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Autore: Eliessa    21/12/2012    2 recensioni
La famiglia Cesaroni oramai sembra aver ritrovato la sua stabilità nel quartiere della Garbatella; mentre Marco ed Eva che orami sono una coppia anzi una famiglia insieme alla loro Marta, si sono trasferiti all’estero. Il destino per loro però sa essere molto crudele. Riusciranno ad essere uniti anche quando tutto inizia ad andare per il verso sbagliato?
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Noi.


Eva e Marco ormai felicemente fidanzati decidono di stabilirsi a Parigi, insieme alla loro piccola Marta.
Eva è una giornalista che lavora presso la redazione di un giornale locale.
Marco invece è un musicista conosciuto e le proposte per incidere un nuovo CD sono ottime.
Ma quando tutto sembrava andare per il meglio, Eva riceve una promozione, un salto di carriera, ovvero da semplice scrittrice per un piccolo giornale, le viene proposto di andare a Londra per lavorare per una redazione di un giornale a livello nazionale.
Un’occasione da prendere al volo sicuramente, ma non può non pensare al suo Marco. A Parigi oramai dopo tanti sacrifici ed impegni era riuscito a farsi conoscere, a farsi apprezzare ad amare dai suoi fan, a Londra non sarebbe nessuno.
Dopo vari ripensamenti e nottate intere a parlare, ecco la scelta definitiva: decidono di trasferirsi a Londra con tutti i rischi e le paure di iniziare per l’ennesima volta una nuova vita.
E così in poco meno di due settimane si trasferirono a Londra.
Una volta arrivati all’aeroporto, aspettarono l’arrivo dei loro bagagli ed uscirono fuori in cerca di un taxi.
Appena lo video Marco lo fermò ed una volta entrati disse all’autista: “Good evening. Can lead to this address?” Marco diede un bigliettino all’autista con scritto sopra l’indirizzo.
“Ok.” Rispose l’autista.
Dopo appena una mezz’ora la famiglia Cesaroni arrivò a destinazione.
La redazione del giornale aveva messo a disposizione ad Eva una stanza in un albergo a 4 stelle.
Non era un albergo di extra lusso, ma era molto accogliente.
Si trovava nel pieno centro di Londra e Marco quella città la conosceva bene e ritornare lì non pensava che potesse fargli un certo effetto.
Per un attimo gli sembrò di essere tornato indietro, quando qualche anno prima si era rifugiato per cercare di capire se la sua storia con Eva potesse avere un seguito […].
Marta era crollata, il viaggio l’aveva stancata molto, così Marco la portò a dormire nel suo letto per poi tornare a sedersi sul piccolo divano, accanto alla fidanzata.
Eva notò lo sguardo di Marco. Non era più felice ed allegro. Era diventato cupo, triste e pensieroso.
-Ehi, mi vuoi dire cos’hai?- chiese Eva, con la sua voce così bella e dolce come quella dei bambini, sdraiandosi sulle gambe dell’uomo
-Niente perché?- rispose l’uomo cercando di mascherare il suo stato d’animo.
-Non mentirmi, sei diverso. Vuoi parlarne?-
-Va tutto bene, è solo che… Non pesavo che questa città potesse starmi così stretta. Conosco troppo bene Londra e mi fa male pensare al perché la conosco così bene. Qui ci ho passato i due mesi più lunghi e strazianti della mia vita. Solo Londra sa il dolore che ho provato nel stare lontano dalla mia famiglia, dalla Garbatella. Da te.- aggiunse alla fine. –È vero, sono stato un egoista lo ammetto. Ho reagito d’impulso e non me lo sono mai perdonato. Ho cercato di pensare solo a me, lasciandoti da sola e soprattutto ti ho fatto credere di essere la responsabile di tutto ciò che stava accadendo.-
-Marco, ti prego, basta.- lo interruppe Eva. –Pensa a Londra come un ricordo. Pensa che tutto questo è ormai superato e che ora siamo insieme. Pensa che sei ritornato con la tua famiglia e proprio da qui, dal punto in cui il nostro amore è finito può rinascere.-
-Ma come fai a trovare sempre le parole giuste?- rispose Marco baciandola.
- Forse perché non sopporto di vederti triste, perché quello che fa male a te, fa male anche a me.-
-Che dici se andiamo a dormire? È stata una giornata un po’ pesante.-
-Si, però prima chiamo casa. Sono due giorni che per via del trasloco non li sentiamo.- Marco annuì. Eva si alzò dal divano, prese il suo telefonino e chiamò la madre. Uno squillo. Due squilli. Tre squilli ed ecco che Lucia rispose alla chiamata.
-Ehi mamma. Tutto bene,siamo  in albergo ed è anche molto bello qui. Si, Marco è vicino a me, ti saluta, anzi saluta tutti e dai un bacio ad Alice. Ok, si, ciao mamma.- Eva spense la chiamata.
-Allora a casa?- chiese Marco.
-Tutto come sempre, anche se c’era un casino tremendo, si sentivano solo urla.-
-E te credo, sta giocando la Roma.-
-Ecco svelato il mistero allora.- risero insieme. –Senti, io vado a letto, tu che fai? Rimani sveglio e controlli su Internet i risultati della partita?-
-Errato. Stasera sono tutto per te. Con la scusa del trasferimento ti ho trascurato.- Così Marco prese in braccio Eva ed insieme andarono a riposare.
Il mattino seguente, dopo una notte di passione, Marco si alzò per primo. Aveva sentito qualcuno bussare alla porta, così si vestì velocemente con i primi vestiti che trovò e aprì la porta: era il cameriere con il carrello della colazione, uova e backon, fette biscottate e marmellata.
-Ehi amore, è ora di svegliarsi.- sussurrò dolcemente Marco all’orecchio di Eva.
-Colazione a letto? Grazie.- rispose con un bacio.
-Mamma! Papà!- una bambina dai capelli castani e ondulati, con un pigiama di Winnie the Pooh, si alzò dal lettino. –Pure io sul letto.-
-Ma certo amore di papà.- rispose Marco prendendo in braccio la figlia per poi avvicinarla alla madre sul letto.
-Hai fame? Ci beviamo un bel biberon pieno di latte?- chiese Eva rivolta a Marta che annuì sorridendole.
-Ci penso io, torno subito.- Marco andò al bar dell’albergo per far riscaldare il latte alla figlia, mentre Eva e Marta iniziarono a giocare sul letto. Qualche minuto e Marco ritornò dalle sue donne.
-Marco, io devo passare in redazione andiamo insieme?- l’uomo annuì. –Bene, allora inizio a prepararmi.-
-D’accordo, io aspetto che questa bambina finisca di bere.- rispose abbracciando la figlia facendo attenzione a non farle rovesciare addosso il biberon
Alle otto la famiglia uscì dell’albergo. Londra quella mattina era particolarmente fredda, ma a loro non importava.
Eva rimase un’ora dal suo nuovo capo per discutere le sue nuove mansioni ed in cosa consistevano i suoi articoli. Ora iniziava a fare sul serio, i suoi articoli sarebbero stati in prima pagina, poiché Eva aveva la possibilità di scrivere fatti di cronaca.
Dopo una buon’ora, ritornò da Marco e Marta. Passeggiarono a lungo fino a quando non arrivarono davanti il pub dove Marco qualche anno prima aveva lavorato come cameriere.
-Amore di mamma, ma tu lo sai che qui papà ci ha lavorato?!- disse Eva sorridendo a Marco.
-Ti ricordi quando sono ritornato a casa?- Eva annuì. –Quando abbiamo litigato tra le tante cose mi hai detto che io non mi ero preoccupato per te, che non ti avevo chiesto di venire a dormire da me per la notte…-
-Si Marco, mi ricordo la scenata, ma non capisco cosa vuoi dirmi ora.-
-Vedi quella casa? Mentre tu eri in redazione ci sono passato ed ho visto che è sfitta, così ho pensato che… che se vuoi possiamo iniziare la nostra nuova vita da lì, da dove ho fatto finire tutto. Quella è la casa testimone di quanto anche essendo lontano ti ho amato.-
-Non sei stato tu che ha messo la parola fine alla nostra storia, ma sono stati i fatti, la nostra famiglia, tutto ciò che è successo ha fatto in modo che noi ci lasciassimo. Noi abbiamo la colpa di non essere stati più forti di ciò che ci stava distruggendo.-
-Hai ragione. Perdonami.-
-Non hai nulla da farti perdonare. Ora che dici? Andiamo a vedere la nostra nuova casa?- Marco annuì.
Sulla porta di quella casa c’era scritto “RENT” e sotto un numero di telefono, così Marco prese il telefono, compose il numero e chiamò. La signora che rispose, aveva riconosciuto subito la voce dell’uomo e quando gli chiese di poter affittare di nuovo quella casa fu felice di poterlo accontentare. Era rimasta affezionata a quel giovane ragazzo italiano.
Aspettarono qualche minuto e la signora, che abitava lì vicino, arrivò da loro.
Tutti insieme videro la casa e firmarono il contratto d’affitto.
Ora non restava che trasferirsi lì e pian piano sarebbero tornati alla vita che erano abituati a vivere a Parigi.
   
 
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