Anime & Manga > Pokemon
Ricorda la storia  |       
Autore: Gozaru    27/12/2012    2 recensioni
[Sequel di "Dalla Centrale Elettrica, con una scossa"]
Capitolo Finale della Serie.
~
Chiaki e Shinichi tornano con l'ultima avventura che li vedrà come protagonisti.
Questa volta è richiesto il loro aiuto a Cinnabar Island dove Masaru avrà bisogno di loro.
Sullo sfondo della bellissima isola a sud di Kanto verrà rivelato il passato del giovane allenatore e tutta la strada che ha dovuto percorrere. Tutte le domande avranno finalmente risposta. Ciò che è sempre stato nascosto tornerà a galla con conseguenze disastrose.
Potrebbe essere la fine...
~
[Nella storia c'è un 'Bug Temporale' -se così posso definirlo. Rispetto al Videogioco ho invertito due avvenimenti]
[Storia Sospesa]
Attualmente sto lavorando ad una riscrittura dell'intera serie. Stay Tuned!
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Videogioco
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cap 1 Un passato alla Cannella ~

Capitolo 1
RITORNO A CASA


I capelli corvini al vento, lo sguardo all'infinito. Le braccia incrociate appoggiate sul parapetto. Ai suoi piedi un grosso borsone pieno di vestiti e cianfrusaglie. Ogni tanto sbuffa. Colpa mia per averlo incastrato in questa situazione, controvoglia.
Con in mano due bicchieri caldi, quasi ustionanti, mi avvicino. Gli allungo, davanti al naso, il suo caffè. Lui, quasi lo avessi svegliato da un sogno, si rianima e mi guarda, sorridendo poco convinto. Grazie, mi dice dandomi un piccolo bacio sulla guancia. Nonostante tutto non perde la sua dolcezza. Gli sorrido a mia volta.
«A che stavi pensando?» gli chiedo. Il suo volto perde per un attimo la sua lucentezza. Un ricordo triste e doloroso? Non importa, non posso chiederglielo in modo così diretto. Alza le spalle, riportando lo sguardo verso il mare davanti a noi. Le onde si infrangono contro la prua del battello. Manca ancora molto perché non ci sono isole all'orizzonte. Le sue iridi blu si perdono ancora nell'immensità davanti a noi. Al sole del mattino presto la sua figura risalta di più. «Te l'ho mai detto che sono nato a Cinnabar Island?» mi chiede. Faccio di No con la testa. Intuisce ma sembra non importargli. Non lo forzerei mai a parlare ma non ce n'è bisogno. Socchiude le labbra, sembra stia per parlare ma si ferma. Un grosso respiro. Solo allora decide di continuare, solo dopo aver soppesato ogni parola come se potessero cadergli addosso e schiacciarlo. «Sono andato via tanti anni fa» dice. Non tenta di affrettare il discorso: ora che l'ha cominciato vuole concluderlo una volta per tutte. «Pensavo di conoscere mia madre ma non era vero. Niente era vero». Abbassa lo sguardo mordendosi un labbro. Preoccupata, cerco di stringergli la mano. Non mi allontana, non mi scaccia. Si lascia consolare come un pulcino bagnato e rassegnato. «Ero confuso e arrabbiato. Sono passati tanti anni dalla mia partenza.» dice stringendo forte la mia mano. E finalmente torna a guardarmi. La sua profonda tristezza mina i suoi occhi. Capisco cosa intende dire. «Sai perché ti sto dicendo tutto questo?» cerca di abbozzare un sorriso, molto forzato. Ancora una volta agito la testa, non oso parlare per spezzare la sua confessione. Sorride, molto più rilassato. «Ti sto dicendo questo» e in un attimo di pausa intreccia le dita della mano con le mie «perché sono sicuro che tu sia la persona giusta. So che potrai aiutarmi». Imbarazzata, arrossisco. Le sue sono parole dolcissime. Il suo sorriso è finalmente tornato e lo Shinichi che ho sempre conosciuto riemerge dietro ad uno sguardo più sicuro di sé. Guarda le nostre mani e comincia ad accarezzare la mia con il pollice, dolcemente. Il suo tocco è delicato, perfetto. «Ci sarò sempre quando avrai bisogno di me». Non ho resistito. Ho dovuto dirglielo. Rialza lo sguardo e mi tira a sé. Mi abbraccia forte appoggiando la sua guancia contro la mia. Il suo corpo è caldo. Trema leggermente. È l'emozione? «Grazie» mi sussurra stringendomi forte. Grazie.

Il lungo viaggio volge al termine dopo circa sei ore di tragitto. Il battello, per quanto piccolo possa essere, risulta sproporzionato al porto di Cinnabar. Lì le imbarcazioni sono abituate a piccoli tragitti tra Pallet Town e Fuchsia City quindi non sono poi molto attrezzate; quelle del posto, almeno. Il grande vulcano che domina tutta l'isola sembra una grande montagna protettrice. La fetta di cielo ad esso annessa è percorsa da nuvole di passaggio. Non appena scendiamo dal battello, borse al seguito, la nostra attenzione è attratta verso l'alto. Quasi meccanicamente, guardiamo verso il cielo alla cima del vulcano, piatta e smussata dalle passate fuoriuscite di lava.
«Quasi mi mancava questa vista» ironizza Shinichi, al mio fianco. Si sistema la borsa sulle spalle e comincia a camminare, oltre il porto. A primo impatto mi stupisco ma poi ricordo la sua confessione: quella, d'altronde, era stata la sua casa; Shinichi deve ricordarsi di quei posti come se fossero le sue tasche, proprio come io conosco a menadito le strade di Vermilion. Inutile dire che ad una piccola isola equivale una piccola città. Le pendici del vulcano cominciano poco fuori il centro abitato. Una grossa villa, in lontananza, testimonia la ricchezza di un passato ormai abbandonato a sé stesso. Lì ormai non ci sono che pokèmon selvatici, accenna il mio compagno. Nemmeno lui  sa dirmi a chi era appartenuta.
Il Centro Pokèmon non è molto lontano dal porto. Il mare si estende davanti a noi, come a Casa mia. Però riesco comunque ad avvertire la differenza. Non c'è l'atmosfera della mia città, non ci sono persone che mi salutano ad ogni angolo e non c'è la vita frenetica di Vermilion. Non c'è nemmeno la mia palestra né Machisu che mi saluta da una finestra né tutti gli allievi che mi corrono incontro per non farmi portare carichi pesanti come la spesa. Mi guardo indietro, un'ultima volta. Niente nostalgia! Cerco di ricacciarla in fondo al mio cuore. Mi costringo a pensare che, nonostante tutto, quello è lo stesso mare che vedevo anche dalle finestre della palestra.
Shinichi si ferma davanti ad un cancelletto pieno di edera di un'altrettanto piccola casetta avvolta dal verde. Il giardino poco curato e una persiana mancante potrebbero far presagire una mancata cura delle apparenze. Delle luci, all'interno, testimoniano la vita in quelle quattro mura. Non c'è il campanello ma né io né il mio compagno osiamo farci avanti per bussare alla porta. Sicuramente non sarò io a fare la prima mossa. Lo guardo: gli occhi blu puntati verso una piccola finestrella. Sta ripensando al passato? Ho paura ad interrompere i suoi pensieri ma non posso far altro, vedendo il suo viso corrucciarsi.
 
«È casa tua?» gli chiedo, quasi sussurrando. Non sembra risvegliarsi da qualche trance. Si gira verso di me, appena mi sorride. Era.
Finalmente si decide. Apre il cancelletto. Questo cigola mentre noi approfittiamo del suo movimento. Prendendo una maniglia che nemmeno pesavo potesse avere, il mio compagno lo richiude alle mie spalle. Però, dalla mia posizione non mi muovo. Lascio che mi superi e che raggiunga la porta. Ho paura ad intromettermi, come se potesse esserci un lato di Shinichi che non mi ha mai mostrato.
La sua mano esita prima di bussare. Rimane per un paio di secondi alzata per poi abbattersi sulla porta. Un suono cupo, tetro. Dei passi all'interno si accavallano. Non possono appartenere ad una sola persona.
Shinichi, davanti a me, abbassa la testa e mi lancia uno sguardo ansioso con la coda dell'occhio. Le mani lungo i fianchi sono immobili, non oso muovere un passo in avanti.
Il rumore di una chiave nella toppa e il cigolio dei cardini. Si apre di poco, abbastanza per una persona. Io, però, non riesco a vedere: la schiena del ragazzo mi copre la visuale. Non vedo ma sento.
«Ah. Sei tu.» una voce stridula quanto il tono acido. Corrugo la fronte, pronta a sentire ed eventualmente ribattere qualche insulto verso il ragazzo. Ma prima di rendermene conto la situazione cambia.
Un
«Shinichi! Sei tornato!» distrugge la tensione nell'aria, tagliando di netto un freddo del mio compagno. Due braccia gli avvolgono il collo e un viso giovane e bello compare da dietro la sua spalla. La ragazza ha gli occhi chiusi, non si accorge di me. I lunghi capelli biondi ricadono attorno alle spalle nude. Senza volerlo, strabuzzo gli occhi, vacillo. E questa chi è? Perché non si stacca?
Lo coccola come fosse un pupazzo.
«Finalmente!» gli grida nelle orecchie. Lui, ovviamente imbarazzato, ridacchia e cerca di staccarla da sé. Almeno, è quello che dovrebbe fare. Le sue braccia si muovono ma non capisco quello che ha intenzione di fare.
«Che sei venuto a fare qui?» gli chiede la stessa voce pungente. Ora riesco a vedere una donna magra, un paio di occhiali che pendono dal collo, i capelli in una crocchia scura. Non è vecchia ma dimostra sicuramente più anni di quelli che dovrebbe avere in realtà.
«Una richiesta» dice, quasi apatico. Si toglie finalmente di dosso la ragazza che, ora vista di fianco a lui, mi sembra fin troppo attraente per stargli così vicino e si gira verso di me. Sorpresa con i pugni stretti lungo il corpo e il viso corrucciato, tento di darmi una certa compostezza. «da un suo amico.» conclude, secco. La bionda mi guarda, leggermente irritata. Il tipico sguardo di chi pensa tu sia il terzo incomodo.
Dopo un gelido susseguirsi di sguardi, la donna ci fa entrare. La casa sembra molto più grande dall'interno. Ci porta in una grossa cucina e ci fa accomodare al tavolo. Shinichi comincia il suo racconto.
Già, durante il viaggio me n'ero completamente dimenticata, felice com'ero di stare con lui.
Mi fa tirare fuori una lettera dallo zaino. 
È leggermente spiegazzata ma tenuta con gran cura. Sulla busta c'è l'indirizzo della palestra di Vermilion, cosa che salta subito all'occhio delle due donne. Incuriosite e piuttosto scettiche mi guardano. Ancora uno di quegli sguardi cristallini in cui posso leggere Questa? In una palestra pokèmon?
Fortunatamente Shinichi riprende il discorso distraendo la loro attenzione da me. Non permette alle due di leggerla ma chiede loro solo riparo. La donna, allora, si alza e va alla finestra, la stessa a cui manca una persiana. Guarda fuori, sta valutando la situazione. La ragazza, invece, è molto più decisa: vuole il ragazzo lì ed il motivo è più che lampante.
«Non lo so» dice schiettamente la donna. Finalmente si rigira. La sua decisione l'ha presa, lo si legge nei suoi occhi. «Questo suo amico? E questa ragazza? Cos'hai intenzione di fare?» comincia a chiedere a raffica. Lui, per niente sorpreso da questo cambio di loquacità, risponde a tutte le domande. «Aiuterò tutti» il suo sguardo deciso non ammette né repliche né consigli. «E poi? Che farai, dopo?» per la prima volta la donna mostra un sentimento: preoccupazione. Delle rughe d'espressione segnano la fronte di lei facendola sembrare di più una madre. Shinichi scuote la testa. A stento trattiene una risata. «Non tornerò qui, se è quello che speri». È freddo, quasi cattivo. Ma il suo passato, d'altronde, non lo conosco.
«Perchè? Perchè non puoi restare?» comincia a urlare la ragazza. «Per favore, Yukino...» cerca di zittirla. Finalmente noto un comportamente leggermente repellente nei confronti della ragazza che va in giro in pantaloncini corti e canottiera troppo scollata per i miei gusti. In tutti i modi cerco di trattenermi dal sembrare soddisfatta ma le labbra, di poco, si arricciano da sole. La ragazza mi guarda malissimo e si avvicina al ragazzo. Alza il braccio e mi punta contro l'indice. «È colpa sua, vero!?» chiede. Si direbbe furiosa ma non mi lascio certo intimidire. Alzo un sopracciglio. Come scusa?! le faccio intendere ma lei non rimangia le sue parole. Mi provoca apertamente ma prima ch'io possa far qualcosa, Shinichi agisce in mia difesa. Le afferra il braccio e glielo tira giù a forza. «Non osare» la fredda con lo sguardo. La situazione precipita velocemente.
La donna, ancora accanto alla finestra, grida il nome del ragazzo che, in un attimo, sembra tornare sé stesso. Lascia il braccio alla bionda e si gira a guardarmi. Lo sguardo basso, tenta di scusarsi. Mi fa segno con la testa di alzarmi. Raccoglie le sue cose e con passo lento esce dalla stanza non senza avermi preso per mano e condotta fuori. Mi giro qualche istante, il tempo per accennare un Grazie lo stesso con la testa alle due nella stanza.

«Mi dispiace...» si scusa Shinichi. Con questa a che quota siamo? 63 o 64? Ho perso il conto dopo la ventina.
Rifiutata la richiesta d'alloggio non ci rimane che chiedere una stanza al Centro Pokèmon ed è lì che ci stiamo dirigendo. Ci costerà parecchio rimanere lì per chissà quanto; questa è la prima preoccupazione, senza contare la lettera.
È ancora tra le mie dita; non riesco a riporla nello zaino. Porta con sé troppi pensieri...

«Aki!» mi chiamò Machisu. La sua voce risuonò nei corridoi della Palestra. «Aki! È arrivata una lettera per te!». Mi consegnò una busta affrancata e leggermente sgualcita. Il mio indirizzo scritto sul retro; la calligrafia di Masaru. Mi preoccupai subito dal momento che il ragazzo non mi aveva praticamente mai scritto lettere. La aprii subito, velocemente, strappandone leggermente un bordo. Shinichi accorse subito al mio fianco e Machisu seguì il suo esempio, preoccupati dalla foga con cui stavo quasi rompendo il foglio.
Purtroppo dentro non trovai che un misero foglio. La calligrafia di Masaru era molto piccola e concentrata. In quelle righe poteva aver scritto di tutto.
"Cara Chiaki," cominciai a leggere.
Avevo deciso di prendermi un periodo di pausa dal Dojo e dalle sue faccende. Ho pensato che Cinnabar Island potesse essere un buon luogo per loro e non mi sono sbagliato. L'isola è davvero bella ma da quando ho messo piede qui ho avvertito una strana sensazione. Il Mare è in costante subbuglio, la Terra instabile e il vulcano minaccioso. All'inizio ho pensato di ignorare questo presentimento ma ho sbagliato.
Sono qui da ormai una settimana e la situazione è precipitata. Lo sento, lo avverto sulla pelle e lo stesso Vulpix e Scyther. Ho paura. So che non crederai a quello che dico ma ho paura.
Purtroppo non posso, non riesco a tornare a casa. È brutto doverti chiedere aiuto ma da solo non credo di poter far niente.
Spero di esserci ancora quando arriverai.
Sta attenta.
Masaru"

I due, alle mie spalle, lessero con me. Inutile dire quanto mi preoccupai ulteriormente dopo la lettura. Non riuscii a credere a ciò che avevo davanti. La rilessi più volte e, continuamente, la verità si spiaccicava sul mio volto, ricoprendomi.
Non c'era tempo da perdere. Guardai Machisu e Shinichi. Entrambi mi diedero il loro appoggio. Il capopalestra, però, non sarebbe potuto partire; si limitò a procurarci una nave che potesse andare diretta a Cinnabar senza scali e senza interruzioni di alcun genere. Purtroppo per noi, il battello in questione sarebbe dovuto prima arrivare dalla suddetta isola e poi tornare indietro. La partenza fu quindi fissata a tre giorni dall'arrivo della lettera.
Mentre stavo preparando le mie cose, pensando bene a cosa mi sarebbe servito e cosa no, Machisu entrò in camera mia. Bussò sullo stipite della porta, attirando la mia attenzione. Subito gli rivolsi lo sguardo.
«Tutto ok?» gli chiesi. Lui annuì, avanzando verso di me. Mi strinse forte al suo petto muscoloso. Era passato ormai un anno dalla faccenda della Centrale ma ancora non si sentiva tranquillo. Certo, l'appello di Masaru non aiutava certamente. Entrambi sapevamo che un ragazzo come lui non avrebbe mai chiesto aiuto così apertamente quindi qualcosa doveva essere successo. Non potevo certo lasciarlo in balia degli eventi, no? Potevo solo raggiungerlo e fare del mio meglio.
«Se dovesse succederti qualcosa, va da Katsura (Blaine). Fa il mio nome» mi sussurrò nell'orecchio. Katsura? Il capopalestra di Cinnabar? Sentii la mano di Machisu scorrere sul mio corpo, una lettera sotto di essa, fine, venne infilata in una delle mie tasche.«Una raccomandazione; se così posso definirla».
Mi lasciò andare, tenendomi per le spalle. Il volto bruciato dal sole sbocciò in un sorriso.
«Mi raccomando, torna sana e salva, questa volta!»

«Aspetta, Shin!» lo chiamo. Lui, pochi passi avanti a me, si ferma e si gira a guardarmi. Che c'è? mi chiede. Grido il nome del capopalestra dell'isola. Lo sguardo del mio compagno si fa sempre più confuso; non capisce. Ripeto ancora quel nome, nel caso non l'avesse capito. «Machi ha detto che potrebbe ospitarci, se diciamo che vengo da una palestra!». Strabuzza gli occhi. «Non credo...» comincia a smontarmi «Perchè mai Katsura dovrebbe crederci?». Sorrido contenta che me l'abbia chiesto. «Ho una lettera di Machisu» gli dico, senza fargliela vedere, convinta di averla nello zaino.
E invece mi sbaglio, e alla grande. Davanti alla porta della palestra mi riduco a rovistare nel mio zaino senza successo. La lettera del mio capopalestra non si trova. Mi dispero, tiro anche qualche insulto ma niente mi può aiutare a trovarla. Mi lascio andare, delusa e affranta. Purtroppo Shinichi ha avuto ragione, ancora una volta. Non ci resta che il Centro Pokèmon.

Intanto, a Vermilion City...

Sbuffa, Machisu. Si sente così solo tra le mura della sua palestra. Gli allievi lo evitano, preoccupati tanto per lui quando per la loro incolumità. L'ultima volta che l'espressione dell'uomo rasentava la preoccupazione era stato l'anno prima alla partenza della ragazza e questa volta... Inutile dire che questa situazione è molto più grave; nettamente peggiore: lo si legge senza fatica negli occhi di lui.
Si intrufola nella camera della ragazza, partita quella mattina. Ha lasciato tutto in ordine, lei, per non costringerlo a faticare più del dovuto. I vestiti dei giorno prima sono abbandonati ai piedi del letto, un po' spiegazzati.
Saranno sporchi, pensa lui, così decide di caricarseli per portarli nella lavanderia. Ed ecco che, non appena alza i pantaloni, scivola fuori una lettera. La sua lettera.
Non ci crede; non vuole crederci. Si china a raccoglierla per averne la certezza. Scuote la testa, incredulo.
Ridacchia per non piangere.
Quella stupida...

«Tornerò a supplicarla» mi dice mentre ci dirigiamo al Centro Pokèmon dell'isola. Si direbbe convinto ma non lo è sicuramente. Aspetta forse che io glielo impedisca? Lo guardo e lui guarda me. Non voglio che vada contro le sue idee per me. «Dobbiamo trovare Masaru» gli ricordo; mi ricordo. Perchè non abbiamo fatto sei ore di viaggio solo per essere presi a calci da una vecchia conoscenza di Shinichi e vagare per l'isola. «Lo so» mi dice «ma abbiamo bisogno di un posto dove lasciare le cose». E non ha tutti i torti. Ma quella ricerca non è poi tanto urgente, contando che al Centro delle camere ci sono sempre. Probabilmente vorrà parlare da solo con le due donne; e chi sono io per impedirlo?
«Sei sicuro?» gli chiedo, ansiosa. Non voglio che se ne esca di nuovo da quella casa con le orecchie basse. Ma annuisce, convinto. Sbuffo. Come vuoi tu.
E così ci separiamo. Se dovessero esserci sviluppi, mi chiamerà con il PokèGear. Sapete, me ne ha regalato uno al suo ritorno da Johto. Non sono esattamente pratica di questi aggeggi ma una comunicazione so avviarla. Spero.

Passato tutto il pomeriggio a girovagare nei dintorni del porto, ho raccolto solo poche informazioni. Purtroppo l'unica foto che ho di Masaru risale a qualche anno fa; nonostante tutto qualche marinaio o abitante afferma di averlo visto sull'isola per tutta la settimana senza però sapere dove possa essere al momento.
Torno ancora al Centro Pokèmon per riprendere le mie cose. L'infermiera mi saluta gentilmente; il suo sorriso è così 'lucente' che quasi mi riprendo. Vorrei tanto che uno di quei grossi e cicciosi Chansey mi prendesse e mi mettesse in uno di quei macchinari miracolosi che fanno riprendere i pokèmon. Giusto, già che sono lì, ne approfitto. Le affido le mie tre pokèball e mi siedo su una delle poltroncine, di fianco ad un giovane allenatore; la foto di Masaru sempre stretta tra le dita.
Mi stiracchio tutta come un gatto che si è appena svegliato con l'unica differenza che di energie non ne ho più e il mio corpo sembra molto più goffo e meno aggraziato.
Mi appisolo sul posto, distrutta. Chiudo gli occhi solo per cinque secondi, e invece...
La mano del giovane vicino a me mi riporta alla realtà. 
«Il tuo Pokègear...»
Con un'imbarazzante bavetta che esce dalla bocca mi riprendo, cerco di tirar fuori dalle tasche l'aggeggio che non avevo sentito suonare e, dopo essermi spostata una ciocca di capelli dietro l'orecchio, leggo il messaggio che Shinichi mi ha mandato.
Alloggio trovato. Ci vediamo al Centro!
Sorrido, inebetita. Bene, così non mi tocca camminare di più, penso. E quando penso che, finalmente, le figure di palta per quel giorno sono finite, ecco che un'altra piomba giù, inaspettata.
«Ehi!» mi fa il ragazzo vicino a me. Sobbalzo, come se un Growlithe mi avesse morso una chiappa, gridando anche. Questo mi guarda come se fossi una pazza da compatire mentre mi giro nella sua direzione. Sì? cerco un minimo di contegno e decenza, decisamente persi nel giro di un secondo. Alza la foto di Masaru che tiene tra le dita. Deve essermi caduta nella foga del risveglio.
«Lo stai cercando?» mi chiede. Annuisco, leggermente speranzosa. Sì, sì, giovane sbarbatello privo di tatto! 
«Io l'ho visto. Era nei pressi della Palestra, qualche giorno fa.»
Il mio visto s'illumina di felicità. Finalmente una pista!




[Finalmente mi sono rimessa in carreggiata, riprendendo finalmente il fandom dei Pokèmon! Purtroppo l'ultima storia che stavo scrivendo non me l'ha cagata nessuno così rimane sospesa.

E così... Tornano Shinichi e  Chiaki nella loro ultima e mirabolante avventura (?!).
Mi dispiace di aver scritto così tanto ma anche così poco.
Come avevo già annunciato da qualche parte, questo 'capitolo conclusivo' farà luce sul passato di Shinichi e tirerà un po' fuori dall'ombra Masaru.
Non vi dico altro, altrimenti vi rovino tutta la sorpresa!
(Oh, il nome della bionda è stato scelto in un brainstorming con un amico apposta per lei. Ci sembrava abbastanza zoccoloso. Love Ya, zoccolina!)

Oh, note finalissime!
Purtroppo la prima storia l'ho scritta che ero ancora... nuova ed inesperta.
Vorrei dedicare non il capitolo ma quest'intera storia a tre ragazze: Oblakom, LenKiyomasa e Konny_
Diciamo che sono le mie PokèPreferite!
Grazie a loro che, qualunque cosa io abbia scritto, c'erano!
Tanti Pandori a voi!
E... Ho deciso di pubblicarla un po' prima così Konny non si dispera troppo per la sua!]
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Gozaru