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Autore: LucyFire    21/12/2012    3 recensioni
L'amore è un sentimento umano. Entrambi però, umani ed amore, sono lo sfizio degli Dei immortali, che dall'alto della loro gloria guardano con disprezzo o curiosità la Storia.
Giudicano, compiono, aggiungono e rimuovono dal loro trono, discutendo con il destino, l'unico che non potranno mai eguagliare.
La loro sovranità regna sui cieli e la loro pigrizia sulla terra.
Testimonianze hanno portato ad un pensiero comune: chi possono essere queste figure descritte così sovrane di ogni tempo, così ineguagliabili? Eroi mitici? Persone con incredibile forza o intelligenza, che hanno portato loro a distinguersi dagli altri ai loro tempi e perciò descritti con l'appellativo di “dio”?
La mitologia sta in questo: non si crede, ma si fantastica.
Gli dei sono caratterizzati come estremi: o favorevoli agli umani o totalmente contrari, come può essere ad esempio Zeus.
Ma, gosh!, non che lui avesse tutti questi pensieri contrari ai mortali. In ogni testo epico/leggenda che sia, è descritto sempre e solo come un attaccabrighe, il quale divertimento più bello è procreare con le mortali. Quindi se se le portava a letto, tanto contrario non doveva mica essere teoricamente, ma sono dettagli.
Qui scriverò miti rivisti dal mio punto di vista.
LOVE MYTHOLOGY!
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sottofondo musicale: Linkin Park - "Castle of glass"

Anche se a qualcuno potrebbe non piacere il genere della canzone o il gruppo (Linkin Park), consiglio vivamente di usarla come colonna sonora (XD) perché io ho scritto il capitolo con quella sotto e credo che ci stia veramente da dio (tanto per rimanere in tema ahah :)). Se finisce prima che finiate di leggere (cosa sicura) rimettetela da capo. Davvero, la consiglio, se non si era capito.

Devo dire qualcos'altro?

Ah si, per chi è troppo sensibile o simile: non sono così tanto brava scrivere, quindi magari non ho descritto le scene con particolare bravura del genere (un bel po' macabro), ma il mito dice che Medea uccise il fratello più piccolo, buttando le sue ceneri in mare, per correre dal suo tesorino-eroe a cui non gliene fregava niente di lei.

Strucca strucca la storia è questa, io vi ho avvertiti. Ovvio che non mi considero così brava da far piangere disperato nessuno dopo aver letto il mio capitolo (o almeno potete sempre piangere, ma dal livello di schifezzerie), quindi se volete leggete pure voi... Vabbè, decidete voi e tanti saluti. Volevo solo spiegarvi il motivo per il quale ho messo bollino arancione.

Bhe, buona lettura!


 

 

 


MEDEA

Marchiata col sangue


 

Sorella, Medea!” Mi girai, vedendo un bambino dall'età di nemmeno dieci anni che mi stava inseguendo, pronto a eguagliarmi in qualunque cosa facesse.

Apsirto, sto passeggiando, non disturbarmi.” Si fermò, deluso dalle mie parole, ma per niente scoraggiato.

Come tutti i bambini della sua età era sempre vivace, pieno di allegria, e sprizzava costantemente gioia allo stato puro. Era tutto ciò che non ero io: bello, con i suoi capelli ramati e gli occhi del colore del regno del cielo, e sempre col sorriso in bocca. Aveva un che di affascinante che ammaliava anche gli svariati nobili con cui mio padre aveva a che fare, sebbene fosse ancora in giovane età; era inoltre l'idolo di molte ancelle e la bellezza della mia famiglia, insieme a mia sorella.

Una persona che non lo conosceva lo additava come un mortale con una bellezza seconda solo a quella di un dio. Alcuni lo consideravano Apollo o la sua reincarnazione, vista la sua singolare abilità nel sorridere costantemente.

Indubbiamente era mio fratello, ma non avevo nessun legame con lui se non quello della parentela. Stesso padre, stessi parenti, stessi occhi del colore delle profondità dell'oceano, ma, almeno da parte mia, nessun legame affettivo, se non è da considerarsi l'odio.

Ma era ovvio che non era solo l'aspetto la causa per cui mi sentivo inferiore a lui. Erano un'inseme di cose che, combinate, mi gettavano nell'oblio. Un esempio era il mio essere donna: lui, uomo, avrebbe avuto molta più influenza nel futuro e sicuramente più importanza, solo per una fortuna avuta alla nascita.

Però se lui aveva la bellezza, io avevo l'intelligenza. Due facce della stessa medaglia unite dal caso. Ero stata più volte descritta come una bellezza regale, ma sicuramente era più per il mio titolo di figlia del re, Eete, che altro. L'astuzia era la mia sovrana. Ogni cosa che pensavo non era mai lasciata al caso: tutto era calcolato, preciso, freddo, come la mia personalità.

Questo fino a che non arrivò lui. Dal nostro primo incontro non potevo fare a meno di pensare costantemente a quell'eroe al quale un dio gli aveva donato il mio cuore. Afrodite? Eros? Destino? Fatto sta che la sua brillantezza e bellezza mi avevano affascinata sin dal primo incrocio dei nostri sguardi.

Per quanto ogni tipo di emozione se non l'odio credevo fosse completamente inesistente nella mia vita, Giasone era il mio punto fisso, la mia nuova stella. Per lui avrei dato tutto: avrei rinnegato la mia famiglia, il mio popolo, la mia terra e la mia innocenza. Non per niente infatti fra le mani avevo una cosa a lui sacra: il Vello d'Oro.

Il pensiero che mi stesse sfruttando non mi era passato per la mente nemmeno una volta.

Stringevo quindi fra le mie mani un pezzo divino, inviato direttamente da Ermes a noi mortali, e stavo per donarlo a qualcuno, senza nemmeno pensare che potevo tenerlo per me. I suoi incredibili poteri si tramandavano da secoli e solo uno stolto avrebbe gettato quell'opportunità di essere il solo ad appropriarsene. Il Vello d'Oro era considerato una pelle dorata d'ariete, il quale era capace di volare, che aveva il potere dell'abbondanza, della rigogliosità e delle guarigioni. Sentivo il calore tipico della magia arcaica formata prima della nascita stessa degli dei, quando ancora regnavano i Titani insegnatami da mia zia, la potente maga Circe.

Comunque fosse, a lui serviva per riscattare il suo orgoglio e il mio amore smisurato nei suoi confronti non mi permetteva di essere egoista.

Che stupida.

Intanto Apsirto si aggrappò al mio braccio, allungando le mani verso di me come se volesse che lo prendessi in braccio.

Credulone o privo di cervello; pensava veramente che gli avrei concesso un gesto d'affetto così intimo? Neppure davanti a nobili o al re, dove era mio obbligo fare bella figura e stamparmi in faccia un sorriso di convenienza, lo facevo sul serio. Ero inferiore a mio fratello sia secondo gli dei che secondo mio padre e perciò l'odio che provavo nei suoi confronti non mancava.

Stavo per rispondergli malamente, quando sentii un vociare alle mie spalle. Con la coda dell'occhio scorsi due senatori che discutevano amabilmente fra loro durante una passeggiata in giardino. All'istante presi in braccio mio fratello, come una buona sorella maggiore, e gli rivolsi un sorriso che storpiava incredibilmente con i miei pensieri. Mi rispose subito, guardandomi come se fossi veramente sua sorella in tutti i sensi. Come se mi volesse bene, il demonio.

Trattenei una smorfia di disgusto, mentre vedevo i nobili che si fermavano a pochi passi da noi e, avendoci riconosciuti, inscenarono un inchino.

Poco tempo, e “Ma guardate quant'è bello, che figura delicata!” disse uno di questi.

No!

Avevo sentito fin così tante volte queste frasi, che in quel momento mi sembrarono pesanti e determinanti. Rimisi giù come se fosse un sacco mio fratello, che dalla sua limpidezza ovviamente non capì niente.

Avevo pianificato tutto. Tutto, prima che mio fratello mi interrompesse. Stavo per partire: Giasone con i suoi mi stava già aspettando in mare, e io non avrei dovuto metterci nemmeno un'ora per raggiungerlo a piedi.

Ma mi aveva fermato quel piccolo mostro, mi aveva fermata. Mi aveva bloccata prima di farmi arrivare alla mia meta.

Se lo avessi portato con me avrebbe fatto solo casino, urlando e chiamando aiuto alla vista degli Argonauti. Tanto valeva farlo tacere per sempre, eliminando il problema alle radici. Non che avessi poi voglia di stare a guardare quei suoi stupidi sorrisi per il resto dei miei giorni, scherziamo?

Lo richiamai per l'ultima volta vicino a me, facendomi accompagnare sull'orlo del precipizio che dava sul mare. Volevo fare qualcosa di epico, che sarebbe stato ricordato nei secoli.

Non mi importò più niente degli sguardi interrogativi che mi rivolsero i senatori davanti alla mia inaspettata freddezza. Feci uscire senza un lamento il pugnale che tenevo in tasca, facendo stridere la lama contro il contenitore di cuoio. Al sole del pomeriggio scintillava e mandava riflessi dorati, come se un dio mi stesse aiutando nel mio intento.

Un brivido di impotenza mi scosse: ero così debole nei loro confronti, così piccola ed insignificante. Anche con la mia magia non potevo niente contro di loro.

Dei, guidatemi.

L'avrei ucciso seduta stante, sotto lo sguardo degli dei e nelle terre di mio padre, ancora in giovane età, privandolo di un futuro roseo e pieno di agi.

Alzai il pugnale per l'ultima volta quel giorno e, accompagnata da un sospiro, l'affondai per un'unica, dolce volta, che bastò per fargli strabuzzare gli occhi all'indietro. Il corpo, preso di sprovvista, si accasciò a terra all'istante, in preda ad uno spasmo.

Che strano. Sarà stata l'euforia del momento, ma mi era parso di vedere un'anima uscire dal suo corpo e buttarsi in mare urlando.

Mi avvicinai lentamente al suo corpo, che ancora respirava lievemente, mentre un fiotto di sangue gli colorava le vesti. Tutto in lui era preda a degli spasmi, che gli contraevano quei vecchie delicati lineamenti. Muoveva appena le mani, cercando di afferrare qualcosa che non esisteva, come in preda a un'allucinazione. Feci una smorfia sarcastica di fronte a quel suo tentativo di restare alla vita, di aggrapparsi ad ormai ombre che gli danzavano schernendolo davanti agli occhi.

Dopo pochi battiti, esalò l'ultimo respiro, distendendo tutti i muscoli.

Era un mortale, come me in fondo. Un banalissimo e semplice mortale, con una vita che si poteva togliere con un pugnale. Nessun Apollo o nessuna bellezza l'avrebbe potuto sottrarre all'Ade più intenso.

Un sorriso gelido in volto io, un sorriso morto in volto lui.

La mia euforia diventò ben presto una risata isterica. Risi a pieni polmoni, dimenticandomi per un breve istante chi ero e qual era la mia missioni che tenevo nelle mie tasche.

É morto! Morto, MORTO finalmente il demonio.

Avevo provato più gioia nel sentire il suo ultimo respiro più che a provare l'amore per Giasone.

Mi inginocchiai, con il sorriso stampato sulle labbra, sul suo corpo tumefatto. Presi i suoi capelli ramati fra le mani, quasi strappandoli dalla forza che ci misi. Mi avvicinai lentamente al suo orecchio, mentre con una mano accarezzavo e affondavo nella sua ferita sul petto, cercando l'ennesima vendetta nei suoi confronti.

Sei morto. Vaga nell'Ade, senza trovare più pace.”

Guardai per l'ultima volta quel suo sorriso che mi aveva fatto odiare tante volte me stessa in passato. Ora non ci trovavo più niente di così bello o raffinato, ma solo l'ombra di quello che poteva essere un glorioso futuro, da me abilmente distrutto.

Un scia scarlatta ancora gli stava colando dal torace, macchiando le mie vesti bianche, ma per il resto tutta la sua figura sembrava addormentata, quasi inscalfibile.

Sentii la fedele traccia di magia aprirsi in me all'improvviso, modificando ciò che si trovava davanti ai miei occhi, la mia realtà.

Tutto il suo corpo mutava costantemente. Ora come nei miei ricordi, ora cenere. La mia stregoneria stessa mi si stava rivoltando contro per la mia colpa: ogni legge naturale, dalle quali anche la magia prende parte, è contro l'uccisione di un amico, peggio se fratello o figlio.

Che io sia dannata!, la mia magia mi stava abbandonando. La sola eredità di mia madre mi stava scemando dalla dita, senza che io potessi fare niente. Dovevo sbarazzarmi di quella massa informe che avevo fra le mani, gettandolo nel precipizio che dava sul mare.

Strinsi la sua veste per l'ennesima volta, ma senza rancore.

Chissà perché, ma non riuscivo a buttarlo giù. Si sentiva che le profondità del mare lo stavano chiamando a sé, volevano una vita da sacrificare, ma le mie mani non lasciavano la presa da quel corpo. Non per piacere, non per delusione, ma solo per l'ultima traccia di odio verso il proprio nemico miscelato all'odore del sangue che mi stava impestando gli abiti.

Quel sangue che era uguale al mio. Quel sangue che stavo per gettare negli abissi metaforicamente e letteralmente. Quel sangue appartenente a quel corpo che fino a pochi respiri prima odiavo con tutta l'anima.

Presi un respiro e trasformai per l'ultima volta il corpo in cenere. Le gettai nel vento con rabbia, maledicendo l'anima di mio fratello per l'ultima volta. Queste, dopo aver parlato con l'aria, si adagiarono velocemente sul mare.

Carne che ritorna ad essere acqua, come un ciclo infinito; tutto si ricongiunge e ritorna ad essere terra e mare. La vita che inizia, la vita che muore.

Nessun rimpianto.

Forse, fratello, ci rivedremo in un altra epoca, dove non disprezzerò il tuo sorriso.

Mi girai e corsi verso la nave della mia unica luce nelle tenebre della mia vita, mentre un grido straziante, di quelli che solo gli dei sanno riprodurre, interrompeva i miei pensieri.

Quel grido si alzava dal mare.






(spazio autrice:

Premessa: Apsirto?!? Ahahahah ok. Quando ho letto per la prima volta il suo nome, mi sono scompisciata dalle risate... letteralmente. Daii, sembra una malattia! Che schifo di nomi mettevano i greci?

Certo che fra dei e nomi avevano una bella fantasia!

 

Ovviamente prima di scrivere mi sono ben documentata. Giusto per intenderci, ecco. Se ho sbagliato qualcosa negli avvenimenti ditemi, ma credo di aver rispettato tutto.

La storia sarebbe dovuta che lei fugge dalla sua patri con Giasone uccidendo il fratello per poter scappare dalle guardie, che la stavano rincorrendo. Suo padre allora si ferma per raccogliere le membra del figlio e lei se la svigna con calma.

In teoria i miti sarebbero due: uno in cui il tesoruccio-sposo di Medea uccide il fratello MAGGIORE della strega, mentre l'altro, quello che ho scritto io, è quando Medea uccide il fratellINO. Ovviamente io ho scelto quello più traumatico.

L'ho riletto tante di quelle volte che questa storia non mi sembra per niente descritta bene né che faccia impressione in nessun modo. Quindi eliminate quello che ho scritto all'inizio. Nel caso vi fosse piaciuta la cosa mi fa molto piacere :)

Ho avuto un momento di schizzo giornaliero e mi sono messa davanti al computer, agguerrita e pronta come non mai a scrivere un capitolo in un giorno.

Seee, in verità c'ho messo tre giorni. Ma vabbè, dettagli.

Io mi sono divertita a scriverla comunque :) Nel senso che avrei dovuto studiare biologia, e mi sono messa su wikipedia a cercare dettagli.

Fiko.

Al prossimo mito (?).

Anna


PS mi scuso per eventuali errori grammaticali o altro)

  
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