Anime & Manga > Natsume Yuujinchou
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Autore: hapworth    27/12/2012    0 recensioni
«Capisco…» un sussurro, prima che lo guardasse dritto negli occhi, un sorriso – che con il tempo avrebbe identificato come ironico – sul suo viso pallido e la maschera che, lentamente, tornava al suo posto, sul suo volto sfuocato. Neppure si era accorto che l’aveva sollevata davvero.
Cross-over tra Natsume Yuujinchou & Hotarubi no Mori e di Yuuki Midorikawa.
[Gin/Takashi]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Dopo un bel po’ di mesi ecco il terzo momento di questa breve cosetta che, spero, possiate apprezzare. Ricordo che è un ipotetico crossover tra Natsume Yuujinchou e Hotarubi no Mori E di Yuki Midorikawa e, dunque, i personaggi non mi appartengono ma sono della sensei.
Io ho solo usato la mia fantasia per produrre questa breve ff che si concluderà con il prossimo momento e non scrivo a scopo di lucro.
Vi auguro buona lettura, come sempre ^^

By athenachan

Maschera [Quel senso di vuoto]

Ancora una volta un caso il loro terzo incontro. In verità lo aveva visto solo Natsume, lo spirito neppure si era accorto della sua presenza: aveva il viso scoperto, la maschera da volpe bianca tenuta di lato. Occhi gialli brillanti, molto più brillanti dell’ultima volta in cui lo aveva incrociato. C’era la stessa bambina di qualche anno prima, ormai ragazza, sorridente: la riconobbe da quegli occhi blu intensi.
Nyanko-sensei riposava tra le sue braccia, mangiando uno dei Dango che lo aveva costretto poco prima a comprare da una bancarella; Natsume aveva la netta impressione che lo avesse portato a quella festa solo per mangiare e ubriacarsi di sakè.
«Natsume, mettimi giù!» aveva esclamato, ad un certo punto, il piccolo e paffuto guardiano, muovendo il suo corpo grasso. Il ragazzo lo lasciò a terra, sospirando, per poi notare la notevole – o meglio eccessiva – vicinanza tra sé e la coppia. Fu allora che scattò indietro, nascondendosi assurdamente dietro ad una bancarella di pesci rossi.
Li osservò in silenzio, a disagio, perché la situazione era assurda: non era affatto familiare, per lui, osservare di nascosto qualcun altro. Era la vita di qualcun altro; per un attimo solo gli venne in mente che dovevano sentirsi proprio così, gli youkai. Ogni giorno, ogni attimo della loro vita. Eternamente invisibili agli occhi di chi avrebbero voluto li vedesse; il ricordo di quella lucciola… Sviò lo sguardo verso la conosciuta compagnia di ayakashi ubriachi che si accompagnavano un po’ troppo spesso al Sensei. La sensazione, tuttavia, parve non andarsene. Rimase lì, la sensazione di disagio che permaneva.
Si volse nuovamente, allora, giusto in tempo per vedere i due allontanarsi verso un luogo in cui non li avrebbe raggiunti. Non li seguì, non gli parve giusto, e tornò con lo sguardo al suo gatto-guardiano che, ormai, sembrava perso nella sua bottiglia di sakè da tracannare con foga.
Ma durò il tempo di un istante, prima che tutto andasse in mille pezzi.
Sorrideva appena, Natsume, nel guardare il muso paffuto e arrossato di Nyanko-sensei, prima che questi, all’improvviso, mormorò parole pressoché incomprensibili ad un primo ascolto.
«Non c’è più.» sembrava più il vaneggiamento di un ubriaco che altro ma, in qualche strano modo, la voce impastata del Sensei fece provare al ragazzo una strana sensazione di vuoto. Il petto che si stringeva all’improvviso, un nodo alla gola inspiegabile, che lo fece smettere di tenere un’espressione serena.
Fu allora che capì.
Lui non c’era più. Era un pensiero alquanto irrazionale e quanto mai assurdo visto che nulla sembrava supportare tale ipotesi ma dentro di sé sapeva. Lo sentiva. Fu nella presa di coscienza della perdita che il corpo di Natsume si mosse in completa autonomia: una corsa veloce, quanto disperata, mentre si dirigeva dove li aveva visti sparire poco prima, insieme.
Dei bambini ridenti e poi… Una fioca luce. Lucciole, forse, di colore verde. E la ragazza, rannicchiata a terra, nel suo yukata rosa che stringeva un tessuto viola pallido. Fu allora, in quel momento, che la piena consapevolezza di quanto era successo lo colse.
Non era una sensazione. Era reale. Lui non c’era più.


To be Continued
   
 
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