Milo”.
 
Quest’ultimo, seppur scettico, si voltò, ritrovandosi a pochi centimetri dal muso di un orso polare.
“Ah…” fu il suo commento, a cui seguì il ruggito dell’animale “…potevi dirmelo prima…”
“Ci ho provato” fu la placida risposta di Camus “Visto che eri troppo concentrato a fissare i tuoi piedi immersi nella neve per vederlo; ma tu non mi hai ascoltato…”
Camus si trovava quattro o cinque passi più indietro di lui e per comunicare erano costretti ad urlare, a causa del vento impietoso che continuava a soffiare. Con un altro ruggito l’orso provò ad artigliare il volto di Milo; il Saint dello Scorpione, con uno sbuffo, si getto nella neve per evitare il colpo.
 
“Ma si può sapere che ci fa qui un orso polare?” urlò rialzandosi in piedi, cercando di togliere la neve dal colletto del cappotto, dentro al quale si era infilata “Non dovrebbero vivere più a nord?”
“Questo ha una valida ragione per essere qui” rispose Camus, con calma: quel piccolo intoppo non sembrava infastidirlo né preoccuparlo.
“Ah si?” domandò lo Scorpione, inarcando un sopracciglio “Ah, già, è vero! C’era scritto anche sulla mia agenda che oggi dovevo farmi affettare da un orso polare” affermò ironico. Un istante dopo l’orso stava cercando di colpirlo un’altra volta. Milo si preparò a schivare anche quel colpo ma si rese conto troppo tardi che era immobilizzato da degli strani anelli di ghiaccio. La zampata lo avrebbe colpito in pieno se la sua armatura non fosse accorsa in suo soccorso, frapponendosi tra lui e l’animale che, abbagliato da quella luce improvvisa, indietreggiò leggermente, ruggendò per l’ennesima volta: l’impatto con l’armatura doveva essere stato piuttosto doloroso.
 
“Camus! Perché mi hai immobilizzato?”
“Non sono stato io, Milo”
“Come sarebbe a dire “Non sono stato io”? Ma allora chi…”
Prima che il Saint potesse completare la domanda, Camus indicò la schiena dell’orso: solo allora Milo si accorse dei due ragazzini seduti lassù. Quello più vicino alla testa dell’animale , un ragazzino biondo, teneva delle redini di fortuna, l’altro aveva due dita puntate verso di lui. Ripresosi dall’iniziale stupore Milo impiegò pochissimo tempo a liberarsi da quelle catene di ghiaccio, lanciate dal ragazzino: non si era liberato prima solo perché, pensando fossero state create da Camus, riteneva assai improbabile una sua liberazione immediata; aveva sopravvalutato il colpo poiché colto alla sprovvista. Inoltre l’orso non era certo rimasto fermo mentre lui valutava la potenza del colpo, ma aveva sferrato direttamente il suo attacco.
 
“Maestro Camus!” urlò il ragazzino che, come Milo scoprì in seguito, si chiamava Isaak. “Avete visto? Abbiamo catturato l’orso!”
“Si, ci siamo riusciti!” esclamò l’altro, colui che sarebbe diventato il Saint del Cigno.
“Bene ragazzi. Ora che ne dite di tornare a casa?”
I due annuirono ma Hyoga si concesse la possibilità di fare una domanda.
“Che cosa ne facciamo dell’orso?”
In tutta risposta Camus fece loro cenno di scendere e, non appena i due furono a terra, rinchiuse l’animale in una bara di ghiaccio.
“Nei prossimi giorni lo libererò e lo riporterete dove lo avete trovato.”
I due annuirono e, assieme a lui, ripresero il cammino. Milo inizialmente non si mosse, concentrato com’era a riflettere su quanto aveva visto. Sapeva che Camus aveva due allievi e che con ogni probabilità era un maestro severo e si sarebbe aspettato ogni sorta di prova per gli aspiranti Saint, ma una caccia all’orso, quella no.
“Milo?” lo chiamò Camus e solo allora, scuotendosi dai suoi pensieri, lo Scorpione si mosse.
 
Si accorse ben presto che il ragazzino biondo faticava quanto lui a tenere il passo degli altri due. Camus lo aveva informato, prima della partenza, che uno degli allievi era arrivato lì in Siberia da meno tempo e, per questo, non era ancora abituato al clima.
“Tu sei Hyoga, vero?”
Sentendo pronunciare il suo nome il ragazzino sobbalzò ma annuì.
“Lei è un amico del maestro Camus?”
Milo annuì a sua volta, osservandolo: a differenza sua, come protezione contro il gelo aveva solo dei pantaloni leggeri e una canottiera, come il suo compagno e il suo maestro; anche quello faceva parte dell’addestramento.
“Se avessimo saputo che non voleva portarci via l’orso Isaak non avrebbe attaccato” si scusò e Milo annuì: in fondo un orso aveva parecchia carne addosso: sarebbe apparso come un ottimo approvvigionamento di cibo a molti abitanti di quella landa desolata.
Per tutto il tragitto fino al rifugio Milo rimase accanto a Hyoga parlandoci e testando la sua determinazione.
 
Una volta rientrato al Santuario mise da parte ben presto il ricordo di quella conversazione, archiviandolo nei recessi della sua memoria; e lì lo lasciò per parecchio tempo. Gli tornò alla mente nel tardo pomeriggio di una giornata di settembre, quando Hyoga si presentò all’ottava casa per affrontarlo.
 
NOTE:
Ok, non è un granchè ma è il meglio che sono riuscita a fare ed è forse ciò che di più natalizio la mia mente stanca sia in grado di creare. E’ un periodaccio, non avete idea (a voi non interessa, ma ve lo dico comunque ù.ù). Ci tenevo tuttavia a pubblicare qualcosa di “natalizio” visto che qui dove sto io nei giorni scorsi ha nevicato (anche se ora la neve si è già sciolta, sigh ç_ç) e tra poco ci saranno le vacanze, che mi permetteranno di rimettermi al passo con le pubblicazioni (si spera).
Che dire, se volete rifarvi gli occhi con qualcosa di decente, andate la leggervi “Ombra”, che trovate Qui -> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1437550&i=1: si è classificata al 3° posto in un contest, quindi forse, proprio schifo non fa. Grazie ancora a tutti voi che mi seguite , anche quando scrivo queste cose orribili! =)
   
 
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