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Autore: fedenow    29/12/2012    5 recensioni
Poi lei arrivò.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian Molko, Helena Berg
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Edit : noi si era pensato, come ricavabile dalle note a fondo, di scrivere una raccolta di tre capitoli. Il progetto è piuttosto naufragato, quindi la storia resta una one-shot completa, al momento. Avevo alcune idee sul secondo capitolo (già per il terzo la cosa era più fumosa), per cui non è escluso che prima o poi mi rimetta a scrivere qui, però è improbabile quindi preferisco così. Ho dei problemi con le cose iniziate e non finite, è evidente.
Mando saluti.

Drink you pretty - I. This picture


DRINK YOU PRETTY




Dicembre 2002 – Watch out for earthquakes

Stavano aspettando la fotografa da un’ora abbondante, e nessuno li aveva informati di eventuali cambi di programma. Steve parlava al cellulare a bassa voce, si grattava la testa di tanto in tanto e riprendeva a farfugliare la sua litania. Stef era sparito. Brian si stava innervosendo e prese ad ordinare in base alla forma le tartine del catering, cacciandosene in bocca una o due di tanto in tanto. Avevano finito la birra – poca, per la verità - nei primi venti minuti, ora la sete si faceva sentire. Frantumò un grissino tra il pollice e l’indice, lanciò le briciole nel cestino.
Una donna attraversò trafelata il corridoio di fronte a quella sorta di camerino, reggeva un plico di fogli e un’agenda di dimensioni inusitate. Brian schizzò in piedi e prese ad inseguirla. Uscì dalla stanza giusto in tempo per inquadrarla in fondo al corridoio, vide l’agenda cadere a terra con un botto per la velocità a cui la donna cercò di affrontare la curva. Sul pavimento si riversò ogni tipo di biglietto, cui seguì poco dopo una risma di pagine che, sparpagliandosi, parvero moltiplicarsi.
- Ma vaffanculo.
- Alex? – Brian le si fece davanti mentre quella già si arrabattava a raccogliere le carte.
- Parla solo se hai cose intelligenti da dire, Brian. Ti ho avvisato. – Minacciò il linoleum. Si inginocchiò per terra quando capì che l’operazione sarebbe andata per le lunghe. - E puoi aiutarmi a tirare su tutta questa roba, grazie.
- Che cazzo stiamo aspettando, si può sapere? – Sbuffò mentre si appoggiava mollemente alla parete e incrociava le braccia davanti a sé. – Mi sto annoiando. Mi sono rotto i coglioni di aspettare. Dov’è la fotografa?
- Ecco, questo è stupido. – Sibilò, sbatacchiando una dozzina di fotografie l’una sull’altra. – Perché se sapessi dov’è la fotografa non andrei in giro per gli studi correndo come un’assatanata, ti pare?
- Tu corri sempre per gli studi come un’assatanata.
- Brian. Taci. – Lo fulminò da sotto in su. – Non è giornata, nel caso non ti fosse chiaro. Vatti a fumare una sigaretta e stai buono. Appena scopro dove si è cacciata quella benedetta donna ti chiamo.
- No, annulla tutto. Adesso vado a casa, non ne posso più.
- Brian.
- Mh?
- Ho cambiato idea. Torna in quella sala e non provare a uscire neanche per andare al cesso.
- … Sei più volgare del solito, Alex.
- Tu invece sei fastidioso in modo pericolosamente normale.
Le trillò il cellulare nei pantaloni, sobbalzò e gli piantò in mano i fogli fin lì raccolti. – Non ti muovere. – Minacciò ulteriormente. – Pronto. … Me ne sono accorta. Mi sa dire quando ha intenzione di arrivare? … Grazie. – Chiuse bruscamente la chiamata. Lo squadrò con astio, le mani sui fianchi.
- Che cosa ho fatto adesso?!
- Le si è rotta la macchina. – Lo ignorò, riprendendosi il fardello di carta e chinandosi per impilare gli ultimi. – Era la See. La fotografa che hanno incaricato ha avuto un problema con l’auto e arriverà appena può. Perché capitano tutte a me.
- La faccio penare appena arriva.
- Ci manchi giusto tu. Vediamo solo di sbrigarcela in fretta per evitare che questo disco esca con tre mesi di ritardo e tutti i danni del caso.
- Uh, hai iniziato a parlare come quelli della EMI.
- Perché quelli della EMI fanno il culo a me, Brian. A te mandano pacchi regalo per Natale, a me non pagano i fottuti taxi per correre in giro per Londra.
Rise, le passò una mano sul volto tradendo un affetto di lunga data. – Vado fuori dieci minuti, tu stai tranquilla.
- Avvisa gli altri due mentre passi, per favore. E non fate cazzate quando arriva. Mi raccomando.
Sventolò una mano dietro la testa in cenno d’assenso, ripercorse il tragittò al contrario ed entrò a balzelli nella saletta. – La stronza delle foto arriva fra un po’. Chi viene a fumarsi una sigaretta?
- Fanno cinque gradi fuori. Fuma qui. Anzi, passami una sigaretta. - Stef era sdraiato sul divano, un braccio copriva gli occhi per attenuare la luce dei neon, protese l’altro vagamente nella sua direzione in attesa di quanto richiesto.
Afferrò il pacchetto di Steve dal tavolino e glielo passò.
- Stronzo, me ne hai già fottuti due, ieri.
- Vieni fuori, Steve?
- No.
- L’accendino, Steve.
- Ma ve ne andate a quel paese tutti e due?! – Sbottò rivolto a Brian e al braccio nuovamente allungato di Stefan, girò sui tacchi guardandosi a destra e a sinistra non sapendo dove andare.
- Ma è nervoso. Non ti sembra nervoso?
- Tutti sono nervosi quando ci sei tu in giro, Brian.
- Tu no.
- Io ti ignoro da circa dieci anni. Mi dai questo cazzo di accendino o devo continuare a leccarla anziché fumarla?
Fece vagare lo sguardo per ricordare dove aveva abbandonato il cappotto, lo individuò ed estrasse dalla tasca sigarette e accendino. Accese per Stefan e per sé. – Vado a farmi un giro. Se succede qualcosa chiamami.


Si buttò la giacca sulle spalle, scese le scale a passo rapido e si diresse verso il cortile davanti allo stabile. Non erano allo studio di registrazione. Erano in un casermone grigio che avevano avuto in concessione dalla loro etichetta discografica per un motivo che ancora non aveva capito. Un piano intero di uffici nel caso vi serva. A lui non serviva a nulla. Ovviamente Alex non era stata dello stesso parere. L’aveva presa come una vittoria personale, in due settimane aveva trasferito metà archivi della Riverman lì dentro e aveva iniziato a organizzare quel posto come fosse casa sua. Ed era riuscita a riempire stanze intere di faldoni e scatole che nessuno di loro aveva mai visto. Perché voi tre non vedete più in là del palco, aveva precisato. Spinse l’ultima porta che lo separava dall’aria aperta, una lama di gelo lo investì e cercò di coprirsi frettolosamente. Si appoggiò ad un muretto chiedendosi quanto avrebbe resistito, fumò una sigaretta via l’altra con la vaga sensazione di scaldarsi.
Poi lei arrivò.
La vide scendere da un taxi ringraziando, prese a correre su un paio di tacchi che si percepivano alti anche sulla distanza, vista la postura a cui la costringevano, e due volte dovette fermarsi a districarli dal ghiaietto che li risucchiava. Aveva una borsa capiente pendente da una spalla e qualcosa simile a una pila di raccoglitori stretti fra le braccia. Brian sorrise perché le ricordò Alex, si chiese se andare in giro cariche come facchini era un requisito richiesto alle donne che volessero lavorare per lui.
- Sei la fotografa? – Le urlò quando si bloccò l’ennesima volta, incespicando e massaggiandosi una caviglia. La donna sollevò il capo e si guardò intorno per determinare la provenienza della voce. Lo vide, ma impiegò qualche secondo a rispondere, probabilmente speso a chiedersi se lui avesse seguito il suo percorso accidentato da quando era scesa dal taxi.
- … Sì. – Concluse scoraggiata rispondendo a entrambe le domande. Riprese a camminare con più calma, arrivò ai piedi della bassa scalinata che la separava da Brian e si concesse un sospiro. Indicò alle sue spalle mentre saliva. - Ma mettere giù due strisce di cemento sarebbe stato troppo?
Brian sogghignò, le allungò una mano mentre superava l’ultimo gradino vedendola oscillare nuovamente. – Guarda, qui non è mio niente, altrimenti avrei già fatto lastricare il viale per facilitare le fotografe che arrivano al lavoro con il tacco dodici.
- … Sono quattordici, con il plateau.
- Oh, una fotografa spiritosa! – Ammiccò vedendo che sorrideva. – Ciao, sono Brian.
- Lo so. Helena. – Rispose alla stretta di mano. – Mi dispiace un sacco per il ritardo. Ho avuto un inconveniente.
- Con la macchina, sì. C’è Alex che ti vuole licenziare.
- Alex…?
- La mia manager.
- Ah, sì. Le ho parlato al telefono nei giorni scorsi.
- Ti ha minacciato di morte fra una spiegazione e l’altra?
- No, è stata molto gentile. Esaustiva e chiarissima nel dirmi che cosa vi serviva.
- Allora le stai simpatica. Insomma, le stavi simpatica, finché hai deciso di arrivare qui in ritardo di due ore. - Ebbe la vaga sensazione di esagerare in confidenza ma non gli spiacque, e finché lei gli teneva testa non si ponevano problemi.
Scrollò le spalle. - Mi scuserò anche con lei.
- Prova con l’adulazione, a me di solito riesce di scucirle qualcosa.
La vide lasciarsi andare a un sorriso ampio, bellissimo. – Capirò anche il rapporto che c’è fra voi, dammi un po’ di tempo.
Le sorrise di rimando, si sentì stupido. Le allungò le sigarette per l’improvviso bisogno di fare qualcosa.– Vuoi?
- No, grazie.
- Non fumi?
- Fumo, è che – Sorrise di nuovo. - sono arrivata con due ore di ritardo e non vorrei tirare troppo la corda. Magari la tua manager non è condiscendente come te.
- No, sicuro.
- …
- Vieni, ti faccio strada.
Scambiarono qualche parola in ascensore, Helena approfittò della parete a specchio per ravviarsi la frangia scura. Era piuttosto bella. Aveva dei lineamenti molto spigolosi e una fronte troppo alta, ma dall’insieme affiorava una grande dolcezza, incolta, quella di chi ha visto molte cose dimenticandosi un po’ la purezza di prima, ma solo un po’.
- Da quant’è che fai la fotografa?
Gli lanciò uno sguardo sorpreso attraverso lo specchio. – Da sempre. Mi sono diplomata e ho iniziato subito a lavorare.
- Sei di Londra?
- Sì.
- Ce la fai con tutte quelle scatole? Se vuoi te le porto.
- Ma tu sei sempre così disponibile con tutti i collaboratori che ti capitano fra i piedi? – Le lesse in volto un misto di irritazione e di sospetto. Effettivamente si chiese perché non riuscisse a stare zitto.
- Assolutamente sì. Sono uno dei cantanti più disponibili di tutta l’Inghilterra. Pensa se ti mandavano dagli Oasis.
- A me sembri una donnetta impicciona.
Lo disse con una naturalezza tale da farlo boccheggiare. Non le cedette il passo uscendo dall’ascensore. – Mi stai già sul culo, fotografa.
Entrò altero nel camerino dove aveva lasciato Stef e Steve, fece loro un cenno e aspettò che anche Helena arrivasse. – Ragazzi, lei è Helena.
- Ah, ‘la stronza delle foto’. Piacere, Stefan.
- Sei un coglione, Stef.
- Ciao, sono Steve.
- Piacere. Scusate per l’attesa.
- Brian, c’è Alex che ti sta cercando al piano di sopra e dice che ti spella vivo se continui a farti i cazzi tuoi.
- Ero giù a fumare! Non gliel’hai detto che ero giù a fumare?
- Non pensavo che ti saresti fatto davvero tre piani per uscire al freddo!
- Vedi che sei un cretino.
- Potrei… - Helena si intromise con circospezione. – Potrei vedere la vostra manager, così posso spiegarmi di persona e iniziamo a lavorare?
- Certo, vieni, ti ci accompagno. – Sentenziò Brian.
Stefan e Steve si guardarono nello stesso momento, Steve ridacchiò una smorfia scomposta. – Ci stai già provando? Non hai neanche visto se è brava a fare le foto.
- Cosa?!
- Scusalo… Helena, - Lo ignorò l’altro. – a volte va un po’ di corsa, ma è un bravo ragazzo. È anche single, quindi se ti chiede di uscire non farti scrupoli.
- Oh. Buono a sapersi, grazie.
- Ma cosa avete tutti oggi?! Vado a chiamare Alex, io! – E se ne andò indispettito.
Helena tornò a guardare Stefan e Steve, sorrise.
- Secondo me gli piaci. Davvero.
- Steve, piantala.
- Sul serio! Quand’è stata l’ultima volta che l’hai sentito dire vado io quando c’è bisogno di fare qualcosa? Non stacca il culo dal divano se Alex non lo solleva di peso. – Si rivolse a Helena e annuì per avvalorare le sue parole. Lei avrebbe voluto ridere ma optò per un’espressione ingenua.
- Mi ha detto che gli sto sul culo. Quante possibilità ho, secondo voi?
- Ottime. Praticamente si è già innamorato.

***

Lavorare con Helena si rivelò un’esperienza proficua. Era estremamente professionale, ma capiva quando occorreva svestire la solennità per passare meglio un concetto o quando lasciare loro il tempo di dibattere su qualcosa. Era incisiva nelle parole, sapeva quello che voleva dire e non tentennava. Aveva portato decine di scatti per mostrare come lavorava, Brian non era in grado di giudicarne la qualità, ma capiva che gli piacevano molto. Prediligeva le tinte sfumate, fratturate sempre, però, da qualche colore intenso. Un elemento che si distingueva, destabilizzante, che si staccava dall’ordinario e dava avvio al caos. Probabilmente era questo a piacergli.
Alex sembrava conquistata da quella piccola donna. La ascoltava e chiedeva un sacco di informazioni. Le commissionò diversi lavori per la settimana successiva, si accordarono in base alle proposte che loro tre - lui principalmente – avevano avanzato.
- Va bene. – Soffiò Helena in conclusione. Stava riordinando i fogli con un cipiglio soddisfatto. – Sulla storia dell’angelo devo lavorare un momento, ma non mi sembra ci sia nulla di impossibile, in generale.
- Vorrei che ci fosse una bambina.
Lo sputò fuori così. Alex stava dicendo qualcosa riordinando a sua volta. Steve e Stef si erano già alzati, vogliosi di lasciare quelle riunioni che non li vedevano mai eccessivamente protagonisti. Lui stava seduto, immobile, a fissare Helena. – Su qualche singolo… Mi piacerebbe che da qualche parte ci fosse una bambina.
Lo fissò interdetta. Probabilmente cercava di capire se era il caso di archiviare il tutto con un vedremo o se il suo interessamento era genuino e meritava quindi una risposta ragionata. Brian non avrebbe saputo cosa scegliere, di nuovo ignorava perché avesse aperto bocca e quali idiozie stesse dicendo. Helena decise per una risposta sincera. Si mordicchiò un labbro. – Ci stavo pensando anch’io, prima. Una bambina e un rossetto impiastricciato. Mi è venuto in mente questo. – Fece una pausa, gli sorrise, e Brian capì di aver parlato solo per quello. – Vedo che cosa riesco a fare.
Alex la ringraziò ancora e si allontanò senza tanti indugi – senza nessuna predica -, Steve bisbigliò qualcosa a Stef, salutarono a andarono via. Helena affastellava le fotografie nei vari raccoglitori e lui continuava ad osservarla senza lasciare la sua poltrona. Si disse che un atteggiamento del genere doveva risultarle parecchio fastidioso, ma forse non così tanto visti i movimenti lenti, armoniosi e decisamente troppo studiati con cui lo stava intrattenendo.
- Bene, io ho finito… - Inforcò il borsone ma non sollevò i contenitori delle foto. – A settimana prossima, allora.
- No. Vediamoci prima. – Continuò a stare seduto, si protese verso di lei, all’altro lato del tavolo. – Vieni a cena con me stasera.
Tratteneva un sorriso, si appoggiò al tavolo con le mani e si sporse a sua volta per accorciare le distanze. – Allora è vero che non perdi tempo.
- Cena con me stasera. – Ripeté ipnotico.
Prese sotto braccio i sui raccoglitori e liberò il sorriso rivolta a loro. – Va bene. – Verbalizzò. Lo guardò con una certa curiosità. – Possiamo vederci qui davanti alle otto?
- D’accordo.
- Guarda che sono una persona molto esigente. Se mi fai dei complimenti idioti posso tranquillamente tirarti uno schiaffo. Se mi fai notare che sono in ritardo me la lego al dito e divento intrattabile. E possibilmente non scegliere un ristorante d’élite perché mi abituo al lusso con estrema facilità.
Arricciò le labbra, si chiese quanto scherzasse e quanto fosse seria. – D’accordo.
Gli sfilò di fianco, lui non si alzò. – A dopo.


Trovò Stef una manciata di minuti più tardi, si stava avvolgendo nella sciarpa davanti all’ingresso a pian terreno. Gli rivolse un sorriso roboante a cui l’altro rispose con uno sguardo scettico dei più eloquenti.
- … Non è bellissima?
- Mh. Non è brutta.
- Tu se non hanno il cazzo non capisci niente.
- Certo, certo. – Lo spintonò fuori dalla porta. – La bambina… il rossetto… Mi stava venendo il diabete.
Rise. Affondò le mani nelle tasche mentre si incamminavano verso la strada. – Le ho chiesto di uscire. Stasera la vedo.
- Ma non mi dire.
- Ha detto che se faccio il brillante mi prende a schiaffi.
- … Quindi domani arriverai livido di botte.
Risero insieme, Stef parve sul punto di dire qualcosa. Ci pensò un momento. – Divertiti, Brian. Non fare cazzate.
- Ma ti paga Alex per farmi da guardia?
- Siccome poi sono io uno dei privilegiati che raccattano i pezzi.
Sbuffò. - A me sembra una in gamba.
- A me sembra che ti sopporti, e questa è la cosa più assurda.






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Ecco. In due parole: sono tre one-shot su Brian e Helena, ambientate in tre anni diversi e all'incirca indipendenti l'una dall'altra. Spero che questa prima non vi abbia disgustato e che vogliate leggere le altre.
Amorevole credit alla ginnyred per il supporto informativo, grazie <3 Poi aggiungete cuori a piacere per Alex, Stefan e chiunque sopporti Brian per motivi ancora ignoti ai più: vi voglio bene.
A presto :*


**Fate cosa buona e giusta. Andate nella sezione Placebo e approvate Helena e Cody come personaggi (la scritta ‘Aggiungi personaggi’ in alto a sinistra, sotto il ‘mi piace’), così ci togliamo dalle scatole questo eterno nuovo personaggio.**
   
 
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