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Autore: Emily Kingston    21/12/2012    6 recensioni
“Lo schiaccianoci siede sotto all’albero di Natale, guardiano delle storie dell’infanzia.
Dategli una noce e lui aprirà una storia…”
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Hermione appoggiò una mano sulla maniglia della porta e l’abbassò lentamente, aprendo uno spiraglio sul salotto. Quando il suo sguardo cadde all’interno della stanza la porta le sfuggì di mano, spalancandosi come colpita da un alito di vento.
Il salotto della Tana era diventato grande almeno quattro volte lei e il soffitto era scomparso. La punta dell’albero di Natale spariva tra le stelle che ornavano il cielo notturno e ai suoi piedi, in mezzo ai pacchetti adesso divenuti enormi, un esercito di topi, capitanati da un enorme ratto con una corona dorata sulla testa, combatteva contro uno schiaccianoci di legno.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George, e, Fred, Weasley, Ginny, Weasley, Harry, Potter, Hermione, Granger, Ron, Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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La dedica di questa storia
è divisa in vari modi. 
A TurningSun,
per avermi fatto 
da beta e aver letto questa storia
in super anteprima, spronandomi a 
pubblicarla. 
A Greenfields,
per tutto quello che fa per me,
anche sopportare
le mie chiamate
improvvise quando
ho le crisi di ansia.
A Maya,
perché è lei.
Perché sì.
E al Natale, 
che è la festa più
bella dell'anno. 





The Nutcracker - Lo Schiaccianoci

 

“Lo schiaccianoci siede sotto all’albero di Natale, guardiano delle storie dell’infanzia.
Dategli una noce e lui aprirà una storia…”
Vera Nazarian.

 
Hermione aveva passato quasi ogni Natale alla Tana da quando era entrata ad Hogwarts, ma ogni volta che varcava la soglia di casa Weasley durante le feste era come la prima.
Quell’anno Molly aveva superato se stessa.
Lungo i corrimano delle scale erano arrotolati lunghi fili di luci colorate babbane (sicuramente un acquisto di Arthur), magiche lucine fluttuavano per tutta la casa, a volte appoggiandosi alla stoffa delle tende, e l’albero in salotto era il più bello che Hermione avesse mai visto. Si trattava di un altissimo abete dai rami folti di un bel verde brillante, addobbato con palline colorate, porporina e una bellissima stella sulla punta, mentre ai suoi piedi giacevano decine di regali impacchettati.
Mentre aspettava che Molly li chiamasse per la cena, Hermione si soffermò a guardarlo, sfiorando con la punta delle dita i vari addobbi con occhi luccicanti. In particolare la sua attenzione fu catturata da una bellissima pallina a forma di ballerina appesa accanto ad un soldatino di stagno.
“Sono le palline preferite di mamma,” esclamò una voce alle sue spalle.
Hermione si voltò. Harry e Ron la guardavano dalla soglia del salotto con un mezzo sorriso.
“È pronta la cena,” le disse Harry e i tre raggiunsero gli altri in cucina.
Quell’anno Bill aveva deciso di passare il Natale in Francia, insieme ai genitori di Fleur, e Charlie, nonostante i ripetuti tentativi di Molly, era rimasto in Romania; i rapporti dei Weasley con Percy erano ancora astiosi, perciò il ragazzo avrebbe passato le feste per conto suo.
Come ogni anno Molly aveva invitato anche i genitori di Hermione a prendere parte al cenone della vigilia, ma Jane e George Granger avevano preferito trascorrere il ventiquattro dicembre con i loro parenti babbani.
“Vuoi un’altra po’ di zuppa, Hermione cara?” Le chiese la signora Weasley, passandole accanto con la pentola piena di passato di zucca. “Ti vedo dimagrita. Mangi abbastanza ad Hogwarts tesoro?”
Hermione le sorrise, rifiutando la porzione di zuppa che Molly le aveva offerto.
“Mamma tu vedi tutti dimagriti!” Protestò Ron che, al contrario della ragazza, non ci aveva pensato due volte ad accettare un altro piatto di passato di zucca.
“Tutti tranne te, Ronnie,” lo presero in giro i gemelli, ridacchiando.
La discussione si estinse quando il signor Weasley iniziò a parlare e il resto della cena trascorse nella più totale tranquillità (anche se i gemelli tentarono più volte di fare qualche scherzo).
Prima che tutti sgattaiolassero via, la signora Weasley portò in tavola il tradizionale pudding di Natale e gli ultimi rimasugli della cena passarono tra una chiacchierata ed un cucchiaio del dolce natalizio. 
“Il dolce era ottimo, signora Weasley,” disse Hermione, quando tutti i piatti furono vuoti e lei, Ginny, Harry e Ron erano pronti per salire.
“Sì, mamma,” confermò Ron, con qualche briciola ancora appiccicata alle labbra. “Quest’anno ti sei superata.”
Molly sorrise, pulendosi le mani al grembiule che teneva legato in vita.
“Noi saliamo,” annunciò Ginny, prendendo Hermione sottobraccio. “Ci vediamo domattina.”
“Non state svegli fino a tardi!” Urlò loro la signora Weasley e Ginny e Ron le assicurarono che sarebbero andati a letto presto, prima di imboccare le scale e sfrecciare verso il quinto piano insieme ad Harry e Hermione.
 

*

Fred e George riuscirono a raggiungere la loro stanza solo dopo numerosissime raccomandazioni.
“Non fate danni,” aveva detto loro Molly, guardandoli perentoria. “Comportatevi bene almeno a Natale.”
Loro avevano annuito, mettendo su la loro migliore espressione angelica, e poi erano schizzati via, chiudendosi nella loro stanza.
Come ogni Natale Molly non aveva rinunciato a riempire di addobbi anche le camere. La loro era stata riempita di lucine magiche, porporina, palline appese alla cornice di legno delle finestre e un vecchio schiaccianoci in divisa appoggiato sul comodino. Quando Fred e George lo videro fecero una smorfia.
Cody lo schiaccianoci era un vecchio giocattolo di Molly che, da quello che i gemelli avevano capito quando la madre gli aveva raccontato la storia, le era stato regalato dai suoi fratelli quand’era bambina. Ogni Natale, per ragioni che Fred e George ancora non avevano compreso, Molly lo appoggiava sul loro comodino e pretendeva che ci rimasse per tutta la durata delle vacanze.
“George,” esordì Fred, guardando il giocattolo con aria malandrina. “Mi è appena venuta un’idea.”
Il fratello lo guardò, buttandosi sul letto e preparandosi all’ascolto.
“Animiamolo e facciamolo girare per la casa!” Esclamò Fred.
Quando erano cominciate le vacanze di Natale i gemelli avevano iniziato a lavorare a un nuovo incantesimo nel laboratorio del loro negozio di scherzi. Consisteva semplicemente nell’animare un oggetto e dargli delle direttive su come comportarsi per fare qualche scherzo in giro.
“Geniale!” Gli fece eco George. “Le ragazze moriranno di paura quando penseranno che ci sia qualcuno in casa!”
“E magari qualcuno scaglierà anche qualche incantesimo,” pensò ad alta voce Fred, già pregustando il divertimento che li aspettava quella notte.
I due fratelli si scambiarono uno sguardo complice e poi tirarono fuori le bacchette dalle tasche dei pantaloni, puntandole verso lo schiaccianoci. Enunciarono un incantesimo ed osservarono le scintille dorate sprigionate dalle loro bacchette colpire il giocattolo. George gli disse cosa fare e poi i due ragazzi appoggiarono le bacchette sul comodino, scambiandosi uno sguardo.
“Merlino, sarà troppo divertente!” Esclamarono in coro.
 

*

Era mezzanotte quando Hermione scese in cucina per bere un bicchier d’acqua.
Si era rigirata nel letto per diversi minuti, con la gola riarsa e una strana insonnia, e, alla fine, si era decisa ad alzarsi e scendere di sotto.
Una volta entrata in cucina cercò a tentoni la credenza e, dopo essere andata a sbattere prima contro il tavolo e poi contro una sedia, decise di prendere la bacchetta e farsi un po’ di luce. Dato quello che stava succedendo, con Voldemort in giro e i Mangiamorte nascosti dentro ogni ombra, aveva preso l’abitudine di dormire con la bacchetta addosso, tenendola ancorata al fianco grazie all’elastico dei pantaloni del pigiama. Per questo rimase particolarmente stupita quando, dopo aver allungato una mano verso il suo fianco sinistro, non riuscì a trovarla. Anzi, non riuscì proprio a trovare i propri pantaloni del pigiama.
Abbassò lo sguardo e nella semioscurità notò la gonna bianca di una camicia da notte che le arrivava fino alle caviglie. Si tastò il busto lentamente, incontrando svariati merletti ed un fiocco all’altezza del petto che teneva chiusi due lembi di stoffa. Aveva i piedi nudi, almeno quelli erano ancora come li aveva lasciati prima di addormentarsi, e i capelli ricci legati insieme da un nastro di raso. Li sciolse delicatamente, rigirandosi il nastro tra le mani per esaminarlo, ma nel buio riusciva a vedere poco o niente.
Decisa a capire assolutamente cosa stava succedendo, Hermione fece dietrofront e tornò all’imboccatura delle scale. Avrebbe tirato fuori dal proprio baule tutti i suoi libri e li avrebbe sfogliati finché non avrebbe trovato una spiegazione.
Aveva appena appoggiato un piede sopra al primo scalino quando dei rumori, estranei al silenzio della notte, attirarono la sua attenzione.
Hermione si voltò verso la porta del salotto e, istintivamente, cercò la sua bacchetta, rimanendo di nuovo piuttosto contrariata nel non trovarla.
Si avvicinò lentamente alla porta, sentendo i rumori diventare sempre più forti e meno confusi. Sembrava il rumore di spade che cozzavano l’una con l’altra misto allo squittire dei topi.
Hermione appoggiò una mano sulla maniglia della porta e l’abbassò lentamente, aprendo uno spiraglio sul salotto. Quando il suo sguardo cadde all’interno della stanza la porta le sfuggì di mano, spalancandosi come colpita da un alito di vento.
Il salotto della Tana era diventato grande almeno quattro volte lei e il soffitto era scomparso. La punta dell’albero di Natale spariva tra le stelle che ornavano il cielo notturno e ai suoi piedi, in mezzo ai pacchetti adesso divenuti enormi, un esercito di topi, capitanati da un enorme ratto con una corona dorata sulla testa, combatteva contro uno schiaccianoci di legno.
Hermione si stropicciò gli occhi.
“Sicuramente sto sognando,” sussurrò, osservando il Re dei Topi attaccare lo schiaccianoci.
Il giocattolo guardò il ratto con aria confusa, come se non capisse come mai si trovasse lì e perché stessero combattendo, poi il suo sguardo cadde su Hermione.
Nel momento in cui i loro occhi s’incontrarono, il Re dei Topi ne approfittò per colpire la spalla dello schiaccianoci con la spada, incidendo il legno laccato di rosso. Lo schiaccianoci indietreggiò, appoggiandosi una mano sulla spalla ferita.
A quel punto Hermione si disse che, sogno o meno, non poteva restarsene lì impalata. Corse verso i piedi dell’albero e, dopo aver individuato una gobbiglia sotto alla poltrona del signor Weasley, afferrò la pallina e la lanciò contro i topi, colpendo il Re sulla testa. Quello si voltò verso di lei, guardandola con un misto di furia e sorpresa, prima di svenire ai piedi dello schiaccianoci.
I suoi sudditi sussultarono stupiti e, dopo averlo afferrato per le braccia ed aver recuperato la sua spada e la corona – caduta quando la biglia l’aveva colpito – fuggirono oltre un buco nel battiscopa.
Quando tutti i topi se ne furono andati, Hermione raggiunse lo schiaccianoci ai piedi dell’albero.
“Hermione?” Domandò il giocattolo, guardandola con aria confusa.
Lei boccheggiò, riconoscendo la voce dello schiaccianoci.
“Ron?”
Il giocattolo annuì, rimettendo la spada nel fodero.
“Io pensavo che fosse un sogno,” disse il ragazzo, osservandosi le mani di legno. “Voglio dire, tutto questo non può essere vero, giusto?”
Hermione annuì.
“È ovvio che non è reale, Ron!” Disse. “Non c’è niente di logico in quello che ci sta succedendo.”
“Oh, credo di potervi spiegare io cosa sta succedendo,” esordì una voce.
I due ragazzi si voltarono e, dal retro di un pacchetto regalo, sbucò il signor Weasley. Indossava un elegante completo scozzese con tanto di panciotto e portava una bombetta sui capelli rossi.
“Papà?!” Esclamò Ron, guardandolo con confusione.
L’uomo non sembrò fare caso al suo commento e li invitò a sedersi accanto a lui.
“A proposito, ve la siete cavata molto bene con il Re, vostra maestà,” aggiunse, guardando Ron un sorriso.
“Vostra cosa?”
“Vuole dire che sei un reale,” spiegò Hermione e Ron la guardò male, dicendole che sapeva benissimo cosa significa quando qualcuno ti chiama maestà, ma che non capiva come mai suo padre avesse chiamato lui maestà.
“Bene, da dove cominciare? Ah, sì,” iniziò il signor Weasley, sfregandosi le mani. “Molto tempo fa, per permettere al figlio di salire al potere, la Regina dei Topi scagliò sul principe del regno delle bambole un incantesimo, trasformandolo in uno schiaccianoci,” disse e nella mente di Hermione riaffiorò una coppia di ballerini che danzavano a teatro sulle note di una canzone.
“È la storia dello Schiaccianoci!” Esclamò la ragazza. “Siamo finiti nella storia dello Schiaccianoci?”
“Vuoi dire che quel coso che la mamma mette in camera dei gemelli tutti gli anni ha una storia?” Chiese Ron, guardando la ragazza.
“Non quello di tua madre,” specificò lei, “ma c’è una storia su un principe diventato schiaccianoci. Ci hanno fatto dei balletti a teatro.”
“Dei cosa?”
“Lascia perdere,” borbottò lei, sventolando una mano in aria.
Il signor Weasley si schiarì la voce, attirando di nuovo l’attenzione su di sé.
“Da quel giorno, il Re dei Topi cerca lo schiaccianoci per distruggerlo definitivamente e poter così regnare per sempre sul regno delle bambole.”
Un ticchettio leggero proveniente da dietro di loro fece voltare Ron e Hermione che si ritrovarono davanti Harry e Ginny.
“Lui adora raccontare questa storia,” disse la ragazza con tono leggermente canzonatorio, muovendo qualche passo di danza verso di loro. La sorella di Ron aveva assunto le sembianze della ballerina che Hermione stava ammirando prima della cena. Aveva i lunghi capelli rossi racchiusi in una crocchia ed un elegante tutù bianco le fasciava il busto, coprendole le gambe con parecchi strati di tulle coperto di porporina.
Harry, invece, aveva le sembianze di un soldatino di stagno e si muoveva saltellando a piedi uniti, tenendo con il palmo della mano la sua baionetta.
“Ah, sta’ zitta!” Esclamò il signor Weasley guardando i due giocattoli. “Lei ci può aiutare davvero.”
Hermione li osservò bisticciare per qualche minuto, poi Ron si avvicinò al suo orecchio.
“Non ci sono dubbi, stiamo sognando,” le disse.
La ragazza annuì.
“E quindi cosa si fa?” Domandò il ragazzo.
“Li assecondiamo, immagino,” rispose Hermione, mentre Harry cercava di far smettere Ginny e il signor Weasley di litigare.
“Immagini?” Le fece eco Ron. “Non sei tu quella che sa sempre cosa fare?”
Hermione lo guardò male e il ragazzo ridacchiò.
La discussione si protrasse finché Harry non interpose la baionetta tra i due litiganti, urlando loro di smetterla di bisticciare una volta per tutte.
“Oh, ehm, sì,” borbottò il signor Weasley, sistemandosi il panciotto e rivolgendosi di nuovo a Ron e Hermione. “L’unico modo per spezzare l’incantesimo che imprigiona il principe nel corpo di uno schiaccianoci è trovare la Fata Confetto.”
“La Fata Confetto?” Domandò Ron, arricciando il naso. “E dove si trova?”
I tre giocattoli guardarono il cielo stellato e Ginny indicò la punta invisibile dell’abete.
“Lassù, dove solo i sogni possono andare,” rispose.
I due ragazzi la guardarono come se avesse detto l’assurdità del secolo. Hermione stava per ribattere che non avrebbero mai trovato la Fata Confetto con solo quell’informazione, quando dal buco nel battiscopa il Re dei Topi fece il suo ingresso nel salotto, seguito dalle sue guardie.
“A noi due, Schiaccianoci,” disse, puntando la spada verso Ron. “Questa volta ti ridurrò a un misero mucchio di trucioli!”
Il topo e il suo esercito si lanciarono contro di loro e Ron afferrò la mano di Hermione, trascinandola verso i rami più bassi dell’albero.
“Come facciamo a salire?” Chiese il ragazzo, facendo saettare gli occhi dai rami all’esercito di topi che si avvicinava.
Hermione alzò il naso in aria e arricciò le labbra, cercando di capire come due persone piccole come bambole potessero scalare un abete così enorme.
Alcuni topi li raggiunsero e Ron sfoderò la spada, iniziando a parare maldestramente i loro colpi.
“Hermione!” La incalzò lui, schivando per miracolo l’affondo di un topo.
“Ah, se avessi la bacchetta!” Si lamentò lei, continuando a riflettere.
Intanto il Re dei Topi era sempre più prossimo all’albero. Harry, Ginny e Arthur avevano cercato di rallentarlo, ma non avevano altre armi a parte la baionetta di Harry.
Gli occhi di Hermione si spostavano da un ramo all’altro, alla ricerca di qualsiasi cosa potesse portarli su. Finalmente, il suo sguardo si posò sulle palline di Fred e George. A prima vista potevano sembrare due comunissime palle natalizie verdi decorate con un paio di elfi, ma Hermione era certa che, trattandosi dei gemelli, non fossero affatto solo decorazioni.
Intanto, Ron era riuscito ad atterrare i topi che li avevano raggiunti e, sfruttando il fatto che il resto dell’esercito fosse ancora lontano, lui e Hermione si arrampicarono sopra ai pacchetti, finché non raggiunsero un ramo abbastanza vicino alle palline dei gemelli.
Si aggrapparono agli aghi dell’abete, venendo investiti dalla porporina e da un paio di lucine fluttuanti, e raggiunsero le due decorazioni.
Ron guardò in basso: i topi avevano raggiunto la base dell’albero e stavano iniziando ad arrampicarsi, incidendo la corteccia con le loro unghie affilate.
“Okay,” esordì il ragazzo, rialzando lo sguardo. “Siamo morti.”
Hermione lo fulminò con lo sguardo e poi si arrampicò sulla pallina, sedendosi sopra di essa. Non appena il suo peso si appoggiò sulla superficie di vetro, l’addobbo schizzò verso l’alto, lasciando dietro di sé una scia di scintille.
La ragazza strinse forte le mani attorno al gancio che teneva la pallina appesa all’albero, ingoiando un grido di stupore.
Ron seguì il suo esempio e in un battito di ciglia si ritrovarono sulla punta dell’albero, con i topi che scalavano il tronco a velocità sempre maggiore.
L’abete di casa Weasley, o meglio, quello che era stato l’abete di casa Weasley, terminava con una scala a chiocciola che conduceva a una piattaforma di metallo protetta da una ringhiera. Sopra e intorno a loro si estendeva una coperta di nuvole tinte di pesca e di rosa.
Le due palline si ruppero e Ron e Hermione caddero in piedi sulla piattaforma.
La ragazza mosse qualche passo e si appoggiò alla ringhiera, guardandosi intorno con aria stupita.
Quando abbassò lo sguardo vide il salotto della Tana, con i mobili enormi e i tre giocattoli vicino alla poltrona che guardavano verso l’alto. Probabilmente, però, loro non potevano vederla.
“Credi che la Fata Confetto sia là sopra?” Domandò Ron, indicando le nuvole sopra di loro.
Hermione sospirò.
“Non lo so Ron,” ammise. “Per quanto ne sappiamo potrebbe essere ovunque.”
“È bellissimo quassù, non trovi?” Disse il ragazzo, appoggiando gli avambracci alla ringhiera e osservando la distesa di nuvole.
Hermione sorrise, affiancandolo.
“Sì,” concordò, “è davvero bellissimo.”
I due ragazzi si guardarono con un sorriso.
Per un momento, Hermione sperò che non fosse solo un sogno. Avrebbe voluto che tra le e Ron fosse sempre così, invece dei litigi e le discussioni. Non che loro non fossero capaci di andare d’accordo, solo che c’erano dei momenti in cui si chiedeva se fossero stati amici anche se non ci fosse stato Harry a tenerli insieme. 
Stavano ancora ammirando l’orizzonte quando lo squittire dei topi li raggiunse, accompagnato dal rumore delle loro unghie che grattavano la corteccia e dalle imprecazioni del Re.
“Come facciamo ad arrivare lassù?” Chiese il ragazzo, guardando Hermione.
Lei boccheggiò. Questa volta non c’erano addobbi a cui chiedere un passaggio né rami a cui aggrapparsi, solo nuvole e un’enorme voragine a dividerli da esse.
Ron guardò verso l’inizio delle scale a chiocciola: i topi erano sempre più vicini. Riportò di scatto lo sguardo su di lei e le afferrò la mano. Hermione avrebbe giurato che, nonostante adesso fosse fatto di legno, le sue orecchie si fossero tinte di rosso come capitava spesso.
Le strinse delicatamente le dita nella sua mano di legno e poi la trascinò verso il bordo della piattaforma, nell’unico punto non protetto dalla ringhiera.
“Ron,” esclamò la ragazza, guardando oltre il bordo con una punta di timore. “Cos’hai intenzione di fare?”
Il ragazzo si girò verso di lei.
“Saltare,” disse con naturalezza.
“Ma sei impazzito per caso?!” Sbraitò lei, cercando di sfilare la mano dalla sua stretta. “Ci schianteremo! Non abbiamo le nostre bacchette, non ci sono possibilità che-”
“Lascia perdere le possibilità,” la zittì, “e lascia perdere i libri. Siamo in un sogno, il peggio che può succederci è svegliarci.”
Hermione lo guardò con le labbra ancora semiaperte, ma dalla sua bocca non uscì una parola. In tutti quegli anni, nonostante gli avesse detto innumerevoli volte che era un idiota, Hermione non aveva mai pensato che Ron fosse stupido. Anzi, credeva che fosse piuttosto intelligente, solo che non se ne rendeva conto.
Il ragazzo le sorrise con fare incoraggiante e lei annuì, ricambiando la stretta della sua mano.
“Al mio tre,” disse lui. “Uno,” Hermione guardò in basso. “Due,” Ron aumentò la presa sulla sua mano, come per rassicurarla che non l’avrebbe mai lasciata andare. “Tre!”
Si lanciarono nel vuoto e chiusero gli occhi. L’aria sferzava loro addosso, colpendoli con poca delicatezza, e Hermione non aspettava altro che colpire il pavimento.
All’improvviso, qualcosa iniziò a rallentare la loro caduta, sostenendo loro i piedi, finché non iniziarono a fluttuare nell’aria.
Hermione aprì gli occhi e abbassò lo sguardo: una scia di polvere dorata gli aveva impedito di schiantarsi e adesso li sorreggeva.
Quando rialzò gli occhi incontrò lo sguardo blu di Ron che la guardava con stupore. Nonostante la trasformazione in schiaccianoci gli occhi del ragazzo erano rimasti esattamente gli stessi e questa era una cosa di cui Hermione era segretamente grata. Vedere i suoi occhi le dava la sicurezza che, sotto quell’involucro di legno, c’era davvero il ragazzo che amava.
Era stata piuttosto dura ammetterlo con se stessa, ma trovava stupido continuare a negare una cosa diventata ormai praticamente ovvia. Provava qualcosa per Ron dalla tenera età di tredici anni e, per quanto potesse cercare di ignorarli, i suoi sentimenti non se ne sarebbero di certo andati. Non sapeva com’era successo, dato che loro due litigavano un giorno sì e l’altro pure, ma una mattina si era svegliata e, a colazione, il suo cuore aveva iniziato a battere forte, e poi aveva iniziato a pensare a lui finché non aveva cominciato a immaginare  quelle cose di cui parlavano sempre Lavanda e Calì la sera prima di andare a dormire, quando si chiudevano nel baldacchino di una delle due per spettegolare. Hermione aveva cercato con tutta se stessa di reprimere quei pensieri, dicendosi che non aveva tempo per le frivolezze, ma quelli erano più testardi di un ippogrifo.
“Hai visto?” Le disse il ragazzo, riportandola alla realtà. “Siamo ancora vivi.”
“Avevi ragione,” ammise lei.
Ron gonfiò il petto con soddisfazione. Capitava raramente che Hermione gli dicesse che aveva ragione su qualcosa, di solito era sempre lei ad avere ragione su tutto.
Continuarono a fluttuare sostenuti dalla polvere dorata, finché una sciame di fatine color ghiaccio con ali che ricordavano le ramificazioni di un fiocco di neve li raggiunsero, aggrappandosi ai loro vestiti e trascinandoli verso l’alto.
Hermione guardò in basso, individuando Ginny, Harry e il signor Weasley che sorridevano nella loro direzione dal pavimento del salotto.
“Sono fatine della neve!” Urlò Arthur, mettendosi le mani a cono attorno alla bocca per amplificare la propria voce. “Vi porteranno dalla Fata Confetto!”
Hermione annuì e fece loro un cenno di saluto. Poi le fatine, dopo esseri scambiate un cenno d’assenso, li portarono verso la distesa di nuvole, producendo il suono di tanti piccoli campanellini ogni volta che sbattevano le ali.
Quando sorvolarono la punta dell’albero videro il Re dei Topi che imprecava sulla piattaforma, con la spada sguainata puntata verso uno dei suoi sottoposti. Doveva essere molto infuriato riguardo alla loro fuga.
I topi sparirono presto alla loro vista e le fatine li trascinarono in mezzo alle nuvole, sempre più su.
A un certo punto, dopo essere passati in mezzo all’ennesima nube, si ritrovarono a volare sopra a una foresta fitta di alberi verdi che emanavano un pungente profumo di menta.
Hermione e Ron guardarono il paesaggio che correva sotto di loro con gli occhi spalancati.
Sui rami degli abeti erano appoggiati cumuli di neve bianchissima e luccicante sotto alla luce del sole che lasciava dietro di sé una scia di profumato zucchero filato, mentre in lontananza s’intravedeva un vulcano gorgogliante che spruzzava rivoli di cioccolato fuso.
Sorpassarono la foresta e poi un ruscello nel quale scorreva acqua zuccherata, raggiungendo una montagna di cioccolato bianco sulla quale troneggiava un castello fatto interamente di pan di zenzero e decorato da caramelle e bastoncini di liquirizia.
Le fatine li lasciarono davanti al portone di pandispagna e poi volarono via, sparendo al di là delle nuvole.
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo, indecisi sul da farsi, poi Ron allungò una mano verso il portone ma, prima che riuscisse a toccarlo, questo si aprì da solo, rivelando un salone dal cui soffitto pendeva un elegante lampadario di cristallo. Di fronte a loro una doppia rampa di scale portava al piano di sopra, mentre alla loro destra e alla loro sinistra una fila di biscotti vestiti da maggiordomo che se ne stavano impettiti con un braccio piegato dietro la schiena e uno appoggiato sul ventre, pronti per inchinarsi.
Quando Ron e Hermione varcarono la soglia, infatti, i maggiordomi-biscotto si piegarono in un lieve inchino. Dal retro di una delle file sbucò un omino di pan di zenzero con tanto di parrucca bianca riccioluta e vestito alla francese. Teneva una tromba dorata in una mano e un foglio di carta nell’altra.
Si sistemò di fronte ad una delle rampe di scale e, dopo essersi schiarito la voce, srotolò il foglio ed iniziò a leggere.
“Signora dei dolciumi e Somma Padrona delle torte,” scandì. “Sua maestà la Fata Confetto!”
Arrotolò di nuovo il foglio con un movimento veloce e poi suonò la tromba, facendo rimbombare il suo fischio squillante per la stanza.
Dopo il terzo squillo, sulla soglia delle scale apparve la figura di una donna. Indossava un abito bianco a pois colorati, il corpetto aveva uno scollo rettangolare e le maniche corte a sbuffo. In una mano teneva una bacchetta magica, non diversa dalle loro, e dalle sue spalle spuntavano un paio di ali talmente sottili che sembravano fatte di zucchero. Infine, teneva tra i capelli rossi un cerchietto bianco con incastonato un confetto che riprendeva la fantasia del vestito.
Quando la Fata Confetto li raggiunse Hermione si accorse che aveva il volto della signora Weasley.
Questa volta Ron non chiamò il nome della madre, ma si limitò a sgranare gli occhi a guardarla con stupore, probabilmente chiedendosi cosa ci facesse anche lei dentro a quello strano sogno.
“Salve,” li salutò la Fata, sorridendo maternamente. Nonostante tutto quello non fosse reale, Molly non aveva perso la sua aria di mamma.
“Salve, vostra maestà,” rispose Hermione facendo un lieve inchino e Ron la imitò. Probabilmente per lui doveva essere molto strano inchinarsi davanti a sua madre, ma se anche era così fu abbastanza bravo da non darlo a vedere. “Siamo venuti qui per chiedere il vostro aiuto.”
La Fata Confetto sorrise, facendo cenno ai suoi maggiordomi e all’omino di pan di zenzero di lasciarli soli. Quelli annuirono e, nel tempo di un battito di ciglia, si dileguarono.
“Ditemi pure,” li incoraggiò. “Vi ascolto.”
Hermione si schiarì la voce, lanciando una veloce occhiata a Ron.
“Vedete, il mio amico Ron è stato intrappolato nel corpo di uno schiaccianoci,” spiegò la ragazza, indicando lo schiaccianoci al suo fianco. “E il Re dei Topi lo sta cercando per ucciderlo.”
“Il Re dei Topi?” I ragazzi annuirono. “Ne ho sentito parlare. Tu sei il principe del regno delle bambole.”
Ron, seppure a disagio, annuì. Molto probabilmente, se fosse stato nel suo corpo, si sarebbe passato una mano tra i capelli con fare imbarazzato.
“Sì, e noi ci stavamo chiedendo se-”
All’improvviso il portone del castello si spalancò e il Re dei Topi fece il suo ingresso insieme a due guardie. Si guardò intorno per un attimo, poi individuò Ron e Hermione e sorrise.
Si rigirò la spada tra le mani con naturalezza, avanzando lentamente verso di loro, con le sue guardie che lo seguivano silenziosamente.
“Bene, bene, bene,” cantilenò. “Finalmente ti ho acciuffato, Schiaccianoci. Sei stato proprio una bella gatta da pelare.”
Ron lo guardò e deglutì, appoggiando una mano sull’elsa della spada.
“E tu, ragazzina,” continuò il topo, puntando la spada verso Hermione. “Se tu non ti fossi immischiata… Ma sì, magari posso iniziare da te. Almeno lo Schiaccianoci avrà un incentivo.” Sogghignò, girandosi verso i suoi soldati, come a cercare il loro consenso. I due topi annuirono velocemente e il Re mosse qualche passo in direzione di Hermione.
In quel momento Ron sguainò la spada, frapponendosi tra il topo e la ragazza.
“Non ci pensare nemmeno,” disse, guardandolo con decisione. Hermione pensò che non l’aveva mai visto tanto sicuro di sé.
Il Re dei Topi ghignò e si lanciò contro di lui, facendo cozzare la propria spada con quella di Ron.
I due iniziarono a duellare, menando fendenti e parando colpi con un ritmo così incalzante che era difficile star loro dietro e capire chi dei due fosse in vantaggio.
Un paio di volte le guardie del Re cercarono di favorirlo attaccando Ron alle spalle, ma lui li fermò dicendo che era una faccenda che avrebbe dovuto chiudere da solo e i due non intervennero più.
Dopo diversi minuti di battaglia, durante i quali Ron aveva sfoderato doti di spadaccino che neanche lui sapeva di possedere, il Re dei Topi lo inchiodò al muro con la lama della spada premuta contro il collo. Se fosse stato umano avrebbe avuto la maglietta imbrattata di sangue.
“Arrenditi,” sibilò il ratto, puntando i suoi occhietti gialli in quelli blu di Ron. “Non puoi vincere contro di me.”
“Questa l’ho già sentita,” commentò Ron e Hermione ripensò a tutte le volte che Harry si era ritrovato faccia a faccia con Voldemort e il mago aveva detto la stessa cosa. “E lo sai cosa è successo al tizio che lo diceva? Ha sempre perso.”
Il topo assottigliò gli occhi, premendo di più la spada contro al collo di Ron il quale fece una smorfia di dolore.
“Ron!” Lo chiamò Hermione, facendo qualche passo verso di loro.
La Fata Confetto le afferrò la mano, per trattenerla e confortarla allo stesso tempo.
Ron guardò verso la ragazza e le face un sorriso. La sua spada era rimasta incastrata tra il proprio corpo e quello del topo, e Hermione si accorse che stava cercando di distrarlo per poterla sfilare.
“Sei solo un pezzo di legno,” continuò il Re dei Topi. “E tra poco sarai legna da ardere!”
Un guizzo illuminò gli occhi di Ron, che guardò il topo con sguardo vittorioso.
“Ne sei davvero così sicuro?”
Il topo fece per rispondere, ma il ragazzo sguainò la spada e gliela conficcò nella schiena, facendogli spalancare gli occhi. Il Re lasciò la presa sulla spada che cadde a terra, liberando il collo di Ron, e indietreggiò, muovendo le mani in aria, incapace di arrivare a toccare la ferita sulla schiena.
La corona dorata gli cadde dalla testa e rotolò sul pavimento, sotto agli occhi stupiti dei suoi soldati. Pochi minuti dopo il corpo barcollante del Re dei Topi fu avvolto da una scia di scintille dorate e il gigantesco ratto tornò ad essere un comunissimo topo di fogna. Anche i due soldati si ritrasformarono in topi, facendo cadere a terra le loro armi e le loro armature con un tintinnio.
Quando Ron mosse un passo verso di loro, tutte e tre fuggirono via, correndo veloci verso la porta e poi fuori dal castello, probabilmente con l’intenzione di rintanarsi da qualche parte nella foresta.
La spada cadde dalle mani di Ron, sbattendo contro il pavimento e facendo un gran fracasso. Il ragazzo si fissò le mani, come se non credesse di essere stato proprio lui a sconfiggere il Re dei Topi.
Hermione, sfuggendo alla presa della Fata Confetto, corse verso di lui e gli gettò le braccia al collo. Era strano abbracciarlo adesso che era fatto di legno, ma lei non ci fece caso.
“Stai bene,” disse, appoggiando la fronte sulla sua spalla.
Il ragazzo le appoggiò con imbarazzo una mano sulla schiena, dandole qualche colpetto rassicurante.
“Sì, sto bene,” le fece eco lui, ancora incredulo. “Ma come ho fatto a batterlo?”
Hermione si allontanò, le guance leggermente imporporate, e si portò i capelli dietro alle orecchie.
La Fata Confetto fece un passo avanti con un sorriso e guardò Ron.
“Non è importante il modo in cui l’hai sconfitto,” gli disse. “È importante che tu l’abbia fatto.”
Ron la guardò sbattendo le palpebre, ancora poco convinto di quel che era appena successo.
“E adesso, perché non finite di raccontarmi la vostra storia?” Li incitò la Fata.
“Oh, sì,” esclamò Hermione, ricominciando da dove si era interrotta. “Volevamo sapere se voi potevate-”
“Spezzare l’incantesimo,” concluse Ron, guardando la Fata Confetto negli occhi.
Il volto della signora Weasley si distese in un sorriso. La donna si avvicinò a Ron e gli accarezzò il volto con dolcezza, come probabilmente faceva sua madre quand’era bambino.
“Mi dispiace,” disse e i due ragazzi sentirono i piedi affondare nel pavimento. “Non posso fare nulla.”
“Ma ci hanno detto che voi siete l’unica che può farlo!” Protestò Ron e Hermione notò una nota di panico nella sua voce.
La Fata sorrise di nuovo e tolse la mano dalla guancia del ragazzo.
“Non sono io che posso spezzare questo incantesimo,” ripeté. I suoi occhi si posarono su Hermione e un’espressione dolce le distese il viso.
La ragazza si voltò verso Ron e gli prese la mano, sorridendogli.
“Troveremo un modo,” lo rassicurò, stringendo forte la presa sul legno. “E se non lo troveremo, non importa. Non sei così male come schiaccianoci.”
Ron ridacchiò, ringraziandola con lo sguardo.
“E poi l’hai detto tu, no?” continuò Hermione. “Siamo in un sogno, il peggio che può succederci è svegliarci.”
Lentamente, mentre i due ragazzi si scambiavano un sorriso, la mano di Ron iniziò a tornare normale. Prima le dita, poi il palmo, il polso, finché la magia non si estese anche alle braccia, al busto, alle gambe e al viso. I capelli iniziarono a tornare rossi, sul volto gli spuntarono migliaia di lentiggini color caffellatte e i vestiti da soldato si ritrasformarono nel suo pigiama a righe dei Cannoni di Chudley.
Quando la trasformazione fu completa, Ron si guardò mani e braccia con stupore.
“Sono tornato normale,” osservò, muovendo le dita e piegando i gomiti.
Hermione annuì e si voltò per ringraziare la Fata Confetto per la sua magia, ma quando il suo sguardo si spostò la signora Weasley non c’era più e al posto del castello di pan di zenzero c’era un strada affollata, costeggiata da case, che culminava in una piazza con la fontana. Di primo impatto ricordava una città austriaca, di quelle piccole e particolari.
Le persone attorno a loro urlavano gioiose, lanciando fiori e cappelli in aria, piangendo e abbracciandosi l’un l’altro. Occasionalmente qualcuno si fermava a ringraziare Ron per averli liberati dal Re dei Topi, e i due ragazzi capirono che quello dovesse essere il famoso regno delle bambole. I suoi abitanti, però, non erano giocattoli, come Hermione si era immaginata, bensì persone comuni con un aspetto comune.
I due ragazzi seguirono la folla fino alla piazza e lì riuscirono a farsi strada fino alla fontana. Pochi fecero caso a loro e quasi nessuno si accorse della presenza del principe.
“Sono contenta che sei tornato normale,” disse Hermione quando si sedettero sul bordo della fontana. “Chissà perché all’inizio la Fata Candita ha detto che non poteva aiutarci.”
“Perché non poteva,” rispose Ron. Hermione si girò a guardarlo e lui arrossì. “Secondo me… Ecco, secondo me non è stata lei a fare la magia.”
Hermione lo guardò inarcando le sopracciglia con confusione.
“E chi è stato allora?”
“Tu,” quella parola gli uscì come un sussurro e Hermione notò il rossore che gli colorava la punta delle orecchie. “Sei stata tu.”
“Io?” Ripeté la ragazza, sbattendo le palpebre.
Ron annuì, abbassando lo sguardo sulla scritta stampata sulla maglietta del suo pigiama.
“Pensa a… alla storia di questo Schiaccianoci,” disse il ragazzo dopo un po’. “Come finisce?”
Hermione ci pensò su, ritornando a quando, da bambina, i suoi genitori l’avevano portata a teatro a vedere un balletto basato sulla storia dello Schiaccianoci. Allora non aveva capito molto della storia che veniva raccontata, ma in seguito si era procurata il libro e tutto si era fatto più chiaro.
“Be’, è una storia d’amore,” rispose, arrossendo leggermente, accompagnata da Ron. “E lo Schiaccianoci viene salvato da Clara e dai suoi…” Hermione guardò Ron, sentendo il proprio cuore galoppare nel petto. “Sentimenti.”
Rimasero in silenzio per un po’ ed Hermione ebbe paura che Ron si accorgesse dei battiti del suo cuore, tanto correva veloce. Si chiese se il ragazzo avesse voluto dire qualcosa di particolare facendole raccontare il finale della storia, o se volesse soltanto dimostrare che era stata lei a salvarlo e non la Fata Confetto.
Hermione Granger era preparata in tutto, avresti potuto farle una qualsiasi domanda in qualunque momento e lei avrebbe saputo rispondere, ma c’era una sola cosa al mondo che non riusciva a capire: Ron.
“Hermione?”
“Sì?”
La ragazza alzò lo sguardo e si ritrovò le labbra incollate a quelle di Ron.
Non si era resa conto di com’era successo, l’unica cosa razionale a cui riusciva a pensare era la scossa di sorpresa che le aveva fatto scoppiare il cuore.
Hermione era razionale in ogni momento della giornata e non la smetteva mai di cercare un perché in ogni cosa, ma in quel momento, nel bel mezzo di una piazza in festa con le labbra del suo migliore amico per cui aveva una cotta segretissima incollate alla bocca, decise che era arrivato il momento di mettere da parte la logica e la razionalità e lasciar perdere tutto.
Allungò timidamente le mani e le appoggiò sulle spalle di Ron, rispondendo al bacio. Il ragazzo le passò le braccia attorno ai fianchi e l’abbracciò maldestramente, incastrando un dito tra i suoi capelli ricci mentre approfondiva il bacio.
A un certo punto, mentre spostavano entrambi la testa dal lato opposto, i loro nasi si scontrarono ed Hermione sentì i propri denti cozzare con quelli di Ron.
Entrambi si allontanarono di scatto, uno con la mano sopra al naso e l’altra sulla bocca.
Si guardarono per qualche secondo e poi scoppiarono a ridere. Probabilmente quello sarebbe stato classificato come il peggior primo bacio del secolo, ma a Hermione non importava affatto.
“Grazie per aver detto che non ti sarebbe importato se fossi rimasto uno schiaccianoci,” le disse Ron, appoggiando timidamente una mano su quella di lei.
Hermione gli sorrise e fece per rispondere, quando la folla li accerchiò e afferrò Ron per portarlo in trionfo per le strade. La ragazza rise mentre i cittadini lo sollevavano e lo passavano di mano in mano, sentendosi leggera per la prima volta dopo mesi.
L’oscurità dell’ascesa di Voldemort e le ombra di paura generate dai suoi Mangiamorte adesso non c’erano più, erano rimaste solo tanta gioia e tanta felicità, e la forza di lottare.
Rimase a contemplare la folla che portava in giro Ron per diversi minuti, ancora seduta sul bordo della fontana con le mani giunte in grembo.
Stava osservando una bambina che giocava con la madre quando il volto della Fata Confetto le apparve, azzurrino e pulsante come i messaggi via Patronus.
“Ciao, Hermione,” le disse con un sorriso.
“Salve, vostra maestà.”
L’immagine della Fata tremolò.
“È il momento che tu torni a casa, cara,” l’avvertì. “Il sogno sta per finire.”
Hermione aprì la bocca per ribattere, ma la Fata era già scomparsa.
Era sciocco avere paura di svegliarsi, sapeva fin dall’inizio di essere in un sogno, e di certo avrebbe rivisto Ron a colazione quella mattina. Il fatto era che quel sogno era così bello che separarsene per tornare nella vita reale faceva troppo male.
Non era da lei vivere nelle fantasie e nelle illusioni, ma aveva come la sensazione che, svegliandosi, avrebbe perso tutta la serenità che era riuscita faticosamente a trovare in quel sogno.
Abbassò lo sguardo sulle proprie mani e cacciò un urlo. Erano diventate trasparenti. E anche il suo corpo andava via via sbiadendosi, come se lei stesse lentamente scomparendo.
Si alzò in piedi di scatto e si toccò la camicia da notte, prima sul busto e poi sulla gonna, vedendo, al posto della stoffa bianca e dei suoi arti, la fontana che si trovava alle sue spalle.
Quando rialzò lo sguardo i suoi occhi incontrarono quelli di Ron che era stato rimesso a terra dai suoi sudditi. Lo sguardo del ragazzo cadde sull’immagine semi trasparente di Hermione e corse verso di lei.
“Ci stiamo svegliando,” spiegò la ragazza mentre si avvicinava. Però lui non era trasparente. Era ancora concreto, senza oggetti che si vedevano oltre il suo corpo.
Appena anche lui se ne accorse iniziò a correre più veloce, ma ormai Hermione era quasi del tutto scomparsa.
“Hermione!” Gridò, mentre la folla si frapponeva tra di loro e lei diventava sempre più trasparente. “Hermione! Hermione!”
 

*

“Hermione!”
Hermione spalancò gli occhi, ritrovandosi davanti il volto lentigginoso di Ginny.
“Finalmente!” Esclamò la ragazza, rimettendosi dritta e sistemandosi i lunghi capelli rossi dietro alle orecchie. “Ti ho chiamata decine di volte! Stare troppo con mio fratello ti fa male.”
Hermione arrossì e si mise a sedere sul letto, con la schiena appoggiata ai cuscini.
La testa le faceva male ed era ancora un po’ scossa per quello che era successo nel suo sogno. Ma era stato davvero un sogno?
“Tutto bene?” Domandò Ginny, sedendosi sul bordo del materasso.
“Stanotte ho fatto un sogno allucinante,” spiegò Hermione, massaggiandosi le tempie.
Ginny scattò come una molla e raddrizzò la schiena.
“Anche io!” Disse. “Ero la pallina a forma di ballerina della mamma e il nostro salotto era diventato enorme. C’eravate anche voi, però eravate diversi dal solito. Ron era uno schiaccianoci!”
Hermione spalancò gli occhi, guardando Ginny come se le avesse appena raccontato di aver generato del cibo con la magia (cosa impossibile, dato che il cibo è una delle cinque principali eccezioni alla Legge di Gamp sulla Trasfigurazione degli Elementi).
“Anche io,” balbettò la ragazza, incredula. “Ho fatto lo stesso sogno anche io.”
Le due ragazze si guardarono l’un l’altra con aria confusa.
“Sarà una coincidenza,” ipotizzò Ginny. “Una coincidenza strana, ma una coincidenza. Dai,” disse poi, alzandosi dal letto ed incitandola a fare lo stesso. “La mamma ci ha chiamate per la colazione un sacco di tempo fa!”
Hermione si alzò e la prima cosa che fece fu abbassare lo sguardo. Il pigiama era al suo posto e anche la sua bacchetta era lì doveva l’aveva lasciata la sera prima, incastrata tra il suo fianco e l’elastico dei pantaloni.
Scesero le scale di corsa, incontrando Harry e Ron nel tragitto, e raggiunsero la cucinI gemelli non erano ancora scesi e Arthur e Molly giravano per la stanza con aria strana.
“Tutto bene?” Domandò Ron, afferrando un pezzo di toast ed iniziando a spalmarlo di marmellata.
Molly si voltò verso di lui e Arthur mise da parte il giornale per massaggiarsi la radice del naso.
“Sogni strani, tesoro,” lo rassicurò la madre. “Niente di cui preoccuparsi.”
“Anche voi?” Chiese Ginny, intingendo un biscotto nel latte.
“Adesso che ci penso,” esordì Harry, “anche io ho fatto un sogno parecchio strano stanotte.”
Ron addentò il suo toast che sfrigolò sotto ai suoi denti.
“Puoi dirlo forte, amico,” disse ad Harry, dopo aver ingoiato. “Io ho sognato di essere diventato un pezzo di legno.”
Tutti si voltarono verso di lui e accadde una cosa che, probabilmente, non sarebbe accaduta mai più, neanche se ci si fossero messi d’impegno.
“Anche tu?!” Esclamarono tutti in coro.
Ron deglutì, bevendo un sorso di latte.
“Perché, anche voi avete sognato che io ero uno schiaccianoci?”
Tutti annuirono, per poi iniziare a guardarsi a vicenda con aria confusa.
“E il salotto era diventato enorme,” aggiunse Ginny.
“Sì, e c’era un Re dei Topi che voleva ucciderti, tesoro,” disse Molly, tornando ad armeggiare ai fornelli.
“Io indossavo un ridicolo panciotto e voi due sembravate due palline del nostro albero,” continuò il signor Weasley, indicando Harry e Ginny.
“Il soldatino di stagno e la ballerina, vero?” Domandò Harry e Arthur annuì.
Continuarono a confrontare i loro sogni finché non arrivarono alla conclusione di aver sognato esattamente la stessa cosa.
“Non può essere una coincidenza,” osservò Hermione e gli altri avrebbero giurato di poter vedere le rotelle del suo cervello mettersi in moto, macinando idee.
In quel momento Fred e George fecero il loro ingresso in cucina sbadigliando.
“Ehi, cosa sono quelle facce?” Domandò uno dei gemelli, notando i volti corrucciati di tutti.
“Avete dormito bene, ragazzi?” Chiese loro di rimando Ginny, inarcando un sopracciglio con sospetto.
Fred e George si guardarono e poi annuirono.
“Una meraviglia,” rispose George.
“E non avete fatto, che ne so, sogni strani?” Chiese ancora Harry.
I due scossero il capo e presero posto a tavola, iniziando ad inzuppare nel latte qualche biscotto.
Mentre mangiavano gli altri continuarono ad osservarli.
I gemelli erano famosissimi per i loro scherzi e il fatto che fossero gli unici in tutta la casa a non aver fatto il sogno dello Schiaccianoci era molto sospetto.
“Mi mettete in soggezione,” commentò Fred.
“Già,” gli fece eco George, alzando lo sguardo su Molly che li fissava intensamente.
La donna si mise le mani sui fianchi e si avvicinò ai figli con aria apparentemente calma, e tutti in casa Weasley sapevano cosa succedeva quando Molly si comportava così.
“Vedete, ragazzi, stanotte è capitata una cosa strana,” iniziò, guardandoli. “Tutti noi abbiamo fatto lo stesso sogno, voi c’entrate qualcosa?”
I gemelli si scambiarono uno sguardo, poi qualcosa sembrò illuminarsi in fondo ai loro occhi.
“L’incantesimo,” disse George e Fred annuì.
“Probabilmente c’è qualcosa che non va.”
“Era la prima volta che lo testavamo,” notò George.
“Almeno adesso sappiamo che deve essere perfezionato,” commentò Fred.
George fece per aprire bocca, ma Molly afferrò entrambi per un orecchio e li fece alzare dalle sedie.
“Vi avevo detto di comportarvi bene!” Li sgridò, mentre i due cercavano si sottrarsi alla stretta della madre. “Avete provato uno dei vostri incantesimi sul mio schiaccianoci, non è così?”
Alla fine i gemelli riuscirono a fuggire e Molly corse loro dietro, brandendo un mestolo e la sua bacchetta.
Arthur sospirò, ripiegando il giornale e appoggiandolo sul tavolino.
“Vado ad assicurarmi che sia tutto apposto,” disse con un sorriso e poi se ne andò.
Poco dopo anche Harry e Ginny lasciarono la cucina, dicendo di voler recuperare un po’ del sonno perduto quella notte a causa di quel sogno strano; la qual cosa significava che volevano passare un po’ di tempo da soli.
Ron, invece, continuò a mangiare per altri dieci minuti buoni ed Hermione rimase in silenzio ad osservarlo, chiedendosi come fosse possibile per un essere umano mangiare così tanto senza ingrassare.
“Sai, prima tutti hanno detto che erano gli unici ad aver capito di essere in un sogno, ma nel mio anche tu lo sapevi,” disse Ron dopo un po’, quando ebbe svuotato la sua tazza di latte. “Chissà come mai…”
Hermione avvampò. Anche lei ricordava che nel suo sogno non era l’unica ad aver capito di stare sognando. Perciò, se lei ricordava cos’era successo tra lei e Ron, anche lui lo ricordava.
“Un incontro in un sogno,” disse, sovrappensiero.
Ron la guardò con le sopracciglia inarcate.
“Un incontro in un sogno si verifica quando due persone vengono condizionate da incantesimi del sonno, che modificano i sogni o incantesimi che controllano i sogni, dando loro un percorso stabilito.” Ron neanche le chiese come facesse a sapere tutte queste cose. Hermione era Hermione, era una biblioteca ambulante e basta. “Però è strano. Secondo il capitolo sugli incantesimi del sonno avremmo dovuto incontrarci tutti, dato che tutti siamo stati condizionati dallo stesso incantesimo nello stesso lasso di tempo. Forse c’è una postilla che non ho notato. Potrei andare a-”
Ron le afferrò il polso, zittendola e impedendole di andare via.
“Non importa,” disse. “Io… Io sono contento che gli altri non ci fossero.”
Hermione si sentì arrossire e un piccolo sorriso le arricciò le labbra.
“Davvero ti andrebbe bene anche se fossi uno schiaccianoci?”
Il cuore di Hermione fece una capriola e la ragazza ebbe come la sensazione che uno sciame di farfalle fosse appena stato liberato nel suo stomaco.
“Lo sai che io non sono bravo a dire niente,” balbettò il ragazzo, fissando il fondo di latte che bagnava la sua tazza. “E sono una scusa piuttosto terribile per un ragazzo, però-”
Questa volta fu Hermione coglierlo si sorpresa.
Pensò che probabilmente se ne sarebbe pentita, perché i sogni erano una cosa e la realtà un’altra, e magari lui non voleva affatto che lei lo baciasse né voleva baciarla. Ma c’erano così tante cose non dette tra di loro, così tanti punti interrogativi e mezze verità, che lei si era stancata di aspettare che a lui facesse voglia di mettere chiarezza. Qualcuno doveva prendere in mano la situazione e quel qualcuno era lei.
Si sporse oltre il tavolo e lo baciò, imbrattandosi le dita con la marmellata spalmata su uno dei toast.
Ron ricambiò il suo bacio, allungando le mani ancora appiccicose verso i suoi capelli, col risultato che gli si incollarono alle dita.
Nessuno dei due sembrò farci caso però, e continuarono a baciarsi in silenzio, con l’ombra di un sorriso che danzava ora sulle labbra dell’uno e ora su quelle dell’altra. Finché, nell’avvicinarsi, non fecero cozzare le loro fronti e Ron ficcò il gomito nella sua tazza, inzuppandosi la manica con il poco latte rimasto, mentre Hermione frantumò un biscotto sotto all’avambraccio.
Sogno o no, quella sembrava non essere la loro giornata.
Si allontanarono di pochi centimetri e scoppiarono a ridere, ignorando briciole, latte, marmellata e il bernoccolo che sarebbe spuntato sulla fronte di entrambi entro qualche ora.
Anche quello, molto probabilmente, sarebbe stato classificato come il peggior primo bacio del secolo. Ma andava bene così; perché è più bello quando le cose non sono perfette, almeno così sai che sono vere. 





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Vi avevo detto che sarebbe arrivata ed eccola qua! ;)
La mia piccola creaturina, frutto di giorni di lavoro e di sparafleshamenti (?) di tutte le versioni cinematografiche dello schiaccianoci; tra un po' mi sono guardata pure i balletti!
Questa storia non rispecchia fedelmente nessuna delle versioni dello schiaccianoci, ma è un po' un misto di quelle e di cose di mia invenzione. 
Sicuramente avrete notato che alcuni personaggi, durante il sogno di Hermione, sono OOC, ma è totalmente voluto. Come viene detto in seguito a colazione, gli unci ad avere coscienza del sogno erano i sognatori stessi; cioè, nel sogno di Ginny l'unica a capire di stare sognando è stata Ginny e così via, mentre tutti gli altri si comportavano come se non fossero loro stessi ma i personaggi che interpretavano. 
Niente, spero che l'idea vi piaccia e che la storia sia di vostro gradimento. Adattare lo schiaccianoci al fandom di HP è stato un lavoraccio, quindi spero che ne sia valsa la pena :)
Buon Natale a tutti e grazie a chiunque si fermerà a leggere questa storia. 
Auguri e tanti baci, 
Emily :3 
   
 
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