Giglio bianco
A Rossella, buon Natale baby.
E a Lav, che è sempre entusiasta di ciò che scrivo,
anche quando quello che ho scritto lo ha
già letto!
Quando
Kingsley Shakebolt fu nominato Ministro ad
interim per prima cosa convocò nel suo studio i Salvatori del Mondo Magico.
Harry,
Hermione, Ron e Neville erano seduti di fronte a lui e aspettavano pazienti di
scoprire il motivo di quella convocazione.
-Ciao
ragazzi, come state?
Harry
sorrise, perché mai nessun Ministro della Magia gli era stato simpatico quanto
quello attuale.
-Bene,
King. O devo chiamarti Ministro?
Era
ironico, scherzoso, e Kingsley incassò la provocazione facendogli l’occhiolino.
Quella
schermaglia di sguardi giocosi, però, fu interrotta dalla voce di Hermione.
-Perché
siamo qui, Ministro?
Il modo
in cui lei aveva calcato su quella parola era completamente differente e
l’atmosfera nella stanza mutò improvvisamente.
Hermione
era totalmente cambiata dalla fine della guerra. Il suo spirito combattivo, il
suo coraggio, la sua forza non erano svaniti, certo,
ma rimanevano nascosti dietro la grossa corazza che si era creata intorno e che
la faceva apparire assolutamente diversa da ciò che era stata fino ad allora.
-Volevo
discutere con voi dei provvedimenti che il Ministero della Magia intende
prendere riguardo alla vostra Istruzione Magica.
Una risata
cattiva riempì l’ufficio facendo accapponare la pelle di tutti i presenti.
-Hermione,
rilassati.
Ron cercava
sempre di essere conciliante con lei anche se a volte
era alquanto difficile riuscirci.
Solo
l’amore incondizionato che provava nei suoi confronti gli impediva di tirarle
una sberla quando, in casi come quelli, se la sarebbe
meritata di brutto.
-Non
dirmi che mi devo rilassare, Ronald. – poi il suo
sguardo tornò a Kingsley – Non sono stupida, so perché siamo qui. Volete che
torniamo a Hogwarts ad affrontare un ultimo anno di scuola. Come se io avessi bisogno di altra Istruzione
Magica. No, io non tornerò a Hogwarts l’anno prossimo.
Senza
attendere ulteriori parole, si alzò e uscì
dall’ufficio.
Una settimana dopo
Erano
tutti alla Tana, compresa Hermione.
D’altronde,
dove altro sarebbe potuta andare?
Era stata
in Australia alla ricerca dei suoi genitori, ma di Wendel e Monica Wilkins non
aveva trovato altro che brutti ricordi. I vicini di appartamento le avevano
detto che il Signor Wilkins era morto d’infarto poche settimane dopo il loro
arrivo in quella casa e che la Signora Wilkins, purtroppo, aveva perso la
testa. Infatti aveva cominciato a blaterare robe
insensate su un’ipotetica figlia che in realtà era una strega, e che il suo
nome non era affatto Monica. Si era suicidata, alla fine.
Da quando
aveva fatto quella scoperta Hermione aveva smesso di essere se stessa.
-Oh
guardate, è arrivata la posta. Hermione, cara, potresti dare uno scellino al
gufo mentre prendi il giornale?
La
Signora Weasley era l’unica persona in grado di tenere a bada il brutto
caratteraccio che aveva sviluppato. Forse perché in lei vedeva la madre che
aveva perduto, o forse perché non aveva il coraggio di esternare il suo dolore
di fronte a una donna che aveva perso un figlio nella stessa guerra in cui lei
aveva lasciato molto più di quanto era disposta ad
ammettere.
Hermione
fece ciò che le era stato chiesto, decisa a non dare
nemmeno uno sguardo a La Gazzetta del
Profeta, ma quando Molly dispiegò il giornale, il titolo in prima pagina
attirò il suo sguardo e lei ringhiò indignata, fiondandosi al suo fianco per
leggere quella notizia.
Hogwarts ricomincia dall’anno precedente!
Una foto
di Kingsley Shakebolt e Minerva McGranitt che si stringevano la mano faceva
bella mostra di sé sotto l’enorme titolo. I sorrisi sui loro volti erano
comprensivi e rassicuranti ma Hermione non si fermò a guardare la fotografia in
movimento.
Il Ministro della Magia Kingsley Shakebolt e il
confermato Preside di Hogwarts Minerva McGranitt hanno annunciato l’importante
decisione che coinvolgerà tutti gli studenti di Hogwarts, soprattutto coloro
che lo scorso anno avrebbero dovuto conseguire i M.A.G.O.
Considerati gli avvenimenti (per leggere la storia
della Seconda Guerra Magica vedi pagina 13), il Ministro della Magia ha
convenuto, insieme al Preside della scuola di Magia e Stregoneria, che
l’istruzione magica delle nuove generazioni è di fondamentale importanza. Per
questo motivo, lo scorso anno accademico viene
completamente annullato, soprattutto a causa dei tremendi Mangiamorte che hanno
assunto il ruolo di professori per
ordine di Voi-Sapete-Chi.
Ogni allievo di Hogwarts, dunque, dovrà
ripetere – senza nessuna esclusione – l’anno di scuola sprecato.
Questa decisione comporterà sicuramente delle
lamentele, ma il Ministro Shakebolt ha rassicurato tutti nell’intervista
rilasciata proprio davanti alle porte del Ministero: “E’ importante riprendere
una vita il più normale possibile, e quale modo migliore di farlo se non
ricominciando da dove tutto era stato interrotto?”... “I Salvatori del Mondo
Magico torneranno ad Hogwarts insieme a tutti gli
altri ragazzi, quindi se possono farlo loro con il sorriso sulle labbra perché
non dovrebbero farlo anche tutti gli altri?”... “Minerva McGranitt,
riconfermata Preside di Hogwarts, terrà conto di ciò che hanno svolto gli
studenti durante lo scorso anno, ma come molti di voi sapranno, non tutti hanno
avuto la possibilità di frequentare la scuola a causa del Censimento per i Nati Babbani che ha costretto parecchie famiglie alla macchia. E’
giunto il momento di ripristinare l’ordine, e questo è solo un modo come un
altro per farlo”.
Le parole del Ministro hanno sicuramento aperto un nuovo orizzonte in ognuno di
noi, ma la notizia più convincente è sicuramente quella riguardante il ragazzo-che-ha-vinto-la-guerra e i suoi amici. Perché se
Harry Potter, Ron Weasley e Hermione Granger torneranno a scuola insieme al
loro compagno Neville Paciock, chi non vorrebbe farlo?
[…]
L’articolo
continuava spiegando nel particolare i provvedimenti che sarebbero stati presi
riguardo gli insegnamenti e le suddivisioni degli
allievi del primo anno – che sarebbero stati il doppio – ma Hermione non lesse
altro, troppo impegnata a fissare con furia omicida Harry e Ron.
-Io non
tornerò a scuola.
Ron
strinse le labbra in un’espressione desolata, incassando l’ennesimo colpo
inflittogli da colei che doveva essere la sua ragazza. Ma
Hermione, ormai, tutto era tranne che una fidanzata.
Harry
aggirò il tavolo e le si avvicinò.
-Proprio
tu, che hai sempre messo l’istruzione al primo posto, non vuoi tornare a
Hogwarts per prendere i M.A.G.O.?
Lei strinse
i pugni lungo i fianchi e gli urlò contro.
-A che
cosa servono i M.A.G.O. se ne so più di chiunque potrebbe venire ad insegnare?
Harry le
poggiò le mani sulle spalle e la scosse. Esasperato da quel comportamento, si
mise ad urlare anche lui.
-Chi sei
tu? Che ne hai fatto di Hermione Granger? Dov’è la mia migliore amica?
Un
silenzio fatto di imbarazzo avvolse la cucina della
Tana. Hermione si conficcò le unghie nei palmi delle mani prima di rilassare le
dita. Strinse i denti fino a farsi male prima di rilassare la mascella. Cercò
di fulminare Harry con gli occhi prima di abbassare lo sguardo.
Quando
finalmente parlò, nel suo tono di voce risuonò forte il dolore che l’aveva
cambiata così tanto.
-L’Hermione
Granger che conosci tu, Harry, non esiste più. E’ morta insieme alle vittime
della guerra, e soprattutto, è morta insieme ai suoi genitori.
Con la
testa bassa gli diede le spalle e si diresse verso il giardino. Prima che
qualcuno potesse decidere di seguirla per parlare ancora, Hermione girò su se
stessa e si smaterializzò.
Per
settimane lunghe come anni nessuno ebbe più notizie di lei. La cercarono in
lungo e in largo, ma sapevano bene che non l’avrebbero trovata finché non lei
non avesse voluto. La sua sparizione improvvisa fu un duro colpo da accettare,
perché fu come aggiungere un altro nome alla lista di persone che avevano perso
durante la guerra. Né Harry, né Ron, né Ginny si rassegnarono,
ma cominciarono a temere fortemente che Hermione non sarebbe più tornata.
Mercoledì, 1 settembre 1999
Il
binario 9 ¾ era gremito di giornalisti. Miriadi di flash scattavano da tutte le
direzioni mentre tante penne prendiappunti volavano su altrettanti fogli di
pergamena.
Ron,
Harry e Ginny erano circondati e stavano cercando di glissare alle domande dei
giornalisti che chiedevano come mai Hermione Granger non fosse insieme a loro.
Hermione,
dal canto suo, grazie a un incantesimo di disillusione era salita sul treno già ad un po’
e mentre osservava la scena da dietro le tendine socchiuse del suo
scompartimento cercava di non pensare alle spiegazioni che avrebbe dovuto dare.
-Che fai
già sul treno, Mezzosangue? Perché non sei con i tuoi amichetti lì fuori a
farti fotografare?
Hermione
si girò di scatto al suono di quella voce.
Malfoy la
guardava con un sopracciglio inarcato.
-E tu che
ci fai già sul treno, Malfoy? Ti nascondi?
Draco
ebbe un guizzo alla mascella ma non disse niente. Semplicemente rimase a
guardarla con sguardo carico di risentimento, poi uscì dal suo scompartimento e
scomparve alla sua vista.
Hermione
digrignò i denti e si sedette, incrociando le braccia al petto.
Gli aveva
risposto in quel modo perché voleva provocarlo, voleva
litigare con lui. E invece lui non aveva reagito in nessun modo. Tutto era
cambiato, anche quello.
Il treno
cominciò a riempirsi e le voci sul fatto che Hermione Granger fosse nello
scompartimento in fondo al treno cominciarono a girare in pochi minuti. Poco
dopo Harry fece capolino e le rivolse un gran sorriso, poi corse dentro ad
abbracciarla.
-Hermione…
sono così felice di vederti! Neville mi aveva detto di averti visto prima,
quando hai smesso l’incantesimo di disillusione. Non ci credevo, ma quando ho
sentito due ragazzini del primo anno che volevano venire a chiederti
l’autografo mi sono catapultato a controllare. Insomma, Ron e Ginny saranno
felicissimi di vederti! Ma dove sei stata? Cos’hai fatto? Eravamo in pena, non sapevamo
dove fossi, se stessi bene.
Harry
smise di parlare per prendere fiato, ed Hermione fece
un sorriso tirato.
-Sono stata in vacanza.
E ho pensato. Alla fine ho deciso di tornare a Hogwarts. Scusate se non vi ho
avvertito, ma avevo bisogno di stare da sola.
Le sue
frasi erano stringate, il suo tono di voce piatto. Ma
a Harry non importò e l’abbraccio di nuovo.
-Ben
tornata, Hermione. Mi sei mancata.
Il
viaggio verso Hogwarts fu privo di grandi avvenimenti.
Ron,
Ginny, Neville e Luna avevano raggiunto Harry e Hermione nello scompartimento,
l’avevano abbracciata e le avevano domandato come
stesse. Ma non le avevano posto nessun’altra domanda, forse perché intuivano
che lei non aveva voglia di parlarne, o forse perché temevano che sarebbe scappata di nuovo via da loro.
Ron si
era avvicinato per ultimo e si era allungato a darle un bacio,
ma Hermione aveva girato la testa e le sue labbra si erano scontrate con
la sua guancia. Era rimasto immobile qualche secondo, poi si era seduto nel
posto più lontano, con un’espressione triste in viso.
Hermione
sapeva di averlo ferito ma non riusciva a sentirsi in colpa. In lei non era
rimasto altro posto se non per la rabbia e il dolore. Quelli erano gli unici
sentimenti che l’animavano.
Ci aveva
provato a rifugiarsi tra le sue braccia, cercando in quell’amore nascente una
cura alle sue ferite, ma aveva finito per peggiorare tutto, perché l’unica cosa
in cui aveva continuato a buttarsi negli ultimi periodi era stato
il suo letto. Perché solo fare l’amore placava un po’
il suo tormento.
Ma se
l’amore non viene coltivato anche fuori dalle lenzuola
ciò che resta è solo del sesso. E Hermione non voleva che fosse il sesso a
guidare i suoi passi.
Sabato, 4 Settembre
1999
Hermione
era esausta.
Era ad Hogwarts da tre giorni e già non ce la faceva più.
A
stancarla non erano le lezioni, né le poche ore di sonno che aveva sulle spalle
a causa della lettura di tutti i libri di testo (non
l’aveva potuta fare come ogni volta prima dell’inizio dell’anno scolastico
avendo comprato i testi solo il giorno prima di prendere l’Espresso per
Hogwarts) che l’aveva tenuta sveglia ogni notte fino a tardi. Ad averla sfinita
erano le persone che non le davano tregua e che ovunque andasse
la trattavano come un’eroina.
Hermione
detestava tutte quelle attenzioni, e aveva fatto in modo di farlo
capire a tutti con il nuovo caratteraccio che aveva sviluppato.
Inizialmente
aveva cercato di mantenere la calma, poi quando dalla Guferia aveva posato gli
occhi sulla Statua ai Caduti che era stata posta sulla riva del Lago Nero, sul
limitare della Foresta Proibita, aveva smesso di trattenersi.
Hermione Granger non era più la stessa persona,
e a capirlo erano stati soprattutto i suoi amici.
Ginny non
riusciva a scorgere nei suoi occhi quella scintilla di vitalità che la
contraddistingueva. Era preoccupata per lei ma non poteva fare nulla per
aiutarla. Perché aveva visto le stesse reazioni in George, e sapeva che per
superare quel tormento l’unica cosa da fare era affrontare il proprio dolore. E
Hermione non era ancora pronta a farlo.
Ron era
distrutto. L’amava, l’amava profondamente e non poteva
amarla perché lei glielo impediva. L’amava e non riusciva a fingere che non fosse così. Per
questo motivo i contatti che Ron aveva con Hermione avvenivano molto di rado.
Harry era
Harry. Lui riusciva a starle accanto per ore senza parlare. Non gli importava parlare, se lei non
voleva. Tutto ciò che gli importava era starle
accanto. E Hermione lo odiava e si odiava per questo, perché lei credeva di non volere nessuno
accanto, eppure non riusciva a fare a meno di quei silenzi. Perché quando Harry
le stava vicino Hermione si sforzava di non pensare. E
la sua presenza silenziosa era la cura al suo perenne rimuginare.
Ma in quel momento
Harry non c’era e lei aveva ardentemente bisogno di arrestare il moto di
pensieri che continuava a ronzarle in testa. Per questo motivo uscì dalla Sala
Comune quasi di corsa nonostante non avesse nessuna meta.
Decisa ad evitare qualunque tipo di incontro, passò attraverso
tutte le scorciatoie che avevano scoperto negli anni e ben presto arrivò nella
sala d’ingresso. Il portone era aperto e lei decise di uscire a fare due passi
nel parco, sperando che l’aria fresca di quel pomeriggio soleggiato congelasse
i suoi pensieri per un po’.
Si
diresse verso le serre, poi tornò indietro per non passare davanti alla capanna
di Hagrid. Costeggiò le mura del castello per evitare i ragazzi che si stavano
godendo il sabato all’aperto, e si rese conto di dove i suoi passi l’avessero
portata solo quando, alzato lo sguardo, vide la statua eretta in onore dei
morti durante la guerra.
Il cuore
cominciò a batterle furiosamente, le sue mani cominciarono a sudare e il suo
respiro accelerò impercettibilmente. Poi fece un passo indietro, diede le
spalle all’arazzo e fece per andare via, ma una voce la costrinse a fermarsi.
-Non
pensavo che avrei mai potuto dire una cosa del genere, ma ti ringrazio di
cuore, Mezzosangue.
Hermione
assorbì quelle parole con disprezzo, ma non trovò nulla di sprezzante da
rispondere a quella frase apparentemente senza senso. Pensò
semplicemente di aver finalmente trovato una scusa per litigare.
-Che diavolo vuoi, Malfoy?
Lui rise, divertito.
-Strano. Tu
pronunci il mio nome come fosse un insulto e io
“Mezzosangue” come fosse semplicemente il tuo nome. Anche in questo hai
invertito i ruoli.
Hermione
ridusse gli occhi a due fessure.
-Cosa
diavolo stai blaterando?
Draco
ghignò, poi poggiò le spalle al muro e incrociò le braccia.
-Non
volevo tornare a Hogwarts, sapevo che sarei stato oggetto di chiacchiere e
pettegolezzi. E da quando l’Espresso è partito ne ho
avuto conferma: tutti che si davano di gomito e sussurravano malignità sul
conto mio e di mio padre. E poi ecco che arrivi tu, con il tuo strano
comportamento, e mi fai passare in secondo piano. La gente è troppo occupata a
parlare di te per accorgersi di me. Ti ringrazio per questo,
Mezzosangue.
Per la
prima volta Draco Malfoy aveva lasciato Hermione Granger senza parole. E non
solo per ciò che aveva detto, ma anche per il tono che aveva usato. Non
maligno, non subdolo, non provocatorio. Draco Malfoy,
per la prima volta nella sua vita, rivolgendosi a Hermione Granger era stato
semplicemente sincero. Fu quella constatazione a sconvolgere Hermione più di
tutto.
L’unica
cosa che riuscì a fare fu voltargli nuovamente le spalle e andare via.
Venerdì, 10 Settembre
1999
La
giornata era cominciata bene, per Hermione.
La prima
lezione era stata Pozioni, e Lumacorno aveva fatto preparare agli studenti del
settimo anno una pozione veramente difficile. Il professore si aspettava che
Harry mettesse in pratica il talento che aveva dimostrato di possedere per la
materia due anni prima, ma senza l’aiuto del Principe Mezzosangue Harry deluse
alquanto le aspettative di Lumacorno. In compenso,
però, egli rimase sbalordito dalla perfetta composizione della pozione di
Hermione.
-E’ un
vero peccato che la Stanza delle Necessità sia bruciata, vero, Harry?
Altrimenti avresti potuto recuperare il vecchio manuale di pozioni di Piton.
Il suo
tono rasentava la cattiveria e a Harry quella provocazione bruciò più di ogni
altra cosa. Perché davvero non riusciva più a stare in silenzio vicino a un’Hermione così.
-Di
Piton? Ecco perché al sesto anno eri così bravo in Pozioni, Potter. E io che pensavo che la Mezzosangue ti avesse prestato il
suo talento.
Si
girarono tutti e due a fissare Draco Malfoy che
camminava proprio dietro di loro.
Harry
strinse i denti ma non rispose nulla. Il fatto che Narcissa Malfoy gli avesse
salvato la vita mentendo a Voldemort fu l’unico motivo per
cui non reagì a quella frecciatina.
Hermione
allargò gli occhi e strinse le labbra. Lo scrutò per un po’, poi fece un passo
avanti.
-Un Malfoy che fa un
complimento a una Mezzosangue? Allora il mondo è davvero cambiato.
-Certo
che è cambiato, Granger. E l’unica che non riesce ad accettare questo
cambiamento sei tu, nonostante sia proprio
tu la prima a non essere più la stessa.
Draco
fece un cenno con la testa poi li superò lasciando Hermione attonita e stupita
per le parole che le aveva rivolto.
Per tutto
il giorno non fece altro che pensarci.
E non
fece altro anche per tutto il fine settimana, passato
sotto le coperte del suo letto a baldacchino. Non aveva messo naso fuori dalla
porta della sua stanza neppure per mangiare.
Il lunedì mattina, però, quando si alzò per andare a colazione sembrava avesse
dimenticato tutto.
Domenica, 19 settembre 1999
Hermione
aprì gli occhi con la certezza che ci fosse qualcosa di cui si fosse
dimenticata.
Quando
vide i regali ai piedi del suo letto a baldacchino, però, ricordò che giorno
fosse.
Il suo
compleanno.
-Auguri,
Hermione!
Aveva
ignorato Calì, fingendo di non averla sentita.
Ma quando
scese in sala comune non le fu proprio possibile
ignorare Harry, infatti appena la vide l’abbracciò forte.
-Buon compleanno Hermione!
Ricevuto bei regali?
Lei non
ricambiò l’abbraccio, ma strinse i pugni lungo i fianchi mentre Harry la
stringeva.
-Non li
ho aperti.
Harry
fece un passo indietro e perse il sorriso che aveva sulle labbra.
-Perché?
Sono solo dei regali, Hermione. E almeno oggi dovresti
staccare la spina e festeggiare.
Una
risata priva di qualsiasi tipo di divertimento riempì la stanza.
-Festeggiare?
Festeggiare, Harry? E per l’amor del cielo, che cosa
diavolo dovrei festeggiare?
La rabbia
che aveva permeato quelle parole colpì Harry in maniera profonda, perché per la
prima volta si rese conto che Hermione davvero
non era più quella di un tempo. Si sentì in colpa, perché si rese conto che
non aveva fatto abbastanza per lei. Non le era stato accanto come avrebbe
dovuto.
-E’ il
tuo compleanno…
Il suo fu
quasi un pigolio. Sapeva che non erano quelle le parole che avrebbe
dovuto dirle. Avrebbe dovuto chiederle scusa, giurarle che gli dispiaceva. Ma non riuscì neppure a pensare a una frase sensata da dire,
perché Hermione lo superò dirigendosi verso il buco del ritratto.
-Un compleanno è la
festività della data in cui si è nati. E’ la festività del giorno in cui i tuoi
genitori ti hanno dato alla luce. E io non ho nessuna
voglia di festeggiare visto che quando sono morti loro neppure sapevano di
avere una figlia.
Si era fermata, Hermione. Una lacrima aveva solcato il suo viso,
l’aveva asciugata con il dorso della mano e aveva abbandonato la torre di
Grifondoro.
I suoi
passi l’avevano condotta, per l’ennesima volta inconsapevolmente, proprio ai
piedi della Statua dei Caduti.
Aveva
alzato lo sguardo e aveva cominciato a leggere i nomi incisi sulla pietra.
Fred, Tonks, Lupin, Colin… Tiger.
Un’imprecazione
le morì in gola quando i ricordi di ciò che era avvenuto nella Stanza delle
Necessità le si affacciarono in mente.
Tiger
aveva prodotto quell’incendio distruttivo.
Tiger
aveva attentato alla loro vita, rischiando di ridurli tutti in polvere.
Tiger
aveva procurato la sua stessa morte.
Che
diritto aveva, lui, di essere commemorato? Che diritto aveva, lui, di essere
accostato ai nomi tanto buoni e valorosi di coloro che
avevano combattuto per salvare la vita altrui?
-Che
diritto avevi, tu, di essere inserito in questa lista di eroi?
Hermione
era in ginocchio, tirava con forza i fili d’erba intorno ai quali si erano
chiusi i suoi pugni, e dopo tanto tempo si lasciò andare alla debolezza del
pianto. Lei, che aveva giurato di non versare più una lacrima, era stata
sopraffatta ancora dal dolore e dalla rabbia.
-Non mi
viene difficile immaginare contro chi stai riversando il tuo tormento, Mezzosangue.
Draco
Malfoy era alle sue spalle, con le braccia incrociate, e per la prima volta in
quell’anno la guardava con sguardo carico di disprezzo. Per la prima volta, in
quel nuovo anno a Hogwarts, aveva pronunciato quell’appellativo con odio.
Hermione
si alzò di scatto e puntò la bacchetta contro Malfoy.
-Che cosa
vuoi fare? Uccidermi? – Draco allargò le braccia e fece una risata sarcastica.
– Avanti, fallo.
Hermione
fece un passo avanti e spinse la punta della bacchetta contro la gola di Draco.
Ecco
arrivato il momento della sua vendetta: avrebbe potuto fare di lui il capro
espiatorio. Dopotutto, seppur sua madre avesse salvato la vita di Harry – e di tutto il mondo magico, le suggerì
una vocina all’interno del suo cuore che ella
prontamente ignorò – lui era un assassino. Aveva tentato di ammazzare Silente,
e anche se non c’era riuscito – non aveva
voluto, le suggerì sempre la solita vicina che ella
ancora una volta ignorò – era comunque un vigliacco e un traditore. Che cosa le
impediva di farsi vendetta, allora? Cosa le impediva di vendicare la morte di Fred,
Tonks, Lupin, i suoi genitori, e tutti coloro che
avevano perso la vita a causa di quello che Voldemort e i suoi compari
Mangiamorte avevano fatto? D’altronde non aveva anche lui quel dannato Marchio
Nero sul braccio sinistro?
-Avanti.
Che cosa stai aspettando?
Hermione,
per riflesso, spinse più a fondo la bacchetta nella sua gola, ma a parte un
lieve gemito di dolore Draco non si mosse. Hermione lo guardò negli occhi,
sperando di trovare in quello sguardo che sempre l’aveva sottovalutata la forza
di lanciargli almeno uno Stupeficium, ma quello che vide, invece, la destabilizzò facendola arretrare e facendole abbassare la
bacchetta.
-Vattene.
-No.
-Ho detto
vattene.
-E io ho
detto di no.
Hermione
fece per alzare di nuovo il braccio, poi scosse la testa e lo superò.
Il fatto
che avesse trovato in quegli occhi lo stesso dolore e la stessa
rabbia che provava lei, non faceva di Draco Malfoy un amico, né un confidente,
né altro.
-Allora
me ne vado io.
-Saprò
come trovarti, Granger. Non è difficile trovare la
scia dei sentimenti che ti porti addosso. La rabbia puzza, Mezzosangue.
Hermione
tornò di corsa al suo dormitorio, prese i regali ancora intatti nelle loro
confezioni e li lanciò senza troppo garbo nel baule, poi si infilò
a letto, chiudendosi intorno le tende del baldacchino, e pianse.
Martedì 19 Ottobre
1999
Era passato un mese ed
Hermione si sentiva diversa.
Lei e
Draco si erano incontrati spesse volte, in quei
giorni. A lezione, in Sala Grande, per i corridoi… ma non si erano più parlati,
né avevano cambiato modo di comportarsi l’uno nei
confronti dell’altro.
Eppure, qualcosa era veramente cambiata.
Hermione
attribuiva quella sensazione alla crisi di pianto che l’aveva travolta il
giorno del suo compleanno. Era rimasta tutto il giorno a singhiozzare, sfogando
in quel modo innocente tutto il peso che si portava nel cuore.
Pianse
per la morte dei genitori, maledicendosi per non averlo fatto prima.
Pianse
per la morte di tutti i nomi che aveva letto quella stessa mattina sulla pietra
della Statua.
Pianse
per la morte della se stessa che era stata fino ad allora.
E quando
questo pensiero fece breccia sui suoi nervi Hermione si
vergognò di sé. E pianse ancora di più.
Quel
pianto isterico l’aveva aiutata a liberarsi un po’ di tutti i cattivi
sentimenti che provava, e anche se non l’aveva resa immune al dolore o alla
rabbia, le aveva fatto capire che il suo egoismo la stava allontanando dalle
persone a cui teneva di più.
Ma si sa,
come è molto più facile giudicare gli altri che se
stessi, è molto più facile perdonare
gli altri che se stessi. Per questo motivo, Hermione non aveva fatto nulla di
diverso fino a quel momento.
Era al
secondo piano e si stava dirigendo a lezione di trasfigurazione quando vide
Malfoy entrare nel bagno di Mirtilla Malcontenta.
Passò
oltre, decisa a ignorare il motivo per il quale fosse entrato proprio in quel
bagno. Non appena svoltò l’angolo, però, maledisse la sua curiosità e tornò
indietro.
Era
indecisa se entrare con arroganza o fare finta di niente, ma nella prima
ipotesi avrebbe dovuto ammettere di averlo seguito, e questo non rientrava
minimamente nei suoi piani.
Abbassò
piano la maniglia e aprì lentamente la porta. Draco era di spalle, oltre il
primo cubicolo, e guardava in alto verso il sifone.
-Ti manca
molto, vero?
Hermione
spalancò gli occhi quando sentì la voce di Mirtilla Malcontenta.
-Già. Più
di quanto mi sarei potuto aspettare.
-Eravate
amici.
-Già. Ma forse neppure lo sapeva.
-E’ per
questo che vieni ancora a trovarmi? Perché hai paura che io non sappia che
siamo amici? Ti sbagli, Draco. Io lo so che siamo
amici. Sei stato tu a dirmi che sono l’unica persona in questo castello con la
quale potresti definirti amico.
Draco
rise, prima di appoggiarsi con la schiena alla porta chiusa del cubicolo.
Quel
movimento, però, gli consentì di vedere Hermione che stava ancora origliando.
La risata gli morì sulle labbra e la sua espressione si trasfigurò da divertita
a feroce.
Hermione
aveva sentito le parole di Mirtilla.
Hermione
Granger aveva appena scoperto quanto fosse patetico Draco Malfoy che, essendo
isolato da tutti gli studenti di Hogwarts, compresi i compagni della sua casa,
aveva coltivato uno pseudo rapporto
di amicizia con l’unica persona a cui non faceva
ribrezzo. Dopotutto, due anni prima, Mirtilla Malcontenta era stata l’unica con
cui aveva parlato mentre tentava di riparare quel dannato armadio svanitore.
Hermione
si scottò per la furia di quello sguardo e corse via senza dire neanche una
parola.
Non pensò
neppure per un secondo che Draco Malfoy fosse patetico. Tutti hanno bisogno di
qualcuno, e in mancanza di alternative ci si accontenta di ciò che ci viene offerto. Come avrebbe potuto biasimarlo per non aver
rinunciato a qualcuno disposto a rivolgergli la parola e ad ascoltarlo? Come
avrebbe potuto biasimarlo per aver tentato di non impazzire chiudendosi in se
stesso? Come avrebbe potuto biasimarlo per aver cercato di reagire, in qualche
modo? Come avrebbe potuto biasimarlo per non essere stato come lei?
Corse
senza prendere fiato.
Corse,
sapendo esattamente dove andare.
-Giuro…
giuro che da ora in poi verrò più spesso. Ci verrò di mia volontà. E verrò a parlare con voi.
Furono queste
le parole che disse, ansimando, rivolgendosi ai nomi
incisi su quella pietra.
Mercoledì 17 Novembre
1999
-Lo
sapevo che ti avrei trovato qua.
Stavolta
a essere seduto ai piedi della statua era Draco, e la voce che lo sorprese alle
spalle era quella di Hermione.
Ecco che
ancora una volta si erano invertiti i ruoli tra loro due.
-Che vuoi, Mezzosangue?
Hermione
tirò fuori la bacchetta. Draco alzò le sopracciglia in un’espressione beffarda,
ma per un attimo temette che Hermione avesse trovato il coraggio di farlo
fuori. A infondergli questo timore fu la luce che vide nei suoi occhi: non
c’era più rabbia né dolore, ma solo rassegnazione.
Hermione
fece apparire dal nulla un giglio bianco e lo posò con lentezza ai piedi della
Statua.
-Mirtilla
Malcontenta è di nuovo depressa. Dice che da quando ti ho visto parlarle, il
mese scorso, non sei più andato a trovarla. E che è tutta colpa mia,
ovviamente.
Hermione
si sedette accanto a lui e Draco la guardò esterrefatto.
Da quel
giorno non aveva più avuto il coraggio di guardarla in faccia. Si era sentito
ridicolo e stupido, aveva temuto che in men che non si dica tutti avrebbero saputo che era diventato l’amichetto del cuore di
un fantasma un po’ toccato, aveva tremato sapendo che la Granger si sarebbe
vendicata di lui raccontando l’accaduto all’intera scuola, così che di nuovo
tutto sarebbe tornato alla normalità: avrebbero ricominciato a sparlare e a
spettegolare su di lui, piuttosto che su di lei.
Niente di
tutto ciò era accaduto, ma Draco sentiva ancora l’umiliazione bruciargli dentro
come Ardemonio, per questo motivo l’attaccò.
-Adesso
sei tu che vai a parlare con i fantasmi, Mezzosangue?
-Non
dirlo in quel tono, Malfoy, visto che non pensi sia
una brutta cosa.
E di nuovo
i ruoli si erano invertiti: Draco aveva pronunciato quell’appellativo come un
insulto, e Hermione aveva pronunciato il suo cognome semplicemente per
chiamarlo.
-Cos’è, sei andata a chiederle che segreti le avessi confessato? Mi
dispiace deluderti, Granger, ma non le ho detto proprio nulla.
Hermione
sospirò e con un dito sfiorò quel piccolo fiore, così candido, che aveva tutto
il sapore di un regalo.
-Non le
ho chiesto niente, di te. Mi sono trovata lì per caso, volevo nascondermi da
Ron e Lav...
Arrossì,
Hermione, perché si era esposta più di quanto avesse preventivato.
-Immagino
che non abbia perso tempo prima di insultarti.
Alzò lo
sguardo, troppo stupita del fatto che Draco non avesse colto al balzo
l’occasione per prendersi gioco di lei, ma poi sorrise ricordando che lei non
era l’unica persona ad essere cambiata.
-No, infatti. Mi ha accusato di essere la causa della tua
solitudine. Perché non bastava che avessi perso Tiger e che Goyle non fosse
tornato a scuola, ma per colpa mia avevi perso anche lei.
Draco
fece per aprir bocca, ma Hermione glielo impedì con un
gesto della mano.
-Mi ha
detto che oggi sarebbe stato il suo
compleanno e poi… penso che mi abbia detto una frase tua. Insomma, il modo in
cui l’ha detta, mi ha fatto pensare che fosse un tuo pensiero, quello.
-Di che
frase stai parlando, Mezzos…?
-Potresti
smetterla di chiamarmi Mezzosangue?
-E tu
potresti smetterla di chiamarmi Malfoy?
-Ma tu
sei un Malfoy!
-E tu sei
una Mezzosangue.
Hermione
arricciò le labbra prima di rispondergli ancora.
-Tu ti
chiami Malfoy. Io mi chiamo Granger.
-Semmai,
io mi chiamo Draco. E tu… tu rimani comunque una Mezzosangue.
Aveva
sorriso Draco. E aveva sorriso anche Hermione. Perché bisticciare in quel modo era un barlume di normalità, e la normalità era mancata
ad entrambi.
-Non ho
ancora scartato i regali del mio compleanno, sai? Penso che andrò a farlo
adesso. Dopotutto, oggi è il
compleanno di qualcuno. Fai gli
auguri a Tiger da parte mia.
Draco
rimase in silenzio mentre lei si allontanava. Poi si alzò e le urlò dietro.
-Che
frase ti ha detto Mirtilla Malcontenta?
Ma Hermione non rispose
e continuò a camminare.
Domenica 21 Novembre
1999
Il vento
soffiava forte ma per fortuna aveva smesso di piovere. Quella settimana era
stata terribile, infatti, da quel punto di vista.
Hermione
si diresse verso il confine della Foresta Proibita, fermandosi come al solito davanti alla Statua eretta in Onore dei Caduti.
Fece
apparire dal nulla un mazzo di girasoli, poi un giglio bianco.
-Nessuno piange per la morte dei cattivi, nessuno grida "loro non torneranno"! Nessuno posa
un giglio sulla loro tomba. E’ questa la frase che ti ha riferito Mirtilla,
non è vero?
Hermione sorrise compiaciuta.
-Ora abbiamo lo stesso nome.
Draco
alzò un sopracciglio non avendo capito affatto il
senso di quelle parole. Hermione fece un altro sorriso.
-Nessuno piange per la morte dei cattivi.
Nessuno grida “loro non torneranno”! E Nessuno
posa un giglio sulla loro tomba. Bè, questa non sarà la tomba di Tiger, ma è
ciò che più vi si avvicina. Ed è la seconda volta che vengo a posare un giglio
per lui. Perciò io sono il terzo Nessuno, tu sei i primi due. Abbiamo lo stesso
nome, no? Nessuno.
Hermione
si alzò per andare via ma stavolta Draco la fermò afferrandole il polso.
-Perché
lo fai?
-Perché
ho riflettuto.
-Su cosa?
-Sul
fatto che nessuno è innocente.
Hermione
non fece niente per liberarsi da quella presa ma Draco la mollò ugualmente.
-E questo
che significa?
Una
lacrima scese sul volto di Hermione, ma lei non rifuggì lo sguardo di Draco. In
fondo non le importava che lui la vedesse.
-Tu hai
tentato di uccidere Silente con tutte le tue forze, ma quando ti sei trovato
davanti la possibilità di stroncare definitivamente la
sua vita non l’hai fatto, ti sei aggrappato all’idea di protezione e salvezza
che ti aveva offerto per l’amore che ti lega alla tua famiglia. Piton detestava
Harry perché era troppo simile a suo padre, ma ha lottato per salvarlo, per
l’amore che provava per sua madre.
Draco
strinse le labbra. Parlare di Severus Piton era l’ultima cosa che voleva fare,
soprattutto perché sapere che lui era sempre stato dalla parte dell’Ordine gli
aveva fatto bruciare in petto uno strano sentimento di gratitudine e orgoglio,
ma non aveva mai detto a nessuno quelle cose. Solo sua madre sapeva quanto
fosse stato male, dopo la sua morte. Solo sua madre sapeva che Piton e Tiger
erano le uniche vittime di quella guerra per cui aveva pianto.
-Tiger è
cresciuto con delle idee in testa, le stesse con cui sei cresciuto tu. Ma se
tua madre si è redenta e tu stesso lo hai fatto, perché non avrebbe potuto
farlo lui se ne avesse avuto l’opportunità?
Draco non
rispose.
Hermione
sembrava avergli letto dentro. Perché era ciò che Draco aveva desiderato fosse
accaduto, quando aveva visto seppellire il suo amico.
-L’ho già
fatto una volta, perciò non ti ringrazierò ancora,
Mezzosangue. E non smetterò di chiamarti così solo perché adesso siamo in
tregua.
Hermione
rise. Si asciugò quella lacrima con il dorso della mano, poi quella stessa mano
l’agitò in direzione di Draco.
-Ci vediamo, Malfoy.
Quando
Hermione entrò in Sala Grande per il pranzo individuò
subito i suoi amici e andò a sedersi tra Harry e Ginny.
-Scusate.
Mi sono comportata da egoista e ho sbagliato tutto con voi. Però
vi voglio bene.
Alzò lo
sguardo sui loro volti sorpresi, poi si fermò a guardare Ron.
-Ho
sbagliato soprattutto con te. Mi dispiace, Ron. Ma spero che tu sia felice con
Lavanda, credo che sia una brava ragazza e che tu possa stare bene insieme a lei.
Ron
arrossì di botto, poi infilzò la forchetta nella salsiccia ancora intera nel
suo piatto e borbottò qualcosa con la bocca piena.
Harry e
Ginny risero, Hermione sospirò.
Ecco un
altro barlume di normalità.
25 Dicembre 1999, La Tana.
-E
insomma, mi stai dicendo che devo ringraziare Vincent Tiger - lo stesso Vincent
Tiger che ha cercato di bruciarvi vivi - se tu sei tornata in te?
Hermione
fece spallucce, poi si tirò il piumone fin sopra le orecchie.
-E Draco
Malfoy. Si.
Ginny
tirò via le coperte per guardarla negli occhi.
-Un fantasma e un
furetto. Grandioso.
-Non era
un fantasma, era un sogno!
Ginny
inarcò le sopracciglia.
-Sarà
stato pure un sogno, ma Tiger è morto, quindi quello
che hai visto – in sogno! – era il suo fantasma.
Hermione
scosse la testa, poi si ritirò le coperte sulla
faccia.
-Per
quanto dovrà andare avanti questo teatrino? Lo ripetiamo tutte le mattine da…
-Da
quando sei tornata in te e sei tornata ad essere la
mia migliore amica. E continuerà finché non ammetterai che ti sei innamorata di
Malfuretto.
-Ginny!
Hermione
aveva scalciato le coperte e si era seduta di scatto, guardando la sua ritrovata migliore amica con
un’espressione sconvolta.
-Ma che
diavolo dici? Io non sono affatto innamorata di
Malfoy.
Ginny si
alzò e si avvicinò ai piedi del letto, cominciando a scartare i suoi regali di
Natale. Infilò il maglione di Molly e rispose ad
Hermione senza guardarla.
-Perché
ancora non lo sai. Ma i segnali ci sono tutti,
Hermione.
Gattonò
sul letto fino a trovarsi vicino a Ginny, poi la prese per una spalla e la costrinse
a guardarla negli occhi.
-Io non
sono innamorata di Malfoy.
-Allora
non sei ancora riuscita a convincerla, eh?!
Harry era
entrato in camera senza bussare, poi si era seduto affianco a Ginny e le aveva
dato un bacio a fior di labbra.
-Ah, buon
Natale!
31 Dicembre 1999
Hermione
indossava il vestito che le aveva regalato Ginny, le scarpe che le aveva regalato Harry e lo scialle che le aveva regalato Ron.
George le si avvicinò e le fece fare una giravolta.
-Sei uno
schianto, Hermione. Stasera farai impazzire più di una persona, al Ministero.
Hermione
sorrise, compiaciuta. Poi fissò lo sguardo su Ron, elegante come non mai nel
suo smoking nuovo.
-George
ha ragione, sei bellissima.
Le si avvicinò e le
posò un bacio sulla guancia. Lavanda, dalla porta della cucina, li guardava
sorridendo. Ron si era innamorato di lei, alla fine, convenendo che con
Hermione le cose erano andate come erano andate perché non erano destinati a stare
insieme in quel senso.
Attesero
che anche gli altri fossero pronti prima di raggiungere la Sala del Ministero
addobbata a festa per l’arrivo del nuovo anno. Il primo anno senza Voldemort.
Narcissa
Malfoy sorrideva e stringeva mani, fiera e orgogliosa accanto a suo figlio.
Draco,
dal canto suo, non aveva nulla della regalità di sua madre, vista l’espressione
di sconvolgente stupore che aveva in viso.
-Anche
lui è innamorato di te.
-Smettila, Ginny.
Hermione
le diede una gomitata che Ginny prontamente evitò prima di scoppiare a ridere e
andare avanti con Harry per stringere la mano ai Malfoy.
Hermione
deglutì a fatica quando vide Ginny sussurrare qualcosa a Draco.
Poi
sbiancò quando vide l’espressione di Draco.
Infine
pietrificò quando vide Draco fare un lieve inchino alla madre per congedarsi da
lei e avvicinarsi a Hermione.
-La tua amica ha delle
interessanti teorie sui miei sentimenti per te.
-Anche
sui miei.
-Bè si
sbaglia, perché io non ti amo affatto, Mezzosangue.
-Neanch’io
amo te, Malfoy.
-Bene.
-Bene.
Le Sorelle Stravagheria avevano iniziato a suonare prima della mezzanotte, ma
avevano fatto una pausa per cedere il microfono a Kingsley Shakebolt che
festeggiava il suo primo capodanno da Ministro.
Kingsley
fece un discorso da Ministro, poi
brindò all’onore di coloro che erano morti combattendo
Voldemort. Ma proprio quando tutti avevano alzato i
calici, già pronti a buttarsi in pista per tornare a ballare e godersi la
festa, Hermione salì su quel palco allestito apposta per l’occasione e sorrise
a Kingsley, chiedendo di poter prendere la parola.
Hermione
Granger, l’eroina del Mondo Magico: chi non l’avrebbe fatta parlare?
-Sarò
breve e coincisa. Ecco…
Aveva
sentito gli occhi di tutti puntati addosso, ma lei non aveva alzato lo sguardo.
Un po’ imbarazzata aveva sentito il rossore invaderle il viso, ma aveva ripreso
presto il controllo di sé ripensando a ciò che voleva dire.
-Ecco, io
voglio che brindiamo non solo a chi è morto combattendo dalla parte dei buoni,
ma anche a chi buono non è potuto esserlo perché nessuno gliel’ha insegnato.
Aveva
guardato Harry, mentre parlava.
Lui aveva
ricambiato il suo sguardo, fiero e orgoglioso, perché quelle erano le parole
che gli davano la conferma che l’Hermione Granger che aveva sempre conosciuto
era davvero tornata. Con il suo coraggio, il suo orgoglio e la sua forza.
Nei suoi
occhi Hermione aveva ritrovato casa, e fu la certezza di avere le spalle
coperte a darle il coraggio di guardare Draco Malfoy pronunciando l’ultima
frase.
-Tutti meritano un giglio bianco sulla
propria tomba.
Draco era
stato percorso da un brivido.
Si, quella donna era davvero in grado di farlo
tremare. Se per paura, o per altro, ancora non lo sapeva.
Domenica 25 giugno 2000
Hermione
incontrò Draco nella Sala d’Ingresso.
-Buongiorno
Mezzosangue.
-Buongiorno
Malfoy.
-Hai
delle occhiaie terribili. Non dirmi che sei stata sveglia a studiare tutta la
notte, perché i M.A.G.O. sono finiti ieri, se non te
ne sei accorta.
Hermione
sbuffò e gli diede una spinta.
-Tu non
ne sai niente delle mie notti brave, Malfoy. Dopotutto ieri era sabato, e io sono una studentessa maggiorenne che conosce tanti
passaggi segreti per Hogsmeade…
Draco
assottigliò lo sguardo e fece una smorfia.
-Quelle
non sono occhiaie da notti brave!
-E tu che
ne sai?
La loro
schermaglia era continuata fino a che non erano arrivati davanti alla Statua.
Come al solito, Hermione aveva fatto apparire un mazzo di
girasoli e un giglio bianco. Poi si era seduta con le gambe incrociate
aspettando che Draco facesse lo stesso.
Quella
era ormai una routine. Dal ritorno a scuola dopo capodanno, infatti, avevano
cominciato a vedersi tutte le settimane nello stesso luogo. Nessuno dei due
dubitava del fatto che quelli non fossero più incontri casuali.
Avevano
iniziato a conoscersi, continuando sempre a battibeccare su tutto. Ma non avevano mai dato a Ginny, in tutti quei mesi,
l’opportunità di dir loro “ve l’avevo
detto”! Non fino a quel momento, almeno.
Perché
Draco e Hermione si erano veramente innamorati l’uno dell’altro, ma non avevano
ancora trovato il coraggio di confessarselo.
-Questa è
l’ultima domenica che passiamo a Hogwarts. Da ora in
poi non ci saranno più gigli bianchi per lui.
Hermione
posò una mano sul braccio di Draco e lui ne approfittò per abbracciarla.
Il suo
intento, in realtà, era quello di allacciarle la collanina che aveva in mano
senza doversi esporre molto mostrandogliela. Hermione lo capì e si allontanò.
Al suo collo era appeso un ciondolo in oro bianco, a forma di giglio.
-E’ per
ringraziarti di tutti i gigli che hai portato a Vincent.
Hermione
strinse il pugno intorno al ciondolo, emozionata. Fissò il nome di Tiger inciso
sulla pietra, vicino a quello dei suoi amici, e sussurrò una sola parola.
-Grazie.
Infine si
girò verso Draco e gli diede un bacio.
Niente di
eclatante o passionale. Un semplice bacetto sulle
labbra.
-Sei un
subdolo manipolatore, perché hai usato Tiger come scusa per darmi un regalo.
-Direi
che ti è piaciuto.
Draco
ghignò e Hermione gli tirò un pugno sulla spalla.
-Idiota!
Draco
afferrò la sua mano e la usò per farla avvicinare. E fu lui a baciarla. E in
quel bacio ci mise tutti i sentimenti che aveva
imparato a provare.
-E
comunque impara, Mezzosangue. Questo è un vero bacio.
Con
quella frase mandò in frantumi all’istante la bolla di romanticismo che si era
creata, ma piuttosto che rimanerne delusa, Hermione lo spinse via, ridendo.
-Ciao
Tiger. Ti porteremo un altro giglio bianco, un giorno.