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Autore: drewsvoice    21/12/2012    3 recensioni
Il cuore mi batteva forte in petto, quasi volesse uscire per dirle tutto ciò che provavo, e le gambe erano sul punto di cedere.
Non avrei potuto starle un attimo di più accanto, senza far finta che dentro di me tutto andava bene.
Ma di una cosa ero più che certo: ero totalmente ed incondizionatamente innamorato di Caitlin Beadles.
"E ora che entrambi eravamo innamorati, io dovevo lasciarla andare. Ma la cosa che mi avrebbe fatto più male sarebbero stati i suoi occhi azzurri tramutati in quel colore verde, triste quanto la sua anima."
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se volete, leggetela con 'What hurts the most'. 
Ps: spero vi piaccia.




“Drew!” Mi chiama mamma dalla cucina, sventolando le braccia in aria.
Mi alzo dal divano e la raggiungo. “Cosa c’è?” Le domando, senza staccare lo sguardo dalla tv.
Lei si blocca e inizia a muovere energicamente le mani sporche di farina.
“Devi portare Sammy da Caitlin, è sporco”.
Lei e le sue stupide fisse.
“Mamma, l’abbiamo lavato tre giorni fa!” La canzono, accigliato.
“È uscito fuori, sotto la pioggia” Spiega lei, addolcendo il tono solo alla frase successiva. “Per favore, per favore, per fav-”, cantilena.
Alzo le mani in alto e prendo il guinzaglio, attaccando abilmente il cane che scodinzola ai miei piedi.
“Ci vediamo dopo”, biascico.
Lei batte le mani e mi mostra un grande sorriso. “Ehi, sarà anche un modo per conoscere Caitlin!”.
 

Sorpasso il cancello, mi guardo attorno e avvisto da lontano una ragazza alle prese con un cavallo.
Mi dirigo verso di lei e, arrivato alle sue spalle, tossisco per richiamare la sua attenzione.
Lei si volta e… Dio, se è bella.
Sposta una ciocca, sfuggita dalla coda, e fa incontrare i miei occhi con i suoi, totalmente indefinibili e profondi come un abisso.
Boccheggio per qualche secondo e poi le tendo la mano. “Sono Justin, il figlio di Pattie”, mi presento.
Lei abbozza un sorriso e la stringe, guardandomi confusa. “Ma non ti chiami Drew?”.
“È il mio secondo nome, solo mia madre mi chiama così” Le spiego, prendendo Sammy tra le braccia.
Lo sguardo le si illumina di colpo e gli occhi le si fanno più intensi.
Non riesco a capirne il colore, ma so di per certo che sono straordinari.
Nel frattempo lei prende il cane in braccio e lo porta dentro, facendomi segno di seguirla.
 

Rientro in casa e libero Sammy, che prontamente comincia a correre.
“Com’è andata?” Fa capolino mamma, ancora alle prese con i fornelli, sulla porta che unisce il salotto alla cucina.
La sorpasso e mi butto sulla sedia più vicina, fiacco.
Lei si siede di fronte e spinge il piatto verso di me, mostrandomi la pizza.
Ne prendo un trancio e la mastico, assorto ancora un po’ nei miei pensieri.
“Hai trattato bene Caitlin?” Domanda lei, con la fronte corrugata.
Annuisco e abbasso lo sguardo, cercando di celare il rossore delle guance.
Mamma sembra accorgersene, infatti mi tira un pugno giocoso sulla spalla.
“È davvero una bellissima ragazza!” L’adula lei, cominciando a parlottare animatamente.
Sposto lo sguardo in un punto indefinito e lascio stare il suo discorso, intento a ricordare ogni minimo particolare di quella ragazza.
È da quando me ne sono andato da lì che non riesco a non pensare a lei o a fare qualcosa che non me la ricordi.
“Ehi Drew, ci sei?” Mi chiede mamma, allungando una mano per accarezzarmi il braccio.
Scuoto la testa e mi sposto, evitando il suo tocco.
Lei mi fissa ammutolita, senza spiaccicare una singola parola.
Indietreggio e scompaio dalla cucina, ancora confuso.



Le tapparelle vengono alzate di colpo, lasciando che la luce del sole entri in camera.
Affondo il viso nel cuscino e mi stiracchio.
Non voglio uscire, oggi c’è freddo. E non voglio nemmeno alzarmi, stavo facendo un sogno bellissimo.
“Drew, alzati” Mi sveglia mamma con tono freddo, dirigendosi subito verso l’uscita. “Devi andare a Messa”, mi ricorda.
Sospiro e osservo il soffitto, cercando di ritrovare un po’ di lucidità.
Poi mi alzo di colpo e barcollo fino alla cucina, strascicando i piedi. Afferro la tazza, macchiando un po’ la tovaglia, e bevo tutto il contenuto d’un sorso.
“Che ore sono?” Domando, sorprendendomi della voce roca che risuona in tutta la cucina.
Mamma alza lo sguardo. “È l’ora di prepararti” Risponde, con tono cerbero.
“Ma’, scusa…” Sussurro, abbassando lo sguardo sulle mie ciabatte.
Lei dondola un po’ e poi sorride, lasciando che io mi senta più tranquillo e sereno.
 

“Ehi…” Mi saluta una voce, mentre sto leggendo il foglietto della Messa.
Alzo gli occhi ed incontro il viso raggiante di Caitlin, che si siede accanto a me.
Tutto il rituale inizia, ma non faccio che fissarla sottecchi per tutto il tempo.
Le sue labbra rosee sussurrano parole incomprensibili, persino a me che le sto accanto, ed i suoi occhi sono incollati sul foglio, al contrario dei miei che cercano solo la sua figura.
E così, mi ritrovo a pensare a quanto il suo profilo mi faccia impazzire.
Scuoto la testa e mi giro verso il prete, tentando di ascoltare ciò che sta dicendo.
I miei occhi, però, fissano ancora una volta le sue labbra.
Piano fallito, Bieber.
Ridacchio fra me e me e scuoto di nuovo la testa, non capacitandomi dell’effetto che mi fa quella ragazza.
 


Mi dirigo verso la mensa, ancora un po’ addormentato a causa della lezione di scienze.
Il tavolo è ancora vuoto, segno che Chaz e Ryan sono ancora bloccati nella confusione del corridoio.
Mi siedo ed estraggo dallo zaino la mia solita mela, verde e dolce.
“Davvero?” Domanda una voce già conosciuta, alle mie spalle.
Chaz si siede sulla sedia alla mia destra e mi guarda divertito dietro di sé.
Mi volto anch’io, facendo incrociare il mio sguardo con quello di Caitlin.
“Che ci fai qui?”, chiediamo all’unisono.
Il cuore mi sale in gola, intimorito da quelle strane emozioni nella mia pancia.
Lei sorride e si siede accanto a me.
“Non mi avevi detto che frequentavi questa scuola”, mi beffeggia.
“Vi conoscete?” Chiede Ryan, sedendosi all’unico posto libero.
Annuisco e abbasso lo sguardo sulla mela morsa.
Devo andarmene, mi ritrovo a pensare.
Non so neanche perché, ma non posso starle accanto senza che io abbia paura di fare qualcosa di sbagliato.
Mi alzo e sorrido a tutti, prima di andarmene via.
Quando mi volto trovo i suoi occhi su di me, che mi osservano curiosi.
Devo starle lontano, prima che sia troppo tardi.
 
 
“Com’è andata a scuola?” Domanda mamma, come se non fosse successo nulla.
“Bene”, rispondo semplicemente.
Lei mi guarda amareggiata e poi afferra un po’ di pane.
“Drew, cos’è successo con Ca-”.
“Non è successo nulla. Nulla, okay? Sono io il problema, mamma” Rispondo alterato, alzando il tono d’una ottava.
Poi mi alzo dal tavolo ed esco dalla cucina, lasciandola un’altra volta senza parole.
Il letto accoglie il mio corpo, forte quanto fragile.
Afferro il cuscino e affondo i denti, ringhiando.
Voglio urlare, spaccare tutto, finché ogni cosa scompaia.
Non ne so nemmeno il motivo, ma so per certo che Caitlin continua a farmi solo del male.
 
 

Un mese dopo.
 
“Drew, smettila” Mi ordina Caitlin, fermandosi di fronte a me.
“Di fare che cosa?” Domando svogliato, guardandola di sfuggita.
“Di ignorarmi” La sua voce è dura, così come il suo volto. “Ho fatto qualcosa di sbagliato?”, cerca poi di rimediare.
“Nulla”, sibilo.
“E allora perché non mi parli? Senti, forse non ti sto così simpatica, ma proviamo ad and-” Parla animatamente, gesticolando.
“Non hai fatto nulla”, l’interrompo freddo.
Lei mi prende per le spalle e mi guarda negli occhi. “Dimmi cosa c’è che non va, perché io non ne posso più” Dice con voce rotta, allentando la presa.
Mi avvicino a lei e, preso forse dalla follia, la bacio.
Lei si allontana un po’ e mi blocca.
“Non ci conosciamo nemmeno, Justin”, dice lei. “Proviamo ad essere amici, almeno”.
Tutte le speranze costruite crollano, come una torre fatta di carte.
E lei non si è ancora accorta che io la conosco meglio di chiunque altro, perché quel giorno ho scovato dentro i suoi occhi, imperterrito di lasciarne il segno.
Sento un freddo gelido invadermi dentro, investirmi in pieno.
Il petto si gonfia e si sgonfia, rapidamente. Il respiro è corto, le gambe molli e la testa confusa.
Abbasso il capo, non in grado di sopportare ancora a lungo quelle sensazioni.
 
 

Cinque mesi dopo.                     
      
“Cosa ci fai qui?” Mi domanda Caitlin seria, poggiando le mani ai fianchi.
“Cait…” Sono sul punto di piangere e le tendo la mano, che lei non afferra.
D’un tratto la sua maschera fredda cade e mi dimostra tutto ciò che ha dentro.
“Lasciami, Justin, mi fai star ancora più male così. Tu te ne andrai via, lo vuoi capire?” Grida lei, iniziando ad ignorarmi.
Mi siedo sull’erba e la osservo, annientato.
“Questa rosa è bellissima” Dico io, sfiorando il fiore con le dita.
Lei irrigidisce la mascella e la guarda furtivamente. “È avvizzita” Mi apostrofa, facendo una smorfia.
Poi si gira verso il cavallo e continua a dargli da mangiare.
Riempio i polmoni e prendo coraggio. “Ma non è ancora del tutto morta, con l’amore guarirà”.
Lei si volta verso di me e sospira. “Drew…” Mi richiama lei, con tono afflitto.
“Fa’ sì che io te lo dimostri, Cait” La supplico, stringendo gli occhi già lacrimanti.
Lei mi si avvicina e mi abbraccia, stringendomi saldamente. “Mi mancherai”, bisbiglia.
La sua mano cerca la mia mentre le mie labbra cercano le sue, come se fossero l’unico appiglio per salvarsi.
La pelle si accappona ed i battiti aumentano, aleggiando nel mio petto.
Lei poggia una mano sul mio cuore e la ritira subito dopo, distanziandosi da me di qualche millimetro.
Agghiaccio e comprendo subito il messaggio mentre lei si allontana ancora di più, entrando in casa.
 

“È ora di andare, Drew” Mi chiama mamma, raccogliendo le valigie dal pavimento dell’aeroporto.
“Lo so, lo so. Però, prima di partire, potresti andarmi a prendere un cappuccino?” La scongiuro, inventando una scusa qualunque.
Lei sospira e si allontana verso il bar.
Ritorno con lo sguardo all’entrata, cercando Caitlin.
Non verrà. L’hai persa, Justin.
Passo una mano sul viso e prendo le valigie, portandole dall’altra parte.
Un ticchettio mi risveglia dai miei pensieri.
Alzo automaticamente lo sguardo verso il vetro, guardando sorpreso il viso di Caitlin.
Sta piangendo, la matita le è colata sulle guance, ma l'unica parola che viene da dire è 'bellissima'.
Appoggio una mano, lasciandomi scappare le lacrime, e lei appoggia la sua dall’altra parte.
“Ti amo” Urla lei, per farmi sentire.
Stringo la mano libera in un pugno e appoggio la fronte al vetro, mentre lei fa lo stesso.
“Anche io”, sussurro.
Il petto mi trema. Perché proprio adesso che posso averla devo andare via?
Lei si piega e fa passare, sotto il vetro, qualcosa.
Mi chino e sfioro il petalo di quella rosa. Sorriso istintivamente e lo porto al petto, respirandone il profumo ancora conservato.
“Con l’amore può guarire”, mi ricorda lei.
“Non ti lascerò andare, Cait” Le prometto, riappoggiando il palmo.
Qualche lacrima le riga il volto, macchiandole il viso di nero.
Con il dorso dell’altra mano faccio come per accarezzarle la guancia.
Lei sorride e si avvicina, mostrandomi i suoi occhi.
Ho scoperto che quando è triste sono verdi, mentre quando è felice sono azzurri.
Adesso, però, ce li ha verde acqua.
Forse è felice del fatto che io realizzerò il mio sogno, ricordo ancora quando me lo disse.
“Drew, è ora di andare” Mi richiama mamma, buttando la tazza dello starbucks nel cestino.
Annuisco e mi stacco, facendo qualche passo indietro.
All’ultimo secondo mi volto e la osservo, ancora ferma nella stessa identica posizione.
“Ti amo anch’io” Sussurro e mi volto, una volta per tutte.
 
 
Mi chino sulla sabbia e scavo una buca, poi metto dentro il petalo.
Anche se, ad ammetterlo, ho paura che le onde lo portino via, perché è tutto ciò che mi rimane oltre i suoi occhi impressi nella mia mente.
Mamma mi raggiunge e si siede accanto a me, senza dire una parola.
“Io lo volevo comunque il cappuccino!” Scherzo, per alleggerire l’aria pesante.
Lei ridacchia e poi fissa il mare, rilassata dal suo odore.
Mi sporgo verso di lei e l’abbraccio. “Ti voglio bene, ma’ ”, sussurro.
“Anche io, Drew”.
Alzo gli occhi al cielo, infastidito e divertito allo stesso tempo.
Ripeto: lei e le sue stupide fisse.
Poi, però, nelle mie orecchie si estende quel nome pronunciato dolcemente dalla sua voce angelica.
“Puoi smetterla di chiamarmi così, mamma?” Le domando, afferrando un pugno di sabbia.
Lei mi sorride, comprensiva, e passa una mano sul mio braccio.
Non dice nulla, perché sa che il silenzio mi fa star meglio.
E se proprio siamo destinati, ci rincontreremo.
Che sia nel centro di Londra, nell’affollatissima Los Angeles o in una piccola città come Stratford.
E se lei fosse la risposta alle mie domande, allora andrò da lei e la bacerò.
Ma adesso lascio tutto in mano al destino, perché è tutto ciò che posso fare.
Mi stendo e chiudo gli occhi, respirando l’aria di salsedine.

 

  What hurts the most
was being so close.
And having so much to say,
and watching you walk away.
And never knowing
what could have been.
And not seeing that loving you.
Is what I was trying to do.
(What hurts the most- Cascada)

Yabadabadu!

Ma solo a me manca da morire Jaitlin? Cioè, erano perfetti.
Selena è davvero bellissima e tutto il resto, però Caitlin era... Caitlin (?).
Anyway, il mio 'Yabadabadu' è figo (modesta io) AHAHAH.
Ora vi saluto, ragazzuole lol.
Ripeto: spero vi piaccia, perché ci ho messo tutto il cuore, e mi scuso se ci sono errori.

 

 
  
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