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Autore: None to Blame    24/12/2012    3 recensioni
Un momento d'infanzia e spensieratezza, quando Merlino e Will erano bambini e tutto era facile perché bastava un amico per far rispuntare il sole.
*
Per essere uno che l'intero villaggio emarginava, quel tipetto tutt'ossa era un gran chiacchierone, vispo come un grillo e luminoso – non c'era altra spiegazione, era luce quella che straripava dai suoi occhi.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Merlino
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Quattro.

Quattro fulmini erano caduti poco lontano da quella pericolante catapecchia ed i due bambini sobbalzarono dentro la sottile coperta trovata in un angolo.

 

« Will, ho paura »

 

Uno stecchetto mingherlino tutto testa e orecchie tremava visibilmente, stringendosi le braccia magre, la fronte premuta sulle ginocchia. Accanto a lui stava un bambino ben piazzato per la sua età, il volto paffuto ed un sorriso gentile che rivolse all'amico.

 

« Andrà tutto bene »

 

Lo strinse nella coperta e gli arruffò i capelli fradici.

 

« Sembri un castoro, Merlino »

 

Riuscì a strappargli una risatina e l'atmosfera greve si fece più accogliente.

Will ricordava bene le raccomandazioni di sua madre e le chiacchiere delle cornacchie del villaggio – “Non frequentare il figlio di Unith!” “Quello è il bambino del demonio” “Finirà male!” – ma, quando lo aveva visto per la prima volta – una testa troppo grande perché quel corpicino minuto riuscisse a sopportarla, orecchie che parevano ali e l'espressione felice dell'infanzia sul viso – gli suscitò immediatamente simpatia e decise che sarebbe diventato suo amico.

Per essere uno che l'intero villaggio emarginava, quel tipetto tutt'ossa era un gran chiacchierone, vispo come un grillo e luminoso – non c'era altra spiegazione, era luce quella che straripava dai suoi occhi.
Giocavano vicino al limitare del bosco, mai entrandovi per tutti i pericoli che gli erano attribuiti. Saltavano e si facevano la guerra, si arrampicavano e ridevano se l'altro ruzzolava per terra e parlavano, inventavano storie e storpiavano la realtà – “Arye la fornaia secondo me di notte si trasforma in ape e vola al suo nido, perché il suo miele è il più buonissimo di tutti!”

Non parlavano mai del papà di Merlino né di quello di Will.
Giocavano e, al calar del sole, tornavano a casa rossi in volto, eccitati ed affamati e raccontavano alle loro madri quanti draghi avevano combattuto, quante volte i loro destrieri erano finiti impantanati nel fango e quante volte avevano salvato fanciulle in pericolo.
Unith era fuori di sé dalla gioia, Neela, la madre di William, era furiosa. Per una settimana, al ragazzo fu impedito di vedere chicchessia, perfino di uscire per controllare lo stato dell'orto. Merlino quasi se l'aspettava e non si bevve la scusa di sua madre –
“Will ha un brutto raffreddore, Neela non gli permette di uscire di casa”.
Il ragazzetto non era uno stupido e sapeva che l'amicizia con William non sarebbe durata. Lui era una creatura pericolosa per se stesso e per gli altri, qualcosa da evitare, da scacciar via come una mosca fastidiosa. Era rassegnato e Unith detestò quel villaggio che aveva spento la speranza in suo figlio.

Ma fu Will a non rassegnarsi. Aveva conosciuto Merlino, lo aveva amato come un fratello e non lo avrebbe abbandonato.

Ecco perché, quel giorno, si erano ritrovati. Will aveva chiamato l'amico dalla finestra e lo aveva invitato al loro bel posto per giocare.
E la magia di un bambino che sorride felice scaldò il cuore ad entrambi.

Saltarono, strillarono e combatterono e poi venne la pioggia. Due gocce non fan male a nessuno e sguazzare nel fango è divertente, ma il cielo iniziò a brontolare e i due ragazzini si ripararono nella baracca abbandonata – una casa che Mertha la pazza si era costruita da sola e lì vi era morta, circa quindici anni prima.

E Merlino e Will aspettavano che il temporale finisse, per poter tornare davanti al focolare familiare delle loro case.

 

« Potremmo accendere un fuoco »

 

« Non ci sono mai riuscito. Tu sì? »

 

Merlino lo fissò e si stampò sulle labbra un sorrisetto enigmatico.
Will capì quello che gli ronzava nel cervello.

 

« No, Merlino, no. Niente trucchetti. »

 

« Ma così ci riscaldiamo! »

 

« E se la cosa non funziona? Ti ricordi cos'è successo alla mucca di Ruth? »

 

Al ricordo del povero animale catapultato in aria dopo che Merlino aveva provato ad aiutare Ruth nella mungitura, il maghetto scoppiò a ridere, seguito a ruota dall'amico.

 

« Me n'ero menticato! Come volava! »

 

« Io ero là davanti e credevo che mi sarebbe finita addosso! »

 

La risata di Merlino si spense ed il bambino si fece pensieroso, un'aria depressa dipinta in volto che mal si accomunava alla sua giovane età.
Will gli mise una mano sulla spalla, scuotendolo.

 

« Mi sa che è vero quello che si dice di me. Che sono un mostro. »

 

Si sentì piantati addosso gli occhi del compagno, ma il maghetto non si scompose.
Non aveva mai saputo perché riuscisse a fare quelle cose, ma le aveva sempre ritenute divertenti. Far cadere un secchio di urina dalle mani del sarto, sollevare una sedia giusto per il gusto di farlo, far scivolare quell'insopportabile Yara, una bambinetta bionda lentigginosa e piagnona.

Era tutto divertente e solo lui riusciva a farlo.
E allora perché tutti gli rivolgevano quegli sguardi pieni d'odio e paura, perché perfino nelle parole del suo migliore amico aveva letto un certo timore?

 

« Tu non sei un mostro. Sei speciale. »

 

« Sono diverso »

 

« Ed è una bella cosa! »

 

« Ma perché? Perché io e perché tutti mi odiano? »

 

« Nessuno ti odia. Loro.. non capiscono. »

 

Gli occhi azzurri del maghetto si colmarono di lacrime e Will gli passò il braccio attorno alle spalle ossute.

 

« Ma non ti deve importare. Tua madre ti vuole bene, io ti voglio bene. Incontrerai molte persone, ma solo poche ti capiranno. Solo alcune ti ameranno per ciò che sei. »

 

« Uno diverso? »

 

« No, il pasticcione con un cuore grande così! »

 

Estese le braccia e rise di gusto.
Si era imposto di diventare il fratellone di quel ragazzino col sorriso d'un infante e la reputazione d'un mascalzone.

Lo spintonò giocosamente, Merlino che si teneva la pancia mentre rideva e la felicità che gli colorava le gote.

Non si accorsero dei raggi dorati che bucarono il cielo né del buon vento che spazzò via ogni nube.
Erano soli, una coperta attorno al cuore e tanti sorrisi, dimentichi del domani e perché in fondo il bello dei bambini è che il sole torna sempre, affacciato ad una nuvola o nascosto nei loro sguardi.

 

 

 

 




 

 

 

NdA

Altra fanfiction senza pretese che mi è venuta in mente ieri sera. Su la7 proponevano un filmetto delizioso del quale non ricordo il titolo e m'è venuta l'ispirazione. Capita, talvolta. 
Ora, non è una bella storia, non è originale e nemmeno scritta bene, ma mi andava di pubblicarla perché sì. Oppure.. boh.

Accetto critiche costruttive e distruttive! 

Buon Natale!

 

   
 
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