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Autore: kajie    21/12/2012    4 recensioni
Avvisi: Angst, Adult Content, AU, OOC, Character death, Twincest (BillxTom - Don't like don't read)
“Aprì il libro dove vi era riposto il piccolo segna libro, un fiore, appassito, regalatogli da quelle manine piccole e delicate che per tanti anni le avevano accarezzato le guance e che poi avevano sfiorato la loro stessa pelle nei momenti più intimi che non avrebbero mai dovuto avere tra loro. Lo prese tra due dita e se lo portò al naso, inspirò lentamente quell'esile profumo che ancora persisteva attorno ai petali invecchiati e un sorriso spuntò sul suo viso bianco.”
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest
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Titolo: No more love to Breathe
Beta: †Odin's Nemesis†
Rating: R
Genere:  Angst,  Triste, Malinconico.
Avvisi: Adult Content, AU, OOC, Character death.
Disclaimers: Non possiedo né i Kaulitz né i Tokio Hotel, tutto ciò che ho scritto non è reale e non è a scopo di lucro.
Riassunto: Aprì il libro dove vi era riposto il piccolo segna libro, un fiore, appassito, regalatogli da quelle manine piccole e delicate che per tanti anni le avevano accarezzato le guance e che poi avevano sfiorato la loro stessa pelle nei momenti più intimi che non avrebbero mai dovuto avere tra loro. Lo prese tra due dita e se lo portò al naso, inspirò lentamente quell'esile profumo che ancora persisteva attorno ai petali invecchiati e un sorriso spuntò sul suo viso bianco.
 
 
     
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No more love to Breathe
 
 
Ove c'è molta luce, le ombre sono più profonde.
Johann Wolfgang Goethe
 
 
Soffiò lentamente sul coperchio dello scatolone sollevando la polvere che vi si era posata durante quei lunghi anni passati in cantina, avvolto tra le tenebre e mai nessuno che vi aveva gettato l'occhio giusto di sfuggita in quel lasso tempo; ora però, dopo esattamente dieci anni, un moto di malinconia aveva afferrato il cuore di Simone costringendola a salire le rampe delle scale di quella casa troppo vuota per lei, ma che racchiudeva troppi ricordi dai quali non voleva staccarsi.
 
 
Posò la scatola sul tavolo del salone anch'esso troppo grande e levò il coperchio posandolo accanto, sospirò prendendo tra le mani un vecchio libro di favole, quello che gli aveva sempre letto durante le notti della loro infanzia, sopratutto quando gli occhi di uno dei suoi due gemelli si riempiva di piccole lacrime per colpa della maligna paura o tristezza.
 
 
Aprì il libro dove vi era riposto il piccolo segna libro, un fiore, appassito, regalatogli da quelle manine piccole e delicate che per tanti anni le avevano accarezzato le guance e che poi avevano sfiorato la loro stessa pelle nei momenti più intimi che non avrebbero mai dovuto avere tra loro. Lo prese tra due dita e se lo portò al naso, inspirò lentamente quell'esile profumo che ancora persisteva attorno ai petali invecchiati e un sorriso spuntò sul suo viso bianco.
 
 
Lo ripose tra quelle pagine tornando poi a sfogliarle lentamente, percorrendo con la punta del dito indice le frasi delle storie magnifiche e dolci che conosceva già di suo a memoria; mai avevo osato dire di 'no' ai suoi figli quando le chiedevano di rileggerle per l'ennesima volta, per l'ennesima notte, provando, chissà come, sempre la stessa emozionante pace.
 
 
Chiuse il libro nello stesso istante in cui abbassò le palpebre catturando le lacrime tra le lunghe ciglia coperte di mascara, un sospiro tremulo fuoriuscì dalle sue labbra dissolvendosi nel silenzio della casa. Era tutto così vuoto, tutto privo di senso senza di loro. Piegò la testa di lato quando un dolce ricordo percorse la sua mente.
 
 
«-Mamma, mamma. La rileggi la storia del principe e della principessa delle rose?- Pigolò il bambino dai capelli neri come la pece che, illuminati dalla lampada posta sul comodino accanto al suo letto, guadagnavano delle leggere sfumature marroni.
-No, io voglio quello dei tre moschettieri.- Replicò l'altro bambino nel letto affianco. Quest'ultimo aveva dei piccoli e sottili rasta dorati che gli ricoprivano il capo e ogni tanto, quelli più ribelli, andavano a ricoprirgli il viso.
-Tomi, per favore.- Pigolò ancora il moro guardando il fratello con gli occhi lucidi.
Il fratello maggiore arricciò le labbra stringendo tra le dita la trapunta blu che riscaldava il suo corpo, ci pensò qualche secondo senza mai staccare i suoi occhi da quelli del gemello e poi annuì sorridendogli. Senza aspettare altro Simone aprì il libro alla pagina della storia richiesta dal bambino più piccolo accarezzando, come sempre, la figura della principessa che raccoglieva una rosa e la gettava nel fiume per arrivare sull'altra sponda dove il suo amato la guardava triste. Quando stava però per iniziare a raccontare il moro saltò fuori dal letto e a piedi scalzi corse fino al letto del fratello, saltò su questo infilandosi rapidamente sotto le sue lenzuola, aggrappandosi al petto di quello e posandoci sopra la testa. La madre li guardò intenerita mentre Tom ridacchiando piano accarezzava la guancia del gemello. Potevano sembrare così uguali ma ugualmente diversi.
-Bill quando imparerai a lasciare stare tuo fratello?- Domandò dolcemente la donna alzandosi dalla sedia e portandola accanto al letto di Tom. Il moro non le rispose e chiuse solamente gli occhi aspettando che la sua voce, rassicurante, leggesse le parole della sua favola preferita.»
 
 
Forse se non li avesse mai lasciati dormire assieme, se li avesse sgridati quando ritrovava uno dei due nel letto dell'altro quando questo stava male, se li avesse separati ogni qual volta stavano troppo tempo insieme, loro non sarebbero arrivati a quella soluzione; forse lei non avrebbe fatto quella terribile scelta.
 
 
Strinse il libro al petto baciandolo appena, poi lo posò sulle gambe e tornò a frugare nella scatola osservando la piccola girandola per il vento, la sollevò da sotto il maglione nero, il preferito di Bill, e la fece girare osservando quei mille colori che diventano uno solo, proprio come avevano fatto i suoi figli: da due persone erano tornate ad esserne uno. Tremò visibilmente quando il vento proveniente dalla finestra aperta fece danzare le tende color rosa salmone. Posò la girandola sul tavolo e si avvicinò alla finestra, chiuse i vetri per poi posare le mani sul ripiano guardando il giardino che, se pur verde, sembrava spoglio come gli alberi in autunno.
 
 
«Bill aveva appena lanciato a Tom una palla di neve che lo aveva raggiunto in pieno viso facendolo cadere per terra, il moro era scoppiato a ridere indicando con un dito il fratello ancora per terra; dopo alcuni minuti, non vedendolo ancora muoversi, chiamò con voce spezzata il suo nome. Corse fino a lui per poi gettarsi sulle ginocchia al suo fianco, lo aveva afferrato per le spalle scuotendolo disperato, non voleva far del male al suo Tomi, ma quando meno se lo aspettava gli occhi di Tom si aprirono e un sorriso perfido spuntò facendo tremare Bill. Il volto del gemello minore presto venne ricoperto dalla soffice e gelata neve che lo fece scattare all'indietro come un gatto appena bagnato. Il rasta rise e lo afferrò dalle spalle facendolo cadere sulla schiena, iniziarono a rotolarsi sulla neve che intanto bagnava e impregnava i loro vestiti. Quando si fermarono, Bill sotto il fratello con le braccia attorno al suo collo, si guardarono per alcuni attimi finché Tom non si sporse facendo sfregare le punte dei loro nasi e ridacchiarono entrambi.
Simone guardò la scena dalla finestra del salone stringendosi le braccia e sorridendo a quella scena così allegra, se solo fosse rimasta qualche altro attimo avrebbe visto che i suoi figli, entrambi rossi in viso avevano posato castamente, per qualche istante, le loro labbra le une sulle altre, abbracciandosi subito dopo.»
 
 
Se solo fosse rimasta, se solo avesse osservato con più attenzione cosa stava succedendo ai suoi figli mentre lei vedeva semplici atti di amore fraterno, ma che nei cuori dei suoi gemelli si stava trasformando in qualcosa di più, in qualcosa di diverso, in quel qualcosa chiamato solo 'amore', li avrebbe potuti salvare dal loro triste destino.
 
 
Tornò al tavolo e accarezzò velocemente lo scatolone risalendo ancora le scale; questa volta andò verso la loro stanza, girò la chiave anch'essa impolverata nella serratura e aprì la porta facendola cigolare. Quanti anni aveva dovuto attendere affinché quel senso di terrore diventasse una soffice sensazione? Troppi, pensò ma scosse la testa, non voleva ripensare ai suoi vecchi pensieri, voleva solo ricordare i suoi figli. Si sedette sulla sedia della scrivania di Bill e osservò il piccolo cuore inciso sul legno di essa, sotto la punta del disegno, due piccole 'B e T' erano state segnate e passandoci sopra la mano poté sentire la cera dissolversi in quel punto, era stato ripassato chissà quante volte.
 
 
Fece vagare velocemente gli occhi sulla pila di libri che riempivano i ripiani posti davanti a lei e sorrise trovando che lei e suoi figlio avevano sempre avuto la stessa passione per essi, una strana coincidenza nell'amare gli stessi autori. Corrugò la fronte e sporse la mano tirando fuori un libricino più piccolo ma dovette ricredersi quando lo ebbe tra le mani, non era un libro ma un semplice quaderno. Lo posò sulla scrivania e si sorresse la testa con la mano aprendo una pagina a caso, per poi iniziare a leggere.
 
 
«Tomi è uscito con una ragazza mentre io sono qui in camera nostra a piangere, non so perchè sia così triste, dovrei essere felice per lui ma invece non lo sono, qualche giorno fa abbiamo fatto quattordici anni eppure vorrei tornare ad averne sei, sembrava tutto così semplice e non avevo questi pensieri e problemi che ora mi attanagliano mattina e sera, vorrei poter dormire ogni notte con il mio fratellone e posare la testa sul suo petto.
 
Quando ho posato la biro sul quaderno il tappo era leggermente mangiucchiato, era una mia mania farlo quando ero nervoso; sentii il tocco ruvido di due mani che si posarono attorno al mio collo iniziando a massaggiare lentamente le mie spalle e sussultai, anche se conoscevo già la persona che era dietro di me. Chiusi il quaderno per paura che potesse leggere cosa avevo scritto qualche minuto prima e alzai gli occhi guardando mio fratello.
-Già a casa?- Chiesi dolcemente posando la schiena contro la sedia.
-Era antipatica.- Rispose lui abbassandosi per posare un bacio sul mio capo.
Mi sono alzato di scatto e l’ho abbracciato, non so perchè ma ho sentito il bisogno di farlo. Ho affondato il volto nei suoi rasta che sanno di cocco e con le mani che mi tremavano ho stretto i suoi vestiti. Lui mi ha stretto a sua volta per poi alzarmi il viso, mi ha guardato a lungo e mi ha preso subito dopo il mento tra due dita andando a posare un piccolo bacio sulle mie labbra, l'ho guardato confuso ma lui mi ha solo scompigliato i capelli per poi lasciarmi qui, solo in camera. Mi sono riseduto sulla sedia e ho ripreso la penna in mano giusto per scrivere quello che mi è appena successo, non posso nascondere però neanche a questo foglio che appena Tom è uscito dalla stanza mi sono leccato frettolosamente le labbra, prima che il suo sapore su esse scomparisse. Non so cosa mi sta succedendo, so che c'è qualcosa che fa battere il mio cuore quando è al mio fianco...»
 
 
-Forse sento qualcosa per mio fratello.- Lesse ad alta voce Simone mordendosi il labbro inferiore.
Sospirò abbassando la testa continuando a sfogliare quelle pagine leggermente ingiallite ai bordi, su alcune l'inchiostro della penna era stato sbavato per colpa di alcune lacrime e l'alone che avevano lasciato sembrava ancora umido ai semplici tocchi della donna. Si girò con la sedia contemplando quella stanza buia, vuota e senza nessuno che ci si rinchiudesse dentro. Voleva indietro i suoi bambini, lo sapeva, ma ora loro non c'erano più e non poteva fare nulla per farli tornare da lei.
 
 
Le lacrime iniziarono a scendere sulle sue guance finendo lungo il suo esile collo e bagnando il bordo del maglione di lana, singhiozzò ad alta voce senza trattenersi, senza vergognarsi di se stessa, senza aver timore che i suoi piccoli gemelli arrivassero correndo da lei per abbracciarla, rassicurandola sul fatto che andasse tutto bene. Ma ora no, non c'era nulla che andava bene, niente più era apposto senza di loro.
 
 
Tirò su con il naso soffiando via le lacrime che erano arrivate sulle sue labbra, si asciugò con calma le guance con il dorso della mano sospirando rassegnata da quella situazione. Si alzò riprendendo in mano il quaderno che, però, sembrava più un diario; guardò i poster appesi al lato del muro di Tom andando a sedersi sul suo letto, poi spostò lo sguardo sulle miliardi di foto posterizzate attaccate alla parete sopra il cuscino, la maggior parte raffiguravano lui e Bill insieme, abbracciati, sorridenti, una in particolare la colpì, era posta nell'angolo più scuro, quasi era coperta dal materasso. Accese la luce sul comodino tossendo appena quando si piegò sul letto sollevando l'aria viziata racchiusa tra le molle del materasso, lo strinse con la mano e osservò la foto.
 
 
Era una semplice polaroid che raffigurava come le altre loro due, ma c'era qualcosa di più. Nella parte bianca c'era scritta una data: '22.05.04'. Bill era stretto tra le braccia del rasta e questo era con il braccio rivolto verso l'alto, sicuramente perchè aveva lui in mano la macchina fotografica, ma ciò che fece stranamente sorridere la donna fu che il volto del moro era completamente girato verso quello di Tom e le loro bocche erano attaccate, si stavano baciando ad occhi chiusi e le labbra erano comunque distese in un calmo sorriso. Erano così belli, ma perchè quella bellezza non l'aveva vista prima?
 
 
La tirò per un angolo staccandola dal muro e, stringendola tra le dita, riaprì il quaderno cercando quella data, l'angoscia di sapere cosa provavano i suoi figli era diventato quasi il suo bisogno più importante quel giorno. Si fermò alla pagina che segnava quella data e distese per bene le pieghe poiché era stata riposta male e si erano formate delle increspature con il lungo passare del tempo poiché nessuno si era messo a risistemarle.
 
 
Fece un lungo sospiro sollevando le spalle per poi farle riscendere sensualmente proprio come aveva sempre fatto Bill, era uno di quei piccoli movimenti che aveva preso da lei e quando si guardava allo specchio, rivedeva i suoi angeli. Abbassò lo sguardo sulla calligrafia del figlio tornando a leggere.
 
 
«Oggi Tom ha rifiutato l'invito della ragazza più bella del liceo, lo ha fatto davanti ai miei occhi e non ho capito il perchè, le era sempre piaciuta ma è da un po' di tempo che non fa altro che stare con me, e io... mi sento così felice, lo ammetto. Amo stare con mio fratello e forse amo proprio lui. Appena tornati a casa la mamma non c'era, come al solito era al lavoro e io e Tomi ci siamo rifugiati velocemente nella nostra camera, lui si è seduto sul suo letto e tirandomi per un polso mi ha fatto sistemare tra le sue gambe, mi ha stretto forte a sé e mi sono sentito così fragile e caldo, lui mi ha guardato e ha tirato fuori la vecchia macchina fotografica di papà, mi ha guardato e ho fatto lo stesso. Ho allungato la mano e l'ho posata sulla sua spalla stringendo tra le mie dita la sua maglia mentre lui, dolcemente. Ha insinuato la mano sotto la mia felpa accarezzando lentamente il mio fianco, ho chiuso gli occhi sorridendo a quei tocchi. Quando stavo giusto per riaprirli e guardarlo, ho sentito il suo respiro fresco contro le mie labbra. Decisi di aspettare la sua bocca ma non arrivava, percepivo il suo cuore battere veloce e le sue labbra a pochi centimetri dalla mie, mi sono armato di coraggio e puntandomi con i piedi contro il materasso mi sono sporto e l'ho baciato, posso ammettere di averlo sentito sospirare di piacere e la sua presa sul mio fianco si è fatta più stretta; poi, il rumore del flash della macchina fotografica mi fece rilassare. Quando mi sono staccato il viso di mio fratello era completamente rosso e anche il mio, senza dubbio, mi sentivo andare a fuoco. Lui non mi ha detto niente, ha solo preso la fotografia, l'ha agitata per poi mostrarmela quando apparimmo noi due, il sorriso che c'era sui nostri visi era lo stesso che avevamo mentre la guardavamo.
-Sei così bello.- Sussurrò Tomi al mio orecchio dolcemente.
Non so che fine ha fatto quella foto, forse mio fratello l'ha nascosta ma non mi interessa, oggi quel bacio e quelli che sono venuti subito dopo la foto mi hanno fatto capire che probabilmente io amo mio fratello.»
 
 
A Simone si oscurò il volto, non riusciva a capire in pieno il loro amore però non riusciva più a sentire quell'odio che aveva provato verso esso. Voltò la testa e si lasciò ricadere i capelli di lato per poi farsi indietro, posando la schiena per farla aderire al letto. Guardò il muro senza un perchè, senza sapere nemmeno lei per quanto tempo.
 
 
“Una madre per quanto possa non andare d'accordo con le decisione del proprio figlio, per quanto possa credere che le sue idee siano stupide o sconsiderate deve lasciarlo andare, deve lasciarlo vivere; nessuna persona ha il diritto di distruggere qualcosa, di considerare stupido ed insignificante qualcosa, sopratutto se la persona che tiene a ciò è tuo figlio. Nemmeno tu, madre, hai il diritto su ciò che lui sente e vuole.”
 
 
Le parole della madre di Simone echeggiarono nella sua testa come il dolore attanagliava il suo cuore; si portò una mano alla fronte al di sopra della frangetta bionda sulla quale brillava qualche capello bianco. Perchè quei pensieri non le erano riapparsi prima? Ancora, perchè i ricordi non erano arrivati in tempo?
 
 
Un altro sospiro tremulo scappò dalla sua bocca, chissà quali suoni avevano sentito quelle quattro mura, chissà di quali emozioni erano ricoperte. Si stese completamente su quel letto posando la testa sul cuscino morbido sul quale Tom aveva riposto ogni notte il suo dolce viso e che, chissà, forse i suoi due gemelli avevano coperto insieme, sorridendo beati, l'uno tra le braccia dell'altro.
 
 
La chitarra del rasta era ancora riposta verticalmente, fuori dalla sua custodia, sulla sedia vicino al balcone miserabilmente chiuso a chiave, facendo leva sulla mano e gamba destra si sollevò debolmente dal letto, andò verso il balcone e tirò la corda per aprire la tenda bianca guardando la piscina. Sussultò appena la vide, forse era per quella visione che non aveva osato tirare quella tenda, entrare in quella stanza, aprire quella scatola di ricordi.
 
Soffocò un gemito di dolore ma una fitta dritta al petto la costrinse e posare una mano sul la portafinestra per sostenere il suo peso, Dio, le sembrava di cadere in un buco nero. Si sentiva senza l'aria, loro erano stati la sua fresca brezza che la rendevano felice e aveva rovinato tutto per paura, per la sua oscura cecità nel non vedere quella bellezza che erano con il loro sentimento.
 
 
Sentiva di nuovo le lacrime agli occhi, voleva rimandarle indietro eppure voleva continuare a versarle per far capire forse a se stessa che ora, ora aveva compreso, ma a che sarebbe servito? I suoi gemelli non erano lì per vederla, no, non erano con lei... Però erano assieme, almeno di questo era felice, sapeva che nessuno dei due sarebbe sopravvissuto senza l'altro, l'aveva visto quando erano scappati mano nella mano piangendo e dicendole comunque che le volevano bene. Li aveva condannati lei stessa alla loro morte.
 
 
Schiuse le labbra respirando contro il vetro che si appannò velocemente, l'umidità proveniente da fuori e il calore dei termosifoni in casa creavano una bolla perfetta che la faceva sentire quasi inesistente, le sembrava di toccare uno stupido ed esile involucro in cui più niente era rimasto. Guardò l'acqua nella piscina ondeggiare lentamente spinta dal vento, il sole era pallido e brillava attraverso la nebbia che coprivano il resto della città, non riusciva a vedere aldilà del suo stesso giardino.
 
 
Tristemente si staccò dalla porta finestra sentendo il dolore al petto lentamente diminuire ma non scomparire, era sicura che mai lo avrebbe fatto ma era un modo, secondo lei, per sentire qualcosa, per credere almeno un po' che esisteva ancora. Il dolore era un modo per vivere, per sentirsi gradualmente in pace anche se non l'avrebbe mai raggiunta finché non fosse morta, ne era certa, di queste sue convinzioni ne era più che sicura. Nella morte li avrebbe rivisti e anche se non la perdoneranno, pensò, sarebbe stata felice comunque.
 
 
Si risedette sul letto e riprese tra le mani la foto e il quaderno, andò avanti di qualche anno, giusto a uno prima della loro morte e ridacchiò amaramente vedendo una pagina piena di cuori, di nuovo portò gli occhi su quel ricordo non suo, ma che lo sarebbe stato ben presto.
 
 
«Il peso del corpo di Tom era qualcosa di indescrivibile, sentire le sue mani sfiorare lentamente le mie cosce mentre le sue labbra fameliche ricoprivano ogni centimetro del mio corpo, ricordarlo mi manda ancora in estasi. Ripensare a questa notte, a quello che è successo mi fa ridere e piangere, vorrei mostrare a tutti la dentatura di mio fratello incisa sulla mia clavicola, il suo sudore ancora mischiato con il mio, i suoi ansimi di piacere unirsi con i miei mentre si sollevano tra le lenzuola del mio letto fino al muro della nostra camera. Vorrei far conoscere al mondo il suo sapore, ma sapere che i suoi sguardi pieni di calore e passione saranno solo miei, che le sue dita intrecciate tra i miei capelli mentre l'ennesima spinta mi faceva gemere di piacere, mentre le mie labbra dischiuse lambivano il suo collo e i suoi rasta si sfregavano contro le mie spalle ondeggiando proprio come faceva lui su di me, non saranno di nessuno; mi rendono pazzo di gioia. Può sembrare terrificante il pensiero di non essere più vergine, di aver perso quella purezza nata con me e con lui, ma fa ugualmente terrore sapere di aver perso tale stato di castità con Tom, con mio fratello e, a parte tutto, è stato il momento più bello della mia vita.»
 
 
La gola di Simone si seccò all'improvviso mentre gli occhi si spalancavano e le mani stringevano debolmente quel quaderno finché esse non persero del tutto la presa facendolo cadere per terra ai suoi piedi. Sussultò da sola guardando quelle pagine chiuse male e la raccolse alla svelta sentendo l'amaro in bocca, forse era sbagliato ciò che avevano fatto ma perchè le parole del suo Bill la rendevano felice fino alla nausea? Non poteva sopportare se stessa per avergli rubato quelle emozioni.
 
 
No, non l'avrebbero mai perdonata, poteva ripeterselo fino allo sfinimento, ma una parte di lei voleva il contrario, desiderava che la perdonassero, voleva solo quello.
 
 
La donna riprese a sfogliare per fermarsi alla pagina di prima, prese la foto di loro due che si baciavano e la mise tra quella pagina piena di cuori e quella precedente sulla quale era disegnata una faccia allegra, poi cambiò pagina. Era giusto che quei due ricordi stessero assieme, proprio come loro due avevano scelto di fare.
 
 
Si alzò dal letto e uscì dalla camera, richiuse a chiave la porta osservando un ultima volta quegli oggetti, quelle cose da lei regalate e mai più usate da nessuno, con un brivido abbassò la testa e tornò sui suoi passi. Discese lentamente le scale fino a tornare in salone dove quello scatole la stava aspettando, da solo, come a ricordargli il suo stato di donna sola in quella casa. Risedendosi alla sedia ricominciò a guardare il diario del figlio.
 
 
Le ultime pagine erano ricoperte di sbavature, così tante lacrime nere e tante volte ripetute le parole 'mamma' e 'ho paura che ci divida'; suo figlio sapeva come si sarebbe comportava ancora prima che i sospetti iniziali di lei diventassero quel giorno realtà? Leccandosi le labbra osservò da loro foto di famiglia, l'ultima che avevano fatto, appesa alla parete di quella sala e trasalì notando come i due ragazzi diciottenni stessero abbracciati teneramente e lei sorrideva abbracciando loro due.
 
 
Perchè si distrugge la felicità quando è la cosa che più si desidera? Non lo sapeva nemmeno lei ma scosse la testa mandando via quei pensieri, non aveva risposte, aveva solo domande che non le servivano a nulla se non a farla sentire ancora più male. Ritornò al diario osservando che l'ultima pagina era vuota, c'era solo una busta con su scritto la parola 'mamma'. Si morse le labbra e l'aprì lentamente avendo paura di cosa avrebbe potuto trovare scritto su quel foglio sottile che vi era dentro, l'idea che suo figlio veramente sapesse cosa lei avrebbe fatto ormai era diventata una certezza.
 
 
Poche righe, piene di amore.
 
«Cara mamma, se hai trovato questo diario è perchè l'ho lasciato ben in mostra, ero certo che avresti guardato i miei libri e se stai leggendo questa lettera è perchè tu ti sei messa senza dubbio contro me e Tom, contro il 'noi', ma sappi che ad ogni modo non ce l'ho con te e che ti voglio bene, ma te l'avrò detto prima di andare via con lui, ne sono sicuro, non scapperei senza dirtelo. Non pretendo che tu ci capisca o che approvi anche se lo avrei voluto, è ovvio no? Non pensare che il gesto che abbiamo fatto sia stato per colpa tua, era una nostra decisione, questo mondo era troppo piccolo e non saremmo mai potuti esistere se non per come Bill e Tom Kaulitz, come tuoi figli. Scrivo questa lettera anche per mio fratello che è qui vicino a me. Ti saluta e no, non scoppiare a ridere piccola batuffola bionda. -in quel momento Simone rise comunque- sicuramente ci avrai trovato tu, ammanettati alla scaletta della piscina, sott'acqua, mano nella mano, ti dico che siamo morti baciandoci perchè era così che lo faremo. Sembra così stupido stare a dirti cosa faremo o cosa abbiamo già fatto ovviamente, ma non piangere per noi -le lacrime sul volto di lei scesero- ti vogliamo bene e sei sempre la nostra mamma. Ci vedremo in un mondo tutto nostro, dove saremo insieme come il principe e la principessa delle rose che per incontrarsi, finalmente, hanno scelto il sonno eterno per essere per la prima volta nello stesso posto. Anche a noi tre succederà, ne sono certo. Ti amiamo mamma, così come ci amiamo noi.
Addio.»
 
 
Simone portò al petto la lettera scoppiando a piangere come una bambina, Dio, il suo piccolo artista era sempre stato così saggio, più di lei, più di qualsiasi altra persona abbia mai conosciuto. E lei gli aveva rubato la vita. Tremò convulsamente strizzando gli occhi, ormai il suo trucco era scomparso e quel poco che ne era rimasto era leggerissimo. Richiuse con le mani bagnate dalle sue lacrime la lettera riposandola nella busta e poi nel diario, ne baciò la copertina e posò delicatamente il tutto nella scatola ancora aperta. Guardò quegli oggetti vecchi, pieni di ricordi e sospirò abbattuta, gli mancavano così tanto.
 
 
Sorrise ripensando alle parole appena lette e sollevò gli occhi sulla loro foto, forse non l'avevano davvero odiata così tanto e anche lei non avrebbe dovuto farlo, forse avrebbe potuto accettare il suo errore e attendere quel posto che il figlio le aveva promesso. Forse avrebbe potuto tornare a sognare come una bambina respirando le risate dei suoi figli che si amavano, che le volevano bene e che la stringevano in un abbraccio. Forse avrebbe potuto respirare il loro amore facendolo diventare suo, facendo diventare loro stessi la sua aria e finalmente essere tutti insieme una famiglia felice; era quello il candido e fugace pensiero che passò lentamente per la mente di Simone mentre chiudeva quello scatolone, senza però dire addio a loro e ai loro ricordi.
 
 
 
 
 
Note dell'autrice: Il finale è ispirato al fil/cortometraggio che si intitola "Starcrossed" -che invito tutti a vedere-; questa storia l'ho scritta quasi tre anni fa e l'ho dedicata a una delle mie più care amiche Nem, che ha anche betato la storia. Non ho molto da dire se non che spero vi sia piaciuto e che non troviate molti errori >///< in caso gomenasai (mi dispiace in giapponese). Spero in qualche recensione, va bene sia positiva che negativa, basta che non sia sull'offendere il Twincester c:
Grazie mille se avete letto ad ogni modo Sayounara!
   
 
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