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Autore: sono_pHazza    23/12/2012    1 recensioni
Questo è per la persona più importante della mia vita. Vorrei poter farle un bel regalo ma non riuscirei a fare niente... Quindi ecco qui a fare l'unica cosa che mi viene bene in questa vita: scrivere. Spero le piaccia e spero non rimanga delusa :)
Buon Compleanno Greta
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'Incontro



Vanessa era in macchina con il padre e come ogni volta mentre lui parlava e parlava, lei guardava fuori dal finestrino. Sul vetro dei finestrini erano appena cominciate gare di velocità tra le goccioline che scivolavano sulla superfice liscia, lasciando una scia d’acqua dietro di loro; non tralasciando quelle piccole stille solitarie che coraggiosamente intraprendevano il loro viaggio completamente da sole. La voce dell’uomo risuonava nell’abitacolo, eppure alle orecchie della ragazza quel vociare arrivava ovattato, come se fosse lontano e forse dopotutto lo era. Era tanto, troppo tempo che si stava lasciando andare e manteneva le distanze da tutti, consapevole che questo aggravava quella sua depressione che la portava a stare notti intere insonni a fissare fuori da quella alta finestra che per lei era come l’immagine visiva del suo stato d’animo contrastante con la felicità del mondo circostante. Con il mento appoggiato sul palmo della mano destra, Vanessa, sentiva quelle croste dei tagli tirare quei lembi di pelle staccati tra loro tempo fa da una lametta.
Sì, era un’autolesionista.
Sì, era anoressica se pur con pochi risultati “visivi”.
Sì, era bulimica.
Sì, era depressa.
Sì, era una suicida appena reduce dall’ultimo tentativo fallito.
Sì, era una bipolare con piccoli picchi di schizofrenia.
Sì, era quella schifata da tutti.
Sì, era lei e purtroppo non l’avrebbe mai potuto cambiare per quanto il desiderio non le mancasse.
Ma cosa poteva fare se le sembrava di non avere un motivo per rimanere in quel mondo?
La vita è come un palloncino. Un flebile filo ci lega ad esso ma spesso noi lo lasciamo andare con la probabilità di pentirsi poi.
Ma la vita è un gioco di resistenza.
La ragazza però era stanca di combattere… Se solo le persone fossero state più attente se ne sarebbero accorte… nere occhiaie, molteplici braccialetti sgargianti, maglioni dalle lunghe maniche, sorrisi sparsi ovunque, momenti di solitudine, voti radenti l’insufficienza, prepotenza con i professori… sintomi fin troppo evidenti e fin troppo ignorati.
Davvero era arrivata a questo la sua vita? Che poi era una parola grossa “vita”… nella sua infanzia, alle elementari aveva subito bullismo, ed i segni erano ancora erano sul suo corpo come sulla sua psiche. Gli occhi della ragazza saettarono da un viso all’altro delle persone sui marciapiedi, quelle in macchina, le persone che fumavano sui balconi, quelle nei negozi con il portafogli ancora in mano, le persone che ridevano.
Un uomo camminava tranquillo quando un piccione lo spaventò volandogli all’altezza della testa, facendolo cadere e tirare in aria la sua lussuosa ventiquattrore. Un leggero sorriso comparì sulla faccia della ragazza mentre socchiudeva gli occhi. Un ragazzo camminava felice mentre teneva per mano la fidanzata che rideva. Una bambina salutava un cane mentre la mamma parlava con la padrona.
Doveva essere bella la normalità.
<< hai capito tutto? >> disse il padre svegliandola dai suoi pensieri.
<< si si certo >> cercò di sviare.
<< e che ho detto? >>
<< boh parlavi di andare a comprare il regalo a mamma a quel negozietto vicino Times Square… >> la sua amata New York era un libro aperto per lei.
<< No!! Parlavo della festa!! Non mi ascolti mai, cazzo! >> e mentre l’uomo cominciò ad alterarsi, Vanessa continuava solo a pensare che a quella dannata festa ci sarebbe stata un sacco di gente pronta a giudicare e si sarebbe dovuta vestire con quella cosa troppo corta, troppo.
<< Allora?! >>
<< Cosa? >>
<< Cazzo, Vanessa!! >>
 
Greta si era rifugiata a Central Park per cercare di sbollire la rabbia causata dall’ennesima dannata litigata con la madre. Si era seduta sulla sua solita panchina, vicino a quel piccolo laghetto popolato da carpe rosse e sotto quel meraviglioso salice piangente. Aveva tirato fuori una sigaretta, se l’era accesa e aveva cominciato a confondere il fumo di essa con quello dovuto al suo respiro. Strinse le spalle per il freddo di quel Dicembre. Osservò chi passava: chi faceva footing, coppiette mano nella mano, anziani, bambini che si rincorrevano tirandosi palle di neve, chi andava a pattinare, chi era venuto a fotografare quello stato glaciale del parco in quel periodo. Greta si sentiva bene lì probabilmente perché il gelido e apatico essere di quell’angoletto rispecchiava perfettamente il suo stato d’animo, di sicuro più di quanto avesse fatto quel sorriso finto che aveva stampato in faccia solo qualche ora prima di tornare a casa. Una sigaretta dopo l’altra, la ragazza continuava ad osservare immobile perché dopotutto era così la sua vita. Immobile. Immobile da ben quattro fottutissimi anni. La depressione, brutta bestia… Ma alla fine ci si convive. Con i proprio compromessi e patti di sangue, ma ci si convive. Finché non arriva quel momento in cui passare sulle strisce o no, con il verde o no, non fa più differenza. Vivi o morti è uguale. Quel parco innevato, apparentemente calmo, trasmetteva più di quanto immaginasse. Greta con i piedi cominciò a disegnare forme su quel prato ricoperto da soffice neve. Fissava beni quei semicerchi. La sua vita era incompleta. Sentiva un vuoto che piano piano si era inglobato tutto e che aveva trasformato quel dolore in apatia. Con le mani nelle tasche prese un altro pacchetto e ricominciò. All’improvviso il suo cellulare le vibrò, lo prese in mano, “Mamma” lesse ma non rispose, anzi, rifiutò.
Sì, era bulimica.
Sì, era autolesionista.
Sì, era bipolare/borderline.
Sì, era depressa.
Sì, era così e per quanto avesse provato a cambiare ogni tentativo era andato fallito.
Cosa poteva fare? Sembrava tutto così inutile che si era anche stancata di provare. E poi se si è lo zimbello, quella presa in giro, quella allontanata, quella “strana” come si fa a rialzarsi dopo essere stati picchiati? Ad un certo punto sul suo naso cadde un goccia di quello che un tempo era ghiaccio sui rami, e rise. Incrociò gli occhi per vedere meglio quella stilla che cercava di tenersi in equilibrio, e sorrise. In fondo era la stessa cosa che faceva lei nella sua vita. Tirò fuori la lingua per cercare di toccarsi il naso ed invece una goccia le cadde su di essa.
<< buona >> chiuse forte gli occhi e un sorriso cercò di stamparsi sulla sua faccia. Di nuovo le vibrò il cellulare ma stavolta rispose
<< Pronto? >>
<< dove cazzo sei? Porca troia torna! Stupida ragazzina! Appena ti ribecco… >>
Ma non fece in tempo a finire che la ragazza le chiuse in faccia e spense anche il telefono.
<< Fanculo >>
 
<< Che c’è? >> chiese Vanessa.
<< come al solito sei una deficiente! >> urlò il padre.
<< Sono stanca di te. Fottiti >> la ragazza prese la sua borsa velocemente e scese da quella macchina di quel blu improponibile.
<< Porca troia torna! Stupida ragazzina! Appena ti ribecco… >>
Ma alle orecchie della ragazza già non arrivava nessun suono della sua voce perché correva sempre di più. L’uomo scese anche lui e la rincorse. Vanessa cercava di essere più veloce e mentre girava la testa per accertarsi di tenere una certa distanza, evitava le persone. Tagliò per una viottola e sbatté contro un carretto di verdura facendo cadere tutto, ma continuò imperterrita tralasciando i vari insulti provenienti dal venditore; si aggrappò ad un palo e girò per andare in un’altra via, saltò un cane, passò sotto un tavolo che veniva trasportato, oltrepassò il fumo di un sigaro cubano e si fece spazio tra due amanti che si baciavano. Corse e corse, incurante del bruciore che le procuravano i polmoni, del dolore delle gambe, le ciocche di capelli che le colpivano il viso e l’aria tagliente già di suo per il freddo che era ancora più gelida mentre si scontrava con la pelle scoperta della ragazza. Quando arrivo sotto un arco con su scritto “Central Park” e sicura di aver seminato il padre, rivolse il dito medio alla direzione da cui era scappata e disse << Fanculo >> ed entrò nel parco mentre si infilava il giaccone.
 
Greta si era intanto alzata e si era appoggiata con la schiena all’albero, rivolta verso il laghetto in cui tirava sassolini. Fissava incantata quei cerchi che si scaturivano dall’impatto da lei causato.
All’improvviso sentì delle scarpe schiacciare la neve, sentì dei passi avvicinarsi. Si sporse leggermente ed intravide una figura di una ragazza dai capelli castani abbastanza lunghi e mossi, mentre si sedeva sulla SUA panchina. Sentiva il suo respiro affannoso.
<< ma porco cazzo…. >>
Greta aggrottò la fronte divertita da quell’affermazione.
<< che… che corsa… ahahahahahaha >> la ragazza sconosciuta cominciò a ridere. Una risata contagiosa che spinse Greta a soffocare una risata cristallina.
<< oddio oddio oddio sono scappata!! Oddio che roba che ho fatto!! Quanto ho corso?! Ho beccato il venditore… povero. Chissà dov’è mio padre…. Oddio che roba ahahahaha >> si mise a fare un balletto osceno sopra la panchina e rise per un tempo indeterminato. Si mise anche a cantare a squarciagola “We are the champions” spaventando i passanti, saltò giù e rincorse un piccione urlando << KEEEVIIIIIIN!! HAI VISTO CHE HO FATTO?! >> e scomparve. Greta uscì dal suo nascondiglio e lasciò che la sua risata risuonasse per tutto il parco, si piegò persino in due. Non aveva mai assistito a scena più buffa e mai aveva visto personaggio più simpatico, e ne era felice perché quella ragazza era riuscita a fare ciò che nessuno era riuscito a fare per un tempo infinito… farla ridere. Apprezzare dei minuti, che pur essendo pochi, possono portare ad una grande felicità. Ad un certo puntò risentì quei passi e si rinascose. Era di nuovo lei. Si sedette e cominciò a parlare da sola << Non ho mai fatto una cosa simile… però… MADONNADELUCARMELOINCIMAA’NAMUNTAGNA SE E’ STATO EMOZIONANTE! >> saltò ancora su quelle lastre di legno. Improvvisamente scivolò cadendo di sedere << ma cazzo culo….  >> allora Greta prese tutto il coraggio che nemmeno aveva e si fece avanti << Ehi… ti serve aiuto? >> disse sorridendo.
Vanessa rimase spiazzata quando vide una ragazza bionda chiederle se serviva aiuto. Aveva assistito a quella penosa scena? Oddio che figura…. << ehm… >> disse incerta. Sul viso dell’altra si dipinse un espressione imbarazzata. << in effetti si… >> un sorriso sghembo arrivò da entrambi le parti. << Greta >> disse porgendole la mano << Vanessa >> disse alzandosi.
 
Sapete che successe dopo? Passarono le ore e le due parlarono come se si conoscessero da tempo immemore. Si confidarono come se fossero migliori amiche, si abbracciarono come se fossero sorelle, piansero come se fossero la stessa persona. Scoprirono che in fondo nessuno è solo in questo mondo, tutti hanno qualcuno, un’anima gemella di vita, che saprà sempre capirle, sarà sempre lì per loro, riderà con loro e cercherà di farle ridere, che sarà lì quando nessun’altro c’è, che farà qualsiasi cosa per farle capire quanto sono importanti, che non smetterà mai di dirle “ti voglio bene”, che non smetterà mai di dirle “sono qui”, che non smetterà mai di ringraziarle per ogni attimo passato insieme. Spero che ognuno la trovi perché solo chi ha incontrato qualcuno così può capire cose significa essere così attaccati ad una persona che anche se non ti risponde una volta ti preoccupi come se non la sentissi da mesi o anni, solo così si può capire quanto una persona possa fare bene con una solo frase o un solo emoticon.


<< Credo sia ora di andare… >> disse dispiaciuta Greta guardando il suo orologio.
<< eh già… è tardi e mio padre avrà già parlato con mia madre che si sarà preoccupata tantissimo! Spero solo di non arrivare a casa e trovare le auto della polizia perché mi stanno cercando per tutta New York >> rise sconsolata.
<< sarebbero capaci di tanto? >>
<< avoja >>
<< beh allora è meglio che vai ahahaha >>
<< già… >>
<< senti…. >> dissero all’unisono.
<< Io volevo dirti… >> disse Vanessa.
<< che io ho Twitter >> completò Greta.
Si scambiarono i nick.
<< Beh allora io vado >> disse la mora alzandosi.
<< si >> la bionda sgrullò via la neve dal fondoschiena.
<< Sono stata davvero felice di averti incontrata. Grazie >> disse Greta.
<< che mi ringrazi a fare? Non ho fatto nulla >> sorrise Vanessa.
<< questo lo dici tu >>
<< eh beh certo! Mica l’ha detto il mio Cricetino Grigio! >>
<< il tuo cosa? >>
<< lunga storia… te la spiego la prossima volta >> rise.
<< va bene! Alla prossima allora >>
Sorrisero e si abbracciarono.
Arrivarono all’entrata di Central Park.
<< Ciao >> risuonò nell’aria mentre una andava verso casa sua che era vicino, pronta a sentire le sfuriate della madre. E l’altra tornava a casa pronta a litigare con il padre per il “fottiti”.
Ognuna era pronta a ricominciare la propria routine, la sua solita vita. Eppure qualcosa era cambiato… Quando entrambe arrivarono davanti alle rispettive porte, si girarono verso la luna e sorrisero. Girarono le chiavi nelle serrature ed entrarono.
Ma no… niente era più lo stesso.  
 
 

 Salve a tutte <3
Questa cosa è per una mia carissima amica che compie gli anni il 25 (che cosa bella) e visto che non so che regalo farle ho deciso di esprimermi facendo l’unica cosa in cui riesco: scrivere.
Questo sarebbe il “capitolo regalo” per il compleanno e domani posterò il “capitolo regalo” per Natale.
Si lo so, sono pazza.
Magari mi odierà.
Forse rimarrà delusa.
Probabilmente gli farà schifo tutto questo… (non perché lei sia cattiva oh! Intendiamoci)

 
Speriamo bene….
Buon Compleanno Hail_G <3
Buon Compleanno Greta <3


  
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