Fanfic su artisti musicali > Muse
Ricorda la storia  |      
Autore: Stregatta    16/07/2007    6 recensioni
La mia prima fiction =)!Ho voluto descrivere semplicemente come delle volte si possa avere paura di lasciarsi andare,di dare libero sfogo ai nostri sentimenti...E l'ho fatto attraverso il punto di vista della compagna di vita di Matthew Bellamy =)!
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matthew Bellamy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
The only thing I'll never show DISCLAIMER:Tutto ciò che leggerete è frutto della mia fantasia,i personaggi del racconto non mi appartengono (Dio,è ovvio XD!)nè ho contatti di alcun tipo con essi...Non so quanto sia indispensabile tutto ciò,ma la prudenza non è mai troppa =)!



Fu il suono del pianoforte a svegliarmi?Non so dirlo con certezza. So solo che i miei occhi si aprirono come guidati da un comando inconscio.
Lo sguardo mi cadde in automatico sulla radiosveglia lampeggiante sul comodino:le cubitali cifre rosse del quadrante strillavano che era appena l'alba,cioè le cinque e mezza.
Mi girai pigramente fra le lenzuola stendendo istintivamente un braccio per cercare il calore del corpo del mio uomo,ma le mie dita incontrarono solo il tiepido candore del lino. Solo allora mi accorsi che il pianoforte del soggiorno stava suonando.
Stava componendo. Tipico.
Rimasi immobile ad ascoltare la dolce melodia che le sue mani stavano abilmente riproducendo,e improvvisamente mi venne voglia di raggiungerlo. Di solito non lo facevo mai,lasciavo che terminasse di suonare prima di andare da lui,ma quel mattino fui spinta da qualcosa di indefinibile,un’inquietudine strana.
Uscii dall'abbraccio delle coperte afferrando la vestaglia stesa sullo schienale della poltroncina,la infilai in fretta e,scalza per non fare rumore,attraversai il buio del breve corridoio.
Il soggiorno era permeato dalla luce azzurra dell'alba che penetrava dalla porta-finestra:riuscivo agevolmente a distinguere i contorni degli oggetti,del divano,del camino.
Lui era ancora intento a suonare,non sembrava essersi accorto della mia presenza,proprio quello che volevo,d'altronde.
Non volevo interrompere quello che di sicuro per lui doveva essere un momento magico,il momento in cui l’ispirazione fluiva e si concretizzava in veloci movimenti delle sue dita sugli accoglienti tasti d’avorio…
Il mio sguardo scivolò sulla sua nuca,sul contorno debolmente plasmato dalla penombra turchese dei suoi capelli arruffati...
Desiderai la loro morbidezza sotto le mie dita, una morbidezza davvero inspiegabile,dato che avevano subito talmente tante brutali colorazioni (e decolorazioni) nel corso degli anni che sarebbero dovuti essere ridotti ad un cumulo di paglia rinsecchita,ormai.
Non avrei capito mai le sue scelte in fatto di tinte… Blu,rosso,nero,persino un orrendo biondo ossigenato da cartone animato.
Gli avevo imposto di fermarsi al nero corvino,perché a 29 anni suonati doveva smetterla di giocare all’adolescente alternativo.

 Le sue mani viaggiavano sui tasti con dolcezza,con una cura quasi maniacale,il che quasi mi rendeva gelosa.
A volte mi passava per la mente il dubbio che potesse amare la sua musica persino più di me,forse per via dell'espressione che assumeva mentre si dedicava ad essa...Quello sguardo quasi sognante,da bambino innamorato.
Distante dal mondo,da tutto e tutti.
Distante da me.
Mi dava le spalle,ma ero sicura che si fosse dipinta quell'espressione sul suo viso,”Ormai lo conosco”,pensai distrattamente… E subito dopo un altro pensiero strisciante e indesiderato pungolò la mia coscienza:

“…o forse no?”

In tutti quegli anni passati con lui avevo imparato a decifrare ogni minimo cambiamento d’intonazione della sua voce,sapevo interpretare ogni suo cenno,ogni suo sguardo giungendo quasi regolarmente ad una deduzione esatta su quale fosse il suo stato d’animo…
Tranne che per quello sguardo.
Non sapevo in quali profondità si perdesse la sua mente,quali abissi raggiungesse mentre traduceva i suoi più reconditi pensieri in note musicali… Era quello il motivo per cui non assistevo ai suoi “momenti magici”.
Avevo paura di ciò che nascondeva nel suo animo e che in quei momenti usciva allo scoperto con prepotenza,riflettendosi persino sul suo volto.
D’altronde,riflettei,tutto ciò che non potevo capire,spiegare,controllare in un qualche modo mi aveva sempre terrorizzato,chissà per quale ragione.
Forse razionalizzare tutto era un modo come un altro per sfuggire ad un eventuale sofferenza data dal lasciarsi andare alla passione,senza freni,senza regole… E di conseguenza senza difese.
Però...

Un’altra domanda fastidiosa concretizzò quella vaga sensazione che mi perseguitava da un po’ di tempo ormai :”Ma ne vale davvero la pena?”
Era una guerra,una guerra continua e faticosa cercare di pianificare e dominare tutto,persino la mia sfera emozionale…
Sì,mi faceva sentire più al sicuro,ma era da qualche tempo che mi chiedevo il perché lui non ne avesse bisogno.
Era un concentrato di emozioni,energia,entusiasmo che lasciava fluire liberamente,senza timore,persino le sensazioni più negative:piangeva,urlava e rideva con la stessa sconvolgente (almeno per me) naturalezza di un adolescente.
L’ho sempre invidiato per questa sua capacità di fregarsene di ogni rischio e regola,ma non avevo mai trovato il coraggio per imitarlo… Ma forse… Non era troppo tardi…

Cominciai involontariamente ad oscillare la testa a ritmo di musica,cullata dal suono ancestrale e ipnotico di quella melodia… E mi rilassai.
Quelle note erano un balsamo,una cura,una risposta alle mie domande.
Le amai immediatamente,senza interrogarmi sul motivo,e capii cosa inconsciamente sembravano trasmettermi…
Attraverso la sua musica lui mi stava semplicemente aiutando a trasformare in un concetto quel groviglio spinoso di vaghi sentori che mi perseguitavano da un po’…
Alla fine arrivai ad afferrare che è perfettamente inutile cercare una spiegazione a tutto…
E’ così scontato per tanti,ma non per me. Finalmente mi sembrava di essere in grado di accettare che ognuno ha una propria zona d’ombra,persino io,persino l’uomo che amavo e che potevo sopportare di stargli semplicemente accanto e di perdermi nel suo mistero…

Dio,se questo era l’effetto delle sue canzoni allora i fans avevano ragione a definirlo un fottuto  genio…



Si interruppe,forse soddisfatto di ciò che aveva creato,o forse solo stanco di questa attività. Ma no,che mi saltava in testa...
Lui non era mai stanco della musica.
-Che bella...-mormorai. Ed era un pallido eufemismo.
Lui sobbalzò per la sorpresa e si girò di scatto.
Mi guardò confuso per un attimo e poi mi sorrise. -Ti piace sul serio?-mi chiese,ansioso di conoscere la mia opinione.- Certo- sorrisi di fronte alla sua insicurezza.
Quell'insicurezza che nascondeva al resto del mondo e che tornava intatta nel privato.
 Mi avvicinai a lui per accarezzargli amorevolmente una spalla. -Hai già deciso il titolo?-
Ridacchiò .-Non so nemmeno se ne voglio fare una canzone!-
-Ma come-risposi,stupita- E' talmente bella,avrebbe di sicuro un gran successo!-
Lui si ritrasse e mi guardò irritato-quant'è lunatico!
-Da quando scrivo musica per ottenere successo?-
Alzai gli occhi al cielo,sbuffando. -Oh,scusa se ti ho offeso,signor "La-fama-mi-fa-schifo"!-
-Non mi fa schifo,lo sai...Anzi!Ma dovresti saperlo che non compongo solo per essa...-si alzò dallo sgabello con uno strano sguardo afflitto negli occhi azzurri che lo rendeva simile ad un cucciolo .
-Oh,tesoro...-dissi,intenerita,e gli circondai il collo con le braccia-...lo so che non sei un "mercenario"!- .
Lo sfiorai con un bacio sulle labbra.
-...è anche per questo che ti amo...-
Sorrise,rasserenato,e ricambiò il mio bacio con uno più lungo e profondo.
“Dio, quanto ti amo!”,pensai.
Cedetti alla tentazione di prima e lasciai scorrere le mie mani fra la sua folta ,soffice capigliatura,mentre lui ricambiava circondandomi la vita con le braccia, e i nostri baci diventavano sempre più appassionati…

Il resto potete immaginarlo da voi.


Nella dolcemente esausta quiete che seguì la nostra passione rimanemmo sdraiati sul divano a guardarci negli occhi,senza parlare.
Adoravo i suoi occhi,mi sembrava di affogare in tutto quel blu,e al diavolo ogni tentativo di capire fino in fondo cosa nascondessero.
 E a dire il vero,pensai, adoro tutto di lui,persino quell’evidente dente storto che fa capolino in modo buffo da ogni suo sorriso. E lì l’unica cosa che c’è dietro è il mancato utilizzo di un buon apparecchio ortodontico al momento giusto,ridacchiai fra me e me.
 Lo abbracciai,accoccolandomi contro il suo torace,godendomi il battito del suo cuore contro il mio zigomo.
-Tesoro…-lo sentii sussurrare timoroso,come se non avesse voluto spezzare l’incantesimo di quell’attimo che sembrava appartenere ad un sogno meraviglioso.
-Sì?-risposi.
-Dovrei chiederti una cosa. -continuò con uno strano tono serio.
Un po’ preoccupata-sembrava davvero una cosa seria-lo incoraggiai ad andare avanti.
-Dimmi pure.-
-Sai,te l’avrei dovuto chiedere prima,ma…Con quello che è successo poi… Non ne ho avuto occasione…-
Adesso cominciavo davvero a preoccuparmi. Perché tergiversava tanto?
-Insomma,amore,che c’è??-replicai,spazientita.
-…che significa “mercenario”?-domandò,un po’ imbarazzato.
Oh,è vero,mi ero scordata che il suo italiano lascia ancora a desiderare...
Cercai di ricordare il termine inglese che potesse tradurre al meglio la parola,ma non mi sovveniva proprio .
Risi,sollevata.
-Cercalo sul dizionario,no?-replicai,e sgattaiolai via dal suo abbraccio,alzandomi dal divano senza badare alla sua espressione che rifletteva la sua frustrazione per il mio repentino “abbandono”.
 Non avevo tempo di spiegarglielo...Fra sinfonie,baci e rivelazioni si erano fatte le sette,era ora di alzarsi e di cominciare la giornata.



   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Muse / Vai alla pagina dell'autore: Stregatta