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Autore: ross_ana    27/12/2012    7 recensioni
Hermione attribuiva quella sensazione alla crisi di pianto che l’aveva travolta il giorno del suo compleanno. Era rimasta tutto il giorno a singhiozzare, sfogando in quel modo innocente tutto il peso che si portava nel cuore.
Pianse per la morte dei genitori, maledicendosi per non averlo fatto prima.
Pianse per la morte di tutti i nomi che aveva letto quella stessa mattina sulla pietra della Statua.
Pianse per la morte della se stessa che era stata fino ad allora.
E quando questo pensiero fece breccia sui suoi nervi Hermione si vergognò di sé. E pianse ancora di più.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Giglio bianco

 

 

 

A Rossella, buon Natale baby.
E a Lav, che è sempre entusiasta di ciò che scrivo,

anche quando quello che ho scritto lo ha già letto!

 

 

Quando Kingsley Shakebolt fu nominato Ministro ad interim per prima cosa convocò nel suo studio i Salvatori del Mondo Magico.

Harry, Hermione, Ron e Neville erano seduti di fronte a lui e aspettavano pazienti di scoprire il motivo di quella convocazione.

-Ciao ragazzi, come state?

Harry sorrise, perché mai nessun Ministro della Magia gli era stato simpatico quanto quello attuale.

-Bene, King. O devo chiamarti Ministro?

Era ironico, scherzoso, e Kingsley incassò la provocazione facendogli l’occhiolino.

Quella schermaglia di sguardi giocosi, però, fu interrotta dalla voce di Hermione.

-Perché siamo qui, Ministro?

Il modo in cui lei aveva calcato su quella parola era completamente differente e l’atmosfera nella stanza mutò improvvisamente.

Hermione era totalmente cambiata dalla fine della guerra. Il suo spirito combattivo, il suo coraggio, la sua forza non erano svaniti, certo, ma rimanevano nascosti dietro la grossa corazza che si era creata intorno e che la faceva apparire assolutamente diversa da ciò che era stata fino ad allora.

-Volevo discutere con voi dei provvedimenti che il Ministero della Magia intende prendere riguardo alla vostra Istruzione Magica.

Una risata cattiva riempì l’ufficio facendo accapponare la pelle di tutti i presenti.

-Hermione, rilassati.

Ron cercava sempre di essere conciliante con lei anche se a volte era alquanto difficile riuscirci.

Solo l’amore incondizionato che provava nei suoi confronti gli impediva di tirarle una sberla quando, in casi come quelli, se la sarebbe meritata di brutto.

-Non dirmi che mi devo rilassare, Ronald. – poi il suo sguardo tornò a Kingsley – Non sono stupida, so perché siamo qui. Volete che torniamo a Hogwarts ad affrontare un ultimo anno di scuola. Come se io avessi bisogno di altra Istruzione Magica. No, io non tornerò a Hogwarts l’anno prossimo.

Senza attendere ulteriori parole, si alzò e uscì dall’ufficio.

 

 

Una settimana dopo

Erano tutti alla Tana, compresa Hermione.

D’altronde, dove altro sarebbe potuta andare?

Era stata in Australia alla ricerca dei suoi genitori, ma di Wendel e Monica Wilkins non aveva trovato altro che brutti ricordi. I vicini di appartamento le avevano detto che il Signor Wilkins era morto d’infarto poche settimane dopo il loro arrivo in quella casa e che la Signora Wilkins, purtroppo, aveva perso la testa. Infatti aveva cominciato a blaterare robe insensate su un’ipotetica figlia che in realtà era una strega, e che il suo nome non era affatto Monica. Si era suicidata, alla fine.

Da quando aveva fatto quella scoperta Hermione aveva smesso di essere se stessa.

-Oh guardate, è arrivata la posta. Hermione, cara, potresti dare uno scellino al gufo mentre prendi il giornale?

La Signora Weasley era l’unica persona in grado di tenere a bada il brutto caratteraccio che aveva sviluppato. Forse perché in lei vedeva la madre che aveva perduto, o forse perché non aveva il coraggio di esternare il suo dolore di fronte a una donna che aveva perso un figlio nella stessa guerra in cui lei aveva lasciato molto più di quanto era disposta ad ammettere.

Hermione fece ciò che le era stato chiesto, decisa a non dare nemmeno uno sguardo a La Gazzetta del Profeta, ma quando Molly dispiegò il giornale, il titolo in prima pagina attirò il suo sguardo e lei ringhiò indignata, fiondandosi al suo fianco per leggere quella notizia.

Hogwarts ricomincia dall’anno precedente!

Una foto di Kingsley Shakebolt e Minerva McGranitt che si stringevano la mano faceva bella mostra di sé sotto l’enorme titolo. I sorrisi sui loro volti erano comprensivi e rassicuranti ma Hermione non si fermò a guardare la fotografia in movimento.

 

Il Ministro della Magia Kingsley Shakebolt e il confermato Preside di Hogwarts Minerva McGranitt hanno annunciato l’importante decisione che coinvolgerà tutti gli studenti di Hogwarts, soprattutto coloro che lo scorso anno avrebbero dovuto conseguire i M.A.G.O.

Considerati gli avvenimenti (per leggere la storia della Seconda Guerra Magica vedi pagina 13), il Ministro della Magia ha convenuto, insieme al Preside della scuola di Magia e Stregoneria, che l’istruzione magica delle nuove generazioni è di fondamentale importanza. Per questo motivo, lo scorso anno accademico viene completamente annullato, soprattutto a causa dei tremendi Mangiamorte che hanno assunto il ruolo di professori per ordine di Voi-Sapete-Chi.

Ogni allievo di Hogwarts, dunque, dovrà ripetere – senza nessuna esclusione – l’anno di scuola sprecato.

Questa decisione comporterà sicuramente delle lamentele, ma il Ministro Shakebolt ha rassicurato tutti nell’intervista rilasciata proprio davanti alle porte del Ministero: “E’ importante riprendere una vita il più normale possibile, e quale modo migliore di farlo se non ricominciando da dove tutto era stato interrotto?”... “I Salvatori del Mondo Magico torneranno ad Hogwarts insieme a tutti gli altri ragazzi, quindi se possono farlo loro con il sorriso sulle labbra perché non dovrebbero farlo anche tutti gli altri?”... “Minerva McGranitt, riconfermata Preside di Hogwarts, terrà conto di ciò che hanno svolto gli studenti durante lo scorso anno, ma come molti di voi sapranno, non tutti hanno avuto la possibilità di frequentare la scuola a causa del Censimento per i Nati Babbani che ha costretto parecchie famiglie alla macchia. E’ giunto il momento di ripristinare l’ordine, e questo è solo un modo come un altro per farlo”.
Le parole del Ministro hanno sicuramento aperto un nuovo orizzonte in ognuno di noi, ma la notizia più convincente è sicuramente quella riguardante il ragazzo-che-ha-vinto-la-guerra e i suoi amici. Perché se Harry Potter, Ron Weasley e Hermione Granger torneranno a scuola insieme al loro compagno Neville Paciock, chi non vorrebbe farlo?

[…]

L’articolo continuava spiegando nel particolare i provvedimenti che sarebbero stati presi riguardo gli insegnamenti e le suddivisioni degli allievi del primo anno – che sarebbero stati il doppio – ma Hermione non lesse altro, troppo impegnata a fissare con furia omicida Harry e Ron.

-Io non tornerò a scuola.

Ron strinse le labbra in un’espressione desolata, incassando l’ennesimo colpo inflittogli da colei che doveva essere la sua ragazza. Ma Hermione, ormai, tutto era tranne che una fidanzata.

Harry aggirò il tavolo e le si avvicinò.

-Proprio tu, che hai sempre messo l’istruzione al primo posto, non vuoi tornare a Hogwarts per prendere i M.A.G.O.?

Lei strinse i pugni lungo i fianchi e gli urlò contro.

-A che cosa servono i M.A.G.O. se ne so più di chiunque potrebbe venire ad insegnare?

Harry le poggiò le mani sulle spalle e la scosse. Esasperato da quel comportamento, si mise ad urlare anche lui.

-Chi sei tu? Che ne hai fatto di Hermione Granger? Dov’è la mia migliore amica?

Un silenzio fatto di imbarazzo avvolse la cucina della Tana. Hermione si conficcò le unghie nei palmi delle mani prima di rilassare le dita. Strinse i denti fino a farsi male prima di rilassare la mascella. Cercò di fulminare Harry con gli occhi prima di abbassare lo sguardo.

Quando finalmente parlò, nel suo tono di voce risuonò forte il dolore che l’aveva cambiata così tanto.

-L’Hermione Granger che conosci tu, Harry, non esiste più. E’ morta insieme alle vittime della guerra, e soprattutto, è morta insieme ai suoi genitori.

Con la testa bassa gli diede le spalle e si diresse verso il giardino. Prima che qualcuno potesse decidere di seguirla per parlare ancora, Hermione girò su se stessa e si smaterializzò.

Per settimane lunghe come anni nessuno ebbe più notizie di lei. La cercarono in lungo e in largo, ma sapevano bene che non l’avrebbero trovata finché non lei non avesse voluto. La sua sparizione improvvisa fu un duro colpo da accettare, perché fu come aggiungere un altro nome alla lista di persone che avevano perso durante la guerra. Né Harry, né Ron, né Ginny si rassegnarono, ma cominciarono a temere fortemente che Hermione non sarebbe più tornata.

 

 

Mercoledì, 1 settembre 1999

Il binario 9 ¾ era gremito di giornalisti. Miriadi di flash scattavano da tutte le direzioni mentre tante penne prendiappunti volavano su altrettanti fogli di pergamena.

Ron, Harry e Ginny erano circondati e stavano cercando di glissare alle domande dei giornalisti che chiedevano come mai Hermione Granger non fosse insieme a loro.

Hermione, dal canto suo, grazie a un incantesimo di disillusione era salita sul treno già ad un po’  e mentre osservava la scena da dietro le tendine socchiuse del suo scompartimento cercava di non pensare alle spiegazioni che avrebbe dovuto dare.

-Che fai già sul treno, Mezzosangue? Perché non sei con i tuoi amichetti lì fuori a farti fotografare?

Hermione si girò di scatto al suono di quella voce.

Malfoy la guardava con un sopracciglio inarcato.

-E tu che ci fai già sul treno, Malfoy? Ti nascondi?

Draco ebbe un guizzo alla mascella ma non disse niente. Semplicemente rimase a guardarla con sguardo carico di risentimento, poi uscì dal suo scompartimento e scomparve alla sua vista.

Hermione digrignò i denti e si sedette, incrociando le braccia al petto.

Gli aveva risposto in quel modo perché voleva provocarlo, voleva litigare con lui. E invece lui non aveva reagito in nessun modo. Tutto era cambiato, anche quello.

Il treno cominciò a riempirsi e le voci sul fatto che Hermione Granger fosse nello scompartimento in fondo al treno cominciarono a girare in pochi minuti. Poco dopo Harry fece capolino e le rivolse un gran sorriso, poi corse dentro ad abbracciarla.

-Hermione… sono così felice di vederti! Neville mi aveva detto di averti visto prima, quando hai smesso l’incantesimo di disillusione. Non ci credevo, ma quando ho sentito due ragazzini del primo anno che volevano venire a chiederti l’autografo mi sono catapultato a controllare. Insomma, Ron e Ginny saranno felicissimi di vederti! Ma dove sei stata? Cos’hai fatto? Eravamo in pena, non sapevamo dove fossi, se stessi bene.

Harry smise di parlare per prendere fiato, ed Hermione fece un sorriso tirato.

-Sono stata in vacanza. E ho pensato. Alla fine ho deciso di tornare a Hogwarts. Scusate se non vi ho avvertito, ma avevo bisogno di stare da sola.

Le sue frasi erano stringate, il suo tono di voce piatto. Ma a Harry non importò e l’abbraccio di nuovo.

-Ben tornata, Hermione. Mi sei mancata.

 

Il viaggio verso Hogwarts fu privo di grandi avvenimenti.

Ron, Ginny, Neville e Luna avevano raggiunto Harry e Hermione nello scompartimento, l’avevano abbracciata e le avevano domandato come stesse. Ma non le avevano posto nessun’altra domanda, forse perché intuivano che lei non aveva voglia di parlarne, o forse perché temevano che sarebbe scappata di nuovo via da loro.

Ron si era avvicinato per ultimo e si era allungato a darle un bacio, ma Hermione aveva girato la testa e le sue labbra si erano scontrate con la sua guancia. Era rimasto immobile qualche secondo, poi si era seduto nel posto più lontano, con un’espressione triste in viso.

Hermione sapeva di averlo ferito ma non riusciva a sentirsi in colpa. In lei non era rimasto altro posto se non per la rabbia e il dolore. Quelli erano gli unici sentimenti che l’animavano.

Ci aveva provato a rifugiarsi tra le sue braccia, cercando in quell’amore nascente una cura alle sue ferite, ma aveva finito per peggiorare tutto, perché l’unica cosa in cui aveva continuato a buttarsi negli ultimi periodi era stato il suo letto. Perché solo fare l’amore placava un po’ il suo tormento.

Ma se l’amore non viene coltivato anche fuori dalle lenzuola ciò che resta è solo del sesso. E Hermione non voleva che fosse il sesso a guidare i suoi passi.

 

 

Sabato, 4 Settembre 1999

Hermione era esausta.

Era ad Hogwarts da tre giorni e già non ce la faceva più.

A stancarla non erano le lezioni, né le poche ore di sonno che aveva sulle spalle a causa della lettura di tutti i libri di testo (non l’aveva potuta fare come ogni volta prima dell’inizio dell’anno scolastico avendo comprato i testi solo il giorno prima di prendere l’Espresso per Hogwarts) che l’aveva tenuta sveglia ogni notte fino a tardi. Ad averla sfinita erano le persone che non le davano tregua e che ovunque andasse la trattavano come un’eroina.

Hermione detestava tutte quelle attenzioni, e aveva fatto in modo di farlo capire a tutti con il nuovo caratteraccio che aveva sviluppato.

Inizialmente aveva cercato di mantenere la calma, poi quando dalla Guferia aveva posato gli occhi sulla Statua ai Caduti che era stata posta sulla riva del Lago Nero, sul limitare della Foresta Proibita, aveva smesso di trattenersi.

Hermione Granger non era più la stessa persona, e a capirlo erano stati soprattutto i suoi amici.

Ginny non riusciva a scorgere nei suoi occhi quella scintilla di vitalità che la contraddistingueva. Era preoccupata per lei ma non poteva fare nulla per aiutarla. Perché aveva visto le stesse reazioni in George, e sapeva che per superare quel tormento l’unica cosa da fare era affrontare il proprio dolore. E Hermione non era ancora pronta a farlo.

Ron era distrutto. L’amava, l’amava profondamente e non poteva amarla perché lei glielo impediva. L’amava e non riusciva a fingere che non fosse così. Per questo motivo i contatti che Ron aveva con Hermione avvenivano molto di rado.

Harry era Harry. Lui riusciva a starle accanto per ore senza parlare. Non gli importava parlare, se lei non voleva. Tutto ciò che gli importava era starle accanto. E Hermione lo odiava e si odiava per questo, perché lei credeva di non volere nessuno accanto, eppure non riusciva a fare a meno di quei silenzi. Perché quando Harry le stava vicino Hermione si sforzava di non pensare. E la sua presenza silenziosa era la cura al suo perenne rimuginare.

Ma in quel momento Harry non c’era e lei aveva ardentemente bisogno di arrestare il moto di pensieri che continuava a ronzarle in testa. Per questo motivo uscì dalla Sala Comune quasi di corsa nonostante non avesse nessuna meta.

Decisa ad evitare qualunque tipo di incontro, passò attraverso tutte le scorciatoie che avevano scoperto negli anni e ben presto arrivò nella sala d’ingresso. Il portone era aperto e lei decise di uscire a fare due passi nel parco, sperando che l’aria fresca di quel pomeriggio soleggiato congelasse i suoi pensieri per un po’.

Si diresse verso le serre, poi tornò indietro per non passare davanti alla capanna di Hagrid. Costeggiò le mura del castello per evitare i ragazzi che si stavano godendo il sabato all’aperto, e si rese conto di dove i suoi passi l’avessero portata solo quando, alzato lo sguardo, vide la statua eretta in onore dei morti durante la guerra.

Il cuore cominciò a batterle furiosamente, le sue mani cominciarono a sudare e il suo respiro accelerò impercettibilmente. Poi fece un passo indietro, diede le spalle all’arazzo e fece per andare via, ma una voce la costrinse a fermarsi.

-Non pensavo che avrei mai potuto dire una cosa del genere, ma ti ringrazio di cuore, Mezzosangue.

Hermione assorbì quelle parole con disprezzo, ma non trovò nulla di sprezzante da rispondere a quella frase apparentemente senza senso. Pensò semplicemente di aver finalmente trovato una scusa per litigare.

-Che diavolo vuoi, Malfoy?

Lui rise, divertito.

-Strano. Tu pronunci il mio nome come fosse un insulto e io “Mezzosangue” come fosse semplicemente il tuo nome. Anche in questo hai invertito i ruoli.

Hermione ridusse gli occhi a due fessure.

-Cosa diavolo stai blaterando?

Draco ghignò, poi poggiò le spalle al muro e incrociò le braccia.

-Non volevo tornare a Hogwarts, sapevo che sarei stato oggetto di chiacchiere e pettegolezzi. E da quando l’Espresso è partito ne ho avuto conferma: tutti che si davano di gomito e sussurravano malignità sul conto mio e di mio padre. E poi ecco che arrivi tu, con il tuo strano comportamento, e mi fai passare in secondo piano. La gente è troppo occupata a parlare di te per accorgersi di me. Ti ringrazio per questo, Mezzosangue.

Per la prima volta Draco Malfoy aveva lasciato Hermione Granger senza parole. E non solo per ciò che aveva detto, ma anche per il tono che aveva usato. Non maligno, non subdolo, non provocatorio. Draco Malfoy, per la prima volta nella sua vita, rivolgendosi a Hermione Granger era stato semplicemente sincero. Fu quella constatazione a sconvolgere Hermione più di tutto.  

L’unica cosa che riuscì a fare fu voltargli nuovamente le spalle e andare via.

 

 

Venerdì, 10 Settembre 1999

La giornata era cominciata bene, per Hermione.

La prima lezione era stata Pozioni, e Lumacorno aveva fatto preparare agli studenti del settimo anno una pozione veramente difficile. Il professore si aspettava che Harry mettesse in pratica il talento che aveva dimostrato di possedere per la materia due anni prima, ma senza l’aiuto del Principe Mezzosangue Harry deluse alquanto le aspettative di Lumacorno. In compenso, però, egli rimase sbalordito dalla perfetta composizione della pozione di Hermione.

-E’ un vero peccato che la Stanza delle Necessità sia bruciata, vero, Harry? Altrimenti avresti potuto recuperare il vecchio manuale di pozioni di Piton.

Il suo tono rasentava la cattiveria e a Harry quella provocazione bruciò più di ogni altra cosa. Perché davvero non riusciva più a stare in silenzio vicino a un’Hermione così.

-Di Piton? Ecco perché al sesto anno eri così bravo in Pozioni, Potter. E io che pensavo che la Mezzosangue ti avesse prestato il suo talento.

Si girarono tutti e due a fissare Draco Malfoy che camminava proprio dietro di loro.

Harry strinse i denti ma non rispose nulla. Il fatto che Narcissa Malfoy gli avesse salvato la vita mentendo a Voldemort fu l’unico motivo per cui non reagì a quella frecciatina.

Hermione allargò gli occhi e strinse le labbra. Lo scrutò per un po’, poi fece un passo avanti.

-Un Malfoy che fa un complimento a una Mezzosangue? Allora il mondo è davvero cambiato.

-Certo che è cambiato, Granger. E l’unica che non riesce ad accettare questo cambiamento sei tu, nonostante sia proprio tu la prima a non essere più la stessa.

Draco fece un cenno con la testa poi li superò lasciando Hermione attonita e stupita per le parole che le aveva rivolto.

Per tutto il giorno non fece altro che pensarci.

E non fece altro anche per tutto il fine settimana, passato sotto le coperte del suo letto a baldacchino. Non aveva messo naso fuori dalla porta della sua stanza neppure per mangiare.
Il lunedì mattina, però, quando si alzò per andare a colazione sembrava avesse dimenticato tutto.

 

 

Domenica, 19 settembre 1999

Hermione aprì gli occhi con la certezza che ci fosse qualcosa di cui si fosse dimenticata.

Quando vide i regali ai piedi del suo letto a baldacchino, però, ricordò che giorno fosse.

Il suo compleanno.

-Auguri, Hermione!

Aveva ignorato Calì, fingendo di non averla sentita.

Ma quando scese in sala comune non le fu proprio possibile ignorare Harry, infatti appena la vide l’abbracciò forte.

-Buon compleanno Hermione! Ricevuto bei regali?

Lei non ricambiò l’abbraccio, ma strinse i pugni lungo i fianchi mentre Harry la stringeva.

-Non li ho aperti.

Harry fece un passo indietro e perse il sorriso che aveva sulle labbra.

-Perché? Sono solo dei regali, Hermione. E almeno oggi dovresti staccare la spina e festeggiare.

Una risata priva di qualsiasi tipo di divertimento riempì la stanza.

-Festeggiare? Festeggiare, Harry? E per l’amor del cielo, che cosa diavolo dovrei festeggiare?

La rabbia che aveva permeato quelle parole colpì Harry in maniera profonda, perché per la prima volta si rese conto che Hermione davvero non era più quella di un tempo. Si sentì in colpa, perché si rese conto che non aveva fatto abbastanza per lei. Non le era stato accanto come avrebbe dovuto.

-E’ il tuo compleanno…

Il suo fu quasi un pigolio. Sapeva che non erano quelle le parole che avrebbe dovuto dirle. Avrebbe dovuto chiederle scusa, giurarle che gli dispiaceva. Ma non riuscì neppure a pensare a una frase sensata da dire, perché Hermione lo superò dirigendosi verso il buco del ritratto.

-Un compleanno è la festività della data in cui si è nati. E’ la festività del giorno in cui i tuoi genitori ti hanno dato alla luce. E io non ho nessuna voglia di festeggiare visto che quando sono morti loro neppure sapevano di avere una figlia.

Si era fermata, Hermione. Una lacrima aveva solcato il suo viso, l’aveva asciugata con il dorso della mano e aveva abbandonato la torre di Grifondoro.

I suoi passi l’avevano condotta, per l’ennesima volta inconsapevolmente, proprio ai piedi della Statua dei Caduti.

Aveva alzato lo sguardo e aveva cominciato a leggere i nomi incisi sulla pietra.

Fred, Tonks, Lupin, Colin… Tiger.

Un’imprecazione le morì in gola quando i ricordi di ciò che era avvenuto nella Stanza delle Necessità le si affacciarono in mente.

Tiger aveva prodotto quell’incendio distruttivo.

Tiger aveva attentato alla loro vita, rischiando di ridurli tutti in polvere.

Tiger aveva procurato la sua stessa morte.

Che diritto aveva, lui, di essere commemorato? Che diritto aveva, lui, di essere accostato ai nomi tanto buoni e valorosi di coloro che avevano combattuto per salvare la vita altrui?

-Che diritto avevi, tu, di essere inserito in questa lista di eroi?

Hermione era in ginocchio, tirava con forza i fili d’erba intorno ai quali si erano chiusi i suoi pugni, e dopo tanto tempo si lasciò andare alla debolezza del pianto. Lei, che aveva giurato di non versare più una lacrima, era stata sopraffatta ancora dal dolore e dalla rabbia.

-Non mi viene difficile immaginare contro chi stai riversando il tuo tormento, Mezzosangue.

Draco Malfoy era alle sue spalle, con le braccia incrociate, e per la prima volta in quell’anno la guardava con sguardo carico di disprezzo. Per la prima volta, in quel nuovo anno a Hogwarts, aveva pronunciato quell’appellativo con odio.

Hermione si alzò di scatto e puntò la bacchetta contro Malfoy.

-Che cosa vuoi fare? Uccidermi? – Draco allargò le braccia e fece una risata sarcastica. – Avanti, fallo.

Hermione fece un passo avanti e spinse la punta della bacchetta contro la gola di Draco.

Ecco arrivato il momento della sua vendetta: avrebbe potuto fare di lui il capro espiatorio. Dopotutto, seppur sua madre avesse salvato la vita di Harry – e di tutto il mondo magico, le suggerì una vocina all’interno del suo cuore che ella prontamente ignorò – lui era un assassino. Aveva tentato di ammazzare Silente, e anche se non c’era riuscito – non aveva voluto, le suggerì sempre la solita vicina che ella ancora una volta ignorò – era comunque un vigliacco e un traditore. Che cosa le impediva di farsi vendetta, allora? Cosa le impediva di vendicare la morte di Fred, Tonks, Lupin, i suoi genitori, e tutti coloro che avevano perso la vita a causa di quello che Voldemort e i suoi compari Mangiamorte avevano fatto? D’altronde non aveva anche lui quel dannato Marchio Nero sul braccio sinistro?

-Avanti. Che cosa stai aspettando?

Hermione, per riflesso, spinse più a fondo la bacchetta nella sua gola, ma a parte un lieve gemito di dolore Draco non si mosse. Hermione lo guardò negli occhi, sperando di trovare in quello sguardo che sempre l’aveva sottovalutata la forza di lanciargli almeno uno Stupeficium, ma quello che vide, invece, la destabilizzò facendola arretrare e facendole abbassare la bacchetta.

-Vattene.

-No.

-Ho detto vattene.

-E io ho detto di no.

Hermione fece per alzare di nuovo il braccio, poi scosse la testa e lo superò.

Il fatto che avesse trovato in quegli occhi lo stesso dolore e la stessa rabbia che provava lei, non faceva di Draco Malfoy un amico, né un confidente, né altro.

-Allora me ne vado io.

-Saprò come trovarti, Granger. Non è difficile trovare la scia dei sentimenti che ti porti addosso. La rabbia puzza, Mezzosangue.

Hermione tornò di corsa al suo dormitorio, prese i regali ancora intatti nelle loro confezioni e li lanciò senza troppo garbo nel baule, poi si infilò a letto, chiudendosi intorno le tende del baldacchino, e pianse.

 

 

Martedì 19 Ottobre 1999

Era passato un mese ed Hermione si sentiva diversa.

Lei e Draco si erano incontrati spesse volte, in quei giorni. A lezione, in Sala Grande, per i corridoi… ma non si erano più parlati, né avevano cambiato modo di comportarsi l’uno nei confronti dell’altro.

Eppure, qualcosa era veramente cambiata.

Hermione attribuiva quella sensazione alla crisi di pianto che l’aveva travolta il giorno del suo compleanno. Era rimasta tutto il giorno a singhiozzare, sfogando in quel modo innocente tutto il peso che si portava nel cuore.

Pianse per la morte dei genitori, maledicendosi per non averlo fatto prima.

Pianse per la morte di tutti i nomi che aveva letto quella stessa mattina sulla pietra della Statua.

Pianse per la morte della se stessa che era stata fino ad allora.

E quando questo pensiero fece breccia sui suoi nervi Hermione si vergognò di sé. E pianse ancora di più.

Quel pianto isterico l’aveva aiutata a liberarsi un po’ di tutti i cattivi sentimenti che provava, e anche se non l’aveva resa immune al dolore o alla rabbia, le aveva fatto capire che il suo egoismo la stava allontanando dalle persone a cui teneva di più.

Ma si sa, come è molto più facile giudicare gli altri che se stessi, è molto più facile perdonare gli altri che se stessi. Per questo motivo, Hermione non aveva fatto nulla di diverso fino a quel momento.

Era al secondo piano e si stava dirigendo a lezione di trasfigurazione quando vide Malfoy entrare nel bagno di Mirtilla Malcontenta.

Passò oltre, decisa a ignorare il motivo per il quale fosse entrato proprio in quel bagno. Non appena svoltò l’angolo, però, maledisse la sua curiosità e tornò indietro.

Era indecisa se entrare con arroganza o fare finta di niente, ma nella prima ipotesi avrebbe dovuto ammettere di averlo seguito, e questo non rientrava minimamente nei suoi piani.

Abbassò piano la maniglia e aprì lentamente la porta. Draco era di spalle, oltre il primo cubicolo, e guardava in alto verso il sifone.

-Ti manca molto, vero?

Hermione spalancò gli occhi quando sentì la voce di Mirtilla Malcontenta.

-Già. Più di quanto mi sarei potuto aspettare.

-Eravate amici.

-Già. Ma forse neppure lo sapeva.

-E’ per questo che vieni ancora a trovarmi? Perché hai paura che io non sappia che siamo amici? Ti sbagli, Draco. Io lo so che siamo amici. Sei stato tu a dirmi che sono l’unica persona in questo castello con la quale potresti definirti amico.

Draco rise, prima di appoggiarsi con la schiena alla porta chiusa del cubicolo.

Quel movimento, però, gli consentì di vedere Hermione che stava ancora origliando. La risata gli morì sulle labbra e la sua espressione si trasfigurò da divertita a feroce.

Hermione aveva sentito le parole di Mirtilla.

Hermione Granger aveva appena scoperto quanto fosse patetico Draco Malfoy che, essendo isolato da tutti gli studenti di Hogwarts, compresi i compagni della sua casa, aveva coltivato uno pseudo rapporto di amicizia con l’unica persona a cui non faceva ribrezzo. Dopotutto, due anni prima, Mirtilla Malcontenta era stata l’unica con cui aveva parlato mentre tentava di riparare quel dannato armadio svanitore.

Hermione si scottò per la furia di quello sguardo e corse via senza dire neanche una parola.

Non pensò neppure per un secondo che Draco Malfoy fosse patetico. Tutti hanno bisogno di qualcuno, e in mancanza di alternative ci si accontenta di ciò che ci viene offerto. Come avrebbe potuto biasimarlo per non aver rinunciato a qualcuno disposto a rivolgergli la parola e ad ascoltarlo? Come avrebbe potuto biasimarlo per aver tentato di non impazzire chiudendosi in se stesso? Come avrebbe potuto biasimarlo per aver cercato di reagire, in qualche modo? Come avrebbe potuto biasimarlo per non essere stato come lei?

Corse senza prendere fiato.

Corse, sapendo esattamente dove andare.

-Giuro… giuro che da ora in poi verrò più spesso. Ci verrò di mia volontà. E verrò a parlare con voi.

Furono queste le parole che disse, ansimando, rivolgendosi ai nomi incisi su quella pietra.

 

 

Mercoledì 17 Novembre 1999

-Lo sapevo che ti avrei trovato qua.

Stavolta a essere seduto ai piedi della statua era Draco, e la voce che lo sorprese alle spalle era quella di Hermione.

Ecco che ancora una volta si erano invertiti i ruoli tra loro due.

-Che vuoi, Mezzosangue?

Hermione tirò fuori la bacchetta. Draco alzò le sopracciglia in un’espressione beffarda, ma per un attimo temette che Hermione avesse trovato il coraggio di farlo fuori. A infondergli questo timore fu la luce che vide nei suoi occhi: non c’era più rabbia né dolore, ma solo rassegnazione.

Hermione fece apparire dal nulla un giglio bianco e lo posò con lentezza ai piedi della Statua.

-Mirtilla Malcontenta è di nuovo depressa. Dice che da quando ti ho visto parlarle, il mese scorso, non sei più andato a trovarla. E che è tutta colpa mia, ovviamente.

Hermione si sedette accanto a lui e Draco la guardò esterrefatto.

Da quel giorno non aveva più avuto il coraggio di guardarla in faccia. Si era sentito ridicolo e stupido, aveva temuto che in men che non si dica tutti avrebbero saputo che era diventato l’amichetto del cuore di un fantasma un po’ toccato, aveva tremato sapendo che la Granger si sarebbe vendicata di lui raccontando l’accaduto all’intera scuola, così che di nuovo tutto sarebbe tornato alla normalità: avrebbero ricominciato a sparlare e a spettegolare su di lui, piuttosto che su di lei.

Niente di tutto ciò era accaduto, ma Draco sentiva ancora l’umiliazione bruciargli dentro come Ardemonio, per questo motivo l’attaccò.

-Adesso sei tu che vai a parlare con i fantasmi, Mezzosangue?

-Non dirlo in quel tono, Malfoy, visto che non pensi sia una brutta cosa.

E di nuovo i ruoli si erano invertiti: Draco aveva pronunciato quell’appellativo come un insulto, e Hermione aveva pronunciato il suo cognome semplicemente per chiamarlo.

-Cos’è, sei andata a chiederle che segreti le avessi confessato? Mi dispiace deluderti, Granger, ma non le ho detto proprio nulla.

Hermione sospirò e con un dito sfiorò quel piccolo fiore, così candido, che aveva tutto il sapore di un regalo.

-Non le ho chiesto niente, di te. Mi sono trovata lì per caso, volevo nascondermi da Ron e Lav...

Arrossì, Hermione, perché si era esposta più di quanto avesse preventivato.

-Immagino che non abbia perso tempo prima di insultarti.

Alzò lo sguardo, troppo stupita del fatto che Draco non avesse colto al balzo l’occasione per prendersi gioco di lei, ma poi sorrise ricordando che lei non era l’unica persona ad essere cambiata.

-No, infatti. Mi ha accusato di essere la causa della tua solitudine. Perché non bastava che avessi perso Tiger e che Goyle non fosse tornato a scuola, ma per colpa mia avevi perso anche lei.

Draco fece per aprir bocca, ma Hermione glielo impedì con un gesto della mano.

-Mi ha detto che oggi sarebbe stato il suo compleanno e poi… penso che mi abbia detto una frase tua. Insomma, il modo in cui l’ha detta, mi ha fatto pensare che fosse un tuo pensiero, quello.

-Di che frase stai parlando, Mezzos…?

-Potresti smetterla di chiamarmi Mezzosangue?

-E tu potresti smetterla di chiamarmi Malfoy?

-Ma tu sei un Malfoy!

-E tu sei una Mezzosangue.

Hermione arricciò le labbra prima di rispondergli ancora.

-Tu ti chiami Malfoy. Io mi chiamo Granger.

-Semmai, io mi chiamo Draco. E tu… tu rimani comunque una Mezzosangue.

Aveva sorriso Draco. E aveva sorriso anche Hermione. Perché bisticciare in quel modo era un barlume di normalità, e la normalità era mancata ad entrambi.

-Non ho ancora scartato i regali del mio compleanno, sai? Penso che andrò a farlo adesso. Dopotutto, oggi è il compleanno di qualcuno. Fai gli auguri a Tiger da parte mia.

Draco rimase in silenzio mentre lei si allontanava. Poi si alzò e le urlò dietro.

-Che frase ti ha detto Mirtilla Malcontenta?

Ma Hermione non rispose e continuò a camminare.

 

 

Domenica 21 Novembre 1999

Il vento soffiava forte ma per fortuna aveva smesso di piovere. Quella settimana era stata terribile, infatti, da quel punto di vista.

Hermione si diresse verso il confine della Foresta Proibita, fermandosi come al solito davanti alla Statua eretta in Onore dei Caduti.

Fece apparire dal nulla un mazzo di girasoli, poi un giglio bianco.

-Nessuno piange per la morte dei cattivi, nessuno grida "loro non torneranno"! Nessuno posa un giglio sulla loro tomba. E’ questa la frase che ti ha riferito Mirtilla, non è vero?

Hermione sorrise compiaciuta.

-Ora abbiamo lo stesso nome.

Draco alzò un sopracciglio non avendo capito affatto il senso di quelle parole. Hermione fece un altro sorriso.

-Nessuno piange per la morte dei cattivi. Nessuno grida “loro non torneranno”! E Nessuno posa un giglio sulla loro tomba. Bè, questa non sarà la tomba di Tiger, ma è ciò che più vi si avvicina. Ed è la seconda volta che vengo a posare un giglio per lui. Perciò io sono il terzo Nessuno, tu sei i primi due. Abbiamo lo stesso nome, no? Nessuno.

Hermione si alzò per andare via ma stavolta Draco la fermò afferrandole il polso.

-Perché lo fai?

-Perché ho riflettuto.

-Su cosa?

-Sul fatto che nessuno è innocente.

Hermione non fece niente per liberarsi da quella presa ma Draco la mollò ugualmente.

-E questo che significa?

Una lacrima scese sul volto di Hermione, ma lei non rifuggì lo sguardo di Draco. In fondo non le importava che lui la vedesse.

-Tu hai tentato di uccidere Silente con tutte le tue forze, ma quando ti sei trovato davanti la possibilità di stroncare definitivamente la sua vita non l’hai fatto, ti sei aggrappato all’idea di protezione e salvezza che ti aveva offerto per l’amore che ti lega alla tua famiglia. Piton detestava Harry perché era troppo simile a suo padre, ma ha lottato per salvarlo, per l’amore che provava per sua madre.

Draco strinse le labbra. Parlare di Severus Piton era l’ultima cosa che voleva fare, soprattutto perché sapere che lui era sempre stato dalla parte dell’Ordine gli aveva fatto bruciare in petto uno strano sentimento di gratitudine e orgoglio, ma non aveva mai detto a nessuno quelle cose. Solo sua madre sapeva quanto fosse stato male, dopo la sua morte. Solo sua madre sapeva che Piton e Tiger erano le uniche vittime di quella guerra per cui aveva pianto.

-Tiger è cresciuto con delle idee in testa, le stesse con cui sei cresciuto tu. Ma se tua madre si è redenta e tu stesso lo hai fatto, perché non avrebbe potuto farlo lui se ne avesse avuto l’opportunità?

Draco non rispose.

Hermione sembrava avergli letto dentro. Perché era ciò che Draco aveva desiderato fosse accaduto, quando aveva visto seppellire il suo amico.

-L’ho già fatto una volta, perciò non ti ringrazierò ancora, Mezzosangue. E non smetterò di chiamarti così solo perché adesso siamo in tregua.

Hermione rise. Si asciugò quella lacrima con il dorso della mano, poi quella stessa mano l’agitò in direzione di Draco.

-Ci vediamo, Malfoy.

 

Quando Hermione entrò in Sala Grande per il pranzo individuò subito i suoi amici e andò a sedersi tra Harry e Ginny.

-Scusate. Mi sono comportata da egoista e ho sbagliato tutto con voi. Però vi voglio bene.

Alzò lo sguardo sui loro volti sorpresi, poi si fermò a guardare Ron.

-Ho sbagliato soprattutto con te. Mi dispiace, Ron. Ma spero che tu sia felice con Lavanda, credo che sia una brava ragazza e che tu possa stare bene insieme a lei.

Ron arrossì di botto, poi infilzò la forchetta nella salsiccia ancora intera nel suo piatto e borbottò qualcosa con la bocca piena.

Harry e Ginny risero, Hermione sospirò.

Ecco un altro barlume di normalità.

 

 

25 Dicembre 1999, La Tana.

-E insomma, mi stai dicendo che devo ringraziare Vincent Tiger - lo stesso Vincent Tiger che ha cercato di bruciarvi vivi - se tu sei tornata in te?

Hermione fece spallucce, poi si tirò il piumone fin sopra le orecchie.

-E Draco Malfoy. Si.

Ginny tirò via le coperte per guardarla negli occhi.

-Un fantasma e un furetto. Grandioso.

-Non era un fantasma, era un sogno!

Ginny inarcò le sopracciglia.

-Sarà stato pure un sogno, ma Tiger è morto, quindi quello che hai visto – in sogno! – era il suo fantasma.

Hermione scosse la testa, poi si ritirò le coperte sulla faccia.

-Per quanto dovrà andare avanti questo teatrino? Lo ripetiamo tutte le mattine da

-Da quando sei tornata in te e sei tornata ad essere la mia migliore amica. E continuerà finché non ammetterai che ti sei innamorata di Malfuretto.

-Ginny!

Hermione aveva scalciato le coperte e si era seduta di scatto, guardando la sua ritrovata migliore amica con un’espressione sconvolta.

-Ma che diavolo dici? Io non sono affatto innamorata di Malfoy.

Ginny si alzò e si avvicinò ai piedi del letto, cominciando a scartare i suoi regali di Natale. Infilò il maglione di Molly e rispose ad Hermione senza guardarla.

-Perché ancora non lo sai. Ma i segnali ci sono tutti, Hermione.

Gattonò sul letto fino a trovarsi vicino a Ginny, poi la prese per una spalla e la costrinse a guardarla negli occhi.

-Io non sono innamorata di Malfoy.

-Allora non sei ancora riuscita a convincerla, eh?!

Harry era entrato in camera senza bussare, poi si era seduto affianco a Ginny e le aveva dato un bacio a fior di labbra.

-Ah, buon Natale!

 

 

31 Dicembre 1999

Hermione indossava il vestito che le aveva regalato Ginny, le scarpe che le aveva regalato Harry e lo scialle che le aveva regalato Ron.

George le si avvicinò e le fece fare una giravolta.

-Sei uno schianto, Hermione. Stasera farai impazzire più di una persona, al Ministero.

Hermione sorrise, compiaciuta. Poi fissò lo sguardo su Ron, elegante come non mai nel suo smoking nuovo.

-George ha ragione, sei bellissima.

Le si avvicinò e le posò un bacio sulla guancia. Lavanda, dalla porta della cucina, li guardava sorridendo. Ron si era innamorato di lei, alla fine, convenendo che con Hermione le cose erano andate come erano andate perché non erano destinati a stare insieme in quel senso.

Attesero che anche gli altri fossero pronti prima di raggiungere la Sala del Ministero addobbata a festa per l’arrivo del nuovo anno. Il primo anno senza Voldemort.

Narcissa Malfoy sorrideva e stringeva mani, fiera e orgogliosa accanto a suo figlio.

Draco, dal canto suo, non aveva nulla della regalità di sua madre, vista l’espressione di sconvolgente stupore che aveva in viso.

-Anche lui è innamorato di te.

-Smettila, Ginny.

Hermione le diede una gomitata che Ginny prontamente evitò prima di scoppiare a ridere e andare avanti con Harry per stringere la mano ai Malfoy.

Hermione deglutì a fatica quando vide Ginny sussurrare qualcosa a Draco.

Poi sbiancò quando vide l’espressione di Draco.

Infine pietrificò quando vide Draco fare un lieve inchino alla madre per congedarsi da lei e avvicinarsi a Hermione.

-La tua amica ha delle interessanti teorie sui miei sentimenti per te.

-Anche sui miei.

-Bè si sbaglia, perché io non ti amo affatto, Mezzosangue.

-Neanch’io amo te, Malfoy.

-Bene.

-Bene.

 

Le Sorelle Stravagheria avevano iniziato a suonare prima della mezzanotte, ma avevano fatto una pausa per cedere il microfono a Kingsley Shakebolt che festeggiava il suo primo capodanno da Ministro.

Kingsley fece un discorso da Ministro, poi brindò all’onore di coloro che erano morti combattendo Voldemort. Ma proprio quando tutti avevano alzato i calici, già pronti a buttarsi in pista per tornare a ballare e godersi la festa, Hermione salì su quel palco allestito apposta per l’occasione e sorrise a Kingsley, chiedendo di poter prendere la parola.

Hermione Granger, l’eroina del Mondo Magico: chi non l’avrebbe fatta parlare?

-Sarò breve e coincisa. Ecco…

Aveva sentito gli occhi di tutti puntati addosso, ma lei non aveva alzato lo sguardo. Un po’ imbarazzata aveva sentito il rossore invaderle il viso, ma aveva ripreso presto il controllo di sé ripensando a ciò che voleva dire.

-Ecco, io voglio che brindiamo non solo a chi è morto combattendo dalla parte dei buoni, ma anche a chi buono non è potuto esserlo perché nessuno gliel’ha insegnato.

Aveva guardato Harry, mentre parlava.

Lui aveva ricambiato il suo sguardo, fiero e orgoglioso, perché quelle erano le parole che gli davano la conferma che l’Hermione Granger che aveva sempre conosciuto era davvero tornata. Con il suo coraggio, il suo orgoglio e la sua forza.

Nei suoi occhi Hermione aveva ritrovato casa, e fu la certezza di avere le spalle coperte a darle il coraggio di guardare Draco Malfoy pronunciando l’ultima frase.

-Tutti meritano un giglio bianco sulla propria tomba.

Draco era stato percorso da un brivido.

Si, quella donna era davvero in grado di farlo tremare. Se per paura, o per altro, ancora non lo sapeva.

 

 

Domenica 25 giugno 2000

Hermione incontrò Draco nella Sala d’Ingresso.

-Buongiorno Mezzosangue.

-Buongiorno Malfoy.

-Hai delle occhiaie terribili. Non dirmi che sei stata sveglia a studiare tutta la notte, perché i M.A.G.O. sono finiti ieri, se non te ne sei accorta.

Hermione sbuffò e gli diede una spinta.

-Tu non ne sai niente delle mie notti brave, Malfoy. Dopotutto ieri era sabato, e io sono una studentessa maggiorenne che conosce tanti passaggi segreti per Hogsmeade…

Draco assottigliò lo sguardo e fece una smorfia.

-Quelle non sono occhiaie da notti brave!

-E tu che ne sai?

La loro schermaglia era continuata fino a che non erano arrivati davanti alla Statua.

Come al solito, Hermione aveva fatto apparire un mazzo di girasoli e un giglio bianco. Poi si era seduta con le gambe incrociate aspettando che Draco facesse lo stesso.

Quella era ormai una routine. Dal ritorno a scuola dopo capodanno, infatti, avevano cominciato a vedersi tutte le settimane nello stesso luogo. Nessuno dei due dubitava del fatto che quelli non fossero più incontri casuali.

Avevano iniziato a conoscersi, continuando sempre a battibeccare su tutto. Ma non avevano mai dato a Ginny, in tutti quei mesi, l’opportunità di dir loro “ve l’avevo detto”! Non fino a quel momento, almeno.

Perché Draco e Hermione si erano veramente innamorati l’uno dell’altro, ma non avevano ancora trovato il coraggio di confessarselo.

-Questa è l’ultima domenica che passiamo a Hogwarts. Da ora in poi non ci saranno più gigli bianchi per lui.

Hermione posò una mano sul braccio di Draco e lui ne approfittò per abbracciarla.

Il suo intento, in realtà, era quello di allacciarle la collanina che aveva in mano senza doversi esporre molto mostrandogliela. Hermione lo capì e si allontanò. Al suo collo era appeso un ciondolo in oro bianco, a forma di giglio.

-E’ per ringraziarti di tutti i gigli che hai portato a Vincent.

Hermione strinse il pugno intorno al ciondolo, emozionata. Fissò il nome di Tiger inciso sulla pietra, vicino a quello dei suoi amici, e sussurrò una sola parola.

-Grazie.

Infine si girò verso Draco e gli diede un bacio.

Niente di eclatante o passionale. Un semplice bacetto sulle labbra.

-Sei un subdolo manipolatore, perché hai usato Tiger come scusa per darmi un regalo.

-Direi che ti è piaciuto.

Draco ghignò e Hermione gli tirò un pugno sulla spalla.

-Idiota!

Draco afferrò la sua mano e la usò per farla avvicinare. E fu lui a baciarla. E in quel bacio ci mise tutti i sentimenti che aveva imparato a provare.

-E comunque impara, Mezzosangue. Questo è un vero bacio.

Con quella frase mandò in frantumi all’istante la bolla di romanticismo che si era creata, ma piuttosto che rimanerne delusa, Hermione lo spinse via, ridendo.

-Ciao Tiger. Ti porteremo un altro giglio bianco, un giorno.

 

 

 

   
 
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