Memories.

 

“…where are you and I'm so sorry
I cannot sleep I cannot dream tonight
I need somebody and always
This sick strange darkness
Comes creeping on so haunting every time
And as I stared I counted
The Webs from all the spiders
Catching things and eating their insides
Like indecision to call you
and hear your voice of treason
Will you come home and stop this pain tonight
Stop this pain tonight…”

 

9 giugno.

Una canzone inglese trasmessa da una radio lontana. Ascolto in silenzio, immerso nel fumo grigio e triste della mia sigaretta. Seduto a terra, la schiena contro il muro. Sembro un drogato.

Anzi, diciamo che lo sono. Drogato di amore. Drogato di lui.

Dio come sono patetico. Eppure è stata colpa mia.

Tiro una boccata dalla mia sigaretta -quello che ne rimane- . Penso. A lui.

Non so precisamente perché ci stia pensando. Forse -anzi, certamente- perché è il suo compleanno.

Il suo compleanno…

 

“Yuu!Finalmente sei arrivato!!”

“Scusa bimbo. Il solito traffico di Tokyo.”
Scendo dalla mia moto e vado verso lui. E’ sceso ad aspettarmi fuori casa sua. Dio, quanto lo amo.

“Dimmi,perché mi hai invitato a casa tua oggi…?”

Dico mentre vado verso lui. Lui fa una smorfia.

“Il 9 giugno.”
“Non mi dice niente questa data.”

Lui mi mostra la lingua ed è allora che lo tiro a me e lo bacio.

“Auguri, bimbo…”

 

Schiaccio il mozzicone di sigaretta nel posacenere. Ricordi. Quanti ricordi.

E’ inutile costringermi a non pensarci, quando in questa casa tutto parla di lui. Io stesso parlo di lui.

Se sono quello che sono ora…è merito suo.

La solita storia…la ragazza cosiddetta “bene” e il “poveraccio”. Solo che qui eravamo due ragazzi.

 

 

“Se rientra mio padre mi caccia di casa…”

Un bacio.

“Verrai a stare da me…staremo stretti ma almeno avrai dove andare…”

Un gemito soffocato tra le labbra.

“Ti amo.”

Una risata.

“Anche io…”

 

Mi prendo la testa tra le mani. Mi alzo da terra e con ancora una mano tra i capelli mi dirigo in cucina. Mi verso un bicchiere d’ acqua. Guardo la superficie trasparente del liquido.

L’acqua presto diventa salata. Stupide lacrime.

Perché fa così maledettamente male? Ho deciso io così.

 

“Ma spiegami almeno perché!”
“Perché è meglio così, Kouyou. Per te e per me.”

Silenzio interrotto qualche secondo dopo.

“Guardami in faccia e dimmi che non mi ami.”

“Non ti amo.”

“…”

 

Il bicchiere è in pezzi a terra. L’acqua e il vetro giocano con i riflessi della luce e danno vita ad un allegro caleidoscopio di colori.

Cos’è questo male al cuore? E’ impossibile, io un cuore non ce l’ho.

L’ho lasciato così. Gli ho detto che non lo amavo.

Mi do uno schiaffo sulla fronte.

Stupido. Stupido. Stupido.

Devo vederlo. Devo.

Faccio la prima azione razionale della mia vita.

Cresci, Yuu.

Non mi importa se sono ridotto come un senza-tetto, con la barba incolta e i vestiti scomposti.

Ama, Yuu. Conceditelo.

Non mi importa se mi picchierà, mi rivolgerà parole d’odio. Deve ascoltarmi.

Corro in strada, arrivo sotto casa sua. E’ affacciato alla finestra, lo sguardo perso tra i volti della gente che cammina sulla strada.

Poi mi vede. Sorride.

E scompare in casa.

Io suono al citofono, suono instancabilmente. La porta si apre. Corro in casa sua.

E’ sulla porta.

“Ti stavo aspettando.”

“Ti amo, Kouyou.”
“Lo so. Ti amo anche io.”

Sto per baciarlo.

“Sai che giorno è oggi…?”

“E’ il giorno dei ricordi. E’ il giorno in cui i sogni si avverano. Auguri bimbo…”