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Autore: LesFleurDuMal    09/07/2007    4 recensioni
-Grazie Moony, non sai quanto è importante per me...- provo a giustificare tutte le grane in cui devo averlo messo con Silente e il resto dell'Ordine, un grande rischio per loro esporsi così per un mio "capriccio"

E se Sirius Black avesse avuto una Figlia?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sirius Black
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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...Sangue del mio Sangue...

E' quasi l'alba, mentre discendo per le vie di Londra, è diversa da come la ricordavo, non che i miei ricordi di Londra siano positivi, ma in qualche modo questa città mi sembra sempre più ingannevole. Eccola là, la via con la cabina che porta al ministero, «Accidenti» penso, «non era così malmessa, ma quanto tempo è passato?», poi con la lingua a penzoloni fermo sul marciapiede tra me e me penso che lo so quanti anni sono passati: Quattordici, quattordici lunghissimi anni.
Qualche indaffarato passante mi sfila accanto, tenendosi a distanza, forse intimorito dalla mia stazza. Scodinzolo e abbaio festoso, li tranquillizzo, mi avvicino a una ragazza che non sembra spaventata e le giro intorno le annuso le dita, raccolgo una carezza... qualcosa da mangiare sarebbe stato meglio, ma ci si accontenta.
Se non fossi cane riderei «Eh si, Paddy, anche ora che sei vecchio sei bene accolto dalle fanciulle...» penso sempre tra me e me, mentre abbaio un'ultima volta verso la ragazza di poco prima che si è allontanata, lei si gira e mi saluta prima di riprendere il suo cammino. Chissà che ci fa in giro a quest'ora, avrà si e no diciassette anni, come Giorgia. Giusto, Giorgia, è per questo che sono qui a rischiare di finire in un canile no? Per lei, poi vallo a spiegare all'accalappia cani, perchè diavolo a chiuso in gabbia un essere umano. «Che invenzione stupida l'accalappia cani però» non posso fare a meno di pensare mentre zampetto con aria mansueta lungo la strada che porta a Grimmauld Palace, odio quella casa, e odio che mia figlia sia là dentro, ma Moony è riuscito a organizzarmi solo questo e non posso chiedere di più. Il 12 di Grimmauld Palace è molto diverso da come è scolpito nei miei ricordi, la medesima aria grigiastra di falsità ci aleggia sopra, ma ora, la facciata d'argento che nascondeva il piombo è caduta. La casa cade in pezzi e il giardino è molto meno curato di una volta, i cespugli di rose sono rinsecchiti, l'edera si è impossessata del cancello e di parte del muro e l'erba cresce selvaggia. Abbaio, Moony mi sente, mi aspettava seduto dietro l'angolo della vecchia casa. Lo sento alzarsi, e riconosco il suo passo ancora prima di vederlo, attento a non fare rumore, tradito dallo scrichiolio delle sue scarpe logore. Arriva fino al cancello e mi apre mi accarezza la testa, in un gesto che comunica più di quanto si voglia mostrare agli altri. Percorro il vialetto di ciottoli che guida alla porta d'ingresso e istintivamente smetto di scodinzolare, benchè Giorgia sia poco lontana, non mi riesce proprio di scodinzolare mentre entro in casa dei miei, sarebbe un affronto a ciò che sono stato e sono ancora. Poco dopo sono in casa e constato che anche l'interno è vecchio e cadente ma allo stesso modo macabro e odioso. In un certo senso è piacevole vedere come l'impero dei Black si sia sgretolato. -Sirius..-, mi chiama Moony ed io mi volto poi mi rammento di essere in forma animale e riprendo in breve la mia umana. Tutto tace, mentre mi avvicino a Moony e lo abbraccio. E' sciupato e stanco, e non per l'imminente luna piena, c'è ben altro. Sciolgo l'abbraccio faccio un passo indietro e mormoro -Grazie Moony, non sai quanto è importante per me...- provo a giustificare tutte le grane in cui devo averlo messo con Silente e il resto dell'Ordine, un grande rischio per loro esporsi così per un mio "capriccio".
Moony sorride mesto e non dice nulla; in quel sorriso mesto io ci leggo una McGranitt assolutamente contrariata, con le labbra più sottili che mai e una Molly Weasly isterica al solo pensiero. Non rispondo e mi limito ad accennare con il capo mentre lui mi precede indicandomi la scala -Mi spiace solo che dorma- commenta Moony sottovoce mentre siamo a metà scala, voltandosi per lanciarmi una rapida occhiata, scuoto il capo come a dire «Non preoccuparti» e nascondo la mia delusione sino a che non non si è di nuovo voltato nell'altra direzione. Dovrò accontentarmi di guardarla dormire, dopo quattordici anni; è frustrante il senso di impotenza che provo, ma non posso fare altro che stare a quelle feree regole se non voglio mettere a rischio tutte le persone che stanno in qualche modo cercando di aiutarmi. Siamo arrivati al piano superiore, in quella che era una volta la mia camera. Sorrido pensando che lei stia dormendo nel letto che una volta era di suo padre, allontano quel pensiero e torno con i piedi per terra, osservo Moony che sta tirando fuori qualcosa dal mantello, qualcosa di argenteo. -Previa gentile collaborazione di Harry, un prestito di Prongs- commenta sorridendomi, privo di mestizia questa volta, porgendomi il mantello dell'invisibilità -Non sopporto trattarti come un intruso, ma non si sa mai- aggiunge invitandomi a indossarlo. Moony schiude la porta con una delicatezza di cui io non sarei mai stato capace, poi sguscia dentro invitandomi a seguirlo; sorrido al pensiero di come potrebbero interpretare quei gesti al nulla da parte di Moony, gli altri fenicini dormienti.
Entrato nella stanza noto che è profondamente cambiata rispetto a quando ci rinchiudevano me, le pareti sono colorate: celesti. -E' tranquilla- commenta Moony, quasi con sollievo, io lo guardo acciliato benchè lui non mi veda, quindi subito dopo riprendo lentamente ad avanzare verso il letto occupato da un fagotto di coperte. -Le mura della stanza cambiano colore con il suo umore, celeste significa che è tranquilla- spiega Moony, quasi avesse intuito il mio sguardo acciliato, sospiro «Moony conosce tua figlia meglio di te...» mi dico, senza riuscire a non sentirmi un padre inetto. Ho raggiunto il letto, vicino a cui c'è una sedia, mi accomodo lì, vorrei controllare che il mantello mi copra bene del tutto ma non ci riesco, non riesco proprio ad abbandonare la figura che mi si è finalmente mostrata.
Moony aveva detto che mi somigliava tanto, ma non credevo così tanto. Non ascolto nemmeno più il mio amico, che mi parla di lei e della sua vita, delle sue paure, le sue domande, la sua testardaggine... la fisso soltanto e non posso fare a meno di pensare che sia splendida: i capelli neri, come i miei, spettinati nello stesso modo distratto ed elegante, il naso regolare semplice incastonato in un volto dalla carnagione chiara, è molto simile a quello di sua madre. Le labbra sono ben disegnate, di un rosso vivo, chissà come si muovono quando parla, sono un po' screpolate, istintivamente mordo il mio labbro inferiore, concentrato nel cogliere ogni minimo particolare del volto di mia figlia.
Non mi accorgo nemmeno che si sta risvegliando quasi, troppo assorto nell'osservare quel visino che senza difficoltà riesco a sovrapporre al suo stesso all'età di tre anni, ritrovando i tratti sfuggenti degli zigomi e il taglio degli occhi chiusi, eppure mi sembra così distante e diverso. Moony si avvicina, e dalla rapidità del suo passo colgo una certa inquietudine, lesto mi da un colpo sulla spalla, resa invisibile dal mantello, un avvertimento il suo, vuole che mi muova; solo ora realizzo il risveglio di Giorgia, dovuto a un raggio del sole, ormai alto, che le colpisce il viso. Sta per aprire gli occhi quando mi alzo dalla sedia, Moony è teso e io di più ma la tentazione di vedere i suoi occhi è troppo forte perchè io possa allontanarmi prima, non ho rischiato di essere sbattuto in un canile o peggio ad Azkaban di nuovo, per non poter nemmeno vedere i suoi occhi. Moony non parla, non vuole tradirsi e tradirmi, osserva solo Giorgia e quasi posso sentire gli ingranaggi del suo cervello che lavorano alla ricerca di una buona scusa che giustifichi la sua presenza in camera di mia figlia. Lei si è stiracchiata poi alzata a sedere, tirando su con sè anche le coperte, un sonoro sbadiglio da cui posso scorgere i denti bianchi e la mano chiara ancora giovane e dalle dita affusolate, anche quelle sono di Ginevra... «Chissà dov'è Ginevra..»
Lesta infila di nuovo il braccio sotto le coperte mentre con l'altra mano tiene il lenzuolo all'altezza del seno, indossa una canottiera nera le spalline sottili spiccano molto sulle sue piccole spalle rosee e poi, e poi eccolo quello sguardo di zaffiro profondo, dentro cui leggo lo stesso ardore e coraggio, la stessa precisa testardaggine portaguai, la stessa luce beffarda che brilla nei miei. Solo ora riesco davvero a comprendere cosa intendeva Moony dicendo «E' davvero una Black». Resto fermo immobile osservando la sua espressione acciliata e assonnata nel contempo, e ascolto la sua voce chiara e condita di una nota di tenacia domandare -Che ci fai qui Zio?- . Zio, già... che mi aspettavo che dicesse «Ciao papà!»? Dissimulo un sospiro mentre mi impongo di iniziare a indietreggiare verso la porta senza riuscire ad allontanare da lei i miei occhi invisibili, si sta liberando dalle coperte, ha i pantaloni del pigiama azzurri. I muri della stanza cambiano e divengono verdini, e non so perchè ma mi suggeriscono un idea di dubbio -Niente, volevo dirti che la colazione è pronta, la tua preferita...- commenta Moony senza tradirsi, ha avuto il tempo necessario per macchinare quella scusa -Ah- assserisce lei scettica, ma non indaga, forse è il "la tua preferita" a placare la curiosità. Si dirige verso la finestra, aprendo la persiana e lasciando che la luce del sole entri nella stanza, si muove rapida e sicura, anche in questo mi somiglia. Abbandono la stanza da letto di lei, dirigendomi di sotto in cucina con la maggior rapidità di cui sono capace, devo trasformare la balla di Moony in semplice realtà, arrivato in cucina però, non ho idea di cosa far apparire come colazione preferita di mia figlia «Tenta la fortuna, Padfoot» mi dico e dopo aver estratto la bacchetta rubata ad Olivander qualche mese fa, richiamo alla mente quella che è la mia colazione preferita.
Toast, marmellata d'arancie, caffè caldo e succo d'arancia; sorrido e poi decido di abbondare, si tratta sempre di mia figlia, un altro colpo di bacchetta ed ecco apparire due cioccorane ancora incartate nella solita scatoletta blu «Eccole qui le certezze della vita, non cambiano mai» mi trovo a pensare. Qualche minuto dopo la sento scendere con Moony, scherza lo prende in giro, si fa prendere in giro e ribatte mordace. Un po' mi riconosco in alcune sue parole e devo ammettere che mi coglie di sorpresa con un paio di battute, ed essere stupiti da un te stesso più giovane fa un effetto strano. -Wella Zio, anche le cioccorane!- commenta con tanto d'occhi osservando il tavolo verso cui poi si dirige affamata, ora la sua attenzione è dedicata solo ai viveri sul tavolo, e mi sento orgoglioso della mia azione, neppure mi tange che lei non sappia che è merito mio, o neppure che io sia lì. Le guardo le mani, nervose e bianche armeggiare con coltelli e cucchiai e tazze e bicchieri, e improvvisamente mi chiedo com'è il tocco di quelle dita, e sento che mi manca proprio una carezza di mia figlia, inoltre comincio ad avere fame. Mi allontano quindi dal tavolo, senza che Moony possa accorgersene, lo vedo guardarsi intorno, in cerca di un mio cenno da cui potermi idetificare, non gli fornisco alcuna coordinata -Che cerchi?- domanda improvvisamente Giorgia, con la bocca mezza piena di pane tostato. -Niente, niente- fa Moony lanciando un' ultima occhiata alla cucina per poi concentrarsi sulla ragazza.
Esco da casa Black.


***


Qualche minuto dopo dalla cucina di casa Black si sente grattare sulla porta d'ingresso è Giorgia che va ad aprire e a sgrana gli occhi stupita -Zio è un... un cane...- commenta spaesata, osservando poi il mantello, si volta verso Moony, che sul volto ha disegnata un'espressione tra lo scioccato, il divertito e il "dovevo aspettarmelo", lei non capisce, ma si limita a voltarsi e a carezzare la testa del grosso cane nero, lui scodinzola. -Forse ha fame- dice lei, facendolo entrare.

  
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