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Autore: Sissi_SeaweedBrain    28/12/2012    12 recensioni
OS ambientata durante il quinto libro, più precisamente durante la battaglia sull'Olimpo con Crono.
E se Luke non fosse stata l'unica vittima dello scontro nella Sala del Trono? E se l'eroe che morirà secondo la profezia non fosse solo Luke?
"L'anima dell'eroe, l'orrida lama strapperà".
-Non puoi. Apri gli occhi. Ora. Percy, apri gli occhi-
Le porte si spalancarono di colpo e gli dei entrarono, in pompa magna, pronti a combattere. E rimasero fermi, interdetti da ciò che videro.
(...)
-Tu... tu aspettami. Giuramelo.-
Annuì, guardandomi negli occhi. -Per sempre. Solo... non raggiungermi troppo presto, okay?- concluse con un sorrisetto. Annuii, stringendogli di nuovo la mano.
-Promesso-
[PERCABETH] [ANGST] [MORTE DI UN PERSONAGGIO]
Preparate i fazzoletti. Io vi ho avvertito.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Luke Castellan, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Every war needs sacrifices
A Elis, a Erica, a IdaH, a Miws, a Queen e ad Ash e a tutto l'Half-Blood.
A Steff, a Robby e a Call.
Un ringraziamento speciale a Palladipelo.


EVERY WAR NEEDS SACRIFICES

Crono era al centro della sala del trono, con le braccia spalancate, e fissava il soffitto stellato come per assorbirlo con lo sguardo. La sua risata eccheggiava ancora più forte di quando proveniva dagli abissi del Tartaro.
-Finalmente!- gridò -Il Consiglio degli Dei... Così fiero e potente. Quale trono distruggerò per primo?-
Ethan Nakamura si teneva un po' in disparte, alla larga dalla falce del suo padrone.
(...)
Io, Annabeth e Grover avanzammo alla luce delle torce. Ethan ci vide per primo. -Mio Signore- avvertì.

Crono si girò verso di noi, sorridendo. Vedere quel ghigno, quegli occhi oro, sul volto di Luke mi fece correre i brividi lungo la schiena. Quello era lo stesso ragazzo che, quattro anni prima, mi aveva accolto nella sua cabina. Era lo stesso ragazzo che si era finto mio amico. E ora stavo per affrontarlo in un duello all'ultimo sangue, al quale almeno uno di noi non sarebbe sopravvissuto.
-Jackson. Quindi vuoi essere distrutto tu per primo. E' questo che hai deciso?-
Sentivo il cuore battermi a mille, come se volesse uscirmi dal petto. Annabeth, dietro di me, trattenne il fiato e si lasciò sfuggire un singhiozzo.
Non risposi ma strinsi la mano sull'elsa di Vortice, cercando di mantenere un minimo di lucidità. Sapevo che non avrei potuto resistere a lungo, neanche con l'aiuto della maledizione di Achille. La mia unica possibilità era di riuscire a trattenerlo abbastanza a lungo affinché gli dei sconfiggessero Tifone e ci raggiungessero qui, sull'Olimpo.
"L'anima dell'eroe, l'orrida lama strapperà."
Grandioso. Era proprio il momento ideale per farmi tornare in mente quel verso, non particolarmente rassicurante, della profezia.
-Hai intenzione di combattere con la falce?- lo sfidai. Se avesse deciso di usare una spada, forse avrei avuto qualche possibilità in più -Almeno Luke aveva il coraggio di usare una spada. Ma forse tu sei troppo codardo per farlo.-
Crono fece un verso di scherno. I contorni della sua falce tremolarono e, infine, l'arma assunse la forma di Vipera, la spada metà di acciaio e metà di bronzo celeste con cui combatteva Luke. La sollevò e, in un attimo, mi fu addosso come una furia.
Lasciai che i miei istinti prendessero il controllo. Parata. Schivata. Tentare un fendente.
Arretrai di qualche passo, respirando freneticamente. Non mi dava un secondo di tregua, era come combattere contro centinaia di avversari contemporaneamente. Poco più in là, Annabeth teneva Ethan impegnato in un duello e Grover suonava una melodia col suo flauto di canne. Crono mi incalzò, spingendomi contro uno dei troni alle mie spalle. Era quello di Efesto, completamente ricoperto di ingranaggi e meccanismi vari. Mi gettai di lato per evitare un colpo e la lama di Crono colpì il bracciolo, emettendo un clangore metallico e attivando i meccanismi segreti del trono.
-Modalità di difesa- ronzò una voce femminile metallica -Attivazione modalità di difesa-.
Okay. Questo non promette niente di buono. Scattai in avanti e scivolai sotto le gambe del titano, allontanandomi dal trono ronzante e sibilante. Nello stesso istante, esso sparò razzi elettrici in ogni direzione. Uno di essi colpì Crono sul volto che crollò a terra con un urlo, sfrigolando.
Annabeth vide in quel momento non so quale occasione stesse aspettando. -Luke! Luke ascoltami!- urlò, correndo verso il titano, che si stava rialzando.
-Annabeth!- urlai. Cercai di scattare verso di lei, ma Ethan mi bloccò la strada. Lo tolsi di mezzo con uno spintone, ma Crono si era già rialzato e con uno scatto del polso, spedì Annabeth a volare attraverso l'intera stanza. Grover, senza smettere di suonare il flauto, iniziò a muoversi verso di lei, lentamente.
Crono mi sorrise, malefico.
-Forza, Jackson. Corri a vedere come sta la tua ragazza.-
Lanciai un'occhiata ai miei amici: Grover era inginocchiato al fianco di Annabeth, ma alle parole del titano aveva alzato gli occhi su di me e scuoteva energicamente la testa. -Ci sono io qui- sillabò, muovendo solo le labbra.
Annuii controvoglia e riportai l'attenzione su Crono. Intanto, Ethan era sgusciato alle mie spalle. Non potevo affrontare uno senza volgere le spalle all'altro. E considerato che forse Ethan conosceva il mio tallone di Achille, la prospettiva non era certo delle migliori.
-Nakamura- ordinò Crono, con tono freddo -Uccidi la ragazza. E anche il satiro.-
-Sì, signore-
-NO- senza riflettere, mi gettai all'inseguimento del figlio di Nemesi, voltando le spalle al Signore dei Titani. Lo raggiunsi un secondo prima che colpisse Annabeth, dopo che ebbe allontanato Grover da lei con uno spintone.
-Stai bene?- chiesi, senza fiato.
Lei stava per rispondere, ma improvvisamente spalancò gli occhi. -Percy, ATTENTO!-
Non feci in tempo a reagire che un dolore lancinante mi colpì alla base della schiena, facendomi crollare in ginocchio. Avevo la sensazione che tutto il mio corpo andasse a fuoco, impedendomi di pensare. Il viso di Annabeth, congelato in un'espressione di inorridita incredulità, si appannò davanti a me, come se avessi un velo davanti agli occhi che mi impediva di vedere chiaramente.
-No.. No. No. Percy.- anche la sua voce mi arrivava ovattata, così come la risata soddisfatta di Crono e il belato disperato di Grover.
Il dolore era quasi insopportabile, mi mozzava il respiro. Nonostante le fitte, riuscii a capire che, mentre ero occupato ad aiutare Annabeth, Crono doveva essermi arrivato alle spalle, colpendomi nell' unico punto vulnerabile del mio corpo.
-Percy, non chiudere gli occhi. Non farlo. Guai a te se osi chiudere gli occhi- mi minacciò Annabeth, singhiozzando e scuotendomi.
-Il ragazzo sta morendo, figlia di Atena- ruggì Crono, da qualche parte sopra di noi -Arrenditi-
-Tu non sei più Luke- accusò Annabeth, scoppiando definitivamente a piangere -Luke non avrebbe mai fatto una cosa simile. Lui sapeva quanto tenessi a Percy-
Sbattei le palpebre e vidi Crono bloccarsi, esitando. Quando tornò a parlare, la sua voce non era quella profonda e metallica di Crono. Era di nuovo quella di Luke.
-Annabeth...- balbettò, facendo un passo verso di noi. Si inginocchiò, guardandola con aria addolorata. -Mi dispiace. Davvero..-
-Avevi promesso. Che saremmo stati una famiglia. Che non mi avresti mai fatto del male!-
-Avevo promesso-
Non capii cosa si dissero dopo. Avevo le orecchie occupate da un ronzio continuo, che non mi permetteva di decifrare i suoni intorno a me. Vidi in modo appannato Luke prendere il coltello di Annabeth, scoprirsi un braccio e, a fatica, pugnalarsi.
Una luce accecante riempì la stanza, abbagliandomi. Istintivamente chiusi gli occhi. E sprofondai nel buio.


***

Quando la luce diminuì, abbassai il braccio con cui mi proteggevo gli occhi. Luke era sdraiato a terra, vicino a noi, e respirava a fatica.
-Grover..- mormorai, indicandoglielo con la testa. Lui si avvicinò e Luke aprì a fatica gli occhi. Sentii un singhiozzo sfuggirmi dalle labbra, mentre cercavo freneticamente la mano di Percy. La strinsi, ma non ottenni nessuna risposta. Lo fissai. Aveva gli occhi chiusi ed era mortalmente pallido. Il suo petto si alzava e si abbassava irregolarmente e il battito del suo cuore era terribilmente debole. Una lacrima mi rigò la guancia mentre gli spostavo una ciocca di capelli che gli era caduta davanti al viso.
-Perce, andiamo. Rispondimi. Apri gli occhi. Ci siamo riusciti. Abbiamo sconfitto Crono- sussurrai, stringendolo.
-Annabeth...- la voce flebile di Luke attirò di nuovo la mia attenzione. Alzai la testa.
-Annabeth, mi dispiace- mormorò, facendo una smorfia nel vedermi con le guance rigate di lacrime -Avevo promesso e... e non l'ho mantenuta. Ma tu non hai mai smesso di credere in me-
Scossi la testa, mentre mi sfuggiva un altro singhiozzo.
-Sei stato un eroe, Luke. Ti sei meritato l'Elisio- intervenne Grover, nonostante sembrasse sul punto di svenire.
-Penso.. penso che tenterò la rinascita. L'isola dei beati- ribatté debolmente, con un mezzo sorriso. Poi tornò immediatamente serio e sobbalzò, come colto da una fitta. -Annabeth, promettimi una cosa. Promettimi che non permetterai più che succeda. Quel che è successo a me, a Ethan, a tutti gli indeterminati.-
-Lo prometto- annuii, stringendo la mano di Percy in modo quasi convulso.
Ti prego, Perce. Ti prego apri gli occhi. Ritorna da me. Aiutami, ho bisogno di te.
Luke sorrise, finalmente in pace.
-Mi dispiace per tutto, Annie. Davvero.- mormorò, chiudendo gli occhi.
-Anche a me. Ciao Luke- sussurrai, nonostante non potesse più sentirmi.
Abbassai lo sguardo sul viso di Percy e sentii una morsa ghiacciata chiudermi lo stomaco. Era sempre più pallido e la stoffa dei miei jeans era fradicia di sangue. Mi accorsi di aver iniziato a piangere solo quando le lacrime mi appannarono la vista. Le asciugai con un gesto rapido, per poi continuare a implorare Percy di aprire gli occhi.
-Non puoi lasciarmi da sola, Jackson- minacciai, nella speranza che le maniere forti servissero a qualcosa -Non puoi. Apri gli occhi. Ora. Percy, apri gli occhi-
Le porte si spalancarono di colpo e gli dei entrarono, in pompa magna, pronti a combattere. E rimasero fermi, interdetti da ciò che videro. Luke morto, io e Grover chini su Percy, immerso in una pozza di sangue.
-No...- Poseidone si fece largo fra gli altri dei, il viso contorto in una maschera di dolore. -NO. PERCY-
Quasi non mi accorsi di come mia madre mi allontanò, per permettere al dio dei mari di abbracciare il figlio. Mi sembrava di vivere in trance, di non avere la forza di reagire. Non riuscivo a crederci.
Quando sentii mia madre abbracciarmi, davvero, per la prima volta, non mi trattenni più e scoppiai a piangere.
-Non è giusto. Non può essere vero. E' sempre sopravvissuto. Deve sopravvivere anche questa volta. Lui deve farlo.- singhiozzai, scuotendo la testa.
-Percy...- Il dio dei mari trattenne il respiro. Mi girai di scatto.
Aveva aperto gli occhi.
-Di immortales...-
Mi divincolai dall'abbraccio di mia madre e corsi a inginocchiarmi al suo fianco.
-Percy..-
Non disse nulla, mi rispose con un semplice sorriso stanco.
-Percy, andrà tutto bene.- Poseidone strinse l'altra mano di Percy, in un tentativo di fargli coraggio. In realtà, sembrava che stesse cercando di convincere sé stesso. Anche Percy lo capì, perché strinse debolmente la mano di suo padre, scuotendo la testa.
-Papà, va bene così. Ho fatto quello che dovevo- prese fiato e sobbalzò per colpa di una fitta di dolore. Mi si strinse il cuore e intrecciai le mie dita con le sue, per fargli sentire che ero lì, vicina -Stai.. stai solo vicino alla mamma, okay? Avrà bisogno di te.-
Poseidone annuì, con gli occhi lucidi.
-Lo farò.- tacque un istante, poi fece un mezzo sorriso, stiracchiato. -Sono così fiero di te, Percy. Ti voglio bene, lo sai.-
-Anche io, papà.-
Sentii una lacrima scorrermi lungo la guancia. Prima che potessi asciugarla, cadde e atterrò sulla mano di Percy che stavo ormai stringendo convulsamente, facendolo girare verso di me con un debole sorriso.
-Ehi.-
Tacqui per un istante, osservando quella debole copia del sorriso che tante volte mi aveva fatto sentire le farfalle nello stomaco. Avrei potuto dirgli migliaia di cose: che lo amavo, che era un eroe, che sarebbe andato tutto bene. Invece, tutto quello che mi uscì fra le lacrime fu:
-Ti prego, non lasciarmi-
Cercò di ridere, ma il tentativo di risata morì in una smorfia di dolore.
-Annabeth, l'abbiamo saputo fin dall'inizio che sarebbe finita così. Fin da quando abbiamo letto la profezia. Devi... Devi lasciarmi andare.-
-Non voglio-
Sentii una leggera pressione alle dita e una nuova ondata di lacrime mi travolse.
-Neanche io vorrei, credimi. Ma non possiamo controllare queste cose.-
Smisi di cercare di trattenermi e lo baciai. Fu veloce, velocissimo, ma dolce. Mi staccai subito, sentendo che le lacrime stavano per ricominciare a scorrere.
-Tu... tu aspettami. Giuramelo.-
Annuì, guardandomi negli occhi. -Per sempre. Solo... non raggiungermi troppo presto, okay?- concluse con un sorrisetto. Annuii, stringendogli di nuovo la mano.
-Promesso-
Gli strinsi la mano, mentre sorrideva e i suoi occhi iniziavano a chiudersi. Lentamente il ritmo del suo respiro rallentò, finché non rimase immobile. Poseidone si chinò e mormorò una benedizione in greco, prima di baciare il figlio sulla fronte.
Soffocai un singhiozzo e mi asciugai le lacrime, per poi alzarmi in piedi e avvicinarmi a Grover, completamente in lacrime.
-Forza. Andiamo dagli altri. Meritano di sapere cosa è successo-
Uscimmo dalla sala del trono, lasciandoci alle spalle un consiglio degli dei silenzioso e due dei lacerati dalla perdita dei figli.
Mentre scendevamo dall'Olimpo, incontrammo molte persone del campo. Avevano sentito l'esplosione che aveva segnato la sconfitta di Crono e stavano festeggiando ma, vedendo le nostre espressioni, tutti capirono che qualcosa non era andato come avrebbe dovuto.
-Sorridi, Annabeth!- esclamò Travis, appena mi vide -Abbiamo vinto-
Abbassai la testa, per non far vedere che le lacrime minacciavano di tornare a scorrere. Avevamo vinto, certo. Crono era stato sconfitto.
Avevamo vinto, ma io avevo perso. (*)


L'estate successiva non tornai al campo. E neanche quella dopo.
Non tornai neanche a New York.
Era semplicemente troppo difficile e faceva dannatamente troppo male. Non sarei mai riuscita a vedere ogni giorno la sua cabina, ora desolatamente vuota, o l'oceano, il cui colore mi ricordava ogni volta i suoi occhi.
Non avevo avuto notizie da Chirone o dal Campo e neppure dagli dei. Avevano probabilmente capito che avevo bisogno di passare del tempo da sola, di superare la cosa.
Ero andata avanti, in un certo senso. Mi ero diplomata a San Francisco. Semplicemente, la mia vita era andata avanti senza gli dei, il campo o qualsiasi altra cosa che potesse ricordarmi lui.
Fu solo la terza estate dalla guerra che Talia si presentò a casa mia e mi fece promettere che sarei tornata. E io, chissà perché, accettai.

Ero in macchina da sola e stavo guidando per le strade di New York. In lontananza, l'Empire State Building scintillava alla luce del sole. Distolsi lo sguardo. I ricordi erano ancora troppo vividi per essere sopportati.
Improvvisamente, sentii la sensazione di uno strappo alla bocca dello stomaco. Poi di essere senza peso e gettata in avanti, contro il parabrezza. Il mondo mi girò intorno, l'alto diventò basso e viceversa.
Non seppi cosa fosse successo. Vidi solo gente girarmi intorno, spaventata, urlando, mentre io ero sdraiata su quello che probabilmente era l'asfalto. Sentii le sirene spiegate lungo la strada e una voce di ragazza dirmi che presto saremmo andati all'ospedale.
Poi sentii una specie di capogiro e chiusi gli occhi.

Quando li riaprii ero in un posto diverso.
Altrettanto luminoso, ma in modo diverso. Se New York era costantemente illuminata da milioni di luci, qui la luce sembrava più naturale, diffusa.
A fatica, mi alzai in piedi e mi guardai intorno. Ero in un prato. Come ci ero arrivata in un prato, dal centro di New York?
Un dubbio iniziò a farsi strada nella mia testa, ma non sapevo come assicurarmente. In lontananza, sentivo lo scrosciare dell'acqua, come di un fiume che scorreva. Mi avviai in quella direzione e, una volta raggiunto il torrente, mi specchiai.
Quello che vidi mi fece indietreggiare di scatto. Mi portai le mani al viso. La ragazza riflessa ero io ma... ero io com'ero tre anni fa. A sedici anni.
Due voci che si avvicinavano mi fecero trasalire. Conoscevo quelle voci.
-Hai sentito, a New York c'è stato questo grave incidente stradale e... OH MIEI DEI! ANNABETH!-
Luke Castellan e Bianca Di Angelo si bloccarono, come paralizzati. E io pure. Non riuscivo a muovermi. Se avessi avuto bisogno di un'ulteriore conferma per la mia ipotesi, l'avevo appena avuta.
-Sono.. morta?-
Si scambiarono un'occhiata e annuirono. Luke si avvicinò a me, lentamente.
-Benvenuta nell'Elisio, Annabeth.-

Fu strano rivedere tutti. Mi accolsero con un sorriso, nessuno escluso, ma tutti nascondevano questa velata tristezza negli occhi.
-Non siete contenti di rivedermi?- chiesi a Luke, quando ci congedammo da Silena e da Beckendorf.
Lui scosse la testa. -Non è questo. E' che avremmo preferito rivederti... non così presto, ecco.- spiegò, piegando la testa di lato.
Camminammo per un po', finché non giungemmo ai limitari di uno dei tanti boschi dell'Elisio.
Luke si fermò e mi mise le mani sulle spalle.
-Okay, ascoltami. Vai sempre dritto, fino a quando non si diradano gli alberi.-
-Non vieni con me?-
Lui mi sorrise dolcemente e scosse la testa. -Oh, no. Questa volta devi andare da sola.-
Non sembrava intenzionato a dire altro, neanche se avessi insistito. Perciò, lo salutai e mi avviai nella direzione indicatami. Camminai per qualche minuto, guardandomi intorno. Pian piano, gli alberi iniziarono a farsi sempre più radi e l'erba si trasformò in sabbia. Mi tolsi le scarpe e continuai a camminare, a piedi nudi.
Ero su una spiaggia immensa, con la sabbia candida e il mare azzurro. Ma fu una figura in lontananza, seduta su una roccia a osservare il mare, ad attirare la mia attenzione. Camminai più velocemente, lasciando cadere le scarpe, poi iniziai a correre.
Mi sentii e si girò. I suoi occhi furono attraversati da un lampo di sorpresa, poi di gioia, poi di nuovo di incredulità. Si alzò e iniziò a correre verso di me, sorridendo.
Ci incontrammo a metà strada e finimmo l'uno nelle braccia dell'altro. Affondai il viso nel suo petto, ancora incapace di credere che era lì, che potevo di nuovo stringerlo, sentire il suo profumo.
-Sei tu. Sei davvero tu- balbettai, sollevando lo sguardo.
Lui sorrise e i suoi occhi verdi scintillarono divertiti.
-Te l'avevo detto che ti avrei aspettata.-


(*) Brisingr, Christopher Paolini.


Note finali.
Okay, non so cosa mi sia preso.
Come mi hanno detto in molti (*coff coff* Erica, Queen, Ash, Elis, IdaH, Miws... potrei continuare con l'elenco all'infinito), sono passata al lato oscuro. Ebbene sì, li ho uccisi. Sia Luke, che Percy, che Annabeth. Sono malvagia? Probabile. Masochista? Assolutamente sì.
Che dire? Alla fine si sono rincontrati nell'Elisio, ed evidentemente Luke alla fine aveva deciso di restare lì. Non chiedetemi perché, non lo so. Semplicemente, mi è sembrato logico che fosse lui a fare da guida turistica (?) alla neo-deceduta signorina Chase.
E' palesemente Percabeth e, nonostante li abbia uccisi, quei due sono rimasti insieme. Sì, sembra anche a me un controsenso. C'è l'happy ending anche se sono morti. Vi avevo detto che avrei trovato un compromesso fra le due cose.
Se non si è capito, Annabeth è morta in un incidente d'auto. Non ho esperienza (grazie agli dei) in proposito, spero di aver descritto le sue sensazioni in modo per lo meno credibile. E scusate la schifezza del pov di Annabeth. Non sono brava a entrare nella sua testa, Percy mi viene molto più facile. Forse perché sono stupida quasi quanto lui, quindi mi basta essere me stessa (?).
La parte iniziale, in corsivo, è uno spezzone tratto dal libro 'originale' di Zio Rick. Precisamente, pagina 307-308, "Percy Jackson, Lo Scontro Finale". L'ho usato come super mega mini prologo della OS. Gli asterischi segnano il cambio di Point of View, da Percy a Annabeth (ma penso che si sia capito).
Credo di non aver altro da dire, a parte che questo è il mio primo vero tentativo di scrivere qualcosa che non sia divertente o comico. Spero che non sia uscita una schifezza così grande come sembra a me.

Per quanto riguarda le dediche.
E' dedicata allo stupendo cast dell'Half-Blood: Erica, Elis, Miws, Queen, IdaH (perché l'H fa pheego), Ash. Dopo avermi sentita sclerare su Whatsapp, dopo avermi detto che sono passata al lato oscuro e dopo avermi minacciata di morte, il minimo che vi meritate è una dedica.
E' dedicata anche a Steff e a Robby. E anche a Call, che mi ha informata che il suo paparino (Ade) aveva un posto riservato per Perce e che ha contribuito a trasformarmi in un essere senza pietà (?). Siete le migliori co-allenatrici di sempre.

La dedica più speciale però va a lui, all'unico e inimitabile Palladipelo, il mio gatto dagli istinti killer che un giorno conquisterà il mondo. (???) E' stato solo entrando nella sua mentalità e grazie alla sua consulenza che sono riuscita a scrivere questa OS senza sciogliermi in una marea di feels, rannicchiandomi nel mio angoletto e piangendo fino a rischiare la disidratazione. Grazie per la consulenza, Pallina (?). :3

Okay, la smetto di delirare.

Un bacione.
Sil
  
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