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Autore: blazethecat31    24/12/2012    1 recensioni
-Non sai fare gli alberi di Natale?-
-No, io…ho avuto un’amnesia dopo un’incidente d’auto. Dicono che mi chiamo Desmond, tu invece?- mentì consapevolmente, non poteva certo dirgli che non conosceva questa festività proprio come tutte le altre. [primo delirio natalizio, siate clementi]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Desmond Miles , Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il barista uscì dal locale in tarda serata; il venerdì aveva la serata libera. Indossò il giubbotto, talmente vecchio e rattoppato che avrebbe fatto venire la nausea a qualunque barbone lo guardasse, ma d’altronde cosa si poteva trovare in un negozio d’abiti di seconda mano con uno stipendio da fame?

New York era completamente innevata e piena di luci colorate appese ai balconi, cosa a lui estranea visto che nella sua ex casa non gli avevano mai parlato del Natale, dei regali, degli addobbi, di qualsiasi cosa portasse spirito di amore in giro, o che magari accennasse qualcosa di gioioso.
L’unica data che conosceva era probabilmente il suo compleanno, ma difficilmente veniva festeggiato.

-Aspetta, Desmond! Prima di andare potresti aiutarmi un attimo?-
Erano del suo capo le orme sulla neve che si avvicinavano a lui.
-Devo fare l’albero di Natale e appendere qualche decorazione, ti darò un extra se mi darai una mano.-
Desmond non se lo fece ripetere due volte e tornò subito indietro, accennando un’espressione interessata, affondando con le scarpe nei morbidi fiocchi posati per terra. Non sapeva perché questa festa venisse festeggiata così, ma in quel momento non importava tanto. Con stupore si accorse che l’uomo non lo seguì, al contrario si diresse verso l’area commerciale, facendogli cenno di entrare nel bar prima di andarsene.

Si ritrovò confuso davanti ad un alto palo di plastica ricoperto da aghi di pino finti e dei rametti sintetici a terra, e alcuni già attaccati al falso albero. Come far lo stesso con gli altri era un mistero. Notò inoltre una scatola di cartone piena sfere di vetro tutte colorate e dei fili elettrici con delle lampadine anch’esse colorate alle estremità.
O trovo un modo per capire come montare questo coso o mi licenziano su due piedi.

Guardandosi intorno alla ricerca di una qualsiasi illuminazione scorse un bambino in mezzo alla folla, seduto da solo davanti al bancone.

-Ciao piccolo, lo vuoi un succo di frutta?-
-No grazie, non ho sete.-
-Cosa ci fai qui? Questo bar non è un posto per bambini.-
-Sono qui con mio padre. Appena finisce di ubriacarsi, di sperperare soldi in sigarette e di parlare con i suoi amici torniamo a casa.-
-Sembra che ci vorrà molto allora…perché non mi aiuti a fare un piccolo lavoretto tanto per ammazzare il tempo?-
Senza nemmeno rispondere lo seguì, raggiungendo quella sorta di cantiere.

-Non sai fare gli alberi di Natale?-
-No, io…ho avuto un’amnesia dopo un’incidente d’auto. Dicono che mi chiamo Desmond, tu invece?- mentì consapevolmente, non poteva certo dirgli che  non conosceva questa festività proprio come tutte le altre.
-William, ma preferisco Willie, sa meno di vecchio. Piacere di conoscerti.- allungò la mano ricoperta da un guanto rosso e strinse quella di lui con forza, come se il racconto non l’avesse minimamente toccato.

Mentre mettevano in piedi l’albero Willie gli raccontò che nel periodo natalizio bisogna essere più buoni del solito, che bisogna decorare la casa con alberi, ghirlande e candele profumate, che il 24 e il 25 dicembre bisogna festeggiare con tutta la famiglia e gli amici, e scambiarsi dei regali, che simboleggiano l’amore che si prova per qualcuno, amore detto in tutti i sensi.
Descrizione più che sufficiente, specialmente se data da un bambino.

-E’ molto carino, non credi?-
-Già, grazie per avermi aiutato, Willie. Posso sdebitarmi in qualche modo?-
-Non ce n’è bisogno. Essere buoni significa anche aiutare senza ricevere nulla in cambio.-
Desmond sorrise, non credeva che in una città come New York potesse esistere gente tanto dolce. Quasi gli dispiaceva lasciarlo andare con quell’ubriacone.

-Oh, papà ha finito, me ne devo andare. Sono felice di aver passato del tempo in compagnia di qualcuno oggi. Ciao Desmond! Buon Natale!-
-Mi troverai sempre qui, e grazie per avermi aiutato!-
Si salutarono agitando freneticamente le mani, come tutti i bambini fanno.
Sai, anche mio padre si chiama William…

 

Desmond rimase per svariati minuti a fissare le luci intermittenti che gli dipingevano la felpa chiara, in attesa che il suo capo tornasse, sperando che “l’extra” di cui parlava fosse qualcosa di utile.

-Ehi, Des! Ti ho portato qualcosa!-
Il ragazzo si girò di scatto, notando con gioia che era finalmente tornato, e che aveva in mano un qualcosa di morbido ricoperto da carta lucida e color bianco perla.
-Ecco il tuo extra, aprilo, dai!-
Il barista lo prese, e lo scartò con foga, tirando fuori un giubbotto scuro, bello da vedere, apparentemente abbastanza caldo e resistente agli strappi, era pure della sua misura.
Insomma, non sembrava provenire da un negozio di abiti di seconda mano.

-Ora non avrai più problemi ad andare in giro, visto che non vesti più come un barbone.-

Desmond colse l’ironia della cosa e scoppiò in una sonora risata.
-Barbone io? Ti ricordo che se non fosse per me in questo bar non ci sarebbero belle ragazze.-

I due si salutarono, e Desmond tornò verso casa con due nuovi doni: un giubbotto e le conoscenze di base su una delle feste più famose del mondo.

  
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