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Autore: Larry_real    29/12/2012    2 recensioni
-dalla storia..-
Si sentiva uno stupido errore in quel mondo, uno spazio di troppo, una virgola al posto del punto! ERRORE. Era quella la parola che meglio la classificava! [...]Poi c'era lui, la ragione della sua vita, la ragione per cui valeva alzarsi la mattina, l'unica persona che la capiva, che conosceva ogni suo sguardo, che sapeva quando mentiva, colui col quale si capiva con una semplice occhiata, il suo migliore amico!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ed eccola, seduta in bagno con la schiena appoggiata alla porta e quella maledetta lametta tra le mani. La rigirava come se stesse cercando di leggerci qualcosa, forse un segreto che solo a lei era concesso conoscere.. Continuava a fissarla senza avere il coraggio di spingerla nella sua pelle candida, non lo aveva mai fatto e moriva dalla voglia di provare! Lo facevano in tanti, probabilmente non era cosi doloroso, probabilmente l'avrebbe fatta stare meglio.. stava cercando di analizzare i pro e i contro mentre aveva il viso coperto dalle lacrime.
Dall'altra parte della porta sentiva le urla di sua madre e suo padre: ormai non facevano altro che litigare e, dopo qualche parola di troppo, suo padre alzava le mani prima su di lei e poi sulla madre, abusandone. Gli passarono per la mente le varie scene in cui la madre, col corpo chiuso a guscio in un angolo del salotto, le chiedeva aiuto con gli occhi, ma lei non poteva fare nulla per difenderla, si sentiva uno stupido errore in quel mondo, uno spazio di troppo, una virgola al posto del punto! ERRORE. Era quella la parola che meglio la classificava! E non era tutto, dopo i maltrattamenti a casa ne subiva anche a scuola "ei cessa!" "ciao depressa!" "asociale!" "sfigata!" "pazza" "diversa.".Sarebbe bello se si fermassero qua, dei semplici insulti che bastava ignorare e andare avanti. Purtroppo non era cosi, ogni giorno o quasi, i ragazzi della squadra di basket le si avvicinavano, la portavano nei bagni e iniziavano a farle del male, la picchiavano, le infilavano la testa nel lavandino pieno d'acqua senza farla respirare, la spingevano da una parte all'altra facendola cadere e dopo essersi diverti se ne andavano ridendo, lasciandola sola a piangere e chiedersi cos’ aveva di così sbagliato!
Poi c'era lui, la ragione della sua vita, la ragione per cui valeva alzarsi la mattina, l'unica persona che la capiva, che conosceva ogni suo sguardo, che sapeva quando mentiva, colui col quale si capiva con una semplice occhiata, il suo migliore amico!Si conoscevano dall'infanzia e lui sapeva tutto di lei e della sua storia.. Come avrebbe reagito sapendo che ora era chiusa in bagno con l'intenzione di tagliarsi? Decise che forse era meglio non farlo, voleva essere forte! Fece per appoggiare la lametta quando sentì un urlo di sua madre più forte degli altri e se la immaginò a terra col viso coperto di sangue e il corpo di lividi. Un brivido le attraversò tutta la schiena e, senza pensarci, prese la lametta e con un colpo deciso la passò con forza su quella pelle candida e rosea. 
Una sensazione di tranquillità e piacere le attraversò tutto il corpo, si sentiva bene. Fece un altro segno e un altro ancora, le urla di sua madre sembravano quasi scomparire.. Quando aprì gli occhi si guardò il polso e le fece quasi paura: il sangue iniziava a uscire frettolosamente da quelle ferite, cadendo a piccole gocce sulle piastrelle del bagno e quello che prima era piacere iniziava a trasformarsi in un lieve dolore abbastanza fastidioso. Passò il polso sotto l'acqua gelida mentre il sangue scorreva via a grumi, le stava venendo un senso di nausea mentre il sangue non voleva smettere d’uscire; anche lui come lei sembrava voler conoscere posti nuovi e gente nuova, varcare i confini che lo rendevano prigioniero ed ora ce l’aveva fatta.. Chissà se se ne sarebbe pentito! Avrebbe quasi voluto chiederglielo, se solo fosse stato possibile.
Finalmente il sangue cessò di scorrere e dopo essersi avvolta una benda attorno al polso dolente, si chiuse in camera sua crollando in un sonno profondo.
 
[1 mese dopo..]
«Justin!»
«ei ciao piccola!»si, il suo migliore amico la chiamava "piccola",era un soprannome che piaceva a entrambi: lei si sentiva protetta ed era esattamente ciò che voleva farle sentire Justin, come se lui potesse essere sempre lì per difenderla!
Insieme andarono nella mensa della scuola e dopo aver riempito i vassoi si sedettero in un tavolo all'angolo, giusto per non attirare l'attenzione delle cheerleaders e di quelli della squadra di basket.
Iniziarono a parlare del più e del meno fino a quando a Amy si abbassò leggermente la manica della felpa scoprendo parte dei tagli che Justin non tardò a vedere.
«Amy, che hai sul polso?»chiese indicandoglielo col mento. Domanda del cazzo! Ci si accorge solo nel momento in cui l'hai gia chiesto, cosa siano realmente quei tagli e per quanto uno provi a nasconderli ormai è tardi. 
«Niente»tentó di mentire Amy, ma Justin non era stupido! Inizió a fissarle proccupato il polso che, ormai inutilmente, la ragazza provava a coprire. «Fammi vedere»le disse, porgendole la mano aspettando che questa gli allungasse il polso, cosa che non successe. Lei rimase a fissarsi le mani mentre Justin insisteva nel dargli il polso iniziando cosi ad alterarsi. «Amy, come cazzo ti è venuto in mente! Sei impazzita! Fammi vedere quel polso!»le stava letteralmente urlando contro, cosa che non aveva mai fatto, e avrebbe continuato ancora per molto se lei non gli avesse ceduto il braccio. E così fece mentre gli occhi le si riempirono di lacrime che non voleva far scendere. Quando Justin alzò la manica della felpa sbarrò gli occhi nel vedere com'era conciato quel polso: tagli che avevano direzioni diverse, alcuni di un colore più rosso, probabilmente perchè più recenti, e altri sui quali ormai il sangue si era seccato formando delle croste. Facevano paura, sembrava quasi che si potesse leggere la storia di quella ragazza guardandole i tagli.
Justin li accarezzò dolcemente mentre gli occhi gli si riempirono anche a lui di lacrime, sussurró un «perchè?»appena percettibile guardandola negli occhi. Lei buttava lo sguardo altrove e in quel momento ogni singolo oggetto sembrava più interessante degli occhi di Justin puntati su di lei. «perchè la mia vita fa schifo e questo mi far star bene..».Si vergognava ad ammetterlo, ma era così: in quei pochi momenti in cui incideva sulla pelle la lametta non pensava a nulla, la mente si liberava, c'era solo lei e quella lama incrostata di sangue.
Justin la abbracciò, non si sarebbe mai aspettata un gesto del genere da parte sua, era convinta gli avesse urlato contro, invece si era limitato ad abbracciarla e questo le bastava. Non aveva bisogno di prediche inutili su cose che già sapeva, nè tanto meno che anche lui le andasse contro in un momento delicato come quello. A lei bastava un abbraccio, un po' di dolcezza, quelle piccole emozioni che riusciva a darle Justin e per questo gliene era grata.
Finirono il pranzo in silenzio mentre lui le stringeva la mano e poco dopo uscirono, sempre tenendosi per mano come se quella fosse la cosa più naturale al mondo ed infondo lo era! Si volevano bene e nessuno sarebbe mai riuscito a distruggere quel legame che c'era tra loro.
Andarono al parco e si sedettero su una panchina, per qualche momento regnò il silenzio finchè Justin non si decise a spezzarlo «ce l'hai qua?». Amy capì al volo, si riferiva alla lametta. Effettivamente ce l'aveva con sé, ma se glielo avesse detto probabilmente gliel'avrebbe buttata via e senza la sua lametta si sentiva persa. Rimase qualche secondo in silenzio pensando a una risposa da dargli, ma non ne trovó così fu Justin a parlare di nuovo «non voglio che tu me la dia ora, voglio che tu lo faccia quando ti senti pronta a separartene e smettere di tagliarti. Devi farlo per te stessa non per me, ma ricorda che io sono sempre qui, qualunque cosa accada. Ti voglio bene Amy»e nel dire quelle ultime parole si girò a guardarla. I loro visi distavano pochi centrimetri tra di loro, bastava un soffio del vento per colmare quella distanza, ma nessuno di loro due sembrava voler prendere l'iniziativa. Si fissavano negli occhi, come a volersi dire mille cose, ma le loro bocche non emettevano nessun suono. Le fronti si sfiorarono appena per poi appoggiarsi l'una all'altra e i loro sguardi passavano dalle labbra dell'altro agli occhi, insicuri sul da farsi. Amy in quel momento si sentiva scoppiare, voleva colmare quella distanza tra i due, non poteva più aspettare, mille farfalle le impazzivano nello stomaco, voleva ringraziarlo in qualche modo per l'aiuto che le stava offrendo così prese l'iniziativa e in un gesto delicato poggió la labbra a quelle di lui. Era un bacio dolce e casto, ma colmo d'amore, le loro labbra si muovevano appena le une sulle altre, con una dolcezza quasi eccessiva, come per paura di farsi del male a vicenda. E in quel bacio non c'era nulla di sbagliato, si ripeteva Amy, forse da quando conosceva Justin quella era la cosa migliore che le fosse mai successa e nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento. Si staccarono appena, quasi di malavoglia, poi Justin le baciò dolcemente entrambi gli occhi chiusi sussurrandole un «io sono qui per te, piccola».E Amy si fidó, per la prima volta in vita sua si fidódi qualcuno e decise che non aveva più bisogno della lametta, che ora c'era Justin con lei e quella stessa sera gliela diede, come se gli stesse donando una parte del suo cuore. «Mi sto fidando Justin, non deludermi» «Non lo faró piccola»e si baciarono ancora e ancora come se fosse l'unica cosa che importasse.



LEGGIMI
eccomi qua! :)
allora.. beh intanto volevo iniziare ringraziando chi è arrivato fino in fondo, ve ne sono grata significa tanto per me :)
Poi già che ci siete perché non mi lasciate una recensione? Accetto di tutto, critiche comprese in modo che possa migliorare :)
Ho scritto anche un’altra one-shoot sempre sull’autolesionismo e quindi se vi va potreste passare a leggerla :)
qui il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1530116&i=1
Grazie a chi recensirà :)
mi dileguo.. CIAO! :)
  
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