Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Iurin    21/12/2012    11 recensioni
«[…] Piton sorrise.
“Prima che ti risponda… Oh, sì, Bellatrix, risponderò! Potrai riferire le mie parole agli altri che mormorano alle mie spalle e spargono menzogne sulla mia slealtà verso il Signor Oscuro! Prima che ti risponda, dicevo, lascia che faccia io una domanda. Credi davvero che il Signore Oscuro non mi abbia rivolto tutte queste domande una per una? E credi davvero che se non fossi riuscito a dargli delle risposte soddisfacenti sarei qui seduto a parlare con te?”»
(HP 6, Cap. 2, pg. 32)

Benvenuti alla seconda versione della Missing Moment Quest! Non sapete cos'è? E allora venghino, lor signori, venghino pure!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lucius Malfoy, Nuovo personaggio, Severus Piton, Voldemort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Benvenuti alla seconda versione della Missing Moment Quest!
Ma cos'è la Missing Moment Quest? Oh, ve lo dico subito: tanti bigliettini con su scritte citazioni prese dai libri di Harry Potter, un tot di fanwriters che devono pescare un bigliettino (o due) per uno secondo le leggi della sorte, e l'impegno di scriverci su una fanfiction!
Insomma, io ed altri fanwriters ci siamo incontrati tutti a Firenze (:D) ed abbiamo deciso di replicare la fiQuissima Missing Moment Quest organizzata già tempo fa!
...E, nel mio caso, per quanto riguarda la sorte... ho avuto decisamente culo xD Mi sembra che sia successo ieri: dierrevi stava leggendo il biglietto da me pescato e, dopo aver letto le prime cinque parole, io e Laelia ci siamo guardate ed abbiamo emesso in sicronia una specie di urlo che somigliava molto al verso di un delfino. Il tutto investendo totalmente Charme col nostro rumoroso entusiasmo xD Perché tanto entusiasmo, direte voi? Lo vedrete tra poco.
In ogni caso mi pare giusto passare a presentarvi gli altri partecipanti alla Missing Moment Quest!


- Charme
- Dierrevi
- Elos
- Ferao
- Lady Hawke
- Laelia
- MedusaNoir
- Rowena

E mi raccomando, andate a leggere anche le loro storie, che sono stupende! :D :D
Detto ciò, vi lascio direttamente con la storia, a questo punto!
Buona Missing Moment Quest!












Photobucket


«[…] Piton sorrise.
“Prima che ti risponda… Oh, sì, Bellatrix, risponderò! Potrai riferire le mie parole agli altri che mormorano alle mie spalle e spargono menzogne sulla mia slealtà verso il Signor Oscuro! Prima che ti risponda, dicevo, lascia che faccia io una domanda. Credi davvero che il Signore Oscuro non mi abbia rivolto tutte queste domande una per una? E credi davvero che se non fossi riuscito a dargli delle risposte soddisfacenti sarei qui seduto a parlare con te?”»
(HP 6, Cap. 2, pg. 32)



– Primo incontro

Il Marchio Nero bruciava come fosse un tizzone ardente, quando Piton si smaterializzò oltre i confini di Hogwarts, diretto ovunque il Signore Oscuro il quel momento lo stesse aspettando.
Quando poi le immagini gli si mostrarono più nitide non ci mise molto a riconoscere l’abitazione di Lucius Malfoy. Non ne rimase così sorpreso, d’altronde Lucius di per sé era effettivamente un Mangiamorte, perciò era pressoché ovvio che avesse offerto la propria umile dimora per l’uomo – si poteva veramente denominare in questo modo, poi? – che altro non si aspettava che ricevere dal mondo grandezza e… magnificenza. Quella briciola di stupore presto assopita riguardava semplicemente il fatto che l’altro magnifico – e soprattutto protetto da una buona, buonissima stella – Harry Potter avesse parlato più volte di un cimitero.
Paesaggio suggestivo e ad hoc, senza dubbio, ma in effetti non molto … pratico.
Casa di Lucius risultava quindi essere la sede più opportuna ad ospitare il Signore Oscuro.
Piton era ormai arrivato ai cancelli quando vide qualcosa avvicinarsi velocemente, al di là proprio di essi; dal colore dei suoi capelli riconobbe in quel qualcuno il padrone di casa.

“Severus.” Disse così Lucius quando giunse più vicino.
“Lucius.”
“Non posso dire di non essere sorpreso di vederti.” Continuò il primo, mentre spalancava il cancello in modo che Piton potesse entrare “In verità mi aspettavo di scorgerti almeno due ore fa, in fila insieme a me.”
“Non ho potuto, altrimenti ti assicuro che sarei stato il primo della fila.”
“Il Signore Oscuro sembra molto… irritato per la tua assenza.”
“Sì, immagino.”
Lo avrebbe visto dopo molto poco, e avrebbe potuto sincerarsene da sé, e la cosa non poteva che… spaventarlo, in un certo senso. Ma non era paura del Signore Oscuro in sé – altrimenti non sarebbe arrivato fin lì – era timore del non sapere cosa aspettarsi da Lui, come avrebbe dovuto agire, sempre se effettivamente il Signore Oscuro gli avrebbe dato la possibilità o il tempo di agire in qualsiasi modo possibile.
Arrivarono dall’altra estremità del viale che portava alla porta di ingresso, e quando attraversarono anche quella – che si spalancò dopo un banale movimento del braccio di Lucius – Piton si ritrovò in un abbastanza familiare disimpegno.
“Ti sta aspettando di sopra.” Gli disse a quel punto Lucius, interrompendo il silenzio, e quando Piton si voltò verso di lui notò un’ombra passare nei suoi occhi.
“Sei preoccupato?” Chiese dunque Piton.
“Te l’ho detto, è molto irritato.” Rispose l’altro “Specialmente nei confronti di chi, come te, è parso…”
“E’ parso cosa?”
“Rinnegarlo per comodità.”
L’espressione di Piton non mutò.
“Allora presumo andremo incontro allo stesso destino, no, Lucius?”
Il padrone di casa assunse un cipiglio duro, offeso.
“Io non ho rinnegato il mio Signore. Ho solo fatto in modo di rimanere in libertà, nel caso in cui si fosse rivelato, cosa che ha ora fatto.”
“Oh, sì. Dire di esser stato sotto Imperius per tutto il tempo fa di te un uomo… onorevole.” La lingua di Piton si soffermò sui denti un momento di più, nel pronunciare l’ultima parola.
Lucius non rispose, e l’espressione soddisfatta di Piton si accentuò per qualche secondo. Poi, però, riprese il discorso.
“Ora. Presumendo che mi convenga presentarmi immediatamente al Signore Oscuro, lui dov’è?”
Lucius a quel punto fece un cenno col capo per fargli capire di seguirlo, e Piton si adeguò.
Oh, era ovvio che anche Piton fosse preoccupato, anche se probabilmente non lo dimostrava; il Marchio Nero non bruciava più per richiamare la sua attenzione, segno che non solo Lucius, in quella casa, sapesse del suo arrivo. Nonostante ciò la carne continuava a pulsare, ma anche se avesse emanato fuoco vivo probabilmente in quel momento Piton non gli avrebbe neanche dato peso, concentrato nel salire i gradini della scala di pietra che stava percorrendo assieme a Lucius.

In piedi sull’ultimo gradino, poi, Lucius gli indicò una porta esattamente alla sua destra, prima di cominciare a percorrere a ritroso la strada appena fatta. Piton, in ogni caso, neanche si voltò a guardarlo, ma rimase così, con gli occhi fissi sulla porta di legno scuro a pochi piedi di distanza. Fece un passo in avanti, e, quando il tacco della scarpa batté nuovamente sul pavimento, capì di non poter davvero tornare più indietro; semmai la cosa fosse stata possibile o minimamente contemplata.
Non fece neanche in tempo a bussare, però, che la porta si aprì da sola, con estenuante lentezza, e si fermò con un sinistro cigolio.
Piton rimase fermo sulla soglia, non scorgendo nessuno di fronte a sé, e ne approfittò per riempirsi i polmoni di aria. Viziata, ma sempre aria era, e lui sentiva di averne bisogno, al momento.
“Vieni avanti, Severus.”
Per poco l’aria non gli mancò di nuovo quando udì quelle poche parole. Piton si ricordava la voce del Signore Oscuro – come faceva a dimenticarla? – ma non si sarebbe aspettato, in realtà, di rammentarla così nitidamente. Era come se non fossero passati circa quattordici anni dalla sua scomparsa, ma giusto poche ore.
In ogni caso Piton fece qualche passo in avanti entrando nella stanza e la porta gli si richiuse alle spalle.
E così lo vide: di spalle, con indosso quella che sembrava una tunica nera, proprio di fronte al camino, forse intento ad osservare distrattamente le foto nelle cornici che aveva davanti. O forse no. La sua pelle era cadaverica, le spalle dritte, la posizione della testa fiera. Non sembrava così differente da come se lo ricordava, non fosse per qualche trascurabile dettaglio.
Quando poi però si voltò Piton dovette ricredersi del tutto. Il volto che aveva davanti… Tutto si poteva dire di esso tranne che fosse il viso di un uomo: i lineamenti affilati di un tempo, ma più marcati, come fossero stati scolpiti nella pietra, il naso ridotto a due fessure, gli occhi rossi come non lo erano mai stati. No, di umano il Signore Oscuro non aveva più nulla; ora era tornato assumendo l’aspetto che sicuramente gli si confaceva di più.
Piton aveva sperato, durante quella manciata di anni trascorsi come insegnante ad Hogwarts, che Silente si stesse sbagliando, che colui che aveva davanti in realtà non sarebbe mai tornato. Cercare di convincersi era stato inutile, stancante e senza uscita, e Piton non poteva permettersi di mostrare tutto ciò.
“Severus.” La sua voce era come un acuto sibilo da rettile “Temevo mi avessi dimenticato.”
Impossibile, neanche nei sogni più idilliaci.
“No, mio signore, non potrei mai.”
Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato si avvicinò a Piton a lenti passi, forse involontariamente imitando un serpente che si approssimava alla sua preda.
“Io non direi, Severus.” L’ultima parola calcata dalla rabbia “Per tutti questi anni non hai dato segno di avermi mai veramente neanche conosciuto. Hai reputato più opportuno dimenticarmi, dico bene?”
“Mio Signore…”
Tuo signore?” Voldemort – il nome impronunciabile – passò dietro alla spalle di Piton, velocemente, in modo da potersi trovare nuovamente ad osservare l’impassibile maschera del suo interlocutore “Perché allora non ti inchini al suo signore?”
Di nuovo quella nota di rabbia – no, di furia.
Piton allora lo guardò un momento, prima di abbassare lo sguardo e piegare mestamente la schiena – ma non la mente – profondendosi in un inchino degno del miglior suddito nei confronti del suo re. Piton rimase così, fermo, con gli occhi fissi sulla punta delle proprie scarpe, ma proprio allora sentì qualcosa di appuntito premergli esattamente al centro della spina dorsale.
La bacchetta del Signore Oscuro era un qualcosa di spaventosamente riconoscibile; nonostante lui non avesse pronunciato neanche il più blando degli incantesimi, Piton sentì i propri muscoli tendersi tutti assieme, attendendosi la peggior tortura possibile; non che Piton avesse effettivamente mai causato un qualche danno al Signore Oscuro tanto da dover ricevere una tale punizione, ma lui era consapevole che ovviamente la non-lealtà anche solo nei pensieri sarebbe stata meritevole di morte.
Che lui sapesse…?
“Di più.” Sibilò Voldemort, premendo ulteriormente la bacchetta sulla schiena di Piton, tanto che quest’ultimo fu costretto a mettersi praticamente in ginocchio, con la fronte quasi a sfiorare il pavimento freddo.
“Sai, Severus, quasi credevo che non ti saresti affatto presentato da me, tanto sei abituato alle comodità del vivere sotto la benevola aurea di Silente.”
“No… No, mio signore.” Mormorò Piton.
“Come?” Chiese l’altro, sebbene fosse molto probabile che in realtà avesse ben capito quel breve borbottio.
Piton alzò lo sguardo per osservare quel viso da serpente, che, sebbene la rabbia trapelasse dalla sua voce, lo guardava in maniera quasi del tutto… indifferente.
“Sapevo che voi sareste tornato, tutto lo preannunciava da mesi. E quando è arrivato il momento… sarei venuto da voi, per vedervi di nuovo, ma non potevo. La prova finale del Torneo Tremaghi… Silente si sarebbe insospettito, dovevo aspettare un momento appena più calmo, in cui nessuno avrebbe badato a me.”
“Naturalmente. Altrimenti avresti rischiato di deludere Albus Silente.”
Voldemort pronunciò le ultime parole con una smorfia che gli deformò ulteriormente i lineamenti.
“Mio signore, ho informazioni! E posso continuare ad averne! Le ho raccolte, dopo aver acquistato la fiducia di Silente.”
“E per questo non dovrei ucciderti?”
Piton si ammutolì, e Voldemort prese a vagargli di nuovo intorno, lentamente.
“Hai raccolto informazioni, dici.” Continuò lui “Eppure perché avresti dovuto essere così zelante? Tu non credevi, Severus, che io sarei tornato, ti sei creato la tua bella e comoda carriera da insegnante. Mi hai spudoratamente rinnegato, credi che non lo sappia? Che informazioni ti saresti premunito di raccogliere? Per chi? È per questo che dovrei avere pietà di te, Severus?”
Piton dovette deglutire un paio di volte, prima di riuscire a ritrovare la propria voce.
“Non solo io lo credevo. Se vi foste mostrato… Non sono l’unico ad aver dubitato! Non potevo sapere…”
“Infatti tutti quanti pagheranno!”
La voce rimbombò nella stanza, e quando tornò il silenzio sembrò che l’ambiente fosse diventato ancor più muto di prima.
“Credevo che avrei trovato in te un seguace fedele, lo stesso che mi aveva tanto abilmente servito quindici anni fa. Forse devo ammettere che in questa circostanza mi sono sbagliato.”
Piton allungò una mano, quel tanto che bastava a sfiorare la veste di Voldemort con la punta delle dita.
“No, mio Signore, i-”
“Silenzio.” Sentenziò però il Signore Oscuro, sottraendosi a quell’in realtà quasi inesistente tocco.
“Vattene, ora. Devo pensare a cosa farne di te.” Pronunciò con disgusto.
Piton si alzò da terra, a quel punto, sempre con gli occhi fissi sul mago davanti a sé, ma lui si era già voltato nuovamente verso il camino. Quando allora capì che Voldemort non avrebbe più detto una parola se ne andò oltrepassando velocemente la porta che stavolta dovette aprire da sé.
Solo quando fu fuori, ed ebbe disceso la prima rampa di scale, si mise spalle al muro, fermandosi.
Lui era spalle al muro, e non solo senso letterale. Ciò che sarebbe successo da quel momento in poi, per gli anni a venire, sarebbe esclusivamente dipeso da Voldemort, dall’opinione che aveva di Piton, dalle sue intenzioni nei confronti del suo sottoposto.
Premette le unghie sulla parete dietro di sé, quasi volesse conficcarle nella nuda pietra.
Non era andata bene. Sinceramente… Piton non si aspettava, sin da subito, di essere accolto a braccia aperte dal Signore Oscuro – data la natura del soggetto in questione, questa era di sicuro una delle poche cose sulla quale si poteva essere certi – ma non si era neanche aspettato quanto appena successo in quella stanza: Piton aveva… supplicato in ginocchio, anzi, praticamente accasciato a terra. Non che avesse effettivamente pronunciato frasi pietose atte ad indurre ad un qualche tipo di compassione che il Signore Oscuro non avrebbe di certo provato, ma l’atteggiamento… Quello era stato pressoché inequivocabile.
Piton si staccò dal muro, allora, deciso ad andarsene per tornare ad Hogwarts. Avrebbe parlato subito con Albus e gli avrebbe riferito di non avere la più pallida idea se sarebbe arrivato ancora vivo da lui, quando Voldemort lo avrebbe convocato a sé per la seconda volta. E non sapeva neanche quando il tutto sarebbe successo, il che non era affatto… consolante. Se proprio doveva morire di una morte già preannunciata, che almeno gli si dicesse quando, così si sarebbe potuto preparare a dovere.
…No, niente addii pietosi, ma forse provare a mettersi l’anima in pace. O forse no, in effetti.
Le torture psicologiche erano sempre le peggiori.
Quando poi Piton raggiunse l’ingresso di casa non dovette aspettare un momento che Lucius arrivò da dietro un angolo, probabilmente richiamato dai passi di Piton.
“Cosa ti ha detto?” Chiese.
“Abbiamo… affrontato un discorso piuttosto complesso, Lucius, ma soprattutto immagino sia un discorso… privato.”
“Mmh.”
“Non trovi?”
“Sì, in effetti. Sì.” Disse poi Lucius, dopo un po’ “Il fatto è che ti vedo piuttosto spossato. Se lo ritieni necessario, potrei farti portare qualcosa.”
Piton incurvò un angolo delle labbra.
“Oh, no. Tornerò ad Hogwarts, il Signore Oscuro mi ha dato… parecchio materiale su cui riflettere.”
Lucius fece un segno di assenso col capo, al che Piton lo imitò, solo che stavolta quel cenno fu un modo per congedarsi. Presto, così, Lucius lo accompagnò prima oltre il portone principale, e poi fino al cancello di ferro. Non appena Piton lo oltrepassò non aspettò neanche di udire il rumore della serratura che scattava di nuovo che si smaterializzò, diretto il più vicino possibile ai confini di Hogwarts.


– Secondo incontro

Erano passati già alcuni giorni da quando Piton aveva parlato con Voldemort a casa dei Malfoy, e ancora non era successo alcunché. Piton passava intere giornate a controllare il Marchio Nero, ormai scuro come un tempo, credendo ogni volta di sentirlo bruciare; per poi invece rendersi conto di starsi suggestionando da solo. Era stufo di aspettare che il Signore Oscuro lo chiamasse, e l’attesa non faceva che irritarlo più di quanto già non fosse normalmente. Non che ovviamente fremesse dalla voglia di ritrovarsi ancora faccia a faccia con Voldemort, ma non sapere cosa gli sarebbe capitato nell’immediato futuro lo mandava letteralmente fuori di testa.
In ogni caso, aveva già parlato di tutta quella complicata situazione con Albus Silente, ed entrambi erano giunti alla medesima, scontata conclusione: bisognava aspettare. Certo, poi Silente aveva aggiunto che credeva fermamente nel fatto che Piton sarebbe riuscito a cavarsela egregiamente, perché lui era un uomo astuto e dalle buone capacità strategiche. Beh, sì… Consolante.
E poi, improvvisamente, verso la fine di un pomeriggio – quattro giorni dopo la prima visita a casa Malfoy – una fitta di dolore lo colse al braccio sinistro.
Giusto il tempo, allora, di avvertire Silente della nuova chiamata da parte del Signore Oscuro, e Piton si diresse velocemente oltre la linea anti-smaterializzazione posta intorno ad Hogwarts E poi sparì.

Come la volta precedente il Signore Oscuro volle che Piton si inginocchiasse a terra – inferiore a lui era, e doveva esserlo anche fisicamente – e ricominciò a parlare. Stavolta, però, almeno all’inizio, era il tono ad essere diverso: parlava come se stesse portando avanti un vero interrogatorio, non un discorso costruito per sminuire chi aveva davanti. Voleva sapere, perciò voleva delle risposte precise e il meno ambigue possibili.
“Parliamo di lealtà.” Stava dicendo infatti “Conosci questa parola, giusto, Severus? A chi va la tua lealtà?”
“A voi, mio signore.”
“Oh, ne dubito.”
Era praticamente una sentenza, quella frase, Piton lo intuiva.
“Sono stato debole, fino a poco tempo fa, ma questo non vuol dire che io non fossi informato su quanto mi stava avvenendo intorno, e su quanto, in particolare, stava avvenendo a coloro che presumeva fossero i miei seguaci. Sono rimasto piuttosto… sorpreso da quanto è capitato a te, Severus, da ciò che è venuto fuori sul tuo conto.” Voldemort si fermò esattamente di fronte al viso dell’altro “Da quanto eri la spia di Albus Silente? Dimmi.”
“Mio Signore.” Cominciò allora Piton con una smorfia sul viso “Io non ho mai fatto la… spia per Silente, mai! Non gli ho mai detto nulla che potesse danneggiare voi o il vostro operato.”
“Silente non è così idiota da considerarti una sua spia quando non ce n’è bisogno.”
“E’ stata una sua idea. Una sua idea… Doveva fare in modo che il Wizengamot non mi condannasse, ed ha così elaborato una simile… scusa.”
“Questo mi giunge nuovo. Perché lo avrebbe fatto per un Mangiamorte del tuo calibro?”
Piton guardò fisso per un attimo quegli irrecuperabili occhi rossi.
“Gli ho detto di essermi pentito di tutto, gli ho detto di… voler cambiare strada.”
Voldemort emise una breve, acuta risata, scoprendo i denti che un tempo erano stati perfetti.
“Hai supplicato anche lui, dunque.” Commentò “Hai smosso la sua proverbiale pietà. Azkaban fa veramente così paura da voler fare di tutto pur di non andarci per me?”
Il Signore Oscuro smise per un momento di parlare, osservando Piton con una sorta di sorriso derisorio.
“Sì.” Rispose semplicemente Piton, e solo allora Voldemort riprese il suo discorso.
“Sei una persona intelligente, d’altronde, quindi sì, toccare l’animo sensibile di Albus Silente deve essere stata la via più facile. Specie considerando che quell’uomo vede bene e amore ovunque. È stato vicino tanto così ad accogliere anche me tra le sue pietose braccia.” Si abbassò appena, piegando un ginocchio per farsi più vicino al volto del suo interlocutore “Sono quasi tentato di crederti.”
“E’ la verità.” Ribadì ancora Piton “Non volevo finire ad Azkaban, ed ora ho anche un contatto con Silente, potrei essere una spia, sì, ma per voi, mio signore.”
Voldemort si rimise dritto in piedi.
“Questo lo vedremo. Nel caso in cui io decida di fidarmi di te, ovvio; perché in caso contrario la questione sarebbe ben diversa.”
Di nuovo lo lasciava sulle spine, di nuovo non decideva – o fingeva di non decidere? – quale sarebbe stato il destino di Piton. Forse amava mettergli angoscia, ridurlo mentalmente uno straccio aumentando di volta in volta sempre di più la pressione. O forse non prendeva una decisione definitiva perché non voleva perdere, dopotutto, un servitore che un tempo era stato così fedele.
“In piedi, adesso.”
Piton si tirò subito su, mettendosi velocemente in ordine il proprio mantello, e di nuovo attese.
“Forse una dimostrazione pratica può convincerti a farti capire cosa potrebbe… capitarti se tu mi stessi per caso mentendo.” Disse il Signore Oscuro, e poi, senza curarsi che Piton rispondesse o meno, chiamò Lucius.
Il padrone di casa non si fece attendere, e presto la porta della stanza si aprì rivelando la sua figura. Gli occhi di Lucius saettarono un paio di volte da Piton a Voldemort, per poi ovviamente soffermarsi su quest’ultimo.
“Sì, mio signore…?” Chiese.
“Porta qui il nostro… ospite, voglio farlo conoscere a Severus.”
Lucius esitò solo un attimo, prima di uscire per eseguire quella richiesta.
“Un ospite?” Pensò allora Piton, rimasto un’altra volta da solo con il Signore Oscuro.
In quella casa ora soggiornavano anche gli ospiti del Signore Oscuro? Avrebbe voluto parlarne con Narcissa e con Lucius, ma quasi subito fece sparire quell’idea dalla propria mente, specie quando la porta si aprì per la terza volta e Lucius entrò nuovamente accompagnato da…
No, di sicuro ‘ospite’ non era la parola più calzante per definire l’uomo che ora Piton aveva davanti.
Era un uomo… sporco – fu il primo aggettivo che venne in mente a Piton; i vestiti che indossava erano palesemente gli stessi da diversi giorni, e la barba e i capelli si adeguavano perfettamente ad un tale abbigliamento. La sua postura era leggermente ricurva in avanti, e il suo viso era… stanco: gli occhi erano talmente incavati in quel volto tanto che sembrava che qualcuno li avesse premuti, per raggiungere quel risultato, e due profondissime occhiaie li contornavano. Lo si sarebbe potuto definire un comune senzatetto, non fosse stato per lo sguardo di puro terrore con cui stava guardando Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato.
Più che un ospite era un prigioniero.
“Conosci Sospirius Parr, Severus?” Domandò poi direttamente Voldemort.
“No.” Rispose Piton “Ancora non ho avuto il piacere.”
Voldemort fece un cenno con la mano e Lucius si avvicinò un po’ di più al centro ella stanza, tenendo Sospirius Parr saldamente per un braccio, quest’ultimo che camminava strascicando i piedi e zoppicando appena.
“Il qui presente Sospirius Parr altri non è che un… giornalista. Un venduto, quindi, ma non è questo il punto ed è sicuro che non è qui per farmi un’intervista.” Breve pausa in cui nessuno fiatò “Il punto è che questo… signore, tempo fa, ha osato un po’ troppo. Quando avevo potere – e lo riavrò presto, oh, sì – l’inutile Sospirius ha perseverato nel portare tutta l’opinione pubblica contro di me… Voleva che si ribellassero tutti, e i suoi irritanti scritti hanno espresso tutto il suo disappunto nei confronti dell’operato di Lord Voldemort. A quei tempi non avevo fatto in tempo a punirlo, ma ora non ci è voluto molto per trovarlo. Non è così, Sospirius?”
L’ex giornalista non rispose, bensì prese a tremare, senza riuscire a staccare i propri occhi impauriti da quelli dell’altro.
Crucio.”
Parr cadde improvvisamente a terra, sfuggendo anche contro la propria momentanea volontà alla presa di Lucius, e, con la bacchetta di Voldemort puntata contro, urlò, probabilmente con tutto il fiato che aveva nei polmoni, contorcendosi sul pavimento sotto gli occhi impassibili di Piton. Lucius invece stava semplicemente guardando da un’altra parte.
Sospirius continuò ad urlare a lungo, tanto che la sua voce rimbombava ormai perennemente, tra quelle mura, una voce che aveva assunto una tonalità stridula a causa dello sforzo continuo.
Poi Voldemort interruppe la tortura con la stessa velocità con cui tutto era iniziato, e i movimenti affrettati dell’uomo ancora a terra si fermarono; lui rimase semplicemente così, prendendo fiato a piccole dosi, come se, se non si fosse mosso affatto o non avesse più emesso alcun rumore, il Signore Oscuro avrebbe finito per dimenticarsi di lui.
Speranze vane.
Lucius allora si chinò, visibilmente riluttante, ma senza protestare, ed afferrò nuovamente Parr per un braccio. Lui sussultò, ma alla fine non poté fare altro che rimettersi in piedi, più dolorante di prima.
“Portalo via, Lucius.” Ordinò allora Voldemort, quasi annoiato, per poi voltarsi verso Piton per rivolgersi direttamente a lui, mentre Lucius neanche se n’era completamente andato dalla stanza, ancora “Che cosa ne pensi, Severus?”
Oh, lui non voleva veramente conoscere quale fosse il pensiero di Piton a riguardo, e l’altro lo sapeva; lui voleva solo sentirsi dare la risposa corretta.
“Se voi pensate che se lo meriti per quello che ha fatto,” Rispose dunque Piton “allora punirlo in quel modo è pressoché il minimo.”
“Tu forse non pensi che se lo meriti?”
“No, mio signore. Contestarvi verbalmente è già di per sé una colpa sufficiente.”
Il Signore Oscuro sembrò più soddisfatto, questa volta.
“E tu, invece, saresti meritevole di una punizione simile?”
Piton si morse appena l’interno della guancia, quasi facendosi male, per non perdere l’attenzione.
“No, io no, io vi sono fedele.”
L’espressione soddisfatta di Voldemort mutò, facendosi più seria che mai.
“Ora puoi andartene.” Disse “Ma non ho ancora finito con te.”
“Ma…”
Via. O farai la fine di Parr senza che vi sia bisogno che passi un giorno di più.”
Piton fece un profondo inchino e poi uscì.
Non incontrò neanche Lucius, sulla via del ritorno, così aprì la porta ed il cancello da sé, senza aspettare oltre. Già aveva per la testa fin troppe cose per le quali doveva rimanere ad attendere senza poter far nulla nel frattempo.
Nel giro di qualche minuto si smaterializzò nel pressi di Hogwarts, e la sua prima tappa fu nuovamente l’ufficio del Preside.


– Terzo incontro

Il Signore Oscuro non si fece attendere affatto. Piton infatti stava già pregustando altri giorni di sottile ansia dopo aver lasciato Silente alle sue personali elucubrazioni, e si era diretto nelle sue stanze con tutta l’intenzione di saltare la cena e di andarsene direttamente a letto. Non che avrebbe dormito, ma forse sarebbe stato meglio così, piuttosto che passare la notte camminando in tondo per la stanza. Si era così infilato la sua solita camicia da notte e si era più o meno sistemato sotto le coperte.
Non seppe stabilire quanto effettivamente passò ad osservare il soffitto – non si ricordava neanche se in quel lasso di tempo avesse sbattuto le palpebre per più di due o tre volte, ma fatto sta che, nel silenzio, arrivò la terza chiamata.
Evidentemente questa volta Voldemort aveva dovuto riflettere molto meno, e forse si era già fatto un’idea precisa su tutta la faccenda.
Piton scese dal letto all’istante, allora, e si rivestì ancor più velocemente, prima di raggiungere giusto un minuto dopo il portone principale del castello e di cominciare a camminare nella notte.
Ormai avrebbe potuto dire con convinzione, una volta che si fu materializzato nei pressi di villa Malfoy, quanti passi gli occorressero per giungere dapprima al cancello e poi alla vera e propria porta dell’abitazione.
Era in momenti come quelli che Piton doveva appigliarsi a tutta la forza di volontà che aveva. Se non l’avesse fatto sarebbe stato molto più facile voltarsi e camminare a ritroso fino a scomparire, come stava facendo Igor Karkaroff, per esempio, proprio in quel medesimo momento e chissà dove.
E invece no.

“Perché non hai fatto in modo che io entrassi in possesso della pietra filosofare, tre anni fa?” Fu questa la prima cosa che il Signore Oscuro chiese a Piton, non appena quest’ultimo entrò nell’ormai solita stanza.
Non gli disse perché l’avesse richiamato nonostante fossero passate giusto poche ore, non gli disse cosa volesse fare con lui, di nuovo, o quale idea avesse di Piton e delle sue azioni; nulla di tutto ciò, bensì una nuova domanda, un nuovo argomento da affrontare, e Piton di certo non poteva dire di non aver pensato che i fatti si sarebbero susseguiti proprio in questo modo.
“Non sapevo che dietro l’operato di Raptor ci foste voi, mio signore. Non potevo immaginarlo.”
Beh, ‘dietro’ in tutti i sensi, in effetti.
“Eppure eri proprio tu colui che più stava a lui – e quindi a me – col fiato sul collo. Rimembro ancora quella improvvisata nel parco che non aveva fatto altro che impensierire per giorni quell’inetto di Raptor. Se ci spiavi, voleva dire che qualcosa sapevi…”
“Ve lo assicuro, credevo che Raptor stesse cercando di appropriarsi della pietra filosofale per un mero… interesse personale. Se avessi saputo che in realtà eravate voi ad averne bisogno…”
“Mi avresti aiutato?”
“…Sì.”
Voldemort rimase in silenzio, lo sguardo momentaneamente posato altrove, la linea della labbra – quasi inesistenti – ricurva all’ingiù, effetto più che naturale di chi non è abituato a sorridere mai.
Piton, dal canto suo, invece, non staccò affatto gli occhi dal volto cadaverico del Signore Oscuro, il quale, lentamente, tirò fuori la propria bacchetta da una piega della veste.
Ecco, come Piton aveva temuto, il Signore Oscuro non gli aveva creduto, ed ora si sarebbe vendicato dell’affronto subito.
Piton strinse i pugni, senza però fare neanche un passo indietro, rimanendo a testa alta, con la schiena dritta, nonostante la traditrice goccia di sudore che gli stava scendendo lungo la tempia destra.
Sarebbe arrivata la morte? Era possibile, molto possibile. Quando il Signore Oscuro era veramente furioso non andava per il sottile, non torturava lentamente fino a che il malcapitato di turno non avesse invocato la morte; quello era un divertimento. Quando Tutto-Il-Mondo-Sapeva-Chi voleva sbarazzarsi di qualcuno, semplicemente uccideva senza girarci troppo intorno, risolvendo la questione nel modo più sbrigativo, sì, ma senza evitare di lasciarsi comunque pervadere da una potente soddisfazione.
Proprio per questo Piton si aspettava di sentir pronunciare quelle due letali parole quando Voldemort gli puntò la bacchetta contro. D’altronde sarebbe potuto benissimo venir etichettato come reo di alto tradimento, e per questo degno soltanto di morte.
A dire il vero, a Piton dispiaceva. Per quanto di per sé non considerasse la sua vita così necessaria al genere umano, morendo non avrebbe potuto portare a termine – o perlomeno impegnarsi nel farlo – quanto invece avrebbe realmente dato un senso alla propria esistenza.
Fu per queste convinzioni che dunque Piton si sorprese, quando Voldemort pronunciò tutt’altra formula.
“Legilimens.” Disse infatti.
Piton ebbe solo il tempo di stringere ulteriormente i pugni prima di ritrovarsi la mente invasa dal Signore Oscuro.
Non poteva cacciarlo fuori 
– cosa, peraltro, molto difficile – perché anche solo provarci sarebbe risultato come un’ammissione di colpevolezza, perciò tutto quello che Piton poté fare fu lasciarlo vagare quasi del tutto liberamente. Quasi. Non poteva cacciarlo, ma almeno poteva deviarlo, pensare deliberatamente ad una scena in particolare per far sì che lui pensasse che quella gli si fosse presentata semplicemente perché era stato lui stesso, da solo, a scovarla.
Ma nel frattempo immagini confuse si susseguivano nella sua testa, veloci, avvolte persino da quella che sembrava nebbia. Un volto, un colore, un muro di una stanza, un’ombra, uno strillo, qualcuno che pronunciava il nome di Piton con tonalità sempre differenti. E poi, infine, una scena più nitida: un Piton di circa sedici anni che ascoltava con attenzione il professore di quell’anno di Difesa Contro le Arti Oscure.
Poi la scena cambiò quasi subito, e tutto cominciò a vorticare in maniera ancora più confusa, sempre più veloce; le immagini si susseguivano rapide, troppo rapide, i volti che Piton si ritrovava davanti non avevano più forma e consistenza, erano solo delle macchie rosate che si allungavano, si accorciavano, si allargavano come se la loro pelle stesse venendo tirata all’inverosimile; volti senza occhi, senza naso, senza bocca, solo fibrosi fantasmi senza faccia e forma precisa che gli giravano intorno in un vortice in cui Piton si sentiva sempre più risucchiato, in cui con quegli esseri – persone non erano più – che lo circondavano si facevano sempre più vicini ed asfissianti.
E poi, proprio in quel momento, con uno sforzo nascosto che però causò a Piton una fitta che sembrò trapassargli il cranio da parte a parte, quel vorticare si fermò, ed una scena più nitida e definita prese finalmente forma.
Piton vide subito un mantello nero gonfiato dall’aria, e si riconobbe all’istante in quello svolazzamento; accanto a lui camminava un uomo più basso, con una bombetta verde acido sulla testa. Piton osservò se stesso camminare con un sorriso compiaciuto sul volto.
“…Ordine di Merlino. Magari anche di Prima Classe!” Stava dicendo il Ministro Caramell, l’uomo con la bombetta.
Poi, dopo non molto, l’arrivo alla provvisoria cella di Sirius Black, la scoperta della sua fuga, l’ira improvvisa che assalì Piton, il volto deformato in un’espressione di pura rabbia al solo pensiero che quell’uomo pulcioso non potesse ricevere finalmente il Bacio del Dissennatore.
“Ma… Come è poss-” Faceva Caramell, sbigottito, ma Piton l’aveva subito interrotto.
“Infermeria. Ora.” E si era già girato per ricominciare a camminare in una maniera decisamente più veloce di prima.
Caramell aveva preso a seguirlo quasi correndo.
“Piton… Cosa vuole… fare?”
“Lo so io di chi è la colpa!”
“Ma è impossibile che qualcuno…”
“E’ stato Potter. Lo so che è stato lui.”
Piton stava sputacchiando saliva ovunque, mentre parlava, tanta era la foga.
“Suvvia, ragazzo, Potter non avrebbe potuto arr-”
E’ così!
E senza aggiungere altro Piton aveva aumentato ulteriormente il passo.
Di nuovo tutto scomparve, a quel punto, e ora oltre il susseguirsi troppo veloce di colori, di facce, e di luoghi, anche le voci avevano fatto la loro comparsa. Non si riusciva neanche a capire se fossero tutte maschili, femminili, o entrambi. Pronunciavano parole che magari avrebbero avuto un loro senso compiuto se non fosse stato che ogni voce si sovrapponeva all’altra, rendendo tutto così difficile da capire.
Piton si portò le mani alle orecchie, cercando di non ascoltare i suoni che stavano diventando via via sempre più acuti, ma ovviamente era tutto inutile, dato che quel che Piton sentiva stava avvenendo nella sua testa. Testa che al momento gli sembrava che stesse per scoppiare, tanta era la fatica di Piton e la forza dell’intrusione del Signore Oscuro; aveva persino gli occhi doloranti, forse perché non sapeva più neanche da quanto tempo non stava sbattendo le palpebre, ma quel che era peggio era che si sentiva come se qualcuno stesse lentamente cercando si sfilarglieli dalle orbite.
No, non una bella sensazione, e, quando se ne rese conto, a Piton mancò il fiato, che riuscì a recuperare solo quando il Signore Oscuro si decise a soffermarsi su un’altra scena in particolare, offertagli a sua insaputa da Piton stesso, e che evidentemente trovava un po’ più interessante di tutto il resto.
Alberi. E buio. All’inizio fu solo questo ciò che vide Piton, ma poi, quando le immagini acquistarono più nitidezza, si accorse di trovarsi nel parco di Hogwarts.
“Sta tornando.” Era Igor Karkaroff, a parlare, ora “So che anche tu lo sai, Severus, non puoi non essertene accorto. Il… Il… Sta diventando scuro. Non era così scuro da tanto, tanto tempo.”
“Sì, Karkaroff, lo so.”
“Che cosa farai tu quando… quando accadrà?”
Piton aveva risposto solo dopo qualche secondo di pausa.
“La cosa più giusta.” Aveva detto, ma Karkaroff sembrava troppo occupato a preoccuparsi di se stesso, invece di ascoltarlo.
“Io… Io ho fatto nomi, Severus, non mi accoglierà, non vorrà…”
“E allora scappa.” Aveva dunque suggerito Piton, quasi deridendolo.
I contorni di quel che Piton stava guardando presero nuovamente a sfumare, finita quella breve scena; Piton stesso pian piano si sentì sparire, ma stavolta non si ritrovò a viaggiare ancora nella propria mente; la stanza in cui era stato tutto il tempo assieme a Voldemort riprese forma, fredda come sempre, ma almeno non girava più su se stessa.
Piton si portò una mano sullo stomaco, avvertendo un decisamente fastidioso senso di nausea, ma nonostante questo la sua espressione rimase comunque impassibile.
Il Signore Oscuro non l’aveva ucciso. Beh… Era evidente, questo.
Allora non voleva ucciderlo. Era ovviamente stata l’ulteriore prova per saggiare le vere intenzioni di Piton, e quale metodo migliore se non sondare la mente dell’altro alla ricerca dei più intimi pensieri? Pensieri che però Piton era stato accorto a non mostrare, li aveva nascosti come se non fossero mai esistiti, conducendo il Signore Oscuro verso altri lidi mentali.
Se quel giorno fosse sopravvissuto, avrebbe anche potuto considerare la propria abilità in Occlumanzia aumentata ai massimi livelli.
“Perché tanto astio nei confronti di quella feccia di Sirius Black?” Chiese Voldemort, giusto il tempo, per l’altro, di riprendere fiato.
Domanda comprensibile, d’altronde ancora tutti credevano che Black fosse uno dei più eclatanti traditori e Mangiamorte, per cui provare rancore verso di lui sarebbe sembrato piuttosto… compromettente.
“Dissapori giovanili.” Rispose allora Piton, necessariamente sincero, per una volta, onde evitare ulteriori e potenziali disastri “Ci siamo sempre odiati.”
Voldemort si rigirò la bacchetta tra le dita lunghe, pallide, affilate.
“E poi” Aggiunse allora Piton, prima che il Signore Oscuro parlasse “non condannare Black per quanto fatto sarebbe risultato strano per la posizione che ormai occupavo e sopportavo.”
“Mmh, sì.”
Piton si sentì più sollevato solo udendo quel pensieroso ‘sì’. Evidentemente c’era ancora una qualche speranza che lui non pronunciasse quella particolare Maledizione Senza Perdono.
“Oh, lo so cosa stai pensando, Severus.” Disse poi lui.
Piton si morse la lingua, tanto per farsi male.
“Mio signore…?”
“Hai paura che io ti uccida dal primo istante in cui mi hai visto. Fai bene. In effetti potrebbe accadere in qualsiasi istante, anche… adesso. O forse hai paura della tortura? Di soffrire?”
“Voi…”
Voldemort non parve aver sentito Piton parlare.
“Ah, la Maledizione Cruciatus, così semplice da scagliare ma così… temuta. A volte persino più dello stesso anatema che uccide. Ah, sì, la vedrai proprio tra poco, Severus. La sentirai.”
Piton sgranò gli occhi, anche se in maniera praticamente impercettibile, e fece di nuovo per parlare, ma Voldemort, di nuovo, lo precedette.
“Ma non sarò io a scagliarla, non stavolta. Lascerò a te questo compito. Io… osserverò.”
“Ma mio signore, intendete…”
“Sì. Esatto.” Rispose il Signore Oscuro, prima di girare la testa verso la porta e – come l’ultima volta – richiamare l’attenzione di Lucius.
Piton capì all’istante ciò che sarebbe successo di lì a poco, casomai gli fosse rimasto qualche dubbio, e la cosa non gli fece affatto piacere.
Lucius giunse dopo davvero poco tempo, e quando entrò nella stanza Piton notò che con lui vi era nuovamente l’ex giornalista che Piton aveva visto giusto poche ore prima.
“Rimani, Lucius.” Disse allora Voldemort, e Lucius obbedì, lasciando il braccio di Sospirius Parr prima di fare giusto un passo indietro ed addossarsi ad una parete della stanza.
Parr aveva barcollato appena quando Lucius aveva lasciato la presa sul suo gomito.
“Prego. Mostrami che non hai remore, Severus.”
Quello che Piton aveva iniziato ad immaginare già da qualche minuto stava celermente prendendo forma.
Non disse nulla, abbassando per un secondo lo guardo sulle proprie scarpe, e lo rialzò sull’uomo emaciato di fronte a sé solo quando ebbe afferrato la propria bacchetta. Quando la puntò contro Parr gli si ripresentò il senso di nausea di poco prima.

Fu solo allora che Sospirius Parr parve riuscire a staccare gli occhi dalla figura del Signore Oscuro per posarli su Piton, grandi e terrorizzati. Aveva capito così che torturarlo stavolta non sarebbe stato diletto di Voldemort, ma compito di qualcun altro; forse però quel qualcuno avrebbe anche potuto provare un po’ più di umana pietà…
“No…” Mormorò allora Sospirius, parlando per la prima volta, rivolto direttamente a Piton “No, per favore… Non ancora… Per favore…”
Gli occhi sembravano diventargli ancora più grandi, e stavolta anche supplichevoli, sebbene ancora terrorizzati, con la paura aggiunta di poter ricevere un ‘no’ come risposta.
Piton avrebbe dovuto agire subito, prima che quel nervo direttamente collegato alla parte migliore di sé venisse scoperto e toccato. Non poteva permetterselo.
“Crucio.”
Parr cadde a terra.
Per scagliare una Maledizione Senza Perdono degna di questo nome requisito fondamentale era la volontà. Bisognava volerlo, bisognava provare soddisfazione nel torturare, bisognava desiderarlo. Fu per questo che la maledizione di Piton non fu tra le più potenti mai scagliate, e, volendo, la si sarebbe potuta contrastare. Il corpo di Sospirius però era troppo scosso, troppo debilitato, e probabilmente il mago neanche possedeva le conoscenze necessarie per poter scacciare un tale e particolare dolore. Così si contorse a terra, esattamente ai piedi di un Piton che cercava di non distogliere lo sguardo da quanto stava facendo ma allo stesso tempo di non vederlo.
Non si poté quantificare quanto durò la tortura; per qualcuno troppo, per qualcun altro sicuramente troppo poco, fatto fu che per la seconda volta in poche ore Parr rimase fermo a terra per prendere fiato, ora quasi… raggomitolato su se stesso, in posizione fetale.

“Portalo via.” Fu il Signore Oscuro il primo a parlare, come sempre, e Lucius – perché era a lui che il Signore Oscuro si stava riferendo – eseguì all’istante: si chinò e afferrò Sospirius per il solito braccio e lo tirò su quasi di perso per poi trascinarlo fuori; nessuno dei due disse una parola, né lui né Parr, ma quest’ultimo semplicemente perché non ne aveva più neanche la forza. Il primo soltanto perché non aveva nulla da dire.
Quando carcerato e carceriere se ne furono andati, Piton era ancora con gli occhi fissi momentaneamente sulla porta, ma poi si sentì posare una mano sulla spalla. Inutile dire di chi fosse. La fredda temperatura di quella mano sembrò attraversare le spesse stoffe del mantello e della casacca di Piton fino ad entrargli nelle ossa.
“Bentornato, Severus.” Disse Lui “Mi sarai molto utile, d’ora in poi.”
Piton rimase con lo sguardo fisso di fronte a sé.
“Sì, mio Signore. Grazie, mio Signore.”
Fu l’inizio della fine.

Quando finalmente andò via da lì, quasi all’alba, Piton sapeva che Silente lo stava aspettando sveglio, nonostante l’ora, quindi non si fece scrupoli ed andò direttamente da lui. Silente lo guardò con soddisfazione, finalmente, quasi con orgoglio, avrebbe osato dire Piton, e gli disse quanto lui fosse stato coraggioso.
Era stato coraggioso a Cruciare quell’uomo, lì, sul pavimento? Forse, ma la cosa non lo fece sentire molto meglio, anzi, temeva che, dato che era stato tanto bravo nel punirlo, in seguito avrebbe dovuto ripetere una tale pratica. Invece, nei giorni a seguire, Piton non incontrò più Sospirius Parr, e soprattutto non seppe cosa ne fosse stato di lui; ci si comportava come se non fosse mai esistito.
Piton era stato un uomo coraggioso, sì, e d’ora in poi avrebbe continuato ad esserlo.
Alcuni avrebbero considerato il suo coraggio mera stupidità.
O forse era bisogno di accettazione o redenzione.
Forse era disperazione.
O forse in realtà il coraggio non era altro che avere troppa paura per scappare.
Non importava. Qualsiasi cosa fosse a spingerlo lungo quella strada, lui non si sarebbe voltato indietro, gli occhi ormai fissi nel rosso del fuoco, del futuro sangue, e di due occhi in particolare. Poteva tutto ciò ricordare ben altro rosso?
No. Ma vi si sarebbe gettato comunque.



Fine

   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Iurin