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Autore: The Corpse Bride    15/07/2007    14 recensioni
Ok. Era partita con Rufy e Nami che chiacchierano, ma in realtà poi è continuata e la nostra ciurma è finita in un'isola un po' particolare, dove le campane suonano sempre a lutto e le persone sono pallide e vestono solo di nero. Chissà cosa combineranno Rufy e Nami in uno sfondo di nebbie e cattedrali... ;)*
Nda: Penso proprio che questa storia non verrà più aggiornata, o quantomeno non in tempi brevi ^^; chiedo scusa a chi l'ha seguita e colgo l'occasione per ringraziarvi tantissimo dei commenti :*.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Beh?
-Beh..?
Il capitano e la navigatrice si squadrarono con aria di sfida per qualche secondo, non senza un sorrisino divertito sull'angolo della bocca.
Fu la navigatrice a prendere la parola.
-A quanto pare, continuiamo a reincontrarci.
-E sempre di notte - osservò il capitano.
-Avevi di nuovo fame?
-Beh, in realtà sì.
-Vediamo se indovino: gironzolavi per la nave, nella speranza d'incontrarmi, di modo che fossi io a prepararti qualcosa nell'inutile tentativo di riempire quel pozzo senza fondo che hai nella pancia. Accidenti! Forse anche il tuo stomaco è di gomma ed espansibile.
-Ehm... ho già controllato la dispensa. Purtroppo abbiamo esaurito le scorte.
-E quindi..? Che ci facevi qui in giro?
-Cercavo di prendere uno dei tuoi mandarini.
Nami chiuse gli occhi e strinse i pugni, nel tentativo di calmarsi.
-Che cos'hai?
Prese un respiro profondo, poi, d'improvviso, spalancò gli occhi iniettati di sangue e gli sbraitò contro:
-So che tu sei STUPIDO e che non capisci le istruzioni più elementari, come per esempio: mai, mai, MAI, per nessun motivo al mondo, neanche davanti alla più tragica carestia, mangiare i miei mandarini. Ma non avrei mai pensato che tu fossi anche così IDIOTA da dirmi, con questo candore, che stavi dirigendoti verso i MIEI mandarini, quelli che mi ha dato Genzo, e che non si possono toccare.
Rufy annuì con quella sua espressione seria, ma al contempo sempre un po' persa nel vuoto.
-Allora hai capito?! - ansimò Nami.
Rufy annuì ancora.
-Allora se te lo chiedo in modo gentile, mi darai un mandarino? - allungò una mano con un gran sorriso pieno di aspettative.
-Tu sei senza speranze - sbottò Nami, e fece per andarsene. Lui l'afferrò per la maglietta, ma lei accelerò il passo e continuò ad allontanarsi. Fu quando si accorse che, nonostante stesse continuando a camminare, la mano di Rufy era ancora dietro la sua schiena, che si arrese e si fermò.
Tornò indietro, accigliata, con passo fermo.
-E va bene. E va bene. Che cos'è che vuoi? Hai vinto tu, capitano. A tua disposizione. Sono i mandarini che vuoi? Prego, i mandarini sono tuoi.
Lui la fissò.
-E adesso che c'è? Hai avuto quel che volevi, va bene così? Hai sempre tutto quello che vuoi.
Il ragazzino reclinò la testa di lato, come un pettirosso che la guardava, curioso, con quegli occhietti neri indecifrabili e innocenti.
-Oh, al diavolo - concluse lei, e si appoggiò imbronciata alla balaustra.
-Stai proprio tornando la stessa - osservò Rufy, che cominciava ad imbronciarsi anche lui.
Lei lo fulminò con lo sguardo.
-Non eri stato tu a chiedermelo?!
-Giàààà - borbottò lui, che stava fissando il mare con aria annoiata, spalmato sul bordo della ringhiera.
Lei gli rivolse un'occhiata inviperita, poi distolse lo sguardo con superiorità.
Lui sbadigliò, con aria sempre più svogliata e assente.
-Beh?! - riprese Nami, dopo un po' - Si può sapere che cosa ci facciamo qui? Ho altro da fare che perdere il mio tempo con i mocciosi, io.
Rufy le indicò le cabine, senza nemmeno prendersi la briga di risponderle. Lei, furiosa, gli assestò un pugno in testa.
-Stai diventando sempre più simile a quell'idiota di uno spadaccino. In questa nave c'è spazio per un Rolonoa e una Nami; se arriva un secondo Rolonoa, qualcun altro se ne deve andare.
Ma lui continuava a non rispondere, si massaggiava la testa senza perdere quell'aria scocciata e assonnata.
-Ah, adesso me ne vado sul serio.
Fece per girare i tacchi, ma Rufy l'afferrò di nuovo, e stavolta la riportò indietro. Ci doveva aver messo una certa forza, perché, nel tirarla verso di sé, la fece cadere a terra. La tenne lì seduta.
-Si può sapere che accidenti stai combinando?! Mi sto stancando di rimanere qui a guardarti sbadigliare e a parlare al vuoto!
Lui si grattò la punta del naso, poi, senza più quell'espressione antipatica, le disse, guardando il mare:
-Beh, fino a poco tempo fa, stare in tua compagnia era esattamente così.
Queste parole la colpirono molto. Spiazzata, sgranò gli occhi e tentò di balbettare qualcosa, ma non le venne in mente nulla di intelligente.
Lui si girò verso di lei e le lanciò un'occhiata indecifrabile.
Le sue occhiate non erano mai enigmatiche, pregne di significati nascosti. Erano incomprensibili perché non capivi mai cosa si celasse dietro quegli occhietti neri che ti guardavano come se sapessero tutto di te.
Ora era serio, questo si evinceva facilmente. Ma cosa stesse pensando, cosa pensasse tutto il tempo, era un mistero per tutti.
-Un giorno, capitano - incominciò insolente, per vincere l'imbarazzo - mi spiegherai che cosa ti passa per quella testa vuota.
-Uh? - fece lui, tornando scemo come al solito - Ehi, non ho la testa vuota.
-Secondo me, la tua testa dentro è piena di palline rimbalzine colorate. Ogni volta che succede qualcosa, una mano invisibile le lancia e...
-E iniziano a fare boing per tutto il cervello. Mi piace! - rise Rufy - Sembra divertente!
-No, non lo è, perché tu sei così stupido - brontolò - e non ti capisco.
-Tanto, devi solo ubbidire agli ordini - ghignò lui, conquistando un altro pugno sulla testa, che però lo fece ridacchiare.
Aveva ancora cambiato discorso.
-Capitano?
-Sì, navigatrice?
-Hai mai risposto a una domanda che ti abbiano fatto?
-A milioni di domande! - iniziò lui con entusiasmo - In moltissime occasioni! Per esempio, quella volta che...
-Alt! Fermati. Non parlo di lotte e combattimenti. Non c'è mai stato nessuno che ti abbia chiesto a che diamine stai pensando, quando fai quella faccia?
-Quale faccia? - domandò lui sorpreso e incuriosito - Tipo questa? - si tirò le mascelle - O questa? - si tirò giù le palpebre - Oppure questa, o questa, o...
Nami sospirò.
-Eviti sempre di rispondermi.
Lui rise.
-Hai ragione.
Gli lanciò un'occhiataccia di sottecchi.
-Lo vedi perché dico che non vale la pena sforzarsi? E' un po' che cerco di capirci qualcosa, ma tu non collabori.
-Perché non capisco dove vuoi arrivare.
-E quindi?
-Non mi sento al sicuro!
Fu il turno di Nami di scoppiare a ridere.
-Beh? - borbottò lui.
-Sei buffo, capitano. Mi fai saltare i nervi, ma sei buffo!
Lui si grattò la testa, perplesso. Poi scosse la testa e si arrampicò fin sopra alla polena, dove si appollaiò senza una parola.
Nami ci rimase male. Quando si arrampicava lassù, era come se dicesse 'questo è il mio posto. Qui ci sono solo io'.
-Scendi di lì! - gridò lei, battendo i pugni sul ripiano - Subito!
Lui si voltò e le fece una linguaccia, poi tornò a guardare il mare.
-Capitano, sei stupido! - gridò ancora, con gli occhi lucidi di rabbia - Sei un idiota! E sei insopportabile!
-E tu sei strana!
-E tu sei stupido!
-E tu sei perfida!
-Stupido!
-Scema!
-Basta! Non ho intenzione di giocare a 'specchio riflesso' con un bambinetto. Ora me ne vado, e se provi a trattenermi ti mordo una mano!
Nessuna risposta. Si girò, e al primo passo che fece sentì una mano afferrarle la collottola.
-Non sono un gattino! - gli strillò, voltandosi.
-Infatti no - replicò lui continuando a guardare davanti a sé - sei più un gattaccio randagio che va qua e là. E anche se te lo porti a casa e gli dai da mangiare e lo lavi, quello va sempre via e torna in qualche strada a litigare con tutti.
-Questo sei tu, non io!
-Allora era destino che ci beccassimo in qualche strada a litigare!
-Capitano, scendi giù da lì.
Rufy le mollò la maglietta e, poco alla volta, scese, col cappello ben calcato sugli occhi. Si appoggiò con la schiena alla balaustra e ci appoggiò i gomiti; lei fece lo stesso.
-Capitano. Perché io devo parlarti di me, e tu non mi dici mai niente?
-Uh?
-Quando ero un po' giù, e magari... magari non avevo il solito... polso. Ecco. In quei giorni sei venuto a parlarmi e mi hai chiesto perché. E ho dovuto dirti cose che avrei preferito non dirti mai. Però te le ho dette, e mi sono sentita imbarazzata. Imbarazzata, io! Te ne rendi conto?!
Lui ridacchiò.
-Non c'è niente da ridere! - esclamò lei, arrossendo - Sono cose serie! Fa male dire le proprie cose alle persone. Ed è difficile. Io ho dovuto farlo con te, e ha fatto male. Però non capisco perché tu invece non lo fai mai con me.
Ci fu un attimo di silenzio.
-O con qualcun altro, ovviamente - si affrettò ad aggiungere, agitando le mani - non ci sono solo io, qui.
-Nami, quello che non capisco - iniziò lentamente Rufy - è perché tu pensi che io dovrei aver qualcosa da dire.
-Ma perché non puoi non avere mai dei pensieri! - esclamò lei con foga - Come puoi essere sempre calmo e tranquillo? Guarda i tuoi occhi!
-I miei occhi..?
-Sì. Hai quegli occhietti piccoli, che ti guardano e non si capisce cosa pensino di te. A sentire te, tu pensi bene di tutti.
-Beh, più o meno.
-Ma non puoi! Ci sono anche i cattivi, e lo sai.
-Certo che lo so. I cattivi li guardo in modo diverso.
-Però, Rufy, sei strano. Si capisce se sei serio, o allegro, o arrabbiato, ma alle volte hai un'espressione strana. E anche quando si capisce in che stato d'animo sei, i tuoi occhi sembrano sempre vuoti.
Lui non disse nulla.
-Io non dico che siano vuoti, sono sicura del contrario! Dico solo che... non si capisce. E per dirti la verità, nessuno capisce niente di te. E anche questo fa male.
-Anche a te? - si girò a guardarla, con una di quelle espressioni incomprensibili.
-Sì - s'imbronciò lei, con le guance che si arrossavano - anche perché io a te ho parlato. Tu, a me, non hai mai detto nulla. Ci hai mai pensato? Tu conosci tutta la mia storia, e io di te non so assolutamente niente.
-In realtà... io di te non so un accidente, Nami - fece lui, con un largo sorriso di scuse.
-Come sarebbe, che non sai niente?
-Sì... Arlong... so che ti teneva lassù. So che hai una sorella e che c'è quell'uomo. Ma non ho idea di cosa sia successo prima, davvero!
-E quindi... oh, insomma. Monkey D. Rufy, sulla base di che cosa sei venuto a salvarmi?
Il cappello calò ancora di più sul naso del ragazzino.
-Ti faceva male.
Nami si girò. Si era dimenticata quel particolare. Guardò il tatuaggio sulla sua spalla, che aveva colori così vivaci, perché era stato colorato sul bianco di una cicatrice.
-Tu mi hai fermato.
-Sì, mi ricordo.
-Anch'io lo ricordo bene. E non credo che lo dimenticherò in fretta.
Lui annuì.
-E tu? Non c'è qualcosa che non hai mai dimenticato?
Davanti a questa domanda, Rufy non poté più cambiare argomento, né tacere. Si limitò a tenere il cappello ben calcato sugli occhi.
-Sì. E se non parlo, è perché preferirei averlo dimenticato.
-Hai mai provato a dimenticarlo?
-Non posso.
Nami lo guardò, dispiaciuta. Non sapeva cosa fare. Era stata lei a volere che lui parlasse di sé, ma non aveva previsto che sarebbe stato difficile far fronte al dolore degli altri.
Chissà come faceva, lui, a prendersi carico delle sofferenze altrui con così tanta disinvoltura. Come faceva ad essere il sostegno di tutti senza mai perdersi d'animo? E come faceva a credere ancora di poter risolvere tutto, quando anche lui aveva delle cicatrici che avrebbero continuato ad accompagnarlo dappertutto?
-Capitano?
-Sì?
-Credo che mi odierai per quello che farò adesso. Ma per una volta va bene se sei tu a sgridarmi, no?
-Penso di sì - sorrise lui, col suo sorriso simpatico.
Nami prese un bel respiro, poi, con un colpo solo, afferrò una falda del cappello, glielo strappò di dosso e se lo nascose dietro la schiena.
Lui era così allibito che non reagì nemmeno; la guardò sbigottito, incapace di articolare parola.
-Esattamente quello che volevo! - proclamò lei soddisfatta - Rufy Cappello di Paglia, senza il Cappello di Paglia. Adesso siamo pari, capitano.
Lui scoppiò a ridere, benché lei gli avesse tolto il suo nascondiglio, la sua maschera, il suo titolo. Rideva, ma anche Nami aveva capito che non era poi così rilassato.
-Allora? - lo provocò - Com'è sentirsi senza difese e in balia degli altri, capitano?
-Brutto - ammise lui, sorridendo imbarazzato.
-Già. E com'è vedere che ti fisso, e che ho capito tutto di te, ma tu non saprai mai cosa sto pensando?
-Brutto - ripeté, ridacchiando.
-E com'è ridere quando avresti voglia di piangere?
-Brutto anche quello - ammise, guardando altrove con un sorriso mesto.
Nami decise di non insistere.
-Nami - la chiamò però lui - perché hai fatto queste cose? Perché mi chiedi di me?
Lei lo guardò sorpresa, ma poi fece un piccolo sorriso triste.
-Perché tu sei un egoista, capitano - rispose. - Vuoi conoscere gli altri ed aiutarli, ma vuoi che gli altri non sappiano nulla di te. Ci si sente deboli e inferiori, lo sai? E sembra di... dipendere da te.
Arrossì, nel dirlo. Rufy annuì dispiaciuto, guardando a terra.
-Adesso io so qualcosa in più. E so che fare quel che fai tu è più difficile, perché ci aiuti, però non ti lasci mai aiutare. Starei dalla tua parte, capitano, e ti ringrazierei, se non fosse perché tu mi fai arrabbiare.
-Questo già lo sapevo!
-No invece, non lo sapevi. Insomma! Sei un egoista! Per te sono tutti meravigliosi, Monkey D. Rufy.
-E per questo sono egoista? - domandò, sbalordito.
-Sì. Se tu... se tu non facessi il paladino della giustizia, io... - Nami incespicava nelle parole, sempre più rossa e infastidita - tu salvi tutti. E non perché ci tieni, alle persone. Ma perché sono persone in difficoltà! Se io fossi stata davvero un gatto randagio, mi avresti salvata comunque. E mi avresti portata con te sulla Going Merry, e mi avresti cercata dappertutto se ti fossi scappata.
Rufy continuò a guardarla, disorientato.
-Non capisci?! - strillò lei, sempre più a disagio; batté il pugno sul ripiano, di nuovo.
A seguito dei ripetuti strilli, però, qualcuno si era svegliato. Mai disturbare il sonno di uno spadaccino.
-Sentitemi bene, voi due - disse una voce bassa e roca, impastata dal sonno - non potete lasciare le vostre discussioni a DOMANI? Non capisco perché vi siate messi in testa che il posto e il momento migliori per litigare siano le due di notte davanti alla MIA cabina. La notte è fatta per dormire, accidenti a voi!
-Per te qualunque momento è buono per dormire - replicò freddamente Nami - non cambierebbe nulla anche se litigassimo in pieno giorno, tu staresti dormendo lo stesso. Non sarà un'ora di sonno persa a rovinare le tue qualità di combattente.
-Navigatrice, pensa alle tue carte e non immischiarti nelle faccende degli uomini - fu l'aspra risposta - vi concedo cinque minuti per trovarvi un'altra locazione, dopodiché assaggerete il sapore delle mie spade.
Detto ciò, la testa verde scomparve dietro la porta, accompagnata da una scia di brontolii.
-E' sempre così di buon umore - commentò Nami, notevolmente seccata. - Muoviti, andiamo nella mia cabina. Ho qualcosa in frigo, visto che avevi fame.
-Cibo! - cinguettò Rufy, ballonzolando in giro con la lingua penzoloni. Seguì gli ancheggiamenti di Nami fino alla no fly zone, ovvero la sua cabina; una volta sulla soglia, si bloccò, indeciso.
-Entra, idiota. Col mio permesso puoi entrare senza temere ritorsioni.
-Sai com'è... fai paura, quando ti arrabbi.
-Un buon modo per farmi arrabbiare è dirmi che faccio paura.
-Povero me!...
-Dai, sai che con te non riesco a fare i convenevoli, idiota. Accomodati, accidenti a te.
-Ok! - esclamò Rufy, mentre si gettava sulle lenzuola di seta con le braccia incrociate dietro al testa. - Aaah, che meraviglia! Che lenzuola lisce, che materasso morbido!
-Siete voi che insistete a dormire su delle amache.
-Temprano il fisico - spiegò Rufy, che probabilmente l'aveva sentito da Zoro.
-Voi uomini siete ben strani. Non capisco come facciate a pensare che un'amaca vi possa aiutare più di un buon riposo su un buon letto comodo. Se dormiste in un posto decente, sareste più riposati.
-Zoro dice che chi dorme su materassi di piuma d'oca poi diventa un rammollito.
-Zoro dice una marea di stupidaggini! Perché non chiude il becco, quell'imbecille, una volta tanto?!
-Calmati - rise il ragazzo - non si riferisce a te. Tu sei una donna, quindi non dice niente. E poi, se dicesse qualcosa, Sanji lo farebbe a fette.
Nami rise di gusto.
-Ogni tanto, quel cuoco ne combina una buona.
-Quel cuoco ti difende sempre.
-Oh, lo so. Ma non so proprio che cosa farci, io!
Rufy non rispose. Si accomodò meglio sul letto a baldacchino e lanciò le infradito ai piedi del letto. Dopodiché si accoccolò a un cuscino, strusciandoci il viso con aria adorante.
-Che letto meraviglioso - mormorò con voce soave.
-Piantala di sgualcirmi i cuscini e dimmi cosa vuoi mangiare. Ho delle uova, della carne, della verdura fresca, e qualche pasticcino. Che cosa prefe..
-PASTICCINO - scelse immediatamente lui. A scelta compiuta, tornò a sbaciucchiare le fodere dei cuscini.
Nami arrivò al fianco del letto, con il vassoio dei pasticcini in mano. Dato che lui non accennava a staccarsi dalle fodere, li posò al centro del letto e poi andò a sedersi sull'altro lato, a gambe incrociate.
-Ecco i tuoi dannati pasticcini. Sono al cioccolato. Spero ti piacciano, altrimenti puoi pure morire di fame.
Rufy non rispose e, con un sorriso da Stregatto, si avventò sui pasticcini, divorandoli tutti in meno di un minuto. Nami fece appena in tempo ad assaggiarne uno.
-Non si può dire che tu non abbia appetito - borbottò seccamente.
-Ciò significa che sono sano, forte e in salute! - le mostrò il bicipite - Guarda!
-Lo vedo, stupido. Stammi a sentire, hai intenzione di rimanere qui tutta la notte?
-No. Almeno non credo. Ma prima volevo dirti una cosa.
-Sì..? - fece Nami, stupita.
-Non raccolgo tutti i gatti randagi del mondo. E' vero che aiuto tutti, ma non è che mi piacciano tutti quelli che aiuto.
-E allora perché dai loro una mano...?
-Perché ne hanno bisogno. Tutti hanno diritto a essere liberi, no...?
Nami rimase senza parole per qualche secondo.
Ma le riprese velocemente.
-Però, Zoro è qui con te. Io sono qui. Usopp e Sanji sono qui, Chopper è qui.
-Bibi non è qui.
-E vorresti farmi pensare che non ti piaceva?
-Sì, Bibi mi piaceva. Ma...
-Lo so bene, che ti piaceva! Hai tenuto tutti noi con te, ma solo con lei ti sei messo a pigolare sulla sua bella voce. Come se lei fosse stata... una bella gattina bianca, e tu le avessi messo un bel fiocco in testa e un campanellino attaccato al collo, per sentire dove va.
Rufy scoppiò a ridere di cuore, tanto che gli vennero le lacrime agli occhi. Mentre le asciugava, Nami gli strattonò il giubbetto, e sibilò:
-Non vedo cosa ci sia da ridere! Hai sempre preferito lei a tutti noi.
-Sì - replicò lui, ancora ansimando dal ridere - a lei avrò anche messo "un fiocco in testa e un campanellino attaccato al collo", ma a tutt'oggi non ho la più pallida idea di dove lei sia. Ti sembro preoccupato?
-No...
-Già. Perché so che lei è con la sua gente, con quelli che la amano e che lei ama. Lei sta bene lì. A voi non ho bisogno di mettere campanellini per sapere dove andate, così come il suo popolo e Koza non ne hanno bisogno con lei. E poi, non credo proprio che riusciremmo a mettere un campanellino al collo di Zoro!
Nami ridacchiò al pensiero. Rufy si grattò il naso, sorridendo, poi soggiunse:
-Ognuno ha la sua famiglia, sai? Nessun gatto va via da casa sua. Magari per qualche giorno sì... però poi torna sempre. Vedi? Tu sei qui, per esempio.
-Capitano, sei un idiota - disse Nami con una strana voce, prima di nascondere il viso in un cuscino.
-Lo so. Me lo dici sempre - sospirò lui.
-Perché sei un idiota! - sentì bofonchiare da in mezzo alle piume d'oca (che facevano diventare dei rammolliti).
Rimase immobile, indeciso sul da farsi, poi domandò:
-Devo andarmene?
-No! - fu la decisa risposta - Guai a te se ti azzardi a muoverti di lì!

(Nda: wah *_* mi è tornata la passione R/N, pare... *_* la cosa che mi sbalordisce (eh, sì. Sono stupita di me stessa u_u) è che alla fine della fiera non si sono neanche sfiorati. Cazzo, c'era tutto XD erano soli, la chiacchierata di notte, lei lo invita in cabina X°DD sono sdraiati assieme sul letto... però non succede niente XD ero indecisa se pubblicarla perché so che voi volete azione è_é e con azione non intendo duelli di katane ;D però io l'ho voluta così e ci stava così, se aggiungessi baci o abbracci mi sembrerebbe forzatissima. Del resto, nel manga manco mai si parlano in privato, fare una cosa simile mi sembrerebbe qualcosa di prematuro. Però se per caso continuerò questa fanfic, qualcosina succederà. Ma qualcosina. Se vi do subito i baci poi non c'è più gusto XD meglio farli agognare... il fatto che si siano fatti discorsi così seri è già tanto ù_u.
Questa fic può essere vista come un seguito della mia "Energia", un po' perché c'è proprio un riferimento, un po' perché comunque l'ho pensata come seguito temporale di quella fic. In realtà si può leggere anche lo stesso, ma le prime righe non saranno molto chiare. XD Per sicurezza ho messo l'avviso ù_ù.
Boh, ditemi cosa ne pensate XD se vedo che questa cosa piace, potrei anche decidere di continuarla... >_<)

  
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