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Autore: RubyChubb    13/07/2007    2 recensioni
Siamo un po' in là nel futuro: i Tokio Hotel sono in crisi, la stampa se li mangia a colazione, il loro quinto album è in alto mare... e se la soluzione fosse prendersi un giorno libero dalla propria vita?
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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akjsdfklaj Oh gesù cosa ci si inventa per scrivere queste fanfic!
Sono partita dalla supposizione che il gruppo stia per pubblicare il loro quinto album.... siamo un po' nel futuro!  Speriamo che questa fic vi piaccia, non è il massimo dell'originalità, ce ne sono altre simili, o della bellezza. Solo che avevo voglia di scrivere ancora e che c'è un odore di vacanze nell'aria...  non volevo scrivere niente di impegnativo, già il mio cervello è concentrato 24h su 24 sull'ultimo esame della sessione estiva... ho bisogno di un diversivo!!!!
PS: i personaggi non mi appartengono e questa non è una rappresentazione veritiera della realtà. ogni riferimento a fatti, cose, persone realmente esistenti è puramente casuale!!! Se c'è qualcosa di sbagliato nel titolo ditemelo, sono insicura sul from... e cmq significa 'vuoi prendere un giorno di vacanza dalla tua vita?'
Come primo capitolo non è un gran che, ma spero di rendere più divertenti i prossimi! Non ho ancora in mente una destinazione precisa degli avvenimenti, ma sicuramente sarà qualcosa di divertente!

Ringrazio tutti quelli che leggeranno questa fic e che postanno un commento... e anche quelli che non lo faranno o che mi insulteranno XD




WANNA TAKE A DAY OFF FROM YOUR LIFE?




Aprì gli occhi, stava dormendo da non sapeva quante ore. Mise a fuoco lentamente, la luce del sole gli dava molto fastidio. Vide un paesaggio a lui sconosciuto, un insieme di colori estivi, giallo, verde chiaro, verde scuro. Un campo pieno di girasoli raggianti. Un altro coperto di alberi, Uno con sola erba.
"Dove siamo?", chiese.
"Quasi arrivati... siamo in mezzo al niente....", gli rispose una voce vicina a lui.
"Mmmm....", rispose lui e si rimise a dormire.
L'altro si voltò e parlò con colui che stava seduto alle sue spalle, che stava giocando con un videogioco portatile.
"Ci credi che dorme da quando abbiamo passato il confine?", gli disse.
"Non mi stupisco affatto. Sembra in letargo. Secondo te dove ha messo le scorte per l'inverno... Si!", esclamò, sconfiggendo il nemico di turno.
L'altro si voltò scuotendo la testa e si infilò le cuffie dell'i-pod. Tra poco sarebbero arrivati a destinazione. Un mese in isolamento, dovevano concentrarsi e scrivere nuove canzoni. Non li avrebbe trovati nessuno, in mezzo a quella campagna, fuori dal loro paese d'origine. Non dovevano nemmeno allontanarsi da lì per incidere, chi li ospitava era stato così gentile da adibire un interno appartamento a studio di registrazione.
"Che schifo di posto... secondo me non ci verranno a riprendere più.", disse un'altra voce.
"Già...", rispose l'altro, leggendogli le labbra.




Una buca più profonda fece sobbalzare il minibus su cui si trovavano. La strada su cui viaggiavano aveva iniziato ad essere sterrata, piena di falle e strettissima. Ecco la via dell'inferno, pensò uno di loro. Già l'idea di trasferirsi in mezzo al niente assoluto non piaceva a nessuno di loro. Se poi a quella ci si univa anche il fatto che ultimamente non si sopportavano più di tanto...
I giornali, negli ultimi tempi, avevano iniziato a spalare quintali di letame sul gruppo: si stavano per sciogliere? Avrebbero fatto un nuovo album? I due fratelli si odiavano? Litigi continui? eccetera eccetera. Insomma, un calo di popolarità mediatico aveva investito uno dei gruppi rivelazione della Germania del nuovo millennio; la domanda sulla bocca di tutti era: i Tokio Hotel erano sull'orlo del fallimento... o no?
Un paio di volte ci erano andati vicini, la pressione mediatica può lacerare anche i rapporti più solidi dell'acciaio. La stampa era come la goccia d'acqua che passa per una minuscola falla nella diga: l'imponente muro di cemento resisteva ma sarebbe prima o poi arrivato il momento in cui tutto sarebbe crollato. La stanchezza, la vita pubblica, le false accuse avevano minato il rapporto tra i quattro ragazzi, oramai tutti più che ventenni.
La voglia di intraprendere strade diverse aveva contribuito a questa situazione instabile: c'era chi preferiva uno stile più hard rock, c'era chi voleva rimanere su melodie pop-rock... insomma, stavano sorgendo interessi inconciliabili che presto avrebbero potuto portare anche alla rottura.
Il loro manager storico consigliò a tutti e quattro di allontanarsi da tutto e tutti, di starsere un periodo nè troppo lungo nè troppo lungo al di fuori della loro vita pubblica e magari riuscire a buttare giù qualche canzone per il loro nuovo ed imminente album, che tutte le loro fans attendevano da più di un anno. Un posto ideale sarebbe stata la campagna, diceva l'uomo, il contatto con l'aria pulita avrebbe aiutato l'immaginazione del gruppo. La lontananza da distrazioni inutili avrebbe aiutato il tutto: la riconciliazione, l'ispirazione, il ritorno a nuovo splendore dei Tokio Hotel.
Così, inaspettatamente e all'insaputa della stampa, i quattro avevano impacchettato i loro averi e si erano trasferiti su un minibus, che li avrebbe portati direttamente in Italia. Qua il pubblico li conosceva abbastanza bene, ma non erano popolari come in altri paesi, quali la Francia o l'Europa dell'est. Erano famosi ma si sarebbero confusi nella massa.
Un'altra buca fece saltare il minibus.
"Ma cos'è 'sta strada? Non c'è modo di evitare le buche?", protestò Georg.
L'autista non rispose, altrimenti avrebbe ucciso quei quattro ragazzi. Aveva subito i loro pianti isterici da quasi un giorno e non li sopportava più. Ogni qualvolta c'era da lamentarsi, quelli lo facevano: c'è troppo caldo, c'è troppo freddo, quanto ci manca, non puoi andare più veloce... Ma siccome era ben pagato e non voleva perdersi lo stipendio, stava zitto e continuava a guidare. Tra cinque minuti li avrebbe scaricati e se ne sarebbe tornato a casa, li avrebbe rivisti tra un mese.
Il ragazzo, ignorato dall'uomo, si rimise a sedere sbuffando. Fuori, la temperatura era abbastanza alta: era solo giugno ma i gradi erano intorno ai trenta. Il minibus si fermò davanti ad un cancello chiuso e l'autista suonò il clacson. Quasi istantaneamente questo si aprì, lasciando lo spazio libero per il passaggio. L'uomo fermò il mezzo e disse ai ragazzi che erano arrivati.
Gustav scese per primo, doveva sgranchirsi le gambe, erano seduti da almeno quattro ore di fila e non si sentiva più il fondoschiena. Respirò a pieni polmoni l'aria pura della campagna toscana, si stiracchiò e sbadigliò sonoramente.
"Che caldo terribile che fa, sembra di essere in un deserto!", disse Bill, che era sceso per ultimo.
"Ci credo, sei vestito di nero! Farai una sauna.", gli rispose Gustav.
"Però... è davvero un bel posto...", disse Tom, guardandosi intorno.
Davanti a loro c'erano diverse costruzioni coloniche finemente ristrutturate, circondate da un giardino all'inglese e da piccole aiuole fiorite, delimitate da pietre bianche che riflettevano luccicanti i raggi del sole. Il panorama era qualcosa di favoloso, ma anche deprimente: solo altri campi, solo altri casolari sparsi qua e là, il niente totale. Ma già dall'inizio si diffuse nel gruppo un senso di pace interiore che avevano percepito troppe poche volte negli ultimi tempi.
"Speriamo che almeno i cellulari funzionino...", disse tirando fuori il suo, "Cazzo! Non c'è linea!"
"Merda!", esclamò Bill, che aveva fatto la medesima scoperta del fratello.
"E adesso?"
"Adesso me ne vado. Ci vediamo tra un mese...", disse l'autista, che in un batter d'occhio aveva scaricato le loro valige dal bus.
I quattro, soli con le loro valige, cercarono qualcuno che li accogliesse... e che prendesse anche i loro pesanti bagagli. Quelle casettine di mattoni e pietre sembravano disabitate e il silenzio più assoluto era rotto solo dal cantare solitario delle cicale...
"Andiamo a trovare qualcuno...", disse Gustav, che non vedeva l'ora di sistemare le sue cose e rilassarsi sotto il sole.
Insieme agli altri esplorarono la proprietà che li avrebbe ospitati per un mese: era composta da almeno una decina di quelle case singole con giardino, alcune di queste avevano anche una piccola piscina sul retro che entusiarmò molto i ragazzi. Almeno quello era un segno di vita civile, in un posto dove non c'era nemmeno linea per i cellulari!
"Mi sembra di sentire qualcosa....", disse Tom.
"Si, volevo dirlo giusto io... sembra provenire dal retro di quel casolare là in fondo...", disse Georg, indicando una costruzione, alla fine della strada che stavano percorrendo, che aveva l'aspetto tipico di tutte le case di campagna.
I quattro si affrettarono, ma una volta avvicinati alla casa non trovarono comunque traccia di anima viva, tranne che di uno stereo tenuto a volume troppo alto.
"Viene dal retro.", disse Bill, mettendosi alla testa del gruppo.
Una volta aggirato il casolare, videro almeno una ventina di persone intente a sistemare tavoli, sedie, tovaglie e molte altre cose su un grande spiazzo con vista su una piscina immensa. A destra c'era un palco dove dei ragazzi stavano accordando i loro strumenti e tutti sembravano occupati a fare qualcosa.
"Secondo voi cosa sta succedendo?", chiese Gustav.
"Beh... sembrerebbe che siamo gli unici senza occupazione."
Videro una ragazza montare sul palco, prendere un microfono, mentre tutti si fermavano per ascoltarl: disse qualcosa e tutti iniziarono ad applaudire, fischiare e a gridare. Poi, come se non fosse successo niente, ognuno riprese la sua mansione.
"Chissà cosa avrà detto, ma sembra il capo, andiamo da lei.", disse Georg.
Le si avvicinarono mentre parlava con uno dei ragazzi sul palco.
"Scusa, sei tu il capo qui?", le chiese Georg, in inglese.
"Si, sono io. Voi chi siete?", rispose lei, nella stessa lingua.
"Ehm... siamo i ragazzi che starano qui il prossimo mese..."
"Ah! Siete i ragazzi tedeschi!", fece lei, "Benvenuti, scusate la confusione, ma stiamo preparando una festa!"
"Una festa?", disse Tom, al quale si illuminarono gli occhi.
"Si, per un matrimonio, niente di che, spero che non vi daremo fastidio con la confusione e tutto..."
"Beh, se ci inviti non ci saranno problemi!", disse il ragazzo.
"Venite, vi accompagno al vostro appartamento. I vostri bagagli dove sono?", fece, vedendo che non avevano niente con sè.
"Sono all'entrata, non abbiamo visto nessuno e siamo venuti a cercare qualcuno che ci aiutasse. E' un bel po' di roba!", disse Gustav.
"Mi dispiace, sono davvero mortificata! Queste cose non succedono di solito, ma siamo talmente tanto indaffarati! Manderò subito qualcuno a portarveli. Ora seguitemi, il vostro appartamento è in quella direzione.", disse, indicando loro una strada che partiva alle loro spalle e che seguiva l'andamento pendente del fiano della collina dove loro si trovavano.
Preceduti da lei, si incamminarono. A un centinaio di metri più giù rispetto alla loro posizione c'era un casolare isolato, molto grande, di due piani, anch'esso circondato da un basso prato verde e da cespugli perfettamente sferici, con a fianco un edificio più piccolo.
"Avrete una stanza per ognuno di voi, ci sono tre bagni, una cucina spaziosa e nella piccola casa accanto abbiamo realizzato il vostro studio di registrazione. Non è un granchè, è molto piccolo, ma spero che sia abbastanza funzionale o cercheremo di migliorarlo. Avete anche una piscina privata tutta per voi, il frigorifero è pieno ma se c'è qualcosa che vi piace in più fatemelo sapere, ve lo farò avere. Queste sono le chiavi: doppia copia, fatene buono uso!", disse lei, dandone un paio  al Gustav, che le camminava accanto.
Con l'altro, la ragazza aprì il portone del casolare: i ragazzi, a vedere dall'esterno, benchè finemente ristrutturato, pensavano di trovare un arredamento in stile rustico o comunque antico. Invece furono sopresi: i muri lasciati in parte a pietra visibile si intonavano perfettamente con l'arredamento moderno della casa. Il salotto era grande, con due grandi divani rossi in mezzo posti di fronte ad uno schermo al plasma di ultima generazione. A lato, un separè fatto con canne di bambù delimitava la cucina, di un tono arancione acceso che rendeva il tutto più luminoso. Non c'erano vere e proprie finestre ma grandi aperture sul muro, dove i mattoni sembravano incastrati come in un puzzle schematico e regolare. Delle grandi tende di velluto scuro erano legate ai lati di queste aperture.
"Ecco, questo è il vostro appartamento. Al piano di sopra troverete le camere. Spero che vi piaccia."
"Certo... wow, questo schermo è eccezionale!", disse Tom.
"Che sbadata, non mi sono ancora presentata!", disse lei, dandosi una pacca sulla fronte, "Io mi chiamo Noemi, ma per tutti sono Emi, oppure Memi, Memo, insomma, tutti mi chiamano come vogliono!"
Gli altri ragazzi si presentarono uno per volta.
"Bene, molto piacere. Troverete tutte le istruzioni per usare casa, impianto elettrico e hi-fi nel quaderno che troverete sul tavolo della cucina. Mi dispiace lasciarvi ma ora devo tornare dagli altri, oppure combineranno un guaio pazzesco! Potete fare un salto quando volete alla festa, non vi preoccupate! A dopo!", disse lei, lasciandoli nella loro casa.

Tom si sedette sul divano, sprofondando nella comodità dei grossi cuscini. Bill salì al piano di sopra insieme agli altri, curiosi di vedere le loro camere.
Ognuna delle stanze era di un diverso colore ma si manteneva in riga con lo stile moderno del resto della casa: Gustav scelse quella arredata in tutte le tonalità del blu, Georg quella in verde, Bill quella in arancione, lasciando a suo fratello quella rossa. Anche i bagni erano spaziosi quasi quanto una stanza normale, tutti con doccia e vasca idromassaggio.
"Chissà quanto cosa una settimana in questo agriturismo... secondo me David sta facendo spendere un occhio della testa alla casa discografica!", disse Georg, mentre tornavano al piano di sotto.
"Già... sembra di lusso. Hai visto gli altri appartamenti? Quasi tutti avevano una piscina privata... e poi quella al casolare centrale! Visto quanto era grossa?", disse Gustav.
"Secondo me staremo da favola!", disse Bill, "Il panorama è stupendo!"
"Ma siamo in mezzo al niente, ci romperemo le scatole a mille!", disse Tom, "Il paese più vicino dista almeno cento chilometri, non sembra nemmeno di essere in Europa!"
"Dai, vedrai che ce la passeremo bene... dobbiamo in ogni caso... c'è un gruppo da rimettere in sesto...", disse Bill.













   
 
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