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Autore: Cheche    27/12/2012    3 recensioni
Blue sorrise, sincera, sfiorando la punta del naso di Silver con la propria.
“Scusami. Ti amo, Silver.”
Sentirselo dire era bellissimo e terribile. Bellissimo perché quella voce era reale, non un eco della sua mente. Terribile perché un’entità irrazionale stava cercando di nuovo di impossessarsi della sua vita, delle sue azioni.

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Genere: Romantico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blue, Silver
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
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Odio Silver, ma lo amo pure. Perché è sciocco, sbaglia, lo fa anche consciamente, ferisce e si ferisce da solo. E' questo a renderlo un personaggio bellissimo, umano ma anche sovrumano. Questa è una fanfiction senza pretese, essendo stata scritta per sfogo, utilizzando la mia amata tecnica della sovrapposizione di scene ed immagini, rendendole quasi un'accozzaglia. Ciò dovrebbe rendere imprevedibile lo sviluppo e il finale, se consideriamo una scena come quella iniziale. Pur essendo scritta per sfogo, non l'ho scritta tutta in una volta. Dovrebbe essere abbastanza accurata, ma non posso escludere a priori la possibile presenza di errori. E' nata in una sera in cui ho ascoltato a ripetizione quella strana canzone che è Seele Brennt dei Einstuerzende Neubauten, un gruppo tedesco (ma va'!) di Berlino che mi ricorda molto le atmosfere che ho vissuto in quella città. Questa song-fic racchiude frammenti del testo della canzone. Spero possa piacere anche a voi, anche se l'ho scritta più che altro per me. Mi piacerebbe comunque sapere cosa ne pensate.





Anima Brucia

 
La neve copriva ogni singola abitazione di Biancavilla, quando Silver mosse dei passi fuori da quella casa abbandonata in cui si era installato per passare la notte.
Alle due del pomeriggio passate, il gelo penetrava le ossa degli abitanti di quella città, che non osavano per tale motivo sfiorare col naso le soglie delle porte delle proprie case.
Silver era un comune mortale, ma aveva deciso di uscire ignorando la pelle d’oca sotto le vesti che indossava, le più pesanti che era riuscito a racimolare. A proteggerlo dal freddo aveva in sé un insolito ardore interno che si irradiava in tutto il suo corpo.
Intorno a lui solo bianco silenzio rotto dal suono dei suoi passi. Quel giorno avrebbe potuto anche compiere follie. Del resto, nei suoi occhi argentei scintillava la luce delle ispirazioni drastiche, delle decisioni ardite.
Una sola persona, oltre a lui, ne sarebbe stata partecipe.
 

Io sono l'amore rivoluzionario
del sesso opposto

 
Blue era, come sempre, incantevole. ‘Bella’ era l’aggettivo che emergeva sempre nella mente di Silver quando si soffermava ad osservarla. Se lo trovava quasi sulla punta della lingua, pronto ad essere pronunciato; era impossibile ignorare quell’impulso, sebbene si potesse reprimere parzialmente.
Bevevano un aperitivo con due cannucce diverse in due bicchieri diversi. Dunque non erano fidanzati come forse qualcuno avrebbe voluto: potevano sembrare due familiari particolarmente uniti.
“Hai delle occhiaie profondissime.” Osservò Blue, allentando un poco la pesante sciarpa azzurra che portava al collo. Si allungò sul tavolo con fare quasi provocante, con un dito proteso verso il viso di Silver.
Se era una seduzione, stava avendo il suo effetto. Il ragazzo regalò al petto prosperoso di Blue, schiacciato contro la superficie orizzontale, una fuggevole occhiata ben poco fraterna. Si rese conto che lei non avrebbe mai smesso di diventare sempre più donna col trascorrere del tempo.
E io? Come mi vede?
Il dito sottile di Blue sfiorò le occhiaie di Silver, calde come fossero state febbricitanti. Sembravano le ombre dei mostri che nuotavano nelle soprastanti pozze argentee degli occhi del ragazzo, che filtravano la realtà offrendone ai suoi occhi una visione talvolta distorta.
“Dovresti dormire di più, fratellino.” Lo rimbrottò amorevolmente la giovane.
Ecco. Ecco come mi vede.
Afferrò di scatto il polso sottile e niveo della donna, stringendolo e quasi facendole male. La costrinse ad alzarsi e la trascinò fuori dal bar, ringhiando talmente sommessamente da non riuscire ad udirsi.
Guanti e cappelli erano rimasti sul tavolo, vicino a quegli aperitivi agrodolci lasciati a metà. Le loro guance e le loro dita vennero a contatto col gelo prepotente, intirizzendosi.
Ma Silver ardeva dentro, non tremava: la fiamma nel suo petto scoppiettava. Avrebbe condiviso con Blue quel calore prorompente, come da decisione. Era giunto il momento di attuare ciò che aveva a lungo sognato.
 

Ogni giorno mi costa ferite
ecco sto già cominciando
scorticato e completamente coperto di sangue

 
Sarebbe stato egoista forse, non ne sarebbe valsa la pena, ma Silver era pronto a frantumare la propria vita per un singolo momento di gioia selvaggia. Se non l’avesse fatto, di certo la sua serenità sarebbe morta consumandosi lentamente.
Già intravedeva quel filo spinato alla fine della discesa: ci si sarebbe scontrato, morendo, se si fosse gettato di corsa dal pendio per poter sentire l’adrenalina montargli dentro.
Spinse Blue contro il muro esterno del bar, guardandola nei profondi occhi azzurri. Era attonita, infreddolita, incapace di spiccicare parola. Lei aveva sempre avuto una grandiosa forza d’animo; tuttavia, quando si trattava di Silver, diventava fragile come cristallo. Sembrava sempre sul punto di piangere.
“Dunque è così che mi vedi… ‘Fratellino’, mh?”
“Come… come dovrei vederti?” Mormorò Blue con voce flebile, rattrappendosi maggiormente. Quella donna vissuta appoggiata al muro, alla distanza di due sbuffi di fiato dal volto di Silver, sembrava tornata una bambina. ‘Fanciulli’ era ciò che nessuno di loro due era mai stato, quando la loro infanzia era stata negata da una comune sventura. Silver sentiva quasi di essere nato già adulto: non aveva nulla da spartire con gli altri esseri viventi che procedevano lungo un percorso regolare. L’unica persona con cui condividere questi tormenti, l’unica con cui avrebbe voluto passare il resto della sua vita si stava negando a lui, ormai forte di altri affetti. Le cose non saranno come preghi che divengano, a prescindere dalla sofferenza con la quale ti appelli per richiamare gli eventi auspicati.
“Io ti vedo come una donna. Ti vedo come la donna.” Ringhiò Silver con tono dolente.
Blue ammutolì nuovamente. Negli occhi azzurri vi erano tracce di commozione e timore, le sue guance già arrossate si ravvivavano di imbarazzo. Lo vide umettarsi le labbra screpolate.
Sarebbero stati baci ruvidi quelli che si apprestava a donarle, ma caldi. L’avrebbe fatto con l’intenzione di stringere i loro cuori in un’unica tiepida morsa. Cercò il suo viso, mentre lei non si muoveva. Il timore della ragazza incentivava ogni suo impulso, spingendolo ad andare avanti, affrettandosi.
Nel silenzio e nella desolazione di un piccolo paese coperto di neve, Silver e i suoi sentimenti raggiunsero Blue.
 

...la mia anima brucia!

 
La ragazza piangeva, abbandonando fin dal primo istante ogni resistenza. Poteva solo accettare passivamente che le proprie labbra venissero violate, accogliendo le gentili carezze che Silver donava ai palmi delle sue mani infreddolite. Le lacrime di Blue si scontrarono contro le loro bocche unite, raccolte prontamente dal giovane. Il morbido corpo schiacciato contro il suo si stava scaldando rapidamente, elettrizzato dal tocco inesperto ma deciso di Silver.
Il senso di colpa serpeggiava insidiosamente nell’animo di lui, ma fu presto schiacciato sotto una gioia selvaggia ben più ingente. Silver aumentò la pressione e la vemenza dei baci, che scavavano sulle labbra della giovane donna. Le stava facendo male, ma in quel momento la fame era troppa; non riusciva a rinunciare a quella bocca soffice e a quel sottile fiato trattenuto.
Ma fu lui a fermarsi quando il rimorso, ancora vivo nel suo petto, iniziò a scricchiolare e lamentarsi. Si scostò, scioccato da se stesso e con un miscuglio di fin troppo piacevoli sensazioni ancora sulla pelle arrossata delle labbra.
“Scusa.” Ansimò, imbarazzato dal respiro irregolare e spezzato che aveva accompagnato la pronuncia di quella parola.
Non riusciva a non soffermarsi sul ricordo ancora molto vivido dell’azione che aveva appena compiuto. La fragranza della pelle infreddolita di Blue, il leggero tremore emozionato, le mani delicate e lisce che aveva sfiorato con piacere. Le labbra morbide che aveva lambito, lo scambio dei sapori. Nella gola sentiva ancora il suo aroma dolciastro; se ricordava così bene, evidentemente, era perché i suoi baci erano stati ricambiati ed accettati. Come i suoi sentimenti, forse. Tali pensieri lo portarono a vibrare di una felice frenesia che a malapena nascose.
Blue si asciugò frettolosamente le lacrime perlacee che rigavano il suo volto arrossato e spaesato.
“Queste…” Silver non portava con sé dei fazzoletti da offrirle. Avrebbe desiderato asciugarle quelle gocce che persistevano sul suo bel viso affranto, ma capiva che quello non era il momento adatto.
“Non… non è colpa tua!” La giovane donna aspirò difficoltosamente col naso e gli sorrise, facendo sfoggio di un’espressione colpevole. “E’ tutta colpa mia. Quindi sono io a doverti chiedere scusa, Sil’. Sapevo perfettamente cosa stavi per fare.”
Il ragazzo non poté trattenere la sorpresa. “E…?” Riuscì solo ad esalare.
“E così non ho resistito alla tentazione di cedere, illudendoti. Piangevo perché sapevo di farti un torto terribile.” Lei strinse tra loro le labbra gonfie, assottigliandole come se non fossero state baciate con veemenza poco prima. “Scusa… mi sono appoggiata a te. E’ che… mi sento sola.”
Era tutto lì. Un senso di solitudine ingiustificabile, dal suo punto di vista. Non riusciva a capirla, perché aveva Silver a stravedere per lei e chissà quante altre persone a volerle bene, oltre ai propri genitori.
Le dita di Silver cominciarono a raggelarsi, le guance arrossirono per il freddo penetrante. Non aveva più quel calore familiare a proteggerlo. Senza di esso, si sentiva un guscio vuoto. Quelle fiamme avevano consumato la sua anima.
Ti senti sola?
L’ultimo moto di gioia si esaurì, trasformandosi in rabbia repressa difficoltosamente. Non riusciva più a comprenderla come faceva una volta. Blue si stava allontanando, a nulla servivano i suoi tentativi di stringerla a sé. L’unica donna che desiderava stava evaporando.
Mai quanto me, Blue. Mai quanto me.
Quel che era peggio, era sentirsi morto dentro, come legna trasformata in carbone.
 

Mi sono ficcato nel mio buco
E aspetto i sogni, che mi salvano
(non vengono)

 
Le vendette di Silver erano state tutte compiute. Forse si era anche sporcato le mani di sangue, in quei pochi anni vissuti che gli erano parsi interminabili. Gli sembrava di essere un centenne in un corpo di adolescente, ma completamente svuotato dalle pulsioni che era stato in grado di provare fino a qualche ora prima.
Era immerso nella penombra, in uno scenario simile a quello di un film di fantasmi. Nella casa abbandonata in cui si era intrufolato c’era persino un immenso e vecchissimo pianoforte a coda, simile a quelli che nelle leggende suonano da soli, senza nessuno a pigiarne i tasti.
Premere la tastiera casualmente ed ascoltarne le note sarebbe stato, sebbene non si intendesse minimamente di musica, un rilassante diversivo per esorcizzare la noia deprimente che l’aveva investito senza pietà alcuna non appena si era ritrovato al chiuso. Si sedette lì davanti per scoprire che lo strumento era dotato di coperchio e la chiave non era nei paraggi. Proprio un vero peccato. Sorrise, amareggiato, incupendosi maggiormente.
Non aveva più nulla da fare sulla terra: la sua esistenza gli sembrava vuota, priva di scopi. L’ultima missione che avrebbe accettato volentieri sarebbe stata quella di sposare Blue, ma lei non sarebbe stata affatto consenziente, da quel che gli era parso di comprendere.
Blue.Quel nome gli causava sempre una vertigine, anche ora che era così apatico e svogliato. Blue. Non aveva più luoghi in cui correre per adempiere le sue missioni, non aveva più obbiettivi da perseguire con ogni mezzo. Non aveva la possibilità di vivere tranquillamente con l’unica persona a cui teneva davvero. Blue. Era lei quella persona, ovviamente. Gli pareva che non sarebbe più stato capace di affezionarsi a qualcun altro in egual modo.
Blue.Era così allucinato che quasi credette al miraggio, quando vide una corda munita di cappio pendere a pochi metri di distanza da lui.
Blue! Inutile cercare di scacciare quel nome dalla sua mente, l’immagine di una persona importante che non esisteva più, che era morta, che era stata sostituita da una sosia che lo disconosceva e negava, in qualche modo, l’affetto che li aveva legati per lunghi anni.
Lieve e dolorosa era la sensazione che lo spinse ad impilare grandi tomi polverosi sotto quella corda penzolante che, si era accorto, non era affatto una visione. Evidentemente in quella casa tetra qualcuno si era suicidato anni prima del suo arrivo.
Sorrise vagamente mentre scalava con attenzione la torre di carta che si era costruito sovrapponendo quei grossi mattoni. Non aveva fretta, temporeggiò prima di decidersi ad infilare la testa nel cappio, rabbrividendo e ingoiando un groppone di saliva quando la fredda corda gli sfiorò la laringe.
Che stai facendo, Sil’? Non è da te! Una dolce voce risuonò nelle sue orecchie, invadendogli la testa. Una Blue più bambina lo stava rimproverando. Forse stava già morendo, forse quelli erano dei vecchi ricordi sopiti che scorrevano nella sua mente come un film. Non ti devi lasciare andare! Forse non lo sai, ma è grazie a te se ho coraggio. E’ tutto merito tuo se sono qui. Grazie, Sil’!
Sgranò gli occhi. Erano tutte memorie tornate a galla, emerse con tempismo ideale per farlo rinsavire. Scene già vissute, immagini e parole dolci che neppure in quel cupo contesto assumevano un retrogusto amaro. Non aveva ancora compiuto quel fatale balzo nel vuoto, quindi poteva ancora trattenere nelle proprie mani ciò che stava per lanciare via.
Con un attento balzo scese dal patibolo che aveva eretto. Non appena toccò terra, le gambe cedettero e le ginocchia si piegarono, incapaci di sorreggerlo. Scoppiò in lacrime come non faceva ormai da molto tempo, simile ad un bambino turbato e sconvolto, i cui occhi stralunati sprigionavano lacrime copiose e convulse.
In un momento di scarsa lucidità stava per gettare via ciò che Blue aveva sempre ammirato di lui, la caratteristica che, fin da quando era una fragilissima bimba piena di fobie, aveva imitato con grande perizia e abilità: la sua forza vitale.
 

L'amore è un rogo
sul quale io lentamente ma inesorabilmente
dall'interno verso l'esterno brucio

 
Sebbene avesse intenzione di seminare quanta più distanza potesse da lei, Silver teneva comunque ad avvisare Blue della sua imminente partenza. Non era tanto per un fatto di vittimismo e autocommiserazione, quanto per correttezza nei confronti di una persona che avrebbe continuato a rappresentare una fase importante della propria vita.
“E così hai deciso di andartene.” Blue se ne stava sulla soglia della porta della propria abitazione, le mani sui fianchi e l’aria seria.
“Ho deciso di tornarmene a Johto.” Silver sorrise, teso. “Ho parlato con Gold. Dice che ha ricevuto uno strano Uovo e sta studiando come farlo schiudere al meglio, ma mi sembra uno scopo troppo serio per uno come lui. Preferisco accertarmi che non stia tramando di conquistare il mondo.” Concluse ridacchiando, mentre il viso assumeva un’espressione strana e contrita. Difficile mentire di fronte a lei. Avesse potuto tornare indietro nel tempo, se ne sarebbe di certo andato, ma senza dire una parola alla ragazza.
Bastava un solo sguardo di Blue per farlo sentire un bellissimo principe oppure il più orrido degli insetti. I suoi erano gli occhi più potenti e influenti tra tutti quelli che si fossero mai posati sul corpo di Silver.
“Peccato.” Lei parve dispiaciuta, probabilmente intuendo l’irrevocabilità della decisione di Silver. “Mi sembri davvero convinto.” Blue sapeva che il compagno non scherzava mai, neppure quando era in soggezione e tentava di sorridere con scarsi risultati.
“Lo sono. Ti volevo salutare.” Tornò serio, quasi grave; una brezza smuoveva i capelli carminio, che contrastavano col biancore di neve che tingeva tutto ciò che li circondava.
“Io invece non sono convinta di ciò che penso al riguardo. Ti confiderò che ci ho pensato molto.” La ragazza sorrise lievemente e un leggerissimo rosa colorò le guance levigate e pallide. “Non mi sento sola. Mi sentirei sola se te ne andassi.” Sollevò la propria mano destra, andando a sfiorare la pelle fredda di Silver. Non ardeva come le labbra che aveva assaggiato solo due giorni prima, ma rapidamente si scaldò sotto il suo tocco come legna asciutta su fiamme scoppiettanti.
Il giovane schiuse la bocca e una piccola nuvola di caldo vapore ne fuoriuscì. Blue lo voleva, cercava di attirarlo a sé, di stringerlo per tarpargli le ali. Sarebbe rimasto incollato alla sua trappola, avvolto e oppresso da una rete inestricabile.
Nel momento in cui sentì il respiro di Blue avvicinarsi, rendendolo di nuovo ardore e fiamme crepitanti, sentiva i piedi incollati sul quel metro quadrato di vialetto innevato. Il suo sangue bolliva tanto che si sarebbe aspettato di vedere il ghiaccio sciogliersi, definendo un confine immaginario in cui entrambi sarebbero stati racchiusi.
“Ora lo so.”
Blue sorrise, sincera, sfiorando la punta del naso di Silver con la propria.
“Scusami. Ti amo, Silver.”
Sentirselo dire era bellissimo e terribile. Bellissimo perché quella voce era reale, non un eco della sua mente. Terribile perché un’entità irrazionale stava cercando di nuovo di impossessarsi della sua vita, delle sue azioni.
Accorgersene fu come gettare un secchio d’acqua gelida su quell’anima logorata dalle fiamme. Non poteva rimanere, doveva fuggire e lasciarsi tutto alle spalle, come sin dall’inizio aveva pianificato.
Pose le mani sulle spalle di Blue e la scostò, non senza dolore e rimpianto, con un gesto gentile e garbato ma inequivocabile.
“Non posso trattenermi.” Disse, malinconico ma fermo. “Non puoi trattenermi.”
 

Ho assaggiato
Sono andato troppo avanti
Il gusto non va più via

 
Silver non poteva rinunciare alla propria coerenza e rettitudine, nonostante sapesse che avere il totale controllo sulla propria vita non significasse la sicurezza di ottenere la felicità.
In quel momento si sentiva stanco e infelice, perché stava rinunciando a qualcosa di grande, enorme, decisamente più imponente di lui.
Gli occhi di Blue si erano allargati, quel mattino, sulla soglia della porta della propria abitazione. Silver aveva messo tra i loro corpi e le loro anime una barriera, rinunciando a quell’atto, a quell’invito ad amarla senza paura, ad entrare nella dimora chiedendo il permesso tra carezze dolcissime, a rotolarsi insieme tra le lenzuola che sapevano di lei. Ora potevano solo allontanarsi l’uno dall’altra.
Eppure Blue un ricordo di sé voleva lasciarglielo. Era mattina, le sue labbra erano secche e non troppo morbide, ma un loro minuscolo bacio a stampo riuscì comunque a sorprendere Silver. Gli sembrò per un attimo che la neve attorno a loro si sciogliesse per lasciar spazio ad una primavera rigogliosa, nella quale tutti i fiori profumavano della stessa fragranza lievemente acre e vissuta della ragazza. Era un fanciullino innamorato, ma anche fermo sui propri passi.
“Ti ho restituito il favore.” Blue sorrise, enigmatica e terribilmente rossa: per il freddo, per la passione, per le lacrime di dolore trattenute. “Ora vai e non voltarti.”
Così fece Silver, col cuore tranciato a metà, con la certezza di aver sacrificato l’amore per la sciocca fede nella propria morale. Man mano che si allontanava da lei, fisicamente e col pensiero, sentiva sempre più il gelo attanagliarlo.
Eppure era convinto di non volere che un sentimento lo mettesse al guinzaglio, imprigionandolo e rendendolo schiavo dei propri dispetti, sbattendolo e rivoltandolo e sferzandolo, nella morsa della propria gioia distruttrice. Si era già consumato come un fiammifero.
 

Forse è solo infiammata
Forse è solo infiammata quella cosa là che brucia
Al posto della mia anima

 
Era stato egoista ma tremendamente corretto. La amava ancora, anche se il suo pensiero pian piano sbiadiva. Gli faceva male sacrificarsi e sacrificarla così. Perché doveva essere così sciocco, perché era così restio a lasciarsi dominare da un sentimento? Ne aveva paura, Silver. Folle paura di diventare una marionetta nelle mani dell’amore, di vivere e di morirne.
Camminava, le sue spalle irrimediabilmente voltate sembravano dire ‘addio’. Avrebbe riscritto e reinventato tutto, sarebbero esistiti solo il presente e il futuro. Probabilmente non avrebbe più amato, ora che si sentiva consumato ed esausto, con la mente bianca e vuota.
Se si fosse voltato, avrebbe visto Blue accasciarsi sul ciglio dell’uscio, aggrappandosi a malapena allo stipite, urtando il pavimento gelido con le ginocchia, coprendosi il viso con le mani arrossate.
Ma Blue gli aveva detto di non voltarsi, segno del fatto che si sarebbe rialzata, che avrebbe iniziato una nuova vita seguendo ancora una volta l’esempio di Silver. Forse in futuro l’avrebbe odiato, gli avrebbe dato dello stupido.
Tuttavia, la porta sarebbe stata sempre aperta per lasciare entrare quei ricordi che per lei avrebbero continuato ad essere preziosi.







Note: Che dire? Silver è stupido ma libero, Blue è strana e incoerente, ma è forte. Eppure Blue è molte cose, quando si tratta di Silver, quindi secondo me non è OOC. Poi potrei anche essermi fatta prendere la mano, dato che questa storia è uno sfogo. Questa storia parla del sacrificio, ma non del sacrificio in nome dell'amore, bensì del sacrificio dell'amore. Sacrificare l'amore in nome di qualcos'altro, ma sacrificare non solo l'amore, perché per Silver Blue è tutto. Mi piace pensare che un giorno Silver torni a scusarsi, rendendosi conto appieno di ciò che ha perso. Oh, le storie d'amore che scrivo non sono mai a lieto fine, eh? Ahahah, mi sa che non sono una tipa molto fluffosa. E' più forte di me, ho paura di cariarmi i denti scrivendo e di fare lo stesso anche a voi. Tempo fa ho scritto anche una fluff sulla Chosen, ma personalmente la trovo troppo sdolcinata, la odio. Amerò voi, invece, se mi lascerete una recensioncina. <3 Sì, vi ricatto. 8D Ah, in ritardo, ma... Buone Feste! : D
  
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