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Autore: HPEdogawa    27/12/2012    4 recensioni
Quando si risvegliò, non ricordava niente di se stesso. Né il suo nome, né dove si trovasse, tantomeno chi fosse. Sapeva solo di essere sdraiato sulla schiena, a contatto con il legno umido di una chiatta sul fiume Han. Si mise a sedere, confuso e stordito, nonché con un potente mal di testa. Solo quando portò una mano a sfiorarsi la tempia, in cerca di sollievo da quel dolore assillante, si accorse di stringere tra le mani un cellulare. Non lo riconobbe, non avrebbe saputo dire se fosse suo o di qualcun altro. Mise a fuoco l'immagine dell'apparecchio elettronico e notò i suoi polsi rossastri, le sue dita sporche di qualche vivida goccia cremisi, rafferma. Sangue. Sempre più confuso, ignorò quelle macchie sulla sua pelle e schiacciò un tasto del cellulare. Lo schermò si illuminò e, quando lo sbloccò, si ritrovò a leggere un messaggio formato da poche righe:
"Hai inviato questo messaggio a te stesso. Quando ti sveglierai non ricorderai più niente.
Ti chiami Kim Yesung. Sei una spia. Cancella questo messaggio non appena l'hai letto e getta il cellulare."
WonYe.
Yaoi.
Tutti i Super Junior, più possibili apparizioni di altre celebrità.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Choi Siwon, Kyuhyun, Leeteuk, Un po' tutti, Yesung
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo.

Yesung.

 

Quando si risvegliò, non ricordava niente di se stesso. Né il suo nome, né dove si trovasse, tantomeno chi fosse. Sapeva solo di essere sdraiato sulla schiena, a contatto con il legno umido di una chiatta sul fiume Han. Si mise a sedere, confuso e stordito, nonché con un potente mal di testa. Solo quando portò una mano a sfiorarsi la tempia, in cerca di sollievo da quel dolore assillante, si accorse di stringere tra le mani un cellulare. Non lo riconobbe, non avrebbe saputo dire se fosse suo o di qualcun altro. Mise a fuoco l'immagine dell'apparecchio elettronico e notò i suoi polsi rossastri, le sue dita sporche di qualche vivida goccia cremisi, rafferma. Sangue. Sempre più confuso, ignorò quelle macchie sulla sua pelle e schiacciò un tasto del cellulare. Lo schermò si illuminò e, quando lo sbloccò, si ritrovò a leggere un messaggio formato da poche righe:

 

Hai inviato questo messaggio a te stesso.

Quando ti sveglierai non ricorderai più niente.

Ti chiami Kim Yesung. Sei una spia.

Cancella questo messaggio

non appena l'hai letto e getta il

cellulare.

 

Ancora più stranito, Yesung si alzò, e subito un giramento di testa lo colse, prendendolo alla sprovvista. Si appoggiò ad un tavolino accanto al muro, dove era appeso uno specchio, sul quale era attaccato un post-it giallo che recava solo poche parole, scarabocchiate con calligrafia indecisa, tremante:

 

Choi Siwon.

Euljiro, 20012 – Seoul.

 

-Come stai?- domandò una voce, roca e ruvida, come carta vetrata, alle sue spalle. Yesung sussultò e si voltò verso la fonte del rumore, ritrovandosi a fissare una ragnatela di rughe e due occhi scuri, liquidi. Il vecchio della chiatta gli sorrise appena, mentre gli porgeva una tazza fumante di thè.

-Non ricordi nulla, vero?

Yesung non rispose, nuovamente. Rimase semplicemente lì, in piedi, con i pensieri in subbuglio e il mondo ancora poco chiaro. Guardò l'uomo davanti a sé. L'osservò, a lungo. Solo dopo cinque lunghi minuti, riuscì a parlare e la sua voce uscì flebile ed indecisa. Come se non gli appartenesse.

-Cos'è successo?

-Non è mio compito dirtelo.

-Chi è Choi Siwon?

-Lo scoprirai da solo.

-Lei chi è?

-Non lo scoprirai mai.

-Chi sono io?

-L'hai già scoperto.

 

* * *

 

Le strade di Seoul erano affollate, come da stereotipo. La città che non dorme mai, quella che, a detta di molti, fa un baffo alla Grande Mela. Yesung camminava tra le vie di quella metropoli, stordito, confuso, con un odore poco piacevole addosso e sangue sulle mani, che teneva accuratamente nascoste nelle tasche del giaccone. Faceva freddo, e anche parecchio: il vento gelido si abbatteva sui volti delle persone senza pietà, e queste si imbacuccavano in giacche, sciarpe, guanti e berretti per scappare da quella morsa insopportabile. Yesung, invece, non indossava altro se non un maglioncino – che copriva una rivoltella infilata nei pantaloni – sotto quel cappotto di fortuna che aveva rubato da una bancarella particolarmente affollata. Tremava, stringendosi nella stoffa ruvida e fastidiosa, mentre, piano piano, nella sua mente iniziavano a farsi strada ricordi confusi. I suoi occhi, abituati da anni ed anni di addestramento, captavano ogni minimo particolare, dal colore delle scarpe di quell'uomo vestito con abiti fantasiosi, al numero ti targa dell'auto della polizia che sostava poco lontano da lui. Camminava sicuro, mentre cercava di ricordarsi cosa faceva nella sua vita, prima di quella misteriosa perdita di memoria. Era una spia, sì. Ma per quale agenzia lavorava? In quale dipartimento? Su che casi aveva, stava, o avrebbe lavorato? Era frustrante non ricordarsi nulla e avere solo tre informazioni tra le a cui far riferimento: il suo nome, il suo lavoro e l'indirizzo di un certo Choi Siwon. Reprimendo un'imprecazione, ebbe l'impulso di entrare in un bar a bere qualcosa, giusto per rendere totale la propria amnesia. Ma, proprio mentre stava per varcare la soglia di un locale, si ritrovò ad interrogarsi sulla propria età. Quanti anni ho?, si chiese e, quasi come per abitudine, i suoi occhi si misero a cercare una superficie a specchio. Si fermò davanti alla vetrina di un negozio, che risplendeva sotto le luci natalizie e le decorazioni dorate, rosse e blu. Osservò interamente la sua immagine, inclinando leggermente la testa verso destra. Sembro un diciottenne. O un diciannovenne, si disse, rinunciando all'idea del drink. Sospirò, ritornando in strada, maledicendo il vecchio se stesso – il Kim Yesung che non conosceva – per non aver lasciato delle informazioni in più. Non aveva nessun tipo di documento con sé, tantomeno dei soldi. L'unica cosa a cui si poteva aggrappare, era quel post-it, macchiato e umidiccio, che continuava a rigirarsi tra le dita della mano destra, nel calore rassicurante della tasca. Si fermò a chiedere più volte informazioni per raggiungere il posto che, forse, gli avrebbe dato delle risposte. Camminò per oltre un'ora, quasi senza meta, sperando che le persone non si prendessero gioco di lui, dandogli informazioni fasulle. Gli informatori falsi sono come un'appendice, si disse, sorridendo tra sé e sé: si era ricordato qualcosa, finalmente. Non provava una particolare simpatia verso gli individui che, alla fin fine, si rivelavano essere tutto fumo e niente arrosto. Mentre superava l'ennesimo incrocio, la millesima vetrina luccicante e il centesimo semaforo, si teneva in allenamento, cercando di captare più particolari possibili, o capire se fosse pedinato da qualcuno. Nonostante pensasse di essere pulito, ogni duecento metri si fermava e tornava sui propri passi per qualche minuto, per poi riprendere a camminare verso Euljiro. Una perdita di memoria – anche se di rilevante importanza – non bastava per fargli perdere le abitudini di un'intera vita. Yesung sapeva che mai si sarebbe scrollato di dosso l'intuito, la vista e l'udito impeccabili, le arti marziali, le lezioni di crittografia o di contropedinamento. Tutto sarebbe per sempre rimaste dentro di lui, nel suo sangue, nella sua mente e sulla sua pelle. Per questo, nonostante non sapesse cosa lo aspettava, mentre sostava davanti alla casa che recava il numero 20012, si sentiva tranquillo.

Poteva sempre contare su se stesso.

 

 

Siwon.

 

Erano le due di notte, quando il campanello di quella che da poco era diventata 'casa Choi' suonò, svegliandone il proprietario. Con uno sbuffo, Choi Siwon si alzò dal letto, trascinandosi letteralmente fino alla porta d'ingresso. Con uno sbadiglio, iniziò a rovistare sulla mensola accanto alla porta, in cerca delle chiavi. Il suono acuto si ripetè una seconda volta, e poi una terza.

-Sono qui, sono qui...- borbottò il venticinquenne, trovando finalmente il mazzo corretto e stringendo tra le dita la chiave esatta, che si affrettò ad infilare nella serratura, dopo aver mancato per due volte l'entrata. La girò per tre volte e finalmente il pomello si mosse senza alcun blocco, lasciando che la porta si aprisse.

Inizialmente, Siwon credette di star sognando. Sbattè le palpebre un paio di volte e poi aguzzò lo sguardo, temendo di essere sonnabulo e di star, in realtà, fissando il nulla. O forse qualcuno lo aveva drogato in qualche modo. Eppure, quella figura davanti a sé era troppo concreta, palpabile, percepibile. Quei ciuffi neri e morbidi erano reali. Quegli occhi scuri e lucidi, affilati e misteriosi, lo stavano fissando di nuovo, dopo tanto tempo.

Non poteva essere una visione.

-Yesung?- mormorò, ma l'altro non lo sentì, poiché aprì la bocca per parlare:

-Sei Choi Siwon?

-Ovvio, chi altri dovrei essere?

-Io sono Kim Yesung.

-Lo so- disse l'altro, sempre più stranito.

-Tu mi conosci?

-Yesung... ti conosco da sette anni.

-Io non mi ricordo di te.

-Entra in casa- disse Siwon, facendosi da parte, mentre una parte del suo cervello credeva ancora di star vivendo un sogno contorto.

Yesung non si fece ripetere l'invito due volte e si fiondò dentro l'abitazione, al caldo e al riparo dal vento esterno. Siwon chiuse la porta, con quattro giri di chiave nella toppa, e controllò che tutte le persiane fossero assicurate. Girandosi, si ritrovò a fissare la canna di una pistola.

Sbarrò gli occhi, alzando automaticamente le braccia, mentre gettava un'occhiata spaventata a Yesung: il suo sguardo era deciso, mentre gli puntava l'arma al petto.

-Portami dove c'è un po' di luce- gli disse, e Siwon lo condusse in sala, dove accese un'abat jour.

-Yesung, che cosa succe--

-Zitto. Le domande le faccio io. Chi sei?

-Sono Siwon, Yesung. Sono io...

-Ti ho già detto che non mi ricordo di te!

-Ma--

-Cosa fai nella vita?

-Sono un medico.

-Più preciso.

-Un chirurgo generale.

-Dove lavori?

-Al Hangang Sacred Heart Hospital.

-Quanti anni hai?

-Venticinque.

-E io?

-Tu, cosa?

-Quanti anni ho?

-Yesung, come fai a non--

-Quanti anno ho?!

Siwon sbarrò gli occhi, mentre il suo battito cardiaco accellerava notevolmente. Non aveva mai visto Yesung ridotto in quello stato: occhiaie, affanno, tremolii in tutto il corpo, lacrime agli occhi e mani sporche di sangue.

Deglutì, mormorando:

-Hai ventidue anni.

-Io sono una spia, vero?

-Sì, lo sei.

-Per quale agenzia lavoro?

-Non lo so.

-Ne sei sicuro?

-Non hai mai voluto dirmelo.

La mano con la quale teneva la pistola tremava visibilmente, così come le sue spalle e i suoi occhi lucidi. Non sembrava più il Kim Yesung di un tempo, glorioso, nel bel mezzo del periodo d'oro della sua carriera. Bello, deciso, con quel fascino misterioso che aleggiava attorno alla sua figura.

No, la persona che Siwon stava osservando era un'altra, totalmente diversa da quella che era abituato a vedere. Questo Kim Yesung era indeciso, debole e aveva paura: lo si leggeva in quello sguardo perso e nella sua voce flebile.

-Yesung... Cos'è successo?

-Io non ricordo nulla, Siwon...- era strano sentire di nuovo il suo nome pronunciato in quel modo da quella persona:

-Mi sono svegliato poche ore fa su una chiatta sul fiume... avevo un messaggio sul cellulare: prima di addormentarmi, avevo inviato a me stesso un sms con scritto il mio nome e la mia occupazione. Ho cancellato il messaggio e buttato il telefono perché... perché nel messaggio c'era scritto che avrei dovuto farlo. Poi ho trovato un post-it, dove avevo appuntato il tuo nome... e questo indirizzo.

-Perché sei venuto a cercarmi?

-I-io non lo so... non mi ricordo assolutamente niente.

-Niente, Yesung?

Il ventiduenne scosse il capo, abbassando appena la pistola. Siwon continuò a parlare:

-Yesung... sai che non ci vediamo più da due anni, vero?

L'altro, di nuovo, mosse appena il volto per negare.

Siwon prese un profondo respiro, prima di pronunciare quelle parole che aveva tentato di dimenticare, nei mesi precedenti, per poter andare avanti con la sua vita:

-Due anni fa, durante una missione, sei sparito nel nulla. Ti hanno cercato per mesi e mesi, fino a quando non sono riusciti a portare a termine ciò che tu avevi iniziato. Ciò nonostante, non sono riusciti a trovarti, Yesung...

Vide il ragazzo davanti a sé trattenere il fiato, mentre lui mormorava:

-Pensano tutti che tu sia morto.

 

 

 

Angolino dell'autrice.-

 

Ciao a tutti!

E' la prima long che mi azzardo a postare nei SuJu e, beh, in sostanza tutte le mie long parlano di ladri, spie e cose del genere, quindi è ormai chiaro che anche questa verte sui mondi dello spionaggio. Per ora non ho nulla da dire, è solamente il prologo, ma spero che vi siate incuriositi. ^^ E' una Wonye – amo questa coppia dall'alba dei tempi, non ci posso fare nulla – e in futuro ci saranno altri due (o tre) pairing, devo ancora delineare bene quella parte della storia. Aggiornerò a breve, in teoria entro lunedì. Mi farebbe piacere ricevere delle recensioni con i vostri pareri, giusto per sapere che non sto scrivendo spazzatura!

Perdonate evenutali errori di battitura: ho riletto, ma qualcosina sfugge sempre.

Alla prossima,

chu.--

Lara.

   
 
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