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Autore: Buck    23/12/2012    0 recensioni
Marlene Mckinnon ha paura: teme la Guerra, teme di morire. Ha paura per sè stessa, ma non solo... Lily cerca di scuoterla dal torpore nel quale sembra essersi rifugiata, impedendole di fuggire la realtà. Un piccolo tributo a due grandi personaggi della old generation. Due donne straordinarie che, in nome dei loro ideali hanno dato ciò che di più przioso avevano: la vita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lily Evans, Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Non so da dove sia venuta... l'ho scritta così, di getto. Spero che la lettura non sia troppo noiosa. Se potete, fatemi sapere cosa ne pensate.

Lene aveva paura. Non era come Lily, lei. Non era forte, coraggiosa, sicura di sé. Lei tremava, tremava come una foglia. Tremava di un freddo più profondo di quello portato dal vento, un freddo che penetrava fin nel profondo delle ossa e raggiungeva il cuore, colpendo là dove faceva più male.

“Lene”. La voce di Lily, dolce e preoccupata, giunge a distoglierla dai suoi pensieri. Una mano gentile si posa sulla sua spalla, in una carezza delicata. La ragazza resta di spalle, impalata nel bel mezzo della torre di Astronomia, lo sguardo perso lontano, in qualcosa che solo lei può vedere.

E’ notte, e la temperatura è molto al di sotto della norma. L’oscurità è densa, quasi tangibile, e il cielo sembra lo specchio dei sentimenti che vorticano nel petto della giovane strega: un turbine indistinto di nubi e pioggia, rumori feroci e confusi, lampi e saette che strillano la loro ira e lottano implacabili in uno sfondo tetro, amaro riflesso della vita.

“E’ tutto il pomeriggio che ti cerchiamo, Lene” sussurra la ragazza dagli occhi verdi smeraldo e i capelli rossi come il fuoco, prendendola per un braccio e tirandola con decisione lontano dalla finestra.

Lily si lascia cadere seduta sul pavimento, con grazia, e l’amica la imita di riflesso, lo sguardo ancora vuoto, così vuoto da far paura.

“Sirius era pronto a dare l’allarme a Silente” sorride la rossa, divertita, sperando di ottenere una qualche reazione nella figura spettrale che le sta a fianco. Invano.

“Gli ho detto che ti avrei trovata io”.

Lene questa volta si volta lentamente a guardarla. Tipico di Sirius, passare subito all’azione senza prima fermarsi a riflettere. E tipico di Lily, vedere la verità nei cuori delle persone. Un sorriso le increspa gentilmente le labbra, fugace. Scompare prima di raggiungerle gli occhi.

Parlami, Lene”. Questa volta Lily la prende per le spalle, e la scuote con fermezza. Non riesce a vederla così abbattuta, così sconfitta. Lene è una delle persone più vitali che conosca: allegra, divertente, gentile, a tratti pungente e scostante, a volte ribelle, lunatica, estroversa, ma sconfitta… non ha mai visto una tale espressione sul bel volto dell’amica. Deve cancellarla, a tutti i costi. Lene non può arrendersi. Non ora. Non così.

“Mary sta bene, Lene, hai sentito. Qualche giorno e sarà come nuova” ritenta Lily, fissandola dritta negli occhi, cercando di infonderle quella fiducia che Lene in questo momento non possiede affatto.

Le parole di Lily però si scontrano contro un muro di ghiaccio. Silenzio. E poi Lene incomincia a tremare convulsamente, scossa da brividi violenti, e si stringe le ginocchia al petto, lo sguardo non più vuoto, ma pieno di paura.

Lily lo sa cos’è. È la paura che ha provato, che tutti loro hanno provato, quando i Mangiamorte hanno fatto irruzione ai Tre Manici di Scopa, e hanno preso a lanciare maledizioni ovunque, seminando il terrore. Urla, pianti, oggetti rotti, sangue. E le risate… le risate di quegli esseri che non sono degni nemmeno di essere chiamati uomini. Lily la capisce. Si è sentita morire anche lei.

“E’ tutto finito, Lene” le ripete, abbracciandola. Vorrebbe poter cancellare quelle immagini di morte dalla mente della sua sensibile amica, ma un Incantesimo non cambierebbe la realtà. Così si limita a stringerla un po’ più forte.

È allora che qualcosa nella fanciulla si spezza. Tra le braccia dell’amica, finalmente scoppia a piangere, disperata.

“Non è vero, Lily. Non è vero!” grida, a pezzi. “Lo sai, non mentire. È solo l’inizio. Ce lo ha detto, Silente: è solo l’inizio di una Guerra che ci sterminerà!”.

Lily scioglie l’abbraccio per guardarla negli occhi. Blu dentro verde. Riflette un istante, poi sorride tristemente. Non è mai stata capace di mentire.

“Già. È solo l’inizio. Il peggio deve ancora venire” conferma, ricevendo in risposta un’occhiata scioccata.

“Vuoi la verità, Lene?” domanda con affetto. “E’ questa, la verità, anche se già la sai” le fa notare con un sorriso triste.

“La Guerra non perdona. La Guerra uccide”.

Nessuna esitazione in Lily, la consapevolezza le infonde l’energia che permette al suo fuoco di continuare ad ardere.

“Oggi Mary è rimasta ferita. È stata maledetta dai Mangiamorte, è vero. Ma lei è viva, Lene. È con noi. Altri no, altri non ce l’hanno fatta”.

Lene lo sa che Lily ha ragione. Lo sa. Eppure non riesce a essere razionale. Non riesce a reagire. Non vuole morire, Lene. È così giovane… ma non vuole nemmeno vedere gli altri morire. È per questo che è confusa: non ha abbastanza fegato per sacrificarsi e neppure abbastanza per farsi da parte. Osserva il mondo intorno a lei, cerca disperatamente di seguirne il passo, e si sente scomparire con esso. A ogni morte un pezzettino di lei si sbriciola. A ogni morte il buio la avvolge un po’ di più.

E’ Lily a leggere il Profeta tutte le mattine, e tutte le mattine, mentre lei sfoglia il giornale, tutti loro, Mary, Alice, Emmeline, i Malandrini e Lene, trattengono bruscamente il fiato. Pochi istanti: il tempo necessario alla loro amica per sincerarsi che nessuno dei loro cari sia nella lista dei deceduti. Solo allora riprendono a respirare, e incomincia una nuova giornata.

Quella lista però è ogni giorno più lunga. Il Ministero può anche invitare alla calma, può camuffare l’amara crudeltà degli eventi sotto una lucente patina fasulla, ma Lily non è una stupida. Lily sa che alla Guerra non si può fuggire, sa che ci sono tutti dentro. Lei per prima. E ora cerca di ricordarlo a lei, Lene, così spaurita e fragile, in balia di un mare nero di sangue.

“Le vittime di questa follia sono tante, troppe. Sanguesporco come me, Mezzosangue, Babbani. Voldemort non ha pietà. Voldemort uccide e basta” sibila, irata e calma allo stesso tempo.

Al sentire pronunciare quel nome proibito Lene impallidisce vistosamente.
“Perché?” riesce a sussurrare tra i singhiozzi. Stringe le mani di Lily con forza. Lily è la sua migliore amica, è la sua roccia. Si fida di lei più che di sé stessa, e ha bisogno di aiuto. Ha bisogno che la tenga in piedi anche questa volta.

“Vuoi un perché? Io un perché non ce lo vedo. La purezza del sangue, la superiorità dei Purosangue sugli altri maghi… sono tutte scuse. Per me lui è un pazzo. Un pazzo assetato di potere”.

Ecco la bellezza di Lily: Lene la percepisce chiaramente. Una bellezza che va oltre quella fisica, una bellezza più profonda, che deriva dal cuore. E il suo carettere... Semplicemente, lei. Lily che dice quello che pensa senza remore. Che non teme la verità, per quanto cruda, e la accetta. La accetta e, con una determinazione e un coraggio che pochi possono vantare, combatte per quello in cui crede a testa alta, senza mai perdere il sorriso. Nel bel mezzo della Guerra, là dove non ci sono certezze, Lene è sicura di una cosa: la fiducia di Lily nel futuro e la sua mano gentilmente tesa non verranno mai meno. Per nessuno.

“E allora cosa facciamo, Lily? Ho paura”. Lene lo sa che le sue lamentele suonano sciocche, infantili. Non è più una bambina, e tuttavia non riesce ad essere adulta, non riesce ad essere come la situazione presente le richiede.

Piangere non serve a nulla, glielo sussurra una vocina nella sua testa.

Si è unita anche lei all’Ordine della Fenice, c’era anche lei quando Lily, James, Sirius e gli altri hanno giurato di essere pronti a dare la vita per un mondo migliore, per un futuro da costruire. Era consapevole di quello a cui andava incontro. Eppure, adesso, si sente svuotata, e incapace. Qualcosa, in lei, e fuori, è cambiato, tragicamente e inesorabilmente, nel momento in cui ha visto una delle sue migliori amiche contorcersi a terra, preda della maledizione Cruciatus. È stato facile dichiararsi pronta a lottare a parole ma, una volta in battaglia, quei sentimenti che l’avevano fino ad allora animata, sono stati offuscati da un cieco terrore.

Vuole risposte, Lene. Ne ha bisogno. E sa che l’unica persona in grado di dargliele è proprio quella che le sta accanto. Lily è venuta, senza bisogno di essere chiamata, e pazientemente sta scavando dentro di lei per lenirle le ferite.

“Anche io ho paura” sorride la rossa, senza la minima traccia di imbarazzo, gli occhi verdi e brillanti, così consapevoli e così vivi, accesi di un qualcosa che la ragazza non riesce a definire. “Dobbiamo avere paura”.

“Ma tu hai combattuto, Lily. La tua paura non ti ha pietrificata. Io invece non riuscivo a muovere un muscolo. Se Sirius non mi avesse coperto le spalle, sarei morta”.

Quanto fa male ammettere le proprie debolezze. Eppure, Lene lo sa, riconoscere i propri errori e i propri limiti, è l’unico modo per risalire la china.

“Marlene Mckinnon” pronuncia seccamente Lily, afferrando con due dita il mento dell’amica, e sollevandole il volto alla sua altezza.

“Sappiamo la persona meravigliosa che sei. Indipendentemente da quanto è accaduto oggi. Se non te la senti più di scendere in campo, non devi farlo”.

Lily parla con un tono che non ammette repliche, gentile ma fermo. Sa essere amica e maestra, bambina e donna, dolce e autoritaria, al momento giusto.

Lene tenta subito di interromperla, ma Lily la precede.

Lo so che vuoi combattere. Altrimenti non saresti qui adesso” aggiunge.

L’espressione di Lene si fa confusa. Non è sicura di aver compreso le affermazioni dell'amica.

Lily cerca le parole dentro di sé.

Combatteremo, Marlene. Insieme. Ognuno a modo proprio. Ognuno per le proprie ragioni forse, ma tutti con lo stesso obbiettivo: la pace. Combatteremo per quello in cui crediamo. Combatteremo perché è la cosa giusta da fare, anche se non la più facile. Combatteremo per vivere liberi e felici. E non importa se adesso ti sembra di non esserne all’altezza. Si va avanti. A piccoli passi. Per mano. Non possiamo permettere che la Guerra ci cambi. Sarebbe come far vincere la Guerra”.

Gli occhi di Marlene si riempiono nuovamente di lacrime. È così appassionata, Lily. È proprio un fuoco, ardente, e pieno di passione. Marlene si augura che nessuno possa mai spegnerlo, questo fuoco, nemmeno la Morte.

“Lily?”

“Si?”

“Vinceremo?”

“Il Bene vince sempre, prima o poi, basta crederci”.

In quel momento Marlene Mckinnon comprese che lei ci credeva davvero. Lily credeva con tutta sé stessa in quello che diceva, e voleva che anche lei ci credesse. Lene non era come lei. Però poteva provarci, a fare come lei. Perché aveva compreso quello scintillio intravisto in quegli occhi così verdi poco prima: era speranza. Marlene aveva bisogno di sperare. 

Il temporale sembra placarsi un poco e una tenue luce torna a brillare all’orizzonte.

  
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