A HARD DAY’S NIGHT
CAPITOLO
1: I told you once before ‘goodbye’, but I came back again.
Era una bella giornata. George, Ringo e John stavano facendo
un’abbondante colazione in vista del lavoro che li attendeva. Il primo, al
solito, si stava strafogando.
«George, cos’è quella roba che hai nel piatto?» domandò
Ringo, disgustato.
«Una frittatina di verdure o qualcosa del genere...» rispose
il chitarrista, con la bocca piena e della roba impigliata tra i denti.
«No, credo che la roba verde siano squame di lucertola»
disse John, seriamente, facendo sbiancare il batterista e soprattutto creando
un senso di nausea nel chitarrista.
George si alzò per andare a vuotare il suo piatto nel
cestino e, avvicinandosi alla vetrina, fu notato e naturalmente riconosciuto da
una fan, che si mise a gridare come una scimmia urlatrice. La conseguenza fu
che in meno di mezzo secondo avevano una folla smisurata alle calcagna.
I ragazzi iniziarono a correre, ormai erano vicini alla
stazione, quindi non avrebbero dovuto impiegare molto per seminare i fan. Poco
prima di entrare, però, George, un chitarrista con un umorismo tutto suo e una
smisurata passione per qualsivoglia cibo, fece un capitombolo: Ringo, il
batterista dal naso prorompente, gli cadde letteralmente addosso, suscitando il
riso incontrollato di John, bizzarro e per molti tratti incompreso, decisamente
una figura divertente, che si voltò indietro più volte e ognuna ritornava a
guardare avanti con un sorriso più largo in viso. Controllava di quanto avevano
distanziato la massa informe, se i suoi compagni ci fossero ancora e si
assicurava che avessero tutti gli arti. George non si guardava mai indietro:
dopotutto, l’ultima occasione in cui l’aveva fatto era stata quella in cui era
caduto.
Attraversarono la strada e rapidamente si infilarono nella
stazione, dove passare inosservati tra i passanti era più semplice: nascosti in
tre cabine telefoniche, fingevano di parlare. Da destra mentre George fingeva con il sopracciglio convinto,
Ringo cercava di dissimulare, seppur spaventato dalla massa informe e
incontrollata, e John parlava alla cornetta con non-chalance, con il suo
sorrisetto strambo. Quando la folla fu passata, Ringo diede il segnale e con
noncuranza i tre si allontanarono.
Disgraziatamente l’allegro gruppetto venne rintracciato dopo
poco, e questo costrinse i tre Beatles a ricominciare la loro fuga attraverso
un tortuoso percorso che li portò prima a scavalcare muretti e transenne, poi a
fare un breve ma intenso viaggio sul carrello dei giornali,
Intanto, mentre Norman li attendeva e si rovesciava addosso
il latte, i nostri lettori si staranno chiedendo che cosa stesse facendo Paul,
ma non saremo noi a dirvelo...
Amelia era una ragazza sveglia, solo un po’ incasinata, o
meglio, disorganizzata. Per dire la verità, la parola giusta per descriverla è sfigata.
Quel giorno si era recata alla stazione del treno perché
aveva un colloquio di lavoro fuori città, IL colloquio di lavoro, quello più
importante della sua vita: aspirava ad essere una giornalista da sempre, non
poteva fallire.
Aveva realizzato troppo tardi che aveva bisogno di alcune
foto da allegare al suo curriculum vitae e si era ridotta a farle in una
macchinetta automatica all’ultimo minuto.
Si sedette sullo sgabello scomodo e piuttosto sporco con una
certa riluttanza: quel tubino nero era il suo miglior vestito. Impettita, si
sistemò di fronte alla camera e sorrise elegantemente: tutto sommato, era
piuttosto bella. Aveva i capelli lunghi e biondi, cotonati al punto giusto, e
due smeraldi al posto degli occhi, finemente incastonati nel viso e
incorniciati da un sobrio disegno di trucco nero e leggero. Si mise in posa e
aspettò che la macchinetta scattasse la foto... e la iella ancora una volta
colpì.
Tre ragazzi dall’aspetto simile si precipitarono all’interno
della cabina e tirarono rapidamente le tende: trovarsi in uno spazio così
intimo con non uno, ma ben tre giovani non era esattamente una cosa conveniente
per una ragazza single della sua età. La macchinetta scattò tre foto e lei si
guardò intorno. Aveva la sensazione di aver già visto altrove i bell’imbusti,
ma quando se ne rese conto, la fortuna di aver appena incontrato tre dei
Beatles, nella iella, le parve paradossale.
«Ops!» esclamò John, l’ultimo arrivato. Aveva un’aria
mortificata, ma non si capiva se stesse solo recitando o se gli
dispiacesse davvero.
«Scusa!» disse Ringo. Il suo naso di certo era entrato in
qualcuna delle foto. Il batterista seguì John e uscì di scatto dalla tendina e
fu a sua volta seguito da George, che porse i suoi saluti ad Amelia voltandosi
(rischiando così di inciampare di nuovo, pervaso dall’aura di iella della
ragazza). Il chitarrista la salutò con la sua buffa voce nasale, enfatizzando
il tutto con un gesto della mano:
«Ciao!»
Amelia guardò i tre correre via, prima che una folla di fan
inferocite creasse uno spostamento d’aria tale da spettinarla. Rimase attonita
di fronte ad un sì rapido svolgersi di eventi e, mentre ancora cercava di
distinguere cosa fosse successo, per mettere a fuoco un ricordo così
importante, forse unico nel suo genere, la macchinetta stampò le fotografie.
Nella prima Amelia era venuta bene, peccato che la messa a
fuoco fosse tutta sul soggetto alle sue spalle, un George Harrison con un
occhio aperto e uno semichiuso e una bocca che metteva in risalto un pezzo di
qualcosa (qualsiasi cosa) incastonato nel suo sorriso, e tutto l’ecosistema che
questo comprendeva. Non era esattamente il tipo di foto che si poteva trovare
sulla prima pagina di una copertina di qualche rivista. La seconda era venuta
molto mossa: Amelia, spaventata, si era voltata di scatto, George non era
riconoscibile, in compenso era comparso un movimentato Ringo che non si capiva
bene se si stesse scaccolando o cosa... la terza era troppo luminosa per essere
descritta e compresa dall’occhio umano. Nella quarta John Lennon stava
addirittura sorridendo!
Piuttosto soddisfatta, la ragazza ripose le foto nella sua
borsa ed estrasse il portafogli per cercare altri spiccioli... ma li aveva
finiti.
Intanto i ragazzi continuarono a correre, ma furono
intercettati. Cercarono di fare un ultimo sprint fino al treno.
«Cavolo, ma non è possibile!» esclamò Kate a bassa voce, mentre
imboccava il corridoio che conduceva al vagone ristorante, giusto in tempo per
salvarsi da un’unica, enorme, ondata di ragazzine urlanti e isteriche. Amelia
non era stata altrettanto fortunata: una volta uscita dalla cabina, un po’
intontita per ciò che era appena successo, fu trascinata via dalla mandria
urlante e incontrollata e riuscì a salire sul treno per miracolo, visto che
quello che doveva prendere in origine era di sicuro già partito. I Beatles
erano decisamente dei bravi musicisti, senza dubbio dei bei ragazzi, ma non
aveva senso impazzire così, e…
«Oh,
perdincibacco» sussurrò Kate, lasciando poi le labbra leggermente socchiuse,
mentre i suoi pensieri prima si erano persi e poi erano stati catturati da
qualcosa di grande, verde, lucente.
Gli occhi di
Paul McCartney e i suoi si erano incrociati proprio mentre lui si staccava un
pizzetto e un paio di baffi sintetici che in teoria avrebbero dovuto renderlo
anonimo, ed entrambi gli rimasero in mano. Quel ragazzo aveva delle ciglia
meravigliosamente lunghe, gli occhi grandi ed espressivi, sì, insomma, c’era un
motivo concreto e provato per cui le sue fan avevano deciso di impazzire
all’improvviso.
Nel mentre,
lui si chiedeva chi fosse quella ragazza, assorto in quei pochi attimi di
sguardo; suo nonno lo tirò via frettoloso, quasi invidioso, ma in realtà stava
cercando di salvare il suo nipotino famoso da una nuova ondata di fan
sovraeccitate.
Ma… Chi era
quella ragazza?
Paul non ne
aveva idea, era consapevole solo di quanto fosse pronto a fare la sua
conoscenza.
«Paulie! Vieni
qui!»
Come non
detto.
Note delle Autrici:
Salve a tutti :)
è la prima volta che ci proponiamo in questa sezione con una
collaborazione, ma entrambe siamo vecchie frequentatrici con progetti solisti
:D
Il primo capitolo richiede sempre qualche spiegazione, si
sa. Questa storia segue in primo luogo la trama del film ‘A Hard Day’s Night’,
come si può intuire dallo stesso titolo, anche se abbiamo dovuto fare dei
tagli, in primo luogo perché pensiamo che la maggior parte di voi lo abbia visto
e si annoierebbe a rileggerselo tutto scritto, e poi naturalmente per questioni
di spazio.
Vorremmo dedicare questo lavoro e quello che seguirà alla
nostra supporter numero uno, una persona che ci ha supportate sin dall’inizio
della nostra collaborazione e che non si è mai persa un capitolo. Non faremo
nomi perché sappiamo che è una persona molto timida e riservata, quindi faremo
i cognomi (?): Way, questo lavoro è dedicato a te <3 speriamo che Amelia non
deluda le tue aspettative! :)
Desclaimers: I Beatles e le loro canzoni non ci
appartengono. Il film neanche. Amelia e Kate sono Original Characters quindi
sotto nostro copyright. Tutto questo non è mai successo. Tutto questo non è a
scopo di lucro. No copyright infringement
intended. (il titolo è una citazione di “I’ll
be back” – The Beatles)
Speriamo che la fan fiction sia di vostro gradimento e vi
auguriamo una buona lettura. Commenti di ogni tipo (?) sono ben accetti :) Ci
divertiremo ad allegare ai capitoli screen tratte dal film, ma per maggiori
contenuti extra riguardo alla storia potete dare un’occhiata alla nostra pagina
di Facebook QUI
:D
MrBadCath (M&S).
MrBadGuy would like to thank: Innanzitutto vorrei
ringraziare Snafu per avermi regalato due dei giorni più belli della mia vita.
Dopo più di un anno di collaborazione, posso dire di essere sempre stata
soddisfatta di aver intrapreso questo cammino, da cui è nata una grande
amicizia. Siamo diventate quel che siamo anche attraverso quel che ci avete scritto
e consigliato.
Vi ringrazio di cuore e spero che le nostre FF siano una
retribuzione equa per l'affetto che ci date.
MrB.
Snafu would like to thank: i suoi diti medi, il dentista di George Harrison, il servizio scadente di Trenitalia per aver offerto la possibilità alle due autrici di usufruire di due ore in più per scrivere questo lavoro, MrBadGuy per completarla in questo lavoro, il Rock n’ Roll.