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Autore: sleepingwithghosts    29/12/2012    2 recensioni
Perché è così che mi sento: sento che sto crollando. E mi rialzo, mi sono rialzata una, due, dieci, mille volte, ma una volta non ce la farò più da sola, le ginocchia saranno troppo sbucciate, le gambe troppo stanche, e rimarrò giù, ad aspettare che qualcuno mi raccolga come si fa con un gatto randagio. Perché non riusciamo a salvarci da soli. Si diventa pazzi, dopo un po’, a salvarsi da soli.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WISH YOU WHERE HERE.

 

 

 

How I wish, how I wish you were here.
We’re just two lost souls swimming in a fish bowl,
Year after year,
Running over the same old ground.
What have you found? The same old fears.
Wish you were here.

                                                                                                                                                                                                             

 

 

 

Sapete, tra me e lui era solo, tutto, un vaffanculo. Non nel senso che litigavamo sempre, non credo avessimo mai litigato seriamente – non ce n’erano i motivi, non c’era l’occasione, non c’era il carattere –, era tutto un vaffanculo perché non c’era mai niente che andava per il verso giusto, per il verso che volevo io.
I miei sentimenti, da quando l’avevo conosciuto, erano in subbuglio. Un casino, diciamolo. Gli volevo bene: era dolce, dolce come quelle caramelle che trovi in un vasetto nel salotto dei nonni, che ancora si illudono che tu abbia cinque anni, e non diciassette; era intelligente, un tipo da otto e settanta di media, o una cosa così, che ti prendeva in giro dicendoti che eri un capra quando sostenevi con tutta te stessa che ‘coscienza’ andava senza ‘i’; era bello, anche se lui diceva che non era vero, ma io lo sapevo, sapevo!, che tutte la pensavano come me, perché con quel ciuffo che si ritrovava non la potevi pensare diversamente. Poi tutto d’un tratto non gli volevo più bene, lo odiavo: non mi capiva, era stupido, era piccolo, non gli interessavo, sbagliava le parole, non gli importava di me, non mi capiva, non mi capiva, non mi capiva. O mi capiva troppo? Mi capiva troppo?
E qui boom. Sì, proprio boom. Perché io non gli volevo più bene e non lo odiavo più, io provavo qualcos’altro. È a questo punto che i vaffanculo nella mia testa sono iniziati. Perché avevo sbagliato tutto. Perché lui aveva sbagliato tutto. Perché non potevamo essere uno sbaglio, non era giusto lo fossimo, non era vero, noi non eravamo uno sbaglio!, non lo eravamo, no, non siamo uno sbaglio, noi non siamo…  noi non eravamo un noi.

 

«Io te lo giuro»
Lo sai quanto odiavo quando mi giuravi qualcosa? Mi sembrava tutto falso, posticcio. «Io te lo giuro sulla mia D.» «Io te lo giuro, te lo giuro, te lo giuro», dicevi. Ma non avevo bisogno che tu giurassi che io ero importante, non avevo bisogno che tu giurassi che ero la tua persona preferita in questo mondo, non avevo bisogno che mi giurassi niente, perché io lo sapevo già, quanto mi volevi bene. Io sapevo, io vedevo. Vedevo cosa provavi per me, per lei, vedevo il tuo sorriso, vedevo la tua faccia stanca che inevitabilmente scambiavo per la tua faccia triste, e non capivo, non capivo perché eri triste, e allora mi dicevi che eri solo stanco, una brutta giornata a scuola, una litigata con mamma, e io allora sospiravo, perché eri solo stanco, perché non eri triste.

«Tu sei sopra a qualsiasi ragazza, perché loro se ne vanno e tu no»
Lo sai quante volte ho pensato di andarmene, di andarmene da te, da noi – anche da me stessa – decidere di non scriverti più, di non vederti più, di non piangere più? E tutte le volte mi dicevo che non potevo, perché sarei stata peggio senza di te, sarei stata ancora più male. Perché mi saresti mancato così tanto da starci più male che vederti tutti i giorni, che parlarti tutti i giorni, che sorriderti tutti i giorni, che crollare tutti i giorni perché non ero tua.

 

Tua.
Noi umani abbiamo questo bizzarro bisogno di sentire che apparteniamo a qualcosa, a qualcuno. Ci piace tanto fingere che da soli siamo invincibili, che il silenzio ci fa stare bene, che la pioggia sia un rumore delizioso da ascoltare con il sorriso, che un libro e una coperta sia tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Io fingo un sacco di volte, dico sempre che sono un lupo solitario, che mi piace esserlo, che mi piace la pioggia, mi piacciono le docce calde, i libri, che mi piacciono le nuvole, che mi piacciono i sospiri. La verità è che mi sento così sola che ormai esserlo è diventata un’abitudine, e dico che infondo sì, mi piace stare da sola, che sì, io la pioggia l’accolgo con un sorriso perché mi rilassa. Ma no, no, non è vero. Ogni volta che il cielo è grigio a me bruciano gli occhi, e voi direte che è solo il riflesso del sole sotto le nuvole: può essere, ma a me viene da piangere. E le docce calde sono autolesionismo, perché sono bollenti, ustionanti, che quando esci la pelle ti fa male, come se tutte le cose che hai appena pensato sotto il getto si fossero incastrate nella carne come spilli; che quando esci la pelle è rossa, come il sangue che  hai sulle labbra quando le mordi, e non lo fai a posta, non lo programmi, è solo che hai sentito un altro brandello di te staccarsi, e hai pensato che anche gli altri avrebbero dovuto vedere che ti stavi rompendo, che ti stavi distruggendo, divorando.
Perché è così che mi sento: sento che sto crollando. E mi rialzo, mi sono rialzata una, due, dieci, mille volte, ma una volta non ce la farò più da sola, le ginocchia saranno troppo sbucciate, le gambe troppo stanche, e rimarrò giù, ad aspettare che qualcuno mi raccolga come si fa con un gatto randagio. Perché non riusciamo a salvarci da soli. Si diventa pazzi, dopo un po’, a salvarsi da soli.

 

Ricordo quelle volte in cui piangevi, e io pensavo che avresti dovuto essere tu l’uomo, che avresti dovuto smettere perché non sapevo che cosa fare. Ricordo che cominciavo a dirti tutte le cose belle che mi venivano in mente: che sarebbe andato tutto bene, che non eri solo, che c’ero io, che eri bello, una bella persona, che qualcuno prima o poi ti avrebbe amato, che
«
non so scrivere poesie
ma il cielo è blu
io sono io
e tu sei tu» ricordi? Perché io ricordo, io ricordo tutto. E a volte vorrei solo dimenticare tutto quanto. Ma poi mi tornando in mente le cose belle, quelle volte in cui io ridevo, o tu ridevi, quelle volte in cui cantavamo come matti guardandoci negli occhi – per quanto possibile – quelle volte in cui mi dicevi che il mio accento e la mia voce ti suonavano buffe, quelle volte in cui il tuo microfono non funzionava e io mi perdevo interi tuoi discorsi e tu scuotevi la testa e cominciavi a picchiare il computer. Ti ricordi? Io ricordo che mi hai presentato il tuo gufo, e diavolo, mi sono sentita importante, perché lui era il tuo gufo!
Ti ricordi di tutte queste cose?
Ti ricordi di come eravamo all’inizio?

 

Io voglio, io voglio, io voglio,
io voglio solo che tu sia qui con me. Che mi prendi la mano e porti a prendere un gelato con la panna sopra, che ti metti in posa e ti faccio delle foto(“sorridi” “fai una faccia buffa” “no, così fai paura” “smettila di sorridere” “stai fermo!”), che mi canti una canzone nell’orecchio, anche se sei stonato, anche se ho i paraorecchi e non ti sento bene. Voglio che mi fai ridere, tanto, fino ad avere mal di pancia; che mi dici di smetterla di mangiarmi le unghie; che mi parli, di quello che vuoi (lo so che mi parleresti di sport, e lo so che lo sai che di sport non so niente), nel tono che vuoi; voglio che mi abbracci, perché si sa che le persone o le si abbraccia o le si lascia in pace. E io non voglio che tu, fra tutti, mi lasci in pace. Non voglio che tu mi lasci andare via da te. L’hai promesso che non ti saresti fatto allontanare da me, l’hai promesso che non ti saresti allontanato, che non volevi. Voglio solo che tu voglia stringermi fra le tue braccia, soffiarmi fra i capelli e dirmi che tu ci sei, che non te ne vai, che dobbiamo smetterla di avere paura, dobbiamo smetterla di piangere, dobbiamo smetterla con questi vaffanculo. Devi dirmi che non ti piacciono i tramonti perché ti mettono malinconia, e che devo smetterla di parlare di Harry Potter, che non ce la fai più a sentirmi blaterare. Devi dirmi che in ogni caso ti piace sempre quello che dico, che non importa se ho le labbra screpolate, il raffreddore, se odio il calcio e i miei capelli sono un disastro. Devi dirmi, come quella volta che me l’hai cantato in faccia con gli occhi grandi grandi, che noi siamo invincibili. Che noi insieme siamo invincibili, che stiamo brillando.

Vorrei tanto mi dicessi che anche tu mi vorresti lì con te.

  
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