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Autore: My Pride    24/12/2012    7 recensioni
~ Raccolta di flash fiction e one-shot incentrate sulle coppie ZoSan e RuNami ♥
» 58. Tequila Sunrise
«Mi stai facendo passare per il cattivo ragazzo, cuoco».
«Ricorda, marimo: non esistono uomini cattivi.... se sono cucinati bene»

[ Quarta classificata al contest «Rapido e indolore» indetto da Ro-chan { 23 } ]
[ Quinta classificata al contest «Flash Fiction Istantanee» indetto da Dark Aeris { 6 } ]
[ Seconda classificata al contest «Il mondo dei Peanuts» indetto da Dark Aeris { 26 } ]
[ Seconda classificata al contest «Due cuori e...» indetto da Frandra e Silyia_Shio { 24 } ]
[ Seconda classificata al contest «Scrivimi una raccolta» indetto da visbs88 { 29/32/33/34 } ]
[ Terza classificata al contest «Say it with Disney!» indetto da Lady Nazzumi e valutato da Dark Aeris { 23 } ]
[ Prima classificata e vincitrice del Premio Christmas Spirit al contest «All I want for Christmas is you» indetto da Frandra { 29 } ]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Franky/Nico Robin, Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Do one, melt one, love one'
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Phantoms in falling snow Titolo: [ Special ] Phantoms in falling snow
Autore: My Pride
Fandom: One Piece

Tipologia: One-shot [ 6513 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji
Genere: Generale, Avventura, Sentimentale, Fluff?
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Assurdità sparse, Slice of Life, What if?
Torneo Hunger Games: Vischio
Notte Bianca VII: Nevicata improvvisa nel momento meno opportuno @
[info]mapi_littleowl
Categoria di prompts: Condizioni di tempo atmosferico › Neve
The season challenge: Inverno › Vischio


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Non era la prima volta che Sanji vedeva la neve, ma fino a quel momento non aveva mai visto una città completamente agghindata. Rosso e oro spiccavano come tante luci in mezzo a quel bianco abbagliante, e, pur essendo solo vagamente a conoscenza del perché in tutta la zona si sentisse una così allegra aria di festa, quella era una cosa quanto meno apprezzata.
    Da mesi, ormai, le loro giornate erano divenute un susseguirsi di eventi imprevisti e disastrose fughe da marines fin troppo zelanti, quindi quell’atmosfera tranquilla e per niente bellicosa non poteva che fare bene all’animo di tutti loro. Per quanto il Capitano stesse protestando da una buona manciata di minuti che aveva fame, ovviamente. Una vera e propria esasperazione. Però, e Sanji doveva ammetterlo, tutto sommato anche i suoi lamenti passavano in secondo piano, se messi a confronto con lo spettacolo che avevano dinanzi. Ovunque si guardasse, sulle case, fra le cime degli alberi e persino al di sopra delle lettere dorate che componevano il nome della città, palline colorate e festoni abbellivano ogni angolo e rendevano quel paesaggio quasi magico, difficile dire se fosse a causa del Natale - così l’aveva chiamato l’uomo al quale avevano chiesto indicazioni, almeno - o del dolce profumo di panettoni appena fatti e delle canzoni allegre che sembravano risuonare in ogni dove. Proprio un posticino niente male per rifocillarsi, tutto sommato. Sempre lamenti del Capitano a parte.
    «Rufy», lo riprese Nami tutto d’un tratto, più paziente di quanto gli altri credessero. «Se apri nuovamente bocca, giuro che ti lego un blocco di cemento al collo e ti getto a mare. Intesi?» Beh, come non detto. Non era paziente per niente e l’aveva appena dimostrato.
    «La smetto solo se andiamo a mangiare», si impuntò Cappello di paglia, e la navigatrice, dopo aver tratto un lungo sospiro, sollevò lo sguardo al cielo. Cosa aveva fatto di male per meritarsi un Capitano del genere?
    «D’accordo, ma guai a te se mi fai spendere troppo», lo mise in guardia, girandosi poi per indicare ad uno ad uno il resto della combriccola. «E questo vale anche per voi. Non mi va di finire sul lastrico solo per riempire il vostro stomaco in chissà quale bettola, mi sono spiegata?»
    Un annuire collettivo e terrorizzato - tranne da parte di Sanji, il quale aveva immediatamente dimenticato il paesaggio per lodare come un idiota la sua bella compagna di ciurma - la fece sorridere, tanto che fu lei stessa ad incamminarsi per prima, con in viso la stessa espressione soddisfatta di un gatto che si era appena mangiato un topo.
    «Benissimo. Dopo mangiato andremo a fare rifornimento per la nave, così potremmo goderci i restanti tre giorni che serviranno al Log Pose per registrare il magnetismo dell’isola».
    «Non dovremmo chiamare anche kenshi-san, allora?» la buttò lì Robin, gettando una rapida occhiata verso il promontorio dietro cui avevano nascosto la Sunny. In fin dei conti erano pirati, quindi avevano preferito non ancorarsi vicino al porto, per quanto quella cittadina non apparisse per niente ostile. Sembravano tutti concentrati a festeggiare, piuttosto che preoccuparsi dell’arrivo di possibili imprevisti.
    «Qualcuno deve pur restare di guardia. Lo chiameremo più tardi».
    «Zoro ha detto che preferisce restare a bordo. Quando sono sceso si stava allenando», si intromise Chopper, sorridendo nel sentire la neve sotto le zampe. Non aveva smesso di farlo da quando erano arrivati, e di questo Usopp se ne accorse, tanto che gli diede un’amichevole pacca su una spalla.
    «Ti ricorda casa, eh?»
    Il medico annuì energicamente, più pimpante che mai. Quello era stato un regalo di compleanno magnifico, per lui. Pur avendolo ricevuto con un giorno di ritardo. «Era da tanto che non vedevo tutta questa neve! Chissà come stanno Doctorine e tutti gli altri!»
    «Vedrai che stanno alla grande! Soprattutto la vecchia, arzilla com’è!»
    «Su questo sono d’accordo con Usopp», ridacchiò Nami, stringendosi nella felpa e sistemandosi al contempo la sciarpa intorno al collo per proteggersi dal venticello gelido. «Quello scemo di Zoro è instancabile, comunque. Come farà ad allenarsi mezzo nudo con questo freddo è un mistero».
    «Semplicemente perché è idiota, Nami-san», le disse Sanji in tono sarcastico, e la navigatrice si ritrovò a sbuffare ilare, dovendo in qualche modo convenire con lui. In fondo non aveva tutti i torti, e forse gliel’avrebbe anche detto se Sanji, scavando nelle tasche del giaccone e in quelle del pantalone, non avesse imprecato a denti stretti, facendole sollevare un sopracciglio. «Ah, merda. Ho dimenticato le sigarette».
    Usopp gli scoccò un’occhiata, scrollando le spalle. «Puoi sempre comprare un pacco qui, no?» gli suggerì, ma Sanji storse il naso, come se la cosa non gli andasse per niente a genio.
    «Scherzi? Con quello che costano? E poi non vedo l’ombra di una tabaccheria, quindi preferisco andare sul sicuro e prenderne un paio sulla Sunny».
    «Di’ piuttosto che vai a dare una controllata a Zoro, fratello», sghignazzò Franky, rimasto in silenzio fino a quel momento per concentrarsi solo sul paesaggio, e probabilmente sarebbe stato meglio se avesse continuato a farlo, visto lo sguardo infuocato che gli venne lanciato dal cuoco.
    «Franky, posso sempre trovare il modo di cucinarti in salmì. Cyborg o meno», sbottò quest’ultimo al suo indirizzo, dando le spalle a tutti loro e alle risatine divertite che parvero perseguitarlo persino giù per il sentiero che portava al promontorio. Dannazione, era così prevedibile? Sperava vivamente che quello scemo d’un carpentiere l’avesse detto solo per scherzo e non perché lo pensava davvero, poiché in tal caso prima avrebbe preso a calci lui e poi quell’altro idiota di Zoro, e senza nemmeno spiegargli il perché. Tanto un motivo per pestarlo l’avrebbe trovato comunque, alla fine.
    A quei suoi stessi pensieri, Sanji si ficcò entrambe le mani nelle tasche per proteggerle dal freddo e allungò il passo, desideroso di raggiungere in fretta la Sunny. E non perché aveva davvero intenzione di controllare Zoro - insomma, che diavolo poteva importargliene? -, ma semplicemente perché era in astinenza da nicotina e si stava gelando il culo. Tutto qui. Però si maledisse comunque quando la prima cosa che fece una volta raggiunto il brigantino fu quella di cercare lo spadaccino con lo sguardo, scuotendo il capo per dare priorità alle sigarette. Prima loro e poi il marimo, non c’era storia.
    Si sentì soddisfatto solo quando, una volta spalancata in fretta e furia la porta della camerata maschile e aver frugato un po’ dappertutto, trovò uno dei suoi preziosi pacchetti e ne tirò fuori una stecca, uscendo nuovamente sul ponte per fumarsela in santa pace. Se l’era da poco portata alle labbra e l’aveva accesa, però, quando si rese conto che c’era qualcosa che non quadrava, sulla Sunny. E non appena si accorse che quel qualcosa era uno strano silenzio, sollevò un sopracciglio, accigliato. Non sentiva il classico rumore metallico che producevano i pesi abnormi dello spadaccino quando venivano sollevati né tantomeno il suo sonoro russare, e la cosa lo stranì. Non era di guardia? «Zoro?» lo chiamò, cercandolo dapprima in cucina e poi su in palestra, tornando dabbasso per controllare i restanti locali e persino il magazzino, più la sala motori ricolma di barili di cola. Ma che diavolo...?
    «Ohi, marimo, se questo è uno scherzo è davvero di pessimo gusto», rimbrottò al vuoto, giacché dello spadaccino non c’era nemmeno l’ombra. Forse avrebbe dovuto informare gli altri? Per dire loro cosa, poi? Che Zoro era scomparso? Certo, come no. Conoscendolo si era semplicemente ritrovato a scendere e adesso si era perso chissà dove. Che idiota. «Guarda che io me ne vado, eh», lo mise in guardia, forse nel tentativo di spronarlo ad uscire, se era ancora lì. In fin dei conti erano soli e non avevano avuto un attimo libero per loro stessi né prima né dopo tutto il casino successo a Water Seven ad Enies Lobby, quindi avrebbero pur sempre potuto approfittarne... no? E allora dove diavolo era quell’idiota?
    Sanji aggrottò la fronte, mordendo furentemente il filtro della sigaretta. «D’accordo, spadaccino di merda. Ci si vede. Ma poi non osare lamentarti che non si scopa», sbottò, traendo una bella boccata di fumo prima di dirigersi verso il parapetto e afferrare la scaletta per scendere. Che si fottesse, quel cretino. Lui se ne sarebbe tornato dalle sue muse e avrebbe passato i restanti tre giorni in loro compagnia, riscaldandole quando avrebbero tremato dal freddo e stringendole contro il proprio petto per tutta la durata della festa cittadina, godendo della loro vicinanza e, soprattutto, di quella dei loro corpi prosperosi.
    A quella costatazione interiore, il cuoco ridacchiò e si tamponò il naso sanguinante contro la manica del giubbotto, immerso in quella che nella sua testa era ormai divenuta una visione oltremodo paradisiaca. E fu specialmente quello il motivo del suo ritardo, per quanto si fosse ritrovato a chiedere a qualunque passante se avesse visto una splendida donna dai lunghi capelli neri e una favolosa rossa tutto pepe - e, nay, non era stato un caso se aveva volutamente ignorato gli uomini che avrebbero dovuto essere con loro - girovagare per le stradine decorate a festa. Si era poi diretto all’ostello Angeli nella neve - qual posto migliore per ospitare le sue preziosissime muse, due angeli che ogni sacrosanto giorno avevano la pazienza di sopportare una ciurma di buzzurri? - seguendo le indicazioni che un gentile vecchietto gli aveva dato, e aveva letteralmente rischiato di scardinare la porta, entrando tutto impettito. Lo spettacolo che lo aveva colto l’aveva lasciato sbalordito, poiché ovunque guardasse c’erano abeti dai rami ricolmi di palline e festoni sulle cui punte troneggiavano angeli di ceramica dai vestiti di seta, renne di cartone fedelmente riprodotte appese ai muri e tavolate imbandite dai piatti più incredibili che avesse mai visto, dal semplice tacchino con contorno di patate lesse e carote a vere e proprie opere d’arte ricavate con la carne e la cresta di qualche Sea King. C’era persino del pungitopo su due camini, a loro volta agghindati con coccarde blu e argento e lucette colorate che si accendevano ad intermittenza, donando un senso di beatitudine e calore al pari del fuoco scoppiettante nel camino incassato nel muro in fondo alla sala.
    Colpito, aveva perso una buona manciata di minuti ad osservare a destra e a manca ogni particolare prima di ricordarsi perché si trovasse lì, e nel guardarsi intorno non ci mise molto a localizzare le due ragazze, nonostante quel posto fosse gremito di gente che gironzolava o se ne stava semplicemente seduta ai tavoli e su rosse poltrone di velluto.
    «Nami-swan! Robin-chwan! Il vostro cavaliere è tornato!» cinguettò, sovrastando il chiacchiericcio delizioso che albergava lì dentro; quasi danzando, il cuoco piroettò letteralmente nella loro direzione prima di prostrarsi davanti ai loro piedi su un ginocchio, con una mano teatralmente poggiata all’altezza del cuore. «Vi sono mancato, mie dolci muse?»
    Le ragazze ridacchiarono, ma fu Robin ad indicargli il posto vuoto accanto al suo. «Siediti e mangia anche tu finché sei in tempo, cook-san. Rufy-san, Usopp e Chopper sono andati a prendere dei dolci, ma conoscendo il Capitano vorrà mangiarsi anche quel poco che sono riuscita a metterti da parte».
    Nel sentirla, il cuoco andò letteralmente in visibilio, e ci mancò poco che scoppiasse in un pianto gioioso. «Oh, Robin-chan! Ti sei preoccupata per me? Sono così felic-» venne interrotto dalla grossa mano di Franky che gli tappò la bocca e lo tirò all’indietro fino a farlo sedere malamente lui stesso, avendolo visto in procinto di gettarsi a peso morto fra le braccia dell’archeologa, la quale fu abbastanza svelta a nascondere una risata.
    «Ohi, che accidenti fai?!»
    «Mangia e basta, fratello».
    «Cos’è, in mancanza del marimo sei tu a interrompere le mie dichiarazioni d’amore?» sbottò Sanji, ma a quel suo stesso dire si zittì un attimo, volgendo poi la propria completa attenzione sulla navigatrice. «A proposito del marimo, Nami-san, non era sulla Sunny», soggiunse, e la cartografa si accigliò.
    «Cosa? Non si stava allenando, quello scemo?»
    «Lo credevo anch’io, ma a quanto pare mi sbagliavo».
    Robin ridacchiò, sorseggiando distrattamente il the verde che aveva ordinato. «Probabilmente kenshi-san avrà cambiato idea. Mentre aspettavamo ho chiacchierato un po’ con il cameriere, e pare che per un’intera settimana non si farà altro che bere e festeggiare tutti insieme questa ricorrenza che loro chiamano Natale. Magari kenshi-san avrà sentito a sua volta questa voce e avrà deciso di unirsi ai festeggiamenti». Sollevò lo sguardo sui propri compagni, sorridendo amabilmente nel vedere le loro espressioni stranite. «Dopotutto sappiamo bene quanto lui adori bere, no?»
    «In effetti hai ragione», convenne Nami, sorreggendosi il viso sul palmo della mano con aria scocciata. «Però mi chiedo dove sia finito, adesso. Il suo senso dell’orientamento non è dei migliori... anzi, direi che non esiste affatto».
    «Nami-san, Robin-chan, non pensiamo a quello stupido marimo, adesso. Divertiamoci, tanto prima o poi salterà fuori come al solito».
    A quel dire Franky batté una mano sul tavolo, divertito. «Sono d’accordo con Mr. Sopracciglio. Non è di certo la prima volta che succede. Domani penseremo anche ai rifornimenti», disse, e Sanji, rivolgendogli un sorriso, afferrò il proprio boccale e lo sollevò verso l’alto.
    «Brindiamo a qualche giorno di tranquillità, allora!» esclamò allegramente, e per quanto il suo grido si fosse perso nella miriade di voci che riempivano l’ostello, i suoi amici lo imitarono e bevvero tutti insieme, sentendosi contagiati dall’aria festiva che aleggiava intorno a loro.
    Erano persino stati accolti dagli abitanti come se avessero sempre vissuto in città, difficile dire se fosse a causa di quella loro insolita ricorrenza o se fossero semplicemente ospitali con tutti, cosa che all’inizio li aveva portati a diffidare dallo gettarsi nella mischia. Avevano già avuto la loro brutta esperienza a Whisky Peek senza doverla ripetere una seconda volta. Tutto sommato, però, la gente del posto appariva socievole e i bambini avevano subito fatto amicizia con Rufy, giocando con la sua pelle elastica e gridando divertiti ogni qual volta lui allungava il viso per far loro le boccacce; Chopper aveva persino accettato di portarne in groppa qualcuno, scarrozzandoli di qua e di là per l’ostello nella sua forma di renna - alcuni bambini gli avevano persino chiesto se il suo nome fosse Rudolf, lasciandolo momentaneamente spiazzato -, mentre Usopp... beh, Usopp non la smetteva di raccontar loro le sue solite frottole, ma per una volta nessuno l’aveva richiamato all’ordine. Sembrava difatti che tutti si stessero divertendo, dunque farlo sarebbe stato un vero e proprio peccato.
    Pur essendoci quell’atmosfera gioiosa, però, Sanji si era sentito poco partecipe. Och, aveva fatto la corte a tutte le donne presenti e si era persino guadagnato un bacio su una guancia - da una vecchietta che l’aveva trovato simpatico, ma era pur sempre una donna, no?! -, tuttavia in qualche modo aveva sentito anche la mancanza delle solite scaramucce che vedevano sempre uniti lui e lo spadaccino. Forse sarebbe dovuto uscire e andare a cercarlo? Senza nemmeno starci a riflettere su oltre o a pensare di avvertire qualcuno, il cuoco recuperò il giaccone che aveva abbandonato dietro allo schienale della sedia e se lo infilò mentre si avviava verso l’ingresso, ignorando l’occhiata che gli venne lanciata dal padrone dell’ostello, seduto su una poltrona con un giornale fra le mani.
    «Dove vai, ragazzo?» gli fu chiesto proprio da quest’ultimo, con in viso un’espressione tra l’incuriosito e il preoccupato. «Non è consigliabile uscire quando cala il tramonto, specialmente in questo periodo dell’anno».
    Sollevando un sopracciglio, Sanji si fermò con una mano sul pomello della porta solo per osservarlo meglio. Dalla targhetta sul petto poteva leggere il nome Duth, ma non aveva idea se fosse davvero il suo e nemmeno gli interessava. «E perché?»
    «Tempeste di neve, temperatura sotto lo zero... a volte valanghe», lo informò, tornando con lo sguardo sulla pagina del giornale prima di accavallare le gambe. «Alcuni abitanti affermano addirittura che fra la neve si aggirino dei fantasmi, ma abito qui da più di vent’anni e non ne ho mai visti».
    «Magari è perché se ne sta rintanato qui dentro, lei che dice?» ironizzò, e l’uomo, dopo un attimo di silenzio - rotto solo dagli schiamazzi della festa ormai in fermento -, si lasciò sfuggire una grossa risata.
    «Vero anche questo, giovanotto. Ma se hai davvero così tanta fretta di uscire, fa’ pure. Io non ti fermo di certo».
    «Tanto non mi sarei fatto fermare comunque», precisò Sanji, chiudendo lì la conversazione per uscire; fuori, il vento gelido lo colpì come uno schiaffo in pieno viso e lo costrinse a socchiudere le palpebre e a nascondersi il volto con il colletto del giaccone, per quanto fosse del tutto vano tentare di riscaldarsi in quel modo. Faceva un freddo cane e per le strade innevate non c’era anima viva, tanto che tutti gli addobbi che venivano smossi dalle folate, le palline di plastica che cozzavano l’una contro l’altra e i cigolii delle insegne facevano apparire quel posto bizzarramente desolato, molto diverso da quando l’aveva visto non appena sbarcati.
    «Sanji?» La voce di Chopper alle sue spalle lo fece trasalire, e poco ci mancò che facesse un salto per lo spavento, voltandosi immediatamente verso di lui. Aveva riacquistato la sua forma normale e lo guardava con il naso all’insù, il cappello malmesso sulla testa e il capo inclinato un po’ verso una spalla, quasi fosse incuriosito. «Che cosa ci fai qua fuori? Fa freddo».
    Grattandosi dietro al collo, il cuoco cercò una buona scusa a cui appigliarsi, ma non trovandola si limitò a stringersi nelle spalle. «Io... ho una cosa urgente da fare», asserì semplicemente. «Puoi dire tu a Nami-san che tornerò il prima possibile?»
    «C’entra la scomparsa di Zoro?» domandò il dottore, aggiungendo subito un: «Me l’ha detto Franky» per giustificarsi non appena si accorse dell’espressione incredula del compagno, che si ritrovò a sospirare. Diavolo, quello scemo di Franky avrebbe fatto una brutta fine prima dell’alba, ne era certo. Altro che “A Natale si è tutti più buoni” come recitava il cartello verde e oro appeso fuori dall’ostello.
    «Okay, c’entra il marimo», si arrese all’evidenza, ponendo immediatamente un dito dinanzi a Chopper, giacché l’aveva visto pronto a ribattere. «Ma solo perché non possiamo perdere tempo dietro alle sue scomparse, visto che abbiamo a malapena tre giorni. Quindi prima lo troviamo, meglio è».
    «Allora ti accompagno».
    «Non ce n’è bisogno, Chopper».
    «Ma io posso sentire il suo odore».
    Sanji fece per aggiungere qualcosa, però il dottore non aveva tutti i torti. Essendo una renna aveva sicuramente un fiuto molto più sviluppato del suo, dunque perché non tentare? Avrebbero anche fatto più in fretta e sarebbero tornati a scaldarsi e a godersi il resto della serata, festeggiando la ricorrenza paesana. «Diamoci una mossa, Chopper», gli disse con semplicità, dandogli le spalle per incamminarsi per primo; il cuoco non poté vederlo in viso, ma l’esclamazione entusiasta che il medico si lasciò sfuggire gli diede l’agio di supporre che stesse anche sorridendo, e si ritrovò a sbuffare ilare, probabilmente divertito da quella bislacca spensieratezza. E come dargli torto, in fondo? Aveva sentito a sua volta quel discorso con Usopp, dunque era normale che il dottore si sentisse molto più a suo agio di lui in mezzo a tutta quella neve.
    Lasciò che Chopper lo superasse, e, una volta trasformatosi, lo vide annusare dapprima il terreno e poi l’aria, con naso e muso frementi nel tentativo di separare l’odore di Zoro da tutti quelli che li circondavano; con un cenno del capo, poi, Chopper lo spronò a discendere la stradina lastricata della città per addentrarsi nel bosco, lasciandolo accigliato. Dove accidenti era andato a cacciarsi quel marimo sperduto? Il cuoco imprecò a denti stretti, affrettando il passo il più possibile per non perdere di vista Chopper, prendendosi giusto un attimo per lanciare un’occhiata alle case desolate che si lasciava alle spalle. Davvero poco natalizio, avrebbe detto il sindaco del posto.
    A quel pensiero scosse il capo, chinandosi a mezzo busto per poter passare attraverso un intreccio di rami e foglie ormai bruciate dal freddo, ritrovandosi nella boscaglia; avanzarono fra la neve con lentezza, poiché ad ogni passo gli stivali di Sanji affondavano sempre più in quella coltre bianca che ricopriva completamente il terreno - avrebbe giurato che si fosse accumulata di quindici centimetri buoni, visto che gli arrivava alle caviglie - e lo costringevano a tirarli continuamente fuori, in modo da poter riprendere in fretta il cammino; Chopper aveva assicurato che sentiva vagamente l’odore di Zoro, e, per quanto non fosse a sua volta sicuro della distanza che li separava dal loro compagno, era certo che quella fosse decisamente la direzione giusta.
    D’un tratto Chopper si fermò, annusando insistentemente il terreno. «È passato da questa parte».
    «Sei sicuro?»
    Chopper annuì. «Non ci sono dubbi. Riconoscerei quest’odore di metallo fra mille».
    «Cerchiamo di trovarlo in fretta, allora», borbottò il cuoco, stringendosi nel giaccone e guardandosi intorno. «In questo momento preferirei essere dentro a festeggiare, piuttosto che qui fuori a cercare un idiota come lui».
    Il medico ridacchiò e, con un cenno del muso, lo invitò ad affiancarsi a lui, riprendendo quella traversata nella neve. Ad ogni passo le sue zampe lasciavano solchi profondi e netti, e forse avrebbero anche potuto utilizzare quelle come punto di orientamento nel caso in cui si fossero persi. Il tempo, però, parve essere malevolo con entrambi, poiché grossi fiocchi di neve cominciarono a cadere dal cielo, completando l'imbiancamento delle cime degli alberi e innevando loro stessi.
    Con uno sbuffo, Sanji si scrollò inutilmente un buon quantitativo di neve accumulatasi su testa e spalle, e per la distrazione quasi rischiò di sbattere la faccia contro il ramo basso di un albero, scansandolo appena in tempo con una piccola imprecazione; alzando lo sguardo si accigliò, rendendosi finalmente conto di essere rimasto solo. «Chopper?» lo chiamò, assottigliando le palpebre nel tentativo di scorgere qualche movimento oltre il folto del bosco, del tutto  immerso nella neve. Del dottore, però, non c’era nemmeno l’ombra.
    Sanji sospirò, scompigliandosi i capelli con una mano. Oh. Perfetto. Non solo il marimo, adesso anche Chopper. Beh, lui, almeno, aveva il vantaggio di poter sentire gli odori, quindi avrebbe potuto ritrovare entrambi molto più facilmente di quanto non avrebbero potuto fare loro. L’unica cosa da fare in quel momento era tentare di trovare Zoro, per quanto gli sembrasse un’impresa a dir poco titanica. Sarebbe stato più facile trovare l’All Blue, probabilmente, e la sua forse non era nemmeno ironia.
    Nel pensarlo si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito e riprese ad avanzare lentamente nella neve, senza perdere di vista la boscaglia intorno a lui. Era attento a qualunque movimento e persino ai possibili richiami lontani degli animali, pur non avendo ancora sentito nulla. Sembrava quasi che il bosco stesso fosse addormentato in mezzo a quella neve, e ciò non fece altro che riportare nella sua mente il prepotente pensiero di ritornare sui suoi passi e di festeggiare il giorno di Natale in compagnia della restante ciurma. Zoro tanto sarebbe tornato da solo, no?
    Un rumore alle sue spalle lo mise in allerta e si affrettò a voltarsi, grattandosi il capo e sollevando un sopracciglio nel non vedere nulla. Strano. Forse se l’era solo sognato. Dovette ricredersi, però, quando tornò a guardare avanti e vide qualcosa muoversi fra la boscaglia, e Sanji rimase immobile al proprio posto, sentendo un brivido attraversargli di netto la spina dorsale. Quello spirito bianco che gli era appena fluttuato davanti non era un fantasma, vero? Era solo uno stupido gioco di luce o uno scherzo dovuto al ritmico mulinare dei fiocchi di neve che cadevano dal cielo... giusto? Ah, merda. Sperava davvero che fosse così, perché altrimenti, se uno di quei fantasmi l’avesse ucciso, lui avrebbe cercato il modo di tornare solo per tormentare quello stupido marimo per tutta la sua vita. In fin dei conti era a causa sua se si trovava lì fuori, no? Quindi quello gli sembrava il minimo.
    Deglutì, però, nel momento stesso in cui quell’apparizione si fermò fra due alberi e parve voltarsi verso di lui, facendolo sussultare involontariamente mentre prendeva forma dinanzi ai suoi occhi. La sagoma senza contorno parve acquisire consistenza e il lungo spirito bianco si dimostrò essere una tunica immacolata che pareva fondersi con la neve stessa, dando la bizzarra impressione che essa fuoriuscisse proprio dal terreno; le braccia, trasparenti e scheletriche, si allungarono per sfiorare con dita di ghiaccio le cortecce degli alberi e sbriciolare la brina accumulatasi su di esso, mostrando a poco a poco a Sanji il viso fanciullesco di una giovane donna dai corti capelli neri, il cui sorriso parve gelargli seduta stante il sangue nelle vene. Quella... poteva mai, quella donna, essere la Regina delle nevi di cui tanto aveva sentito parlare? Oppure il freddo gli era andato al cervello e lui stava in realtà delirando? Come se non bastasse, quello spirito gli stava facendo cenno di avvicinarsi e seguirlo, invitandolo chissà dove. Per quanto potesse essere una bella donna, non era così stupido da cascare in una trappola... perché quella era una trappola, vero? Sanji non ebbe il tempo per scoprirlo, poiché quella figura, non appena lui mosse qualche passo circospetto verso di lei, scomparve con la stessa rapidità con cui era apparsa, lasciandolo più spiazzato che mai. Ma cosa...? Che le storie sui fantasmi raccontategli dal padrone dell’ostello fossero in realtà vere? Nah, si rifiutava di crederlo.
    Si diede due schiaffi sulle guance e tentò di riprendere il controllo di se stesso, traendo un lungo sospiro. Che idiota. Lui non era mica Usopp, non poteva spaventarsi solo per qualche stronzata! Però... si guardò ancora una volta intorno, preoccupato. Non sapeva se quel fantasma sarebbe tornato, non aveva la benché minima idea di dove fosse e i posti gli sembravano praticamente tutti uguali, e per un brevissimo e orribile attimo si sentì quasi come Zoro. Accidenti... forse si era perso. Deglutì e cercò di darsi una calmata, riprendendo ad avanzare. Stare fermo non avrebbe aiutato, anzi, l’avrebbe solo fatto congelare più in fretta; non mosse più di qualche passo, però, poiché inciampò in qualcosa e quasi rischiò di fracassarsi la testa.
    «Merda!» esclamò, riuscendo ad arrestare la caduta appena in tempo, per quanto fosse stato costretto a farlo con i palmi delle mani. Fortunatamente aveva i guanti e l’impatto con la neve era stato meno violento di quanto pensasse, ma entrambe le sue caviglie erano andate a sbattere contro qualcosa di solito che non aveva nulla a che fare con una roccia. «Che diavolo...?» sussurrò a se stesso, e quando si voltò per vedere che cosa fosse, Sanji rimase letteralmente pietrificato. Quei capelli verdi che spuntavano timidamente dalla neve come fili d'erba, quel braccio muscoloso pieno di piccole cicatrici quasi invisibili, il fodero di quella katana bianca che quasi si confondeva con il paesaggio circostante...
    Senza nemmeno riflettere, cominciò a scavare per scostare quanta più neve possibile, riuscendo a poco a poco ad intravedere il busto, le gambe, il viso, tentando al contempo di scacciare la brutta sensazione che si era appropriata del suo animo. Che cosa ci faceva Zoro sepolto nella neve? «O-Ohi! Brutto bastardo, che cazzo stai combinando?!» sbraitò nello scuoterlo, tranquillizzandosi solo quando, seppur debolmente, lo spadaccino sollevò il braccio sinistro per mostrargli il dito medio, rimediandoci in risposta un calcio al fianco. Beh, se aveva la forza di mandarlo a fanculo non stava morendo, tutto sommato. E lui che si era pure preoccupato per lui, maledizione!
    «Sto... bene», biascicò lo spadaccino nel rimettersi maldestramente in piedi, e non cadde solo perché Sanji lo soccorse prontamente, frenandolo. Stava bene, certo. Tremava per il freddo, aveva le labbra livide ed era gelido come un pezzo di ghiaccio, però il signorino stava bene. Come no.
    «Sei un fottuto idiota, marimo», sbottò il cuoco, imprecando a denti stretti mentre si passava il braccio del compagno dietro alle spalle, dovendo costatare che quel cretino, con quella sua assurda massa di muscoli, pesava più di quanto avesse mai pensato. «Lo sai benissimo che ti perdi, dannazione! Per una volta puoi farci il favore di startene buono e non costringerci a venire a cercarti!»
    Pur avendolo fulminato con lo sguardo, Zoro cercò di tirarsi su per non gravare troppo su di lui, scuotendo un attimo il capo come se in quel modo volesse cercare di dare una sistemata ai propri pensieri o scrollarsi semplicemente via la neve dai capelli. «Sarei... tornato da solo», rimbrottò di rimando, e Sanji non si risparmiò dal tirargli una capocciata, ignorando il lamento che si lasciò sfuggire.
    «Certo, tra quanti secoli, esattamente?»
    «Se vuoi litigare dimmelo subito, stupido cuoco».
    «Non voglio litigare, idiota. Voglio solo tornarmene all’ostello. Mi sto gelando il culo, quindi muovi le chiappe e dammi una mano, sei fottutamente pesante», berciò, e a quel dire lo spadaccino sollevò un angolo della bocca in un sorriso che non prometteva nulla di buono, puntellandosi sul piede destro per spostare il proprio peso da una gamba all’altra; strinse poi a sé il compagno, in modo che fosse il braccio che il cuoco stesso si era portato dietro alle spalle a spingerlo contro il suo petto.
    «Io un modo per scaldarti il culo ce l’avrei... così potrei scaldarmi anch’io».
    Sanji sentì un brivido corrergli dietro la schiena, e fu sicuro che non era stato causato dal freddo. Che razza di proposte faceva, quel cretino? «Non se ne parla, marimo pervertito», tagliò subito corto, prima che il Vice Capitano potesse farsi venire qualche altra grandiosa idea. E il suo era puro sarcasmo. «Spiegami piuttosto che diavolo ci facevi mezzo morto nella neve».
    «Meditazione zen?»
    «Non sei credibile, idiota».
    «Te la metto su un altro piano, allora: non sono affari tuoi, cuoco».
    «Lo sono eccome, ti ho appena salvato la vita».
    Zoro si scompigliò i capelli con l’altra mano, frustrato. «Ah, merda. Se provi a ridere ti faccio a fette», minacciò, e, pur ricevendo in risposta uno sbuffo ilare, trasse un lungo sospiro. Ormai, rotto per rotto, tanto valeva essere sinceri, con quel cuoco idiota. «Fantasmi», asserì, spiegandosi meglio quando vide l’espressione sconcertata del compagno. «Dei fantasmi si erano presi la mia Ichimonji». Nel dirlo portò immediatamente due dita alla cintola per sfiorare l’elsa della sua preziosa katana, quasi volesse accertarsi della sua presenza. Se l’avesse perduta - per di più in quel modo assurdo - non se lo sarebbe mai perdonato. «Ho dovuto inseguirli. Dicevano che sarebbe stata perfetta come regalo di Natale».
    «Ti credo».
    «Eh?»
    «Ho detto che ti credo, marimo. Sei sordo?» borbottò il cuoco, sistemandosi meglio il suo braccio possente sulle spalle mentre avanzavano. «Può darsi che... uhm... li abbia visti anch’io», soggiunse, accennando al silenzio con l’altra mano. «Non una parola», lo redarguì, e Zoro abbozzò semplicemente un sorrisetto, anche perché non fece in tempo a dire nulla. Fra la boscaglia, difatti, comparve la figura di Chopper che, vedendoli entrambi ricoperti di neve e bianchi in viso - a suo dire, almeno -, dapprima si fece prendere dal panico cercando l’aiuto di un dottore, e, dopo avergli tenuto presente per la milionesima volta che il dottore era lui, si affrettò a far loro strada e a portarli fuori da quella foresta, in modo che potessero riscaldarsi all’interno dell’ostello. Ed era proprio lì che si trovavano adesso, seduti su una poltrona a bearsi del calore che donavano il fuoco nel camino e la presenza di tutte quelle persone che festeggiavano allegramente.
    «Tu e il tuo amico siete proprio delle teste calde, giovanotto», sghignazzò Duth, il proprietario, mordicchiando il beccuccio di ferro della pipa che aveva fra le labbra. «Te l’avevo detto che non era consigliabile uscire».
    Sanji lo guardò male, vedendo con la coda dell’occhio Zoro poggiarsi con il capo contro lo schienale. «Se è per questo», si interruppe, starnutendo prima di soffiarsi il naso, «mi ha detto anche di fare come mi pareva».
    Duth proruppe in una grossa risata. «Ma non credevo di certo che mi prendessi così alla lettera, ragazzo mio! Nessuno è mai andato in giro a Natale, figurarsi se pensavo che lo facesse proprio qualche turista venuto qui per divertirsi!» Nel dirlo appioppò una bella pacca su una spalla ad entrambi, affossandoli praticamente nelle poltrone per la forza utilizzata. «Vi porto qualcosa che vi farà stare sicuramente meglio», si congedò con un’ultima risatina, e Sanji non poté fare a meno di chiedersi che diavolo ci trovasse di così divertente. Non passarono più di cinque minuti che Duth tornò con due bei boccali di cognac - l’odore era forte e penetrante nonostante il profumo di dolci e zucchero filato -, porgendoli loro. «Ecco qua, ragazzi. Stasera offre la casa», disse allegro, ed entrambi ringraziarono con un cenno del capo prima di cominciare a bere, anche se nel mentre Sanji aveva notato una coppietta ferma sotto una piantina appesa al soffitto. Guardavano in alto verso di essa e abbassavano poi gli occhi per osservarsi in viso, ridacchiando nervosi e stringendosi l’uno fra le braccia dell’altra.
    «Che stanno facendo lì fermi?» domandò incuriosito, e l’uomo, dopo aver seguito il suo sguardo e aver visto ciò che stava fissando, abbozzò un sorriso.
    «Oh, quello? È il bacio sotto al vischio. È tradizione».
    «In che senso?»
    «Quando ci si trova lì sotto, è di buon augurio baciarsi».
    Gli occhi di Sanji si illuminarono come due fari nella notte, e non ci mise nulla a scattare in piedi nonostante si reggesse a malapena sulle gambe assiderate e starnutisse tre volte su cinque, rischiando di mandare il boccale in frantumi se Zoro non fosse stato abbastanza svelto dal prenderlo al volo, pur rovesciandosi gran parte del contenuto addosso. «Nami-san! Robin-chan!» esclamò fuori di sé dalla gioia sotto lo sguardo scettico del proprietario, il quale gettò un’occhiata confusa a Zoro come se volesse chiedergli tacitamente che cosa stesse succedendo; lo spadaccino si limitò a scrollare le spalle e a posare svelto i boccali sul tavolino riposto accanto alla propria poltrona, allungando un braccio per afferrare il maglione del cuoco e frenare sul nascere una sua possibile fuga.
    «Ohi, che cazzo fai? Devo andare dalle mie dee!» sbraitò lui, rimediandoci uno sguardo infuocato.
    «Chopper ha detto che non devi muoverti, ricciolo».
    «E da quando fai ciò che ti dice Chopper, marimo?»
    «Da quando lo decido io, quindi sta’ zitto e non rompere».
    Ad interrompere quel loro battibecco fu una nuova risata da parte di Duth, che cominciò ad avviarsi al bancone per servire da bere a mezza città. «Non dovreste litigare, ragazzi! È Natale!» esclamò divertito, agitando una mano in segno di saluto e lasciandoli lì come due completi cretini. Accidenti. Questa faccenda del Natale la prendevano proprio sul serio.
    Borbottando chissà cosa fra sé e sé, Sanji si lasciò cadere seduto ancora una volta sulla sua poltroncina e cercò di concentrarsi sull’atmosfera ciarliera che imperversava nell’ostello, pur essendogli sfuggito uno sbuffo ilare dalle labbra. «La verità è che tu sei semplicemente geloso, marimo», proferì, ottenendo in risposta un semplice grugnito scontroso che poté benissimo interpretare come un «Continua a sognare» o un più volgare «Non rompere le palle», entrambi molto adatti a quello scemo di uno spadaccino. Ma che tipo fosse si sapeva, ormai, dunque non aveva quasi più senso salvare le apparenze, per quanto Sanji ci tenesse ancora.
    «Ohi, Nami!» Il grido allegro di Rufy si fece sentire in mezzo a tutta quella calca di voci gioiose, prima che, trotterellando, si affrettasse a raggiungere la ragazza - intenta a chiacchierare con Robin accanto ad uno degli alberi addobbati - e a fermarsi praticamente a qualche centimetro da lei, tanto che fu quasi costretta ad indietreggiare per annullare quella vicinanza improvvisa. «Hanno detto che a Natale ci si scambiano dei doni», la informò, con un sorriso a trentadue denti. «Perché non mi regali della carne o qualcos’altro di squisito da poter mangiare?»
    La navigatrice sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia sotto al seno prosperoso. «Se è un regalo dovrei sceglierlo io, ti pare?» esordì, facendo ridacchiare Robin.
    «Mica funziona così!» si indignò Rufy.
    «Spiacente, se lo vuoi scelgo ciò che mi piace».
    «Ma deve piacere a me, non a te!»
    Beh, in effetti il discorso del Capitano non faceva una piega, ma la cosa più divertente non era la convinzione con cui pronunciava quelle parole - beh, aye, probabilmente anche quella -, bensì la sua espressione divertita nonostante Nami, per quanto sorridesse, apparisse esasperata. Sembrava quasi più bambino dei marmocchietti che se ne stavano seduti a gambe incrociate vicino agli alberi addobbati, intenti a scartare i propri pacchetti colorati e a ridere sereni in compagnia di Franky, il quale si era prestato, sotto richiesta del sindaco della cittadella - e sotto ordine di Nami non appena aveva provato a rifiutare, giacché il sindaco aveva promesso lui una piccola ricompensa per il disturbo procuratogli -, a vestire i panni di quello che lui aveva chiamato Babbo Natale, un uomo grassoccio e bontempone che portava doni e giocattoli a tutti i bambini che durante l’anno si erano comportati bene. E c’era da dire che vedere il carpentiere con una lunga barba bianca, un cappello rosso dalle rifiniture argento e oro e con un giaccone come unico indumento, non era uno spettacolo che si vedeva tutti i giorni. Mutande nere a parte, ma quello era un dettaglio su cui Sanji preferiva non soffermarsi.
    L’allegria dei suoi compagni, però, lo fece sorridere, e, per quanto si trovasse seduto in un angolo in sola compagnia di Zoro, entrambi avvolti in una coperta di lana e con un principio di influenza a causa della troppa esposizione al freddo - o almeno a detta di Chopper, visto che avevano cercato in tutti i modi di convincerlo che stavano alla grande nonostante gli starnuti -, il cuoco si accoccolò meglio in quella poltrona, sentendosi oltremodo rilassato. Tutto sommato non era stata poi così male, quell’avventura nella neve... raffreddore e chiappe congelate a parte, ovviamente. E anche strane visioni che gli avevano fatto venire i brividi, ma mai come la neve caduta dal cielo.
    «Ohi, che non diventi un’abitudine». La voce di Zoro lo distrasse da quei suoi disparati pensieri e Sanji si voltò verso di lui con un sopracciglio inarcato, sollevando poi un angolo della bocca in un sorriso.
    «Che cosa, il fatto che per una volta ti abbia quasi salvato il culo o per l’averti detto che sei un fottuto idiota?»
    «Entrambe le cose», rimbrottò scontroso, ma il cuoco rise.
    «Che sei un idiota te lo dico tutti i giorni, marimo».
    «Ohi, hai voglia di litigare, per caso?!»
    Sanji scosse immediatamente il capo, tirando su con il naso invece di soffiare. Tanto non sapeva nemmeno dove diavolo era finito quel suo stupido fazzoletto, e non aveva voglia di alzarsi per andare a cercarne un altro. «Adesso no, però ricorda che hai un paio di calci in sospeso», rimbeccò sarcastico, e stavolta fu Zoro a lasciarsi sfuggire una mezza risata, seppur resa roca a causa del mal di gola.
    «Piuttosto sei tu quello che ha voglia di prenderle».
    «Non contarci», sghignazzò Sanji, inclinando il capo verso di lui per adocchiarlo meglio. «Ah, marimo?» lo chiamò, e quando Zoro si voltò verso di lui con in viso un’espressione incuriosita, ne approfittò per annullare la poca distanza che li separava e poggiare così le labbra sulle sue, in un lieve sfiorar di bocche anziché un vero e proprio bacio. Nell’allontanarsi non gli sfuggì lo sguardo stupito dello spadaccino - era raro, difatti, che esternasse in modo così palese il loro rapporto -, e forse fu proprio quella la cosa che lo fece sorridere maggiormente. «Consideralo un anticipo sul tuo regalo. Buon Natale, brutto idiota».
    Più tardi, a fine serata, Sanji si sarebbe probabilmente pentito di essersi mostrato così disponibile agli occhi del compagno, ma se si fosse poi ritrovato a rotolare fra le coperte tra imprecazioni e baci, con il calore e la passione che li mandava in estasi mentre si impegnava a scartare a sua volta il proprio regalo, beh, allora andava bene anche così. Quello sarebbe stato di sicuro un Natale indimenticabile
.



ジ ングルベル ジングルベル メリークリスマス ! これが今夜の贈り物さ Sing! ♪~
ジングルベル ジングルベル ハッピーニューイヤー ! 終わらない歌 聴こえるはず! ♪~
Merry Christmas! ~♥





_Note inconcludenti dell'autrice
In primis dico che questa storia è un regalo di compleanno per la mia nipotola Red Robin - la quale adora le storie lunghe e soprattutto lo ZoSan - e ho cercato dunque di farle una bella one-shot, anche se non mi convince del tutto; è anche dedicata a tutte/i voi che ancora condividete la mia stessa passione per la coppia Zoro/Sanji, che sembra ormai essere stata dimenticata dalla maggior parte dei frequentatori del fandom
In secondo luogo, la storia sta anche partecipando a un contest a tema natalizio, All I want for Christmas is you indetto da Franda-chwan, ed è la prima shot per la raccolta del contest Scrivimi una raccolta indetto da visbs88
Ah, se qualcuno se lo stesse chiedendo: nay, non è un caso se il fantasma che vede Sanji ha vagamente l'aspetto di Kuina, ed è lei, quando lo invita a seguirla, a rivelargli dove si trova Zoro. Da qui anche il richiamo all’Ichimonji rubata.
In ultimo, vi ricordo come sempre la raccolta della nipotola Mugiwara's Christmas
, anch'essa a tema natalizio.
Ciò detto, vi saluto, vado a rimpizzarmi *w*
Merry Christmas and Happy New Year!


Utae! Jingle Bell! Straw Hat Pirates version
Traslitterazione: Jinguruberu, Jinguruberu, Meriikurisumasu! Kore ga konya no okurimono sa, Sing! ♪~
Jinguruberu, Jinguruberu, Happiinyuuiyaa! Owaranai uta kikoeruhazu! ♪~
Merry Christmas! ~♥

( Jingle Bell, Jingle Bell ), Buon Natale! Questo è un regalo per questa sera, cantare!
♪~
( Jingle Bell, Jingle Bell ), Buon anno nuovo! Una canzone può essere ascoltata senza fine! ♪~
Buon Natale! ~♥


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