La sigaretta appoggiata in bilico sul posacenere faceva salire leggeri e nervosi fili di fumo mentre la cenere lentamente aumentava  e la piccola scintilla, appena percepibile, divorava piano la carta in cui il tabacco era avvolto.
Intorno a lui non c’era nessuno. La sala interna del locale era piena di gente che chiacchierava, di camerieri che servivano ai tavolini e di baristi che preparavano qualcosa da bere.
Lui invece era solo nella piccola distesa sul retro del locale. Aveva pregato il proprietario di non far sedere nessuno nei tavolini accanto, avrebbe dovuto parlare di cose molto personali e non aveva intenzione di sentire voci anticipate su quello che lui e la persona con cui doveva incontrarsi si sarebbero detti.
Afferrò la sigaretta, le lettere gotiche tatuate sulle sue dita parvero brillare mentre passavano sotto la lingua di luce che illuminava una piccola porzione del tavolino a cui era seduto.
Appoggiò il gomito al piano e si passò una mano fra i capelli, spettinati, rossi, che quel giorno erano liberi da ogni sorta di gel e stavano come volevano loro.
Poi aspirò a lungo il fumo e lo risputò in una nube scomposta proprio quando venne raggiunto dalla cameriera. Alzò lo sguardo e la guardò negli occhi. Quelli di  lei erano castani, comuni, sobri.
I suoi, invece, verdi come l’oceano che si avvicina alla terra, occhi in cui ci si perde se non si prendono le adeguate precauzioni.
-Vuole dell’altro caffè signor Homme?- chiese lei garbatamente.
Lui guardò la sua tazza, pensandoci.
-Sì, grazie- rispose infine.
Lei gli versò il liquido bruno nella tazza e si allontanò chiudendo dietro di sé la porta del locale.
Josh invece tornò a concentrarsi sulla sigaretta che era quasi giunta al termine. Ne prese un’altra boccata e poi l’abbandonò nuovamente sul posacenere.
Non era sorpreso del fatto che la persona che stava aspettando fosse in ritardo: lo era spesso.
Quando si trattava di fare concerti, di lavorare a qualcosa che gli piaceva o di registrare musica quello era sempre puntuale, pronto, carico, determinatissimo.
Ma quando si trattava solo di parlare era frequentemente in ritardo.
Tuttavia quell’incontro era importante per il futuro della band.
Non i Queens Of The Stone Age, loro erano a posto. Avevano fatto uscire un nuovo album che aveva ottenuto un ottimo successo, parte del tour era già stato fatto e ora erano in pausa prima del sopraggiungere delle nuove date.
Ma lui non era tipo da prendersi pause, musicalmente parlando.
Con una chitarra in mano ed una melodia in testa non riusciva a stare fermo e i due con cui avrebbe ricominciato a suonare erano identici a lui.
Una volta arrivato l’altro avrebbero potuto parlare di come ricominciare o meglio, di quando ricominciare.
John e lui si erano già sentiti per telefono e il primo li avrebbe raggiunti l’indomani con uno dei voli del mattino.
Mancava solo l’ultimo compositore della band, il batterista, quello energico e animato da un’incredibile voglia di fare: Dave Grohl.
Una volta recuperato l’ultimo tassello della band gli avvoltoi sarebbero tornati.
Il mondo avrebbe ancora avuto a che fare con i Them Crooked Vultures e la loro musica.
Improvvisamente all’interno del locale si sentì un gran trambusto, ma Josh non si voltò e continuò a dare le spalle  alla porta che poi si aprì cigolando lievemente.
Con un leggero fiatone e i capelli scombinati, Dave gli si sedette di fronte.
-Hei!- disse questi.
Si guardarono.
Il sorriso di Dave era così grande e così contagioso, che neanche Josh riuscì a trattenersi dal dimostrare di essere veramente felice di rivederlo.
  
 
So già che probabilmente nessuno si filerà questa storia, ma ci ho provato.
Ho aperto una pagina word e mi sono guardata una foto di Homme pensando ai Them Crooked Vultures (sono in attesa dell’album nuovo) e voilà!
Grazie mille ai lettori  :D
MadAka