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Autore: Rivaleth    20/12/2012    10 recensioni
Poi Jack lo afferrava sui fianchi, dandogli rapidità, facendogli raggiungere velocità inaudite, spingendolo fino ai limiti del possibile, facendogli spalancare le braccia contro il muro d’aria che stavano sfidando, facendolo urlare, facendogli assaggiare il sapore della libertà. E Jamie si abbandonava a lui, si consegnava completamente nelle sue mani, perché con Jack non avrebbe mai avuto paura di niente.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jack Frost, Jamie
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le estati corrono, gli inverni camminano...sì, magari!
 


Jack Frost era sempre stato, per Jamie, una specie di mito, un modello a cui ispirarsi. Sin da quando lo aveva incontrato per la prima volta (e lui era stato il primo a poterlo vedere, lui e nessun altro!) gli era piaciuto tantissimo il colore dei suoi capelli, di un argento così intenso da abbagliare quasi quando si muovevano sotto il tenue sole invernale.  Jack li maltrattava, quei capelli, portandoli scompigliati e selvaggi, lasciando che il vento glieli facesse mulinare come in un vortice. Talvolta ci passava una mano, scarruffandoli ulteriormente, in un gesto che a Jamie sembrava molto fico. Forse fu da allora che anche lui cominciò a imitarlo, passandosi sempre una mano tra i capelli, buttandoli indietro, sentendosi grande e tronfio, e facendo invece arrabbiare sua madre, che voleva vederlo sempre curato e pettinato.
Di Jack adorava la stravaganza, i suoi modi di fare sempre accondiscendenti e giocosi, il suo essere un eterno sbruffone alla ricerca di divertimento. Aveva intuito da subito che non si trattava di superficialità, né tantomeno di menefreghismo. Jack era un Guardiano, dopotutto, mica il primo stupido che si poteva incrociare per strada. E non avrebbe mai dimenticato la gioia negli occhi dell’altro, il giorno in cui riuscì a vederlo. No, decisamente Jack non era un tipo superficiale. Il suo era un disperato bisogno di essere guardato, non semplicemente visto.  Ciò di cui necessitava, era poter dare un senso alla sua esistenza di Guardiano, trovare qualcuno disposto acredere in lui. E Jamie aveva creduto ciecamente in Jack Frost. E non solo perché ciò gli assicurava neve e scuola chiusa tutti gli anni, ma perché gli dava la certezza che Jack, ogni dodici mesi, sarebbe sempre tornato da lui, a fare magie col suo bastone, a farlo correre come un matto sullo slittino come aveva fatto quando ancora non poteva vederlo.
Jack Frost era la quintessenza del divertimento e della spensieratezza, era naturale che apparisse come un fratello più grande a un bambino di appena otto anni.
 
Jamie intuì che qualcosa non andava nel modo in cui si era affezionato a Jack all’età di undici anni. Quell’anno l’inverno tardò, visto che era stato particolarmente caldo. Jamie non stava più in sé dalla preoccupazione di non vederlo arrivare. Non gliene fregava un accidente della scuola, delle battaglie a palla di neve, delle scivolate con la slitta e di altre stupidaggini. L’inverno voleva dire gelo, e gelo voleva dire Jack Frost. E Jack voleva dire amicizia.
Si ritrovò a desiderare così intensamente l’arrivo dell’inverno, che ogni sera non poteva fare a meno di versare qualche lacrima di rabbia, quando, affacciandosi alla finestra, si accorgeva che fuori era tutto grigio, ma non bianco. Si sentiva talmente frustrato che spesso se la prendeva inutilmente col tempo, insultandolo e scagliandoli contro furiose invettive.
Non poteva essere così sfortunato. Già il tempo che poteva trascorrere con Jack era limitato a due o tre mesi, un simile ritardo lo avrebbe ridotto drasticamente. Tutto ciò era profondamente ingiusto.
La mattina in cui, svegliatosi, si accorse che finalmente stavano scendendo i primi fiocchi di neve, per poco non si mise a correre all’impazzata, strillando come una femminuccia e chiamando Jack con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Il Guardiano lo batté sul tempo, lanciandogli addosso una palla di neve grossa quanto un pugno non appena mise un piede fuori casa. Ah ah, che simpaticone!
Tuttavia Jamie non poté fare a meno di sentirsi onorato per quella palla di neve in piena faccia. La prima cosa che Jack aveva fatto una volta portata la neve nella sua città, era stata raggiungerlo. Significava che anche lui non vedeva l’ora di rivederlo. Jamie era così immensamente felice di averlo di nuovo tutto per sé per i prossimi mesi, che non poté evitare di placcarlo, passandogli le braccia intorno alla vita esile e stringendo con tutta la forza che poteva possedere un ragazzino di undici anni.
Jack all’epoca non si separava mai dal suo bastone, ma non esitava neppure a ricambiare la stretta affettuosa con l’altra mano, spettinandogli i capelli e ridendo come un matto quando poi sua madre lo rimbeccava, vedendolo scarmigliato come un gattino. Jamie sopportava, perché era fico farsi spettinare da Jack Frost, anche se era umiliante arrivargli solo al bacino, tanto che doveva sempre stare a testa alta, oppure costringerlo ad abbassarsi per poterlo guardare negli occhi. E Jamie amava guardarlo negli occhi. Jack aveva due fanali, due specchi di un grigio screziato d’azzurro, proprio come due schegge di ghiaccio. Jamie non aveva mai visto degli occhi tanto belli. Glieli invidiava un sacco, visto che i suoi erano di un comunissimo e scialbo castano.
-Pensavo che non saresti più arrivato.- ammise una volta sciolto l’abbraccio.
-Anche a costo di far nevicare con tredici gradi all’ombra, io verrò tutti gli anni!- ribatté solennemente. –Non lascerò che i bambini siano costretti ad andare a scuola quando dovrebbero giocare per le strade innevate.
Beh, non che fosse proprio il genere di risposta che si augurava Jamie. Un “Jamie, non sopporterei di non poterti vedere per un anno intero” sarebbe stato molto più gradito, ma dopotutto era scontato che lo pensasse. Vero?
La domanda rimase senza risposta però, perché poi Jack gli mise una mano sulla spalla, rivolgendogli un sorriso da vero mascalzone.
-Pronto per due mesi di puro divertimento insieme al sottoscritto?
E Jamie, col cuore rigonfio di gioia, sentendosi il ragazzino (perché non era più un bambino) più fortunato del mondo grazie all’onore concessogli, gli assicurava che ehi, non vedeva l’ora di fargli vedere quanto fosse migliorato con lo slittino rispetto all’anno prima. Né lui né Jack in quei mesi si preoccupavano di altro che non fosse correre nei boschi, scivolare sui torrenti ghiacciati o rotolarsi lungo prati innevati. Jack lo sorvegliava e lo proteggeva coi i suoi poteri magici, coinvolgendolo in giochi al limite della sicurezza ma mai veramente pericolosi, perché lui era un Guardiano, conosceva il suo elemento e poteva controllarlo. Jamie si sentiva profondamente al sicuro insieme a Jack, e durante quel tempo si dimenticava di tutto il resto: madre, sorella, amici…chi? L’inverno era Jack, solo e soltanto lui.
L’inverno era la sua stagione preferita.
E quando giunse agli sgoccioli, e Jack lo raggiunse alla finestra di camera per annunciargli che stava partendo, Jamie si fece violenza per impedirsi di piangere.
-Ehi, cos’è quel musetto lungo? Lo sai tanto che tornerò l’anno prossimo!
-Credi che sia contento di dover tornare a scuola?- domandò mogio, quando la scuola era in realtà l’ultimo dei suoi problemi.
“Credi che sia contento di non poterti più vedere per altri dodici mesi?”, quella era la vera domanda che premeva sulle sue labbra.
Jack Frost si inginocchiò sul davanzale, appoggiando il bastone sul legno del pavimento anche se non avrebbe mai perso l’equilibrio, visto che poteva persino volare, e gli passò una mano tra i capelli in un gesto d’affetto fraterno.
-La neve è più bella proprio perché viene una volta l’anno.
-Però io non vorrei che anche tu venissi una volta l’anno.- sbottò senza riuscire a trattenersi.
-Non fare quella faccetta Jamie, sennò non riesco più a partire.
Davanti all’espressione dispiaciuta di Jack, Jamie si sforzò allora di sorridere, assestandogli un pugno sul braccio per cercare di apparire più macho.
-Jack, dai, levati dai piedi, che tanto un anno passa in fretta!
Jack sfoderava un ghigno irriverente, affermando che lui neanche se ne sarebbe accorto del tempo che passava, e subito si sarebbero rivisti.
“Magari”, pensò tristemente Jamie mentre lo guardava saltare giù dalla finestra e poi scomparire nel cielo, il vento che ululava alle sue spalle come se fosse una risata.
“Ma tu mi manchi già”.
 
A quattordici anni Jamie Bennett era un ragazzino dall’aria vispa e le maniere di un vero birbante. Frequentava il liceo, e nonostante fosse un perfetto scansafatiche, in un modo o nell’altro riusciva comunque a essere uno dei migliori studenti del suo corso. Svogliato, ma con la testa.
La sua passione era lo skateboard. Aveva molti amici e piaceva alle ragazze.
Le voci più maligne insinuavano che fosse gay, poiché non era mai stato visto frequentare una ragazza, e neppure sembrava particolarmente interessato all’argomento.
In primavera, quando Kate Harris, la più bella della scuola, gli aveva chiesto di essere il suo cavaliere per il ballo scolastico di fine anno, le aveva risposto con un’alzata di spalle che a lui, i balli, non gli piacevano.
Kate era corsa in bagno a piangere, per poi consolarsi tra le braccia del capitano della squadra di football.
Jamie Bennett in effetti non era per nulla interessato ai balli scolastici, né alle ragazze. Nessuno sapeva che appeso in camera teneva un calendario dell’avvento, un calendario dell’avvento molto speciale, su cui segnava i mesi, le settimane, i giorni che lo separavano dal prossimo inverno. D’estate si esercitava sullo skate così che in inverno potesse usare lo snowboard e correre nei boschi insieme a un amico speciale, un amico di cui sentiva una nostalgia immensa in ogni mese che gli era lontano.
Jamie Bennett non era indifferente alle grazie delle ragazze, solo che non gli interessavano. Lui viveva l’anno intero con il solo obiettivo di arrivare all’inverno. Lui desiderava ardentemente l’inverno, e desiderava ardentemente poter stare con Jack.
Jamie, in effetti, sospettava di aver preso una cotta per il Guardiano.
 
Quell’inverno Jack fu puntuale come un orologio svizzero. Il cinque dicembre aveva già provveduto a imbiancare tutta la vallata, e Jamie si era fatto trovare pronto per un nuovo isolamento dal mondo intero. Pronto per fuggire insieme a Jack nella loro privata dimensione dei sogni e dei giochi.
-Ehi!- esclamò Jack, in bilico sul parapetto del letto di Jamie, il pomeriggio in cui lo raggiunse a casa. –Quanto diamine ti sei alzato?
Jamie si era gonfiato d’orgoglio. Jack fece un salto, atterrando sul pavimento con grazia, per poi afferrargli un braccio e avvicinarlo a sé. Erano quasi alti uguali.
-Tzh, hai solo quattordici anni e quasi mi raggiungi.- osservò a metà tra il divertito e l’indignato.
-Sei tu che sei un nano.- ribatté Jamie, prima di offrirgli il palmo della mano.
Jack lo fissò perplesso, già pronto a ricevere l’abbraccio del suo bambino preferito. Jamie lo intuì da come tenesse le braccia leggermente aperte verso di lui.
-Jack, devi stringermi la mano.- spiegò paziente. Se pensava ancora che lo avrebbe abbracciato per farsi spettinare i capelli come un poppante, beh, si sbagliava di grosso. Ora era quasi un uomo, e Jack doveva capirlo. E doveva trattarlo come tale.
-Oh. E’ così che ci si saluta adesso?- domandò, e sembrava leggermente più triste. Tuttavia non esitò a spostare il bastone nella mano sinistra, per poi stringere quella di Jamie con una stretta decisa.
-E’ il saluto degli uomini.
-E tu saresti un uomo?- ironizzò Jack, con l’intenzione di stuzzicarlo un po’.
Per tutta risposta Jamie gli piazzò il dito medio sotto il naso.
-A me sembri uno stuzzicadenti con gli occhi.- osservò Jack con un ghigno da schiaffi, per poi librarsi in aria e saltare sul davanzale della finestra. –Che ne dici, tigre, mi fai vedere come te la cavi con lo snowboard?
Jamie incassava in silenzio le sue osservazioni scherzose sul fatto che per lui sarebbe sempre rimasto il bimbo di otto anni da rassicurare e proteggere per evitare che si facesse male quando giocavano insieme. Jack non si accorgeva proprio che erano passati già sei anni, e che lui era cambiato. Non voleva essere rassicurato, né trattato come un decenne. Sapeva usare lo snowboard, l’era degli slittini era passata da un pezzo.
-Vedrai Guardiano dei miei stivali, ti farò mangiare la neve.- gli assicurò scatenando le risate fragorose di Jack.
Jack era bellissimo quando rideva. La sua era una risata altisonante, di quelle contagiose e musicali. Jamie l’avrebbe paragonata a uno scroscio d’acqua. Sarebbe rimasto ad ascoltarlo ridere per ore intere. Era la risata più bella che avesse mai sentito.
Anche quell’inverno lo passarono insieme, inseparabili, distaccandosi da tutto il resto, chiudendosi nella loro privata sfera di cristallo. Se ne stavano giornate intere sulle montagne intorno alla vallata, a fare gare di velocità e giochi acrobatici. Jamie scivolava sulla neve con lo snowboard che era una meraviglia, e Jack ci aggiungeva quel pizzico di magia che gli permetteva di librarsi in aria per attimi interi e fare dei fuori pista sensazionali. Jamie se lo vedeva volare accanto, davanti, dietro, ovunque, con quella sua felpa blu slargata e i pantaloni stracciati, da cui pendevano lacci bianchi oscillanti nel vento. Poi Jack muoveva il bastone, e lui si ritrovava a slittare su una lingua di ghiaccio lunga chilometri.
-Paura, eh?- gli urlava Jack nelle orecchie, e Jamie sapeva di averlo alle calcagna, incalzante alle sue spalle, pronto ad afferrarlo qualora avesse perso l’equilibrio. Jack era ovunque, e lui stava facendo cose pericolosissime con la stessa facilità con cui sua madre preparava una torta.
Poi Jack lo afferrava sui fianchi, dandogli rapidità, facendogli raggiungere velocità inaudite, spingendolo fino ai limiti del possibile, facendogli spalancare le braccia contro il muro d’aria che stavano sfidando, facendolo urlare, facendogli assaggiare il sapore della libertà. E Jamie si abbandonava a lui, si consegnava completamente nelle sue mani, perché con Jack non avrebbe mai avuto paura di niente.
-Io non ho paura.- gli disse una sera, quando Jack lo riportò a casa sano e salvo. –Non ho paura di niente.
Si trovavano nel giardino, con cinque gradi sotto zero e piccoli fiocchi di neve che cadevano silenziosamente intorno a loro. Jack inclinò la testa, come se volesse capire cosa stava cercando di comunicargli Jamie.
-Lo so Jamie. Tu hai smesso di avere paura molto tempo fa.- disse infine, senza alcuna traccia di ilarità negli occhi di ghiaccio. Jack serio faceva impressione. Jamie lo trovò ancora più bello.
-Ti voglio bene, Jack.- confessò preda di un bruciante imbarazzo. non gliel’aveva mai detto, anche se lo pensava da sempre. Jack inarcò le sopracciglia, e Jamie avrebbe potuto giurare di vederlo arrossire appena in zona guance. Per la prima volta il Guardiano sembrava a corto di parole.
Alla fine, forse per non dover sbilanciarsi con i discorsi, si risolse ad arpionargli un braccio con la parte ricurva del bastone, avvicinandolo a sé e abbracciandolo. Jamie gli arrivava al torace, e adesso stringerlo era molto più appagante.  Jack si doveva piegare ancora un poco, ma entro un anno sarebbero stati alti uguali.
-Anche io te ne voglio, Jamie.
Quella sera Jamie si innamorò di Jack Frost.
 
Due anni dopo, successe il disastro.
Jamie aveva sedici anni ed era nel pieno di una crisi adolescenziale. I voti a scuola si erano abbassati, la voglia di far niente era aumentata in modo esponenziale, e le ragazze non erano più così poco interessanti agli occhi di un adolescente con gli ormoni in subbuglio. Non sarebbero mai state come Jack, non potevano neanche competere con lui, ma Jamie si era rassegnato al fatto che lui e Jack passavano la maggior parte degli anni lontani l’uno dall’altro, e che comunque il Guardiano non nutriva nei suoi confronti lo stesso tipo di sentimento che invece lui provava. Jack avrebbe per sempre avuto un posto speciale nel suo cuore, e se solo lui avesse voluto, Jamie gliel’avrebbe donato, il suo cuore, ma non poteva neppure dannarsi dietro a uno spirito immortale che non lo considerava minimamente quando era rincorso da uno stuolo di ragazze adoranti.
Jamie accettò finalmente di uscire con Kate, dopo una corte serrata durata mesi interi, e acconsentì addirittura di accompagnarla al ballo di fine anno.
Per tutta la sera ebbe la spiacevole sensazione di essere mostrato ed esibito in giro come un trofeo.
Kate lo piazzò al centro della pista, facendolo ballare ore intere, strusciandosi addosso a lui in modi che avevano messo a seria prova la sua resistenza fisica e il suo autocontrollo di maschio.
Quando però, dopo essere stati eletti re e reginetta del liceo, lei lo baciò sul palco, davanti a tutti, infilandogli la lingua in gola e muovendola in un modo scabroso, Jamie non ebbe alcun rimorso nel piantarla in asso, scaricandola platealmente davanti a tutta la scuola.
Tornò a casa incazzato col mondo, con sé stesso e, inspiegabilmente, con Jack.
Per la prima volta si sentiva intrappolato nella sua gabbia dorata.
Perché Kate non poteva andar bene? Perché sentiva che se a baciarlo in quel modo ci fosse stato Jack, non si sarebbe tirato indietro? Perché un simile bacio, tanto viscido con lei, se glielo avesse dato Jack gli sarebbe sembrato la cosa più bella del mondo?
Quella sera, mentre sua madre e sua sorella dormivano, Jamie si chiuse in bagno, masturbandosi e sussurrando il nome del Guardiano come una preghiera.
 
Quando Jack arrivò, di lì a sei mesi, Jamie aveva fatto sesso con due ragazze, e nessuna delle due era Kate.
-Diavolo, Jamie!- sbottò Jack la sera in cui si incontrarono. –Mi hai superato in altezza.
Forse si aspettava battute scherzose da parte sua, ma Jamie era stanco di sentirsi additare in quel modo infantile. Era ovvio che cresceva, non era mica bloccato perennemente ai diciotto anni come invece accadeva per Jack.
-Resto sempre il fratellino da proteggere.- sbottò inacidito, guadagnandosi un’occhiata perplessa da parte di Jack.
-Che ti prende, tigre?- domandò il Guardiano, saltando sul letto e sedendovisi sopra.
Quando Jack entrava nella stanza, si portava dietro un’ondata di gelo, tanto che Jamie era costretto ad accendere una stufa per non ibernare. Tutte le volte però, si era comunque sentito al caldo con il Guardiano vicino. La sua sola presenza bastava a riscaldare l’ambiente e il suo cuore.
Quell’anno non bastò più.
Jamie quella sera sentì solo freddo. E provò solo rabbia e amarezza.
-Niente.- rispose bruscamente.
-E’ successo qualcosa durante la mia assenza?
Jack lo guardava dalla sua postazione, e sembrava sinceramente preoccupato. Jamie si appoggiò contro una parete della stanza, incrociando le braccia al petto e guardandolo con velata strafottenza.
-A parte il fatto che a scuola vado di merda e mia madre non mi permette di uscire fuori neanche per andare a comprare il pane, no, direi che non è successo niente.
-Tua madre non ti fa uscire?!- esclamò sconvolto Jack.
-No, infatti, quindi se ti aspettavi che avremmo passato un altro inverno a rincorrerci sulla neve rimarrai deluso. Sono in punizione, e quest’anno non sarò un buon compagno di giochi. Forse dovresti andartene a cercare un altro.
Jack sgranò gli occhi, sorpreso davanti a una simile asprezza.
-Ehi, calma, che stai dicendo?! Tu sei  il mio compagno di giochi, e nessuno prenderà mai il tuo posto.
-Jack, non lo vedi che sto crescendo per essere sempre un ragazzino con cui divertirsi e basta?
Jack corrucciò le sopracciglia.
-In che senso? Non ti diverti più con me?
-Certo che mi diverto Jack, ma non per quello che faccio quando sto con te. Per quanto mi riguarda potrei divertirmi con te anche se ci mettessimo a giocare a scacchi. Io non sto con te perché ti trovo divertente, sto con te perché mi piaci.
Jack assunse un’espressione strana, come se non riuscisse a capire cosa stesse cercando di dirgli. Dire che sapeva essere davvero cretino alle volte, era semplicemente un eufemismo.
-Anche tu mi piaci, Jamie.
Appunto!
-Lo sai che sono capacissimo di stabilirmi nella tua stanza in pianta stabile fino a quando arriverà la primavera.- continuò Jack con la faccia stoica di chi sa quello che dice. Jamie gli credeva, e sapeva anche quanto gli costasse dire quelle parole. Stava anteponendo la loro amicizia al suo basilare bisogno di libertà, e Jamie non poteva che essergliene grato, ma non era abbastanza.
Ormai lui voleva di più.
-Jack.- lo chiamò andando a sedersi accanto a lui sul letto. –Io non sono più il bambino che hai conosciuto anni fa. O meglio, una parte di quel bambino c’è sempre, e tu riesci a farla emergere meglio di chiunque altro, ma ormai sono cresciuto. Perché non riesci ad accorgertene?
Jack sembrava stranito dalla piega che aveva assunto la conversazione.
-Jamie, io non capisco…
-Sto cercando di dirti che se solo ti azzardi a scarruffarmi ancora i capelli, e fare commenti ironici sulla mia età, sulla mia altezza o sulla mia corporatura, se anche solo oserai trattarmi come un bimbetto, io ti prendo a pugni e poi ti tolgo il saluto.
Jack aveva una faccia così sconvolta e incredula, che per un attimo fu seriamente tentato di improvvisare una risata e dirgli che era tutto uno scherzo, e che lui, povero scemo, ci era cascato. Poi però si ricordò di tutti gli anni passati a sperare invano che Jack riuscisse a vedere in lui qualcosa di meglio che il fratellino minore con cui giocare sulla neve. Si ricordò del dolore provato  ogni volta in cui Jack deludeva le sue aspettative, a ogni nuovo incontro, e delle lacrime versate quando era riuscito finalmente a venire a capo del problema. Allora capì che avrebbe preferito mordersi a sangue la lingua piuttosto che rimangiarsi le sue parole.
-Jamie, perché?- domandò Jack, con la faccia di chi ha appena scoperto che il mondo potrebbe esplodere da un momento all’altro.
Solo che Jamie preferì non rispondere a parole a quella domanda. Semplicemente, assecondò l’istinto. Accadde in pochi istanti, e a posteriori non riuscì mai a ricostruire con esattezza la dinamica del fatto. Ricordò soltanto che si sporse sul letto, appoggiando una mano sulla gamba di Jack, per impedirgli di scivolare via, e poi azzerò la distanza tra i loro corpi, baciandolo.
La mano gelida del Guardiano scattò all’istante, frapponendosi tra loro ed esercitando una pressione così forte sul suo torace da obbligarlo ad allontanarsi dalle sue labbra.
-Jamie.- mormorò atterrito. –Che…che significa questo?
-Lo domandi a me, Jack? Sei tu quello che vive da secoli, non riesci a capirlo da solo?
Jack non rispose, fissandolo con una faccia tremenda. Jamie non l’aveva mai visto così mortalmente serio, e forse, arrabbiato. Decise allora di accantonare la frustrazione provata per essere stato respinto, passandosi nervosamente una mano tra i capelli, retaggio lasciatogli da qualcuno di sua conoscenza.
-Jack, vuoi davvero sapere che significa?
Il Guardiano però scattò in piedi, all’improvviso, e Jamie ebbe paura che volesse scappare via.
-No, non voglio saperlo, Jamie, lascia stare!- esclamò cercando di guadagnare l’uscita dalla finestra.
Jamie riuscì a essere, per una volta nella vita, più veloce di lui, piazzandosi davanti al davanzale e sbarrandogli la strada.
-Sono innamorato di te, Jack. – affermò, allungando una mano e intrappolandogli un polso. Jack lo fissò stralunato, quasi si fosse ritrovato nel bel mezzo di un incubo a occhi aperti.
-Jamie, non può essere possibile questo, lo sai.- sussurrò pianissimo.
-Perché?- sbottò Jamie, sentendo montare una rabbia sconfinata. –Perché sei un Guardiano e io un semplice umano? O perché tra noi ci sono anni di differenza?
-Secoli di differenza.- sibilò Jack.
-Non me ne frega niente!- urlò Jamie. –Sono stufo di assecondarti e continuare a scodinzolarti dietro come un cretino, e sono stufo di giocare a fare il fratellino minore. Io ti amo, Jack, questa è la realtà dei fatti, e tu devi prenderne atto.
-Jamie.- Jack sembrava soffrire oltre ogni dire, mentre lentamente si sottraeva alle presa del ragazzo. –Ti prego, non costringermi a scegliere.
-Invece sì Jack! Preferisco che tu te ne vada piuttosto che averti solo a metà.
-Jamie, io sono un Guardiano, sono immortale, e tu…tu no!
-Fino a oggi non ti ha dato fastidio la cosa!
-Siamo separati per la maggior parte del tempo, come puoi volere un rapporto simile con me?
-Non mi importa della lontananza!- sbottò Jamie. –Posso sopportarla, se ho la certezza di ciò che provi per me.
Provò a fare un passo verso Jack, ma lui si ritrasse.
-Jamie, mi dispiace…- sussurrò il Guardiano, rompendo il contatto visivo, abbassando il capo e incurvandosi appena su sé stesso. Jamie non avrebbe mai creduto di poter vedere Jack Frost  affranto, ma in quel momento, con il bastone meno luminoso del solito e una voce catacombale, il suo vecchio amico sembrava davvero preda di un conflitto interiore.
E proprio quando Jamie si decise ad andargli incontro e abbracciarlo, anche a costo di doverlo picchiare per poterlo fare, la voce di sua madre dietro alla porta li fece trasalire entrambi.
-Jamie, che succede lì dentro? Ti ho sentito urlare...
Non appena la maniglia della porta si abbassò, Jamie dovette farsi da parte per permettere a Jack di lasciare la stanza, o sua madre avrebbe creduto all’arrivo di una nuova glaciazione.
Jack scavalcò il davanzale senza neanche rivolgergli un’occhiata, né un saluto, e Jamie non ebbe il tempo di intimargli di non sparire, perché sua madre entrò in quell’istante.
-Ma con chi stavi parlando, si può sapere?- sbottò irritata. Era in camicia da notte, e chiaramente l’aveva svegliata con la sue urla.
-Con Jack Frost.- ribatté furioso Jamie, maledicendola per essere così impicciona e inopportuna.
-Senti un po’, ragazzino.- l’apostrofò lei. –Smettila con questa ironia del tutto fuori luogo, e vedi di rientrare in carreggiata. Stai diventando irriconoscibile.
Uscì, sbattendosi la porta alle spalle.
Jamie imprecò contro la porta chiusa, prima di scoppiare a piangere.
Il giorno seguente le neve cominciò a sciogliersi, e l’anno successivo non nevicò neppure.
 
Jack tornò nell’inverno dei suoi diciotto anni. Jamie Bennett era un ragazzo alto ormai un metro e ottantacinque, con folti capelli castani, perennemente scarmigliati e grandi occhi allegri. Sua madre si era rassegnata, e aveva smesso di ricorrere alle maniere forti, obbligandolo a lasciarsi pettinare. Suo figlio, per qualche anomala ragione, voleva restare con i capelli indomabili, e lei non poteva più metterci bocca.
D’altra parte Jamie era tornato sulla retta via, o come diceva sua madre, “in carreggiata”, tornando a casa con un numero spropositato di otto e nove in saccoccia per la fine dell’ultimo anno scolastico. Tappa futura: Harvard o Yale. Così almeno si illudeva la donna, perché Jamie aveva messo in chiaro che aveva tutta l’intenzione di prendersi un anno sabbatico per decidere cosa fare della propria vita.
Dal canto suo, il ragazzo aveva accettato il fatto che Jack Frost non si sarebbe più fatto vedere da quelle parti. L’anno prima aveva ferocemente sperato di vederlo tornare, anche solo per una frettolosa nevicata, così da potergli parlare, dirgli che aveva cambiato idea, che gli voleva troppo bene per sprecare la loro amicizia con la stronzata sui sentimenti. Jack però non era arrivato. L’inverno era stato rigido, ma meno del solito, freddo e asciutto, senza neve, senza gioia. I bambini avevano continuato ad andare a scuola, e lui non aveva mai tirato fuori lo snowboard. Era stato un inverno di merda, il peggiore di tutta la sua vita. Jamie lo aveva trascorso sdraiato sul letto, con la faccia spremuta nel cuscino, a piangere come un pivello e a insultare Jack fino a finire il repertorio di offese di sua conoscenza. Per la prima volta, aveva creduto di odiarlo.
All’inizio si era chiesto come si potesse essere così vigliacchi. Poi però alla rabbia era subentrata la malinconia, e allora si era domandato dove si fosse diretto Jack quell’inverno, se almeno lo stesse pensando, se sentiva la sua mancanza, o se invece si fosse fatto un nuovo amico, un bambino, magari, con cui giocare e che non gli procurasse gli stessi problemi che gli aveva causato lui.
L’inverno però era passato, e con la primavera Jamie era riuscito a ritrovare la serenità. Nell’aria sentiva il profumo di nuove promesse, e si era convinto che era sempre in tempo per voltare pagina e cominciare tutto da capo.
Pensava di esserci riuscito, finché non fu di nuovo dicembre.
 
Jamie era appena tornato a casa per le vacanze natalizie (perché sì, alla fine era stato ammesso a Yale), quando una sera sua sorella tornò a casa tutta infreddolita, dicendo che fuori c’era la peggior tormenta di neve in cui le fosse mai capitato di imbattersi.
Jamie stava bevendo una tazza di the, e per poco non si strozzò.
-Tutto bene, tesoro?- chiese sua madre, dandogli qualche colpetto sulla schiena.
-Tutto bene, mamma. Ho dimenticato la finestra di camera mia aperta, vado subito a chiuderla.- si affrettò a rispondere tra un colpo di tosse e l’altro, ormai con le lacrime agli occhi.
Quando entrò in camera, la finestra era ermeticamente chiusa, ma il vetro era appannato, e non appena Jamie si avvicinò, qualcosa di invisibile ci scrisse sopra a lettere cubitali.
Lasciami entrare
Jamie non ci pensò due volte, e aprì la finestra. Una sferzata di vento gelido lo travolse, facendolo tremare come una foglia.
-Ora puoi chiudere.- disse una voce oltremodo seccata.
Jamie richiuse la finestra, voltandosi e lanciandosi occhiate tutt’intorno. Non vedeva Jack.
-Non fare quella faccia.- lo rimbrottò l’altro. –Lo so che non credi più in me.
-Cosa ti aspettavi?- sbottò Jamie. –Non sai quanto vorrei riuscire a vederti, così da poterti prendere a calci.
-Non fare l’arrabbiato adesso…
-Zitto Jack! Non hai il diritto di dirmi simili cose. Non solo due anni fa te ne sei andato senza neppure salutarmi, senza degnarmi di uno straccio di spiegazione, ma l’anno scorso non ti sei fatto vedere neanche per sbaglio. Secondo te adesso dovrei mostrarmi felice, e magari correrti incontro e abbracciarti?
-No.- rispose cupamente. –Ma magari non umiliarmi facendomi retrocedere a questo stato di invisibilità.
-Te lo sei cercato!
-Avevo bisogno di tempo, Jamie!
-Hai avuto un anno intero, stronzo. Lo sai che io vivo aspettando dicembre, perché tu arrivi e stia con me. E’ spietato ciò che mi hai fatto l’anno scorso. Mi hai lasciato solo come un cane, dopo che ti avevo detto cosa provavo, e non sei più venuto a cercarmi. Ho creduto che mi avessi abbandonato.
-Tu mi avevi spiazzato con quella dichiarazione! Ho pensato che un anno senza Jack Frost tra i piedi potesse aiutarti a schiarirti le idee.
-Lascia che sia io a decidere se voglio schiarirmele o no, brutto egoista.
Alle sue parole seguì un lungo attimo di silenzio. Jamie pensò che Jack se ne fosse andato di nuovo.
-Mi dispiace, Jamie.- disse infine la voce, accoratamente. –Io non ho mai voluto ferirti o procurarti dolore.
-Ma lo hai fatto quando hai deciso di comportarti da cacasotto. Pur di non affrontarmi hai preferito sacrificare l’intera città. Hai deluso decine e decine di bambini, che adesso, per inciso, non possono più vederti.
-Jamie, tu forse non hai capito che quando si tratta di te, gli altri bambini non mi interessano.- sputò fuori Jack, a Jamie stavolta sentì la voce molto più vicina di prima, abbastanza da poter allungare una mano là dove era sicuro trovarsi il Guardiano.
-Preso.- constatò Jack con tono neutro. –Mi stai trafiggendo il cuore.
-In senso letterale.- ribatté Jamie acidamente.
Jack sbuffò nervosamente.
-Potresti sforzarti di credere in me? Non mi piace sentirmi insignificante.
-Devi guadagnartelo, Jack. Così è troppo facile.
-Diamine, Jamie!- mugolò Jack, fiaccato.
-Perché sei tornato dopo due anni?
-Perché avevamo lasciato una questione in sospeso.
-Oh, e sua grazia si è degnata di considerare il povero idiota che gli si è dichiarato due anni fa?
-Jamie…
-E dunque, cos’hai da dire dopo tutto questo tempo?
-Veramente sono venuto qui per sapere se tu hai qualcosa da dire.
Jamie guardò nella direzione da cui proveniva la voce, sorpreso.
-Io? Perché io avrei qualcosa da dire?
-Beh, sai…in due anni i sentimenti possono mutare...
Jamie incrociò le braccia al petto, profondamente offeso.
-Io non sono volubile come te, Jack. Quando dico a qualcuno che lo amo, è perché lo penso davvero, anche se quel qualcuno è un irriducibile bastardo con la sindrome di Peter  Pan.
-E’ la mia natura. Lo sai anche tu che il mio Centro, il mio punto di forza, è il divertimento.
-Ed è sempre il divertimento che due anni fa ti ha fatto fuggire a gambe levate da me?
-Dio Jamie, ti prego! Mi dispiace, ma anche io ho sofferto per la tua lontananza.
-Certo, e infatti ho visto come l’anno scorso ti sei precipitato!
-Sono tornato quest’anno, Jamie. Mi dispiace di non averlo fatto prima, ma non sapevo come comportarmi.
-Bene. Adesso invece lo sai?
-No.
-Ok. Grandioso.
-Ma non sarei riuscito a restare lontano un altro anno. Jamie, mi sei mancato davvero. Tu sei stato il primo bambino a credere in me, e sei stato il primo amico che ho avuto al mondo. Mi dispiace immensamente se ti ho trattato come un bambino anche quando sei cresciuto, ma tu ai miei occhi sarai sempre Jamie, il mio ragazzino, il mio compagno di giochi, il mio migliore amico.
-Ti ho già detto che non voglio più essere solo questo.
-Lo so.
-E allora?
Non gli giunse risposta. Jamie attese una manciata di secondi, prima di sussultare, quando qualcosa di freddo e impalpabile (una mano?) si posò sulla sua guancia, accarezzandola lievemente.
L’istante successivo, Jack posò le labbra sulle sue.
Jamie sgranò gli occhi, colto alla sprovvista. Stava baciando l’aria, ed era una sensazione stranissima, che non era sicuro di poter gestire. Nonostante non vedesse niente, non riusciva neppure ad aprire le labbra, perché avvertiva una strana pressione su di esse.
Con l’aiuto delle mani, riuscì ad afferrare la felpa di jack, allontanandolo da sé. Rimase a osservare il vuoto per una manciata di secondi, mentre Jack restava in silenzio, in attesa di una sua reazione.
Poi, senza più riflettere, agguantò Jack nel punto in cui probabilmente si trovava il collo della felpa, trovandolo, e attirandolo a sé. 
Fu una collisione.
Ma si baciarono.
Nell’istante in cui le loro labbra si toccarono, Jamie schiuse la bocca, tirandosi addosso Jack, cercando di trovare un appiglio in mezzo a quel mare di vuoto. Percepì che Jack stava per perdere l’equilibrio, e istintivamente fu portato a circondargli la vita con un braccio, per riuscire a sorreggerlo.
Jack si aggrappò con entrambe le mani alle sue braccia, e il primo, nebuloso pensiero di Jamie fu che doveva aver gettato il bastone da qualche parte per poterlo toccare senza alcun impaccio.
Il secondo pensiero invece andò alle labbra di Jack. Erano morbidissime, e fresche, non gelide.  Sapevano di acqua, e avevano il tenue profumo frizzantino della neve.
Finalmente, fu l’unico pensiero che riuscì a formulare nella mente. Finalmente.
Quando riaprì gli occhi, Jack era davanti a lui. Jack Frost, in carne e ossa.
-Mi credi di nuovo, vedo.- osservò il Guardiano abbozzando un sorrisetto.
-Sta zitto.- sbottò Jamie, agguantandolo ancora e tornando a baciarlo. Dio, da quanto tempo sognava di farlo!
E quanto gli era mancato Jack, il suono della sua voce, e il tocco gentile delle sue mani. Mani che in quel momento si erano aggrappate al suo maglione come se fosse stato un’ancora di salvezza.
-Tu sei il mio appiglio nel mondo.- sussurrò affannosamente Jamie , soffiando sulle labbra dell’altro.
-Jamie…lo sai che è sbagliato.- mormorò Jack di rimando.
-Non mi importa.
-Io sono più vecchio di te.
-Io sono più alto.
Lo sbuffo di Jack lo rincuorò appena.
-Tu…morirai.
-Lo so.
-Io rimarrò giovane per sempre.
-Grazie per avermelo ricordato.
-E soprattutto…ci potremo vedere solo una volta all’anno.
Jamie deglutì, forzandosi ad aprire gli occhi. Prevedibilmente, i suoi incontrarono quelli tempestosi di Jack, che lo stava scrutando come se si aspettasse che gli esponesse un’idea brillante con cui risolvere la situazione.
Jamie però non aveva idea di come affrontare un simile faccenda. Purtroppo non gli era mai capitato di trovarsi in simili frangenti.
-A me basta sapere che mi appartieni.- sibilò guardandolo negli occhi. -Voglio questa certezza. Tutto il resto può andare all’inferno.
Jack rimase appoggiato contro di lui, allontanando appena la testa per riuscire a guardarlo meglio negli occhi.
-Jamie, è sempre stato così. Sin da quando avevi otto anni. Io sono sempre stato tuo, e di nessun altro.
Jamie sollevò le mani, appoggiandole sulle spalle di Jack e attirandolo inevitabilmente verso di sé.
-Non voglio che tu mi appartenga come amico, Jack. Sei sempre stato mio amico, ma io da te voglio più di questo.
Un sorriso sornione si aprì sul volto di Jack, mentre la sua mano destra correva alla testa del ragazzo, scarruffandogli tutti i capelli.
-Ti amo anch’io, Jamie.

*    *    *    *

Oddio, sì, non ce l'ho fatta, dovevo per forza scrivere qualcosa su di loro! li trovo così dolci insieme*-*
spero vi sia piaciuta la storia, è una ff senza molte pretese, ma fatta con amore.
hola!




 

 
 

 
 

  
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