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Autore: Kukiness    27/12/2012    5 recensioni
Mentre stendeva i vestiti di Ben, si rese conto che l'odore della flanella umida misto a quello dell'ammorbidente le ricordava qualcosa.
Lisa si portò i lembi della camicia di Ben contro il naso e inspirò forte, ma il qualcosa se ne era già andato. Lo cercò per qualche secondo, il qualcosa divenne qualcuno, il qualcuno le fece sfarfallare lo stomaco, ma poi il contaminuti in cucina fece plin e lei non ci pensò più. Si asciugò le mani nella maglietta e tornò di là con una vecchia canzone rock in testa di cui non ricordava il titolo.
[Lisa/Dean]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Dean Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Ramble On


Ramble on,
And now's the time, the time is now
To sing my song.
Im goin round the world,
I got to find my girl, on my way.
Ive been this way ten years to the day, ramble on,
Gotta find the queen of all my dreams.

Led Zeppelin, Ramble On



Mentre stendeva i vestiti di Ben, si rese conto che l'odore della flanella umida misto a quello dell'ammorbidente le ricordava qualcosa.

Lisa si portò i lembi della camicia di Ben contro il naso e inspirò forte, ma il qualcosa se ne era già andato. Lo cercò per qualche secondo, il qualcosa divenne qualcuno, il qualcuno le fece sfarfallare lo stomaco, ma poi il contaminuti in cucina fece plin e lei non ci pensò più. Si asciugò le mani nella maglietta e tornò di là con una vecchia canzone rock in testa di cui non ricordava il titolo.

Il ritorno di Ben dal college per il Ringraziamento aveva riempito la casa vuota di vecchi odori nuovi. L'odore stantio delle sue vecchie scarpe da jogging. Il profumo di menta della canna di latta della schiuma da barba. Il vago accenno di tabacco sulle camicie e sulle t-shirt che lei non commentava.

Si infilò i guanti da forno che le aveva regalato la signora Mills, della porta accanto, quando l'anno prima lei e Ben si erano trasferiti lì, e tirò fuori dal forno quello che giudicò essere un polpettone dall'aspetto “decente”. Anche il profumo non era male, ma per qualche motivo l'odore della flanella umida le era rimasto impigliato nel naso e per un secondo, ma solo per un secondo, l'odore assomigliò di più a una voce. Scrollò le spalle e disse «Ben?» perché magari la voce era la sua.

Ben rispose con qualche istante di ritardo – tempo di sfilarsi le cuffie, probabilmente. «Eh?»

Lisa appoggiò il polpettone sul ripiano della cucina e si avvicinò alle scale. «Mangi a casa, stasera?» disse, col naso all'insù.

Ancora qualche secondo di ritardo. Lisa alzò gli occhi al cielo. «Non so, ma'. Pensavo tipo di mangiare una pizza con Mike. 'Spiace?»

«Figurati,» e mentre ritornava in cucina, a mezza bocca, «dopotutto sono solo tua madre che rivedi dopo sei mesi che te ne sei stato dall'altra parte del Paese, ma capisco che la pizza con Mike sia terribilmenteurgente

«Terrrrribilmente,» le fece il verso la voce di Ben, improvvisamente vicina. Lisa si girò e se lo trovò di fronte con un sorrisetto divertito che gli sollevava solo l'angolo sinistro della bocca, e una faccia da schiaffi che non sapeva dove avesse trovato – forse nello stesso negozio dove vendevano le camicie di flanella che gli piacevano tanto. La superava di una spanna da ormai un paio d'anni. «Eddai, ma'.» La avvolse tra le braccia senza smettere di sogghignare. «Una pizza. Velocissima. Saluto tutti, torno a casa e ci vediamo un film, huh?»

«Huh!» Lisa inarcò un sopracciglio e soffocò un sorriso contro la spalla di Ben. «Pago migliaia di dollari per farti prendere una laurea, e il massimo con cui te ne esci è “huh”? Cosa sei, una scimmia?»

«Una scimmia istruita.»

Lisa non poté fare a meno di ridere.

§*§

Aveva conosciuto Bill Morgan durante un barbecue dai vicini, circa sette mesi prima.

Carino, simpatico, un tipo a posto. Erano usciti per un paio di birre e lui l'aveva portata al cinema. L'aveva baciata sul vialetto d'ingresso come un adolescente. Aveva l'odore di un dopobarba costoso, le sue mani erano sempre pulite e indossava pullover un po' infeltriti – ma si sa, i single non conoscono l'uso dell'ammorbidente. Non era male, tutto sommato.

Arrivava sempre puntuale. Quella sera non fece eccezione. Si era appena chiusa l'orecchino dietro al lobo e il campanello fece drin drin driiin – aveva una sua scampanellata specifica, cosa che Lisa non trovava irritante, ma nemmeno entusiasmante. Andò alla porta e se lo trovò di fronte con la faccia carina, il pullover un po' infeltrito e il dopobarba costoso. E dei fiori.

«Sono contento che tu mi abbia chiamato,» le disse, mentre le baciava uno zigomo dopo averle lasciato i fiori in mano. «Non mi aspettavo la tua telefonata.»

Durante l'assenza di Ben, il suo profumo costoso e i suoi pullover leggermente infeltriti non erano mai riusciti a riempire la casa di odori nuovi, ma la sua presenza rendeva l'assenza di quelli vecchi – a cui si aggiungeva quello della flanella bagnata di tanto in tanto – vagamente più sopportabile.

«Ben all'ultimo momento ha deciso di uscire,» disse lei. La canzone rock di cui non si ricordava il nome le risuonava ancora nella testa. «Polpettone?»

§*§

Il giorno dopo avrebbe avuto lezione solo a partire dalle sei. Decise di approfittarne per fare qualche commissione.

L'odore di flanella bagnata l'accompagnò anche durante il giro alle poste e poi al supermercato. Si annusò le mani un paio di volte, nel dubbio di essersi lasciata addosso tracce di ammorbidente, ma c'era una nota amara di fondo, qualcosa che le ricordava vagamente la legna bruciata e il metallo, che non poteva essere ammorbidente. Nessuna traccia di dopobarba costoso.

Era una di quelle piccole crisi che Ben aveva soprannominato affettuosamente “Mamma Segugio”. Le succedeva tutte le volte che entrava in un'automobile con gli interni di pelle, o in una panetteria, e spesso le era capitato anche in officina o facendo semplicemente benzina al distributore. Si paralizzava e annusava l'aria.

Qualcosa.

Non sapeva nemmeno lei bene checosa, ma c'era qualcosa che le scampanellava in testa. L'odore della benzina. Quello dell'olio per motore. Il profumo dei sacchetti di carta dei fast-food. L'odore del cuoio e della pelle. Le accendevano qualcosa addosso, qualcosa che sentiva di aver conosciuto in qualche modo, ma di cui non ricordava il nome. Forse un posto che aveva visitato da piccola. La macchina di suo padre?

«Secondo me eri un camionista nella vita precedente,» le diceva sempre Ben, che se la rideva di gusto quando lei si passava sotto il naso la latta dell'olio prima di riempire il serbatoio. «O qualcosa del genere. Comunque non sei tanto normale.»

Puòdarsi. Avrebbe potuto andarle peggio.

Le porte automatiche del supermercato si schiusero con un sibilo e Lisa spinse il carrello lungo la corsia in linoleum mentre gli altoparlanti trasmettevano una melensa canzone pop su una ragazza mollata dal fidanzato che stracciava le polaroid. Nelle orecchie di Lisa risuonava ancora la vecchia canzone rock di cui non ricordava il nome, che in qualche modo aveva a che fare con la flanella, l'olio per motori e gli hamburger, ma non sapeva perché. La canticchiò a mezza bocca fino al reparto frigo.

Lasciò il carrello di fianco alla cassa ronzante del frigorifero e ci immerse le braccia alla ricerca di una confezione di yogurt alle noci. Era il gusto preferito di Ben. Ci rovistò dentro finché non ne trovò un pacco da quattro e sollevò la testa, in tempo per vedere il muso del suo carrello venire spinto senza tanti complimenti in avanti da qualcuno.

Spostò lo sguardo verso gli scaffali delle birre, dove un tizio con il fisico da boscaiolo e le gambe a U rovesciata, come se avesse cavalcato per tutta la vita, stava soppesando due confezioni da sei di birre di marche diverse. Aveva l'aria di uno che deve prendere una decisione molto difficile.

A Lisa venne in mente che il titolo della canzone era RambleOn dei Led Zeppelin.

E quel tizio era quello che sei anni prima aveva tamponato lei e Ben con la macchina.

§*§

L'odore di flanella bagnata le ricordava qualcosa. Un giorno di pioggia, forse, la macchina di suo padre, la macchina di suo padre?, no, ma certo che no, la macchina di qualcuno che durante un giorno di pioggia si era dimenticato di portarsi dietro l'ombrello – non si portava mai dietro l'ombrello – e si era infilato al posto di guida dicendo la prossima volta mi dovrò ricordare l'ombrello, ed era tutto bagnato, e tutto sorridente, e qualcosa

qualcosa

l'odore di flanella bagnata le ricordava qualcosa.

Si avvicinò all'uomo con le gambe a U rovesciata con la confezione di yogurt da quattro e gli toccò la spalla con la mano aperta mentre nella testa RambleOnsi spegneva nel nulla, la musica pop si spegneva nel nulla, il chiacchiericcio del supermercato si spegneva nel nulla. E disse «Salve» perché le sembrava educato farlo.

Lui si voltò irrigidendo le spalle come se si aspettasse di ricevere un pugno e quando si fu voltato Lisa sorrise, lui no, lui fece una strana smorfia tra il sorpreso e qualcos'altro, che a Lisa ricordò il dolore, come se il pugno glielo avesse dato davvero.

E poi disse «Salve» anche lui, ma in modo strano.

Lisa cercò di non spegnere il sorriso. «Si ricorda di me? Qualche anno fa lei mi ha tamponato con la macchina.» E poi, rendendosi conto della stranezza della frase, rise. «Suonava meglio nella mia testa.»

L'uomo la guardava ancora in modo strano. Sorrise anche lui, ma con un secondo di ritardo, tirando su solo l'angolo sinistro della bocca. «Sì, mi ricordo.» E ripeté, «Salve.»

«Che coincidenza, eh?» disse Lisa in fretta. «Cioè, dov'è successo l'incidente, nell'Indiana? Ed eccoci qui, in un altro stato, ad anni di distanza...» Lo guardò in faccia, quella faccia un po' squadrata con la linea della bocca per traverso, come se stesse mandando giù un groppo troppo grosso. «Ma forse la sto mettendo a disagio. Certo che la sto mettendo a disagio, che sciocca. È che quando l'ho vista, io...»

«No, no!» L'uomo rimise le birre sullo scaffale, entrambi i pacchi da sei, e scrollò forte la testa. «No, ma certo che no. Nessun disagio. Sono solo, uhm, sorpreso. Insomma, sì, la coincidenza...» Si passò una mano dietro alla nuca e alzò lo sguardo al soffitto. Indossava un giubbotto di pelle che sembrava non tenere caldo per niente e sotto una camicia di flanella e una t-shirt. Aveva l'odore umido della neve addosso, qualcosa che ricordava il metallo caldo e l'abitacolo di una vecchia auto.

«Dean,» disse Lisa mentre il nome le affiorava nella mente come un bastoncino a pelo dell'acqua. «Lei si chiama Dean, ricordo male?»

L'uomo che si chiamava Dean fece di nuovo la faccia dolorante e poi fece di sì con la testa. «E tu sei Lisa,» disse dopo un secondo di ritardo, a bassa voce.

Lisa si illuminò. «Esatto.»

«E Ben?» disse dopo un istante Dean, come se fosse una domanda che teneva in serbo in testa da un po'. «Cioè, se non mi ricordo male, tuo figlio si chiamava Ben, no?» aggiunse in fretta, dopo essersi schiarito la voce. «Lui come sta?»

«Oh, benissimo.» A nominare Ben, le tornò in mente lo yogurt che teneva in mano. Si avvicinò al carrello e ce lo buttò dentro. «È tornato dal college per il Ringraziamento proprio la settimana scorsa. Non sembra vero di averlo di nuovo a casa, non ha idea di quanta biancheria sporca produca...»

Dean abbozzò un secondo sorriso, meno storto del primo. «Va già al college, caspita.»

«Eh sì. Fa sentire vecchissimi, vero?»

«Già.»

Si sorrisero per qualche secondo di troppo. C'era qualcosa, in lui, l'odore umido della neve che portava addosso, il sorriso dispiaciuto, i vestiti spiegazzati di chi è rimasto troppo tempo seduto in macchina, e l'odore della macchina stessa, da vecchio abitacolo, cuoio e qualcosa, qualcosa, qualcos'altro.

«Tu, invece? Sei in città per lavoro o...»

Dean scostò lo sguardo. «Sssì. Per lavoro.» Si schiarì la voce, con un pugno contro la bocca. «Resterò qui un paio di giorni, tempo di... finire il mio, sai, lavoro, e poi probabilmente andrò a fare un altro, uhm, lavoro, altrove.» Aggrottò la fronte e guardò verso le casse.

«Oh,» disse lei, con l'idea del paio di giorni che le moriva nel cervello. E doveva esserle morto nel cervello anche l'odore di dopobarba costoso e di pullover infeltriti, perché aggiunse subito dopo, «Magari ti va di bere una birra insieme, una queste due sere che rimani qui... per lavoro.»

Dean riportò gli occhi su di lei e fece un gesto burrascoso con le sopracciglia, che poi Lisa archiviò come “doloroso” e poi lo corresse come “dolorante”.

«Non so se...» disse lui. «Cioè, non credo che... insomma.»

«Ma certo, avrai sicuramente le tue cose da fare, sei qui per lavoro,» si affrettò ad aggiungere Lisa, mentre il rifiuto che aveva letto in quell'espressione le metteva le radici nel petto. Si sforzò di sorridere. «Non ci avevo pensato. Poi c'è Ben a casa e io... Insomma, ci sono un sacco di cose da fare, e quindi...» Lasciò morire la frase un po' nella vergogna, e si sistemò di nuovo dietro al manubrio del carrello, come per creare una barriera fisica tra sé e quell'uomo che odorava della canzone rock di cui ora ricordava il nome. Sorrise e spinse il carrello verso le casse.

§*§

Era già nel parcheggio, con due borse della spesa gonfie come zucche, quando le venne in mente che cosa le ricordava l'odore della flanella bagnata.

«Lisa.»

Il suono del suo nome pronunciato in quel modo. O forse da quella voce. Quel modo e quella voce si sovrapposero nella sua testa, mentre si voltava verso un paio di gambe a U rovesciata. Dean era dietro di lei senza borse, con la giacca di pelle che non teneva caldo per niente, e l'espressione un po' dolorante, ma c'era da qualche parte, nascosta, un'ombra di gioia. Molto nascosta. Qualcosa che forse aveva a che fare con la canzone rock di cui ora ricordava il nome.

«Mi piacerebbe molto,» disse. «Mi piacere molto prendere una birra con te.»

Ramble On le riempì le orecchie e lei sorrise. L'odore di cose vecchie riempì un vuoto che non sapeva di avere e divenne nuovo.



 

   
 
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