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Autore: Aniel_    31/12/2012    3 recensioni
Dean e Castiel affrontano tutte le questioni rimaste in sospeso e trovano risposte che credevano di non volere. (Spoiler 8 stagione)
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
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Fandom: Supernatural
Pairing/Personaggi: Dean/Castiel 
Rating: Pg
Genere: introspettivo, fluff
Warning: slash, spoiler 8 stagione, OOC (un po' sì, dai!)
Summary: Dean e Castiel affrontano tutte le questioni rimaste in sospeso e trovano risposte che credevano di non volere.
Note: questa one shot è stata scritta sul prompt 31
. Rumore/Silenzio della mi cartellina er l Maritombola maridichallenge
Note #2: con questa storia vi faccio gli auguri di buon anno. Mi sono convertita la fluff vista la giornata e anche in previsione della 8x10 che sono sicura ci farà molto molto male. Auguri mie care!
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, per niente, e la cosa non potrebbe rendermi più triste.


Promise you'll never leave me
 

Dean sospirò stancamente quando la corrente saltò per l'ennesima volta interrompendo un noiosissimo documentario sui fenicotteri rosa. Si passò una mano sugli occhi, tentando di scacciar via la stanchezza, e si diresse verso il bagno: la luce dell'insegna luminosa del motel che filtrava attraverso la finestra fu sufficiente da fargli evitare tutti gli ostacoli durante il tragitto.
Diede una veloce occhiata al cellulare e notare il display desolatamente vuoto lo fece sospirare ancora, meno stanco e più incazzato di prima.
Se Sam aveva intenzione di fare il punto della situazione, magari pestandolo per la storia del messaggio di Amelia, lui non si sarebbe di certo tirato indietro. Ma quel silenzio lo stava sfinendo, quel particolare modo che suo fratello aveva per farlo infuriare lo avrebbe mandato dritto al manicomio.
Scosse il capo e si sciacquò il viso. Ormai per oggi è andata, pensò distrattamente, alzando nuovamente il capo e voltandosi verso la camera da letto.
Trasalì - reprimendo un urlo che sarebbe parso ben poco virile- quando si ritrovò il viso di Castiel a un palmo dal proprio naso.
«Ciao Dean» lo salutò, restando impalato sul posto come sua abitudine.
«Immagino di dovermi riabituare a tutto questo» mormorò il cacciatore, poggiando le mani sulle spalle dell'amico e allontanandolo gentilmente.
«Ho ricevuto il tuo messaggio» continuò l'angelo, seguendolo con lo sguardo fino al divano, «è successo qualcosa? Dov'è Sam?»
«Sam sarà in un bar a bere ripensando a quando faceva shopping di lozioni per capelli con la sua dolce metà. Ti ho chiamato perché...» si interruppe, pensando che forse terminare la frase con "mi sentivo solo" suonasse troppo inopportuna. Si schiarì la voce prima di aggiungere «perché non ti sei fatto vedere per un po'. Come è andata quest'ultima settimana?»
Castiel aggrottò la fronte, perplesso, ma non si mosse di un solo millimetro. «Bene.» rispose, conciso.
Dean lo osservò: nella semioscurità i suoi occhi brillavano come fari riflettendo la luce dell'esterno. «Grazie, sei stato esauriente. È come se ci fossi stato[1]» ironizzò, ma Castiel, come al solito, non colse la battuta.
«Pensavo che... è da un po' che non parliamo io e te.» continuò, la gola improvvisamente secca.
Dean aveva come l'impressione di non parlare con l'angelo da anni, come se quei brevi e fugaci momenti di conversazione appartenessero ad un passato troppo lontano da ricordare.
Inconsciamente l'idea di un a tu per tu lo terrorizzava perché non era certo di voler scoprire tutto quello di cui era rimasto all'oscuro: aveva dimenticato, Dean. Aveva voltato pagina. Lo aveva guardato negli occhi quando Castiel si faceva chiamare Emmanuel e non aveva pensato ad altro se non al fatto di averlo ritrovato.
Ma quei ricordi, alle volte, li sentiva grattare e dimenarsi dentro di sé, alla ricerca di risposte che sapeva di non volere, non davvero almeno.
Castiel strinse le palpebre, impercettibilmente, prima di raggiungerlo sul divano, la sua gamba che sfiorava appena quella del cacciatore.
«Di cosa vuoi parlare?» domandò, incerto.
«Non lo so... qualsiasi cosa andrà bene, immagino» propose Dean. «Sei tornato ai piani alti?»
L'angelo aggrottò la fronte, come se fosse perplesso o confuso, e dopo una manciata di secondi scosse il capo. «Io non posso» mormorò, sbattendo le palpebre più di una volta. «Non voglio, credo.» si corresse.
«Cosa vuol dire credo? Non puoi o non vuoi?»
«Io non voglio. Io non...» balbettò, portandosi una mano sulla fronte.
«Ehi stai bene?»
Qualcosa non andava, Dean riusciva a percepirlo. Non poteva sopportare nuovi silenzi, nuove incomprensioni, nuovi scontri. Non con lui. Non con Castiel.
«Cas cosa sta succedendo?» chiese. La sua voce tremò appena.
Castiel inclinò il capo. «Cosa intendi?»
«Questo! Non dai risposte, sembra che tu stia nascondendo qualcosa e l'ultima volta che ho avuto questa impressione non so se ricordi come è andata a finire!»
Dean aveva iniziato ad urlare senza rendersene conto; era scattato in piedi come una molla e aveva urlato e Castiel aveva spalancato gli occhi e premuto la schiena contro i cuscini del divano, nel tentativo di allontanarsi.
«Scusa» mormorò il cacciatore, chinando il capo. «Mi dispiace.» aggiunse, voltandogli le spalle.
Non voleva ripensare al passato. Non doveva.
«Dean» lo chiamò l'altro, e la sua voce fu seguita dalla sua mano poggiata sulla spalla del cacciatore, che lo fece voltare lentamente verso di sé.
Gli occhi di Castiel erano duri e decisi, smorzati appena da qualcosa che a Dean parve colpa o vergogna. «Mi dispiace, Dean.»
Dean scosse il capo e si sforzò di sorridere. «Non devi. Non scusarti» lo pregò, perché non voleva ricordare, voleva che Castiel facesse silenzio, voleva sedersi sul divano e guardare uno stupido programma per casalinghe disperate, voleva che la luce tornasse perché al buio si sentiva così insicuro e soprattutto così nudo di fronte allo sguardo del suo angelo.
«Mi dispiace davvero» continuò l'altro, ignorandolo. «Avrei dovuto darti retta. Sono stato uno sciocco, ho perso di vista le cose importanti. E so di aver sbagliato ma volevo solo proteggerti. Ho sempre voluto proteggerti, non mi è mai importato altro. Mi dispiace di averti mentito e di averti abbandonato. Non era mia intenzione. Non ti lascerei mai se dipendesse da me.»
«Dipende da te, Cas! Quindi non farlo. So difendermi da solo ma se vuoi proteggermi devi restare. Cosa ti è saltato in mente in Purgatorio? Sei stato un'esca per tutto quel tempo solo per tenere i Leviatani lontani da me. Non è questo che voglio, stupido moccioso piumato. Voglio poter sperare che quando sparirai per svolazzare tra le nuvole poi tornerai indietro. Devo sapere che tornerai sempre qui.»
«Tornerò» promise. «Tornerò sempre.»
Dean annuì e gli sorrise, reprimendo l'istinto di allungare le mani e poggiarle su quelle spalle stanche e piegate all'ingiù, di afferrarlo per la stoffa del trench e stringerlo a sé solo per convincersi che era reale, che non era un incubo del purgatorio, che era finalmente a casa.
Deglutì e indietreggiò di pochi passi: il rumore provocato dall'impatto della propria schiena contro il muro spezzò il silenzio.
«Lo hai baciato?» chiese all'improvviso il cacciatore, maledicendosi per una domanda così stupida. Eppure voleva saperlo per una qualche ragione che non riusciva a comprendere.
«Temo di non capire» rispose l'altro, stirando le labbra in una linea bianca appena illuminata dalla luce esterna.
«Crowley» specificò «avete fatto un patto, no?»
Castiel scattò in avanti, come se fosse appena stato folgorato da una scarica elettrica. «No Dean, io non ho un'anima, non funziona così. E poi non lo avrei mai fatto. Mai.»
«Oh. Va bene.»
Il silenzio calò nuovamente, il buio continuava ad avvolgerli e Castiel era un po' più vicino: se Dean avesse allungato una mano lo avrebbe toccato. Ma non si mosse.
«Aspetta. Aspetta un attimo. Tu non sei più...» si interruppe, spalancando le palpebre e portandosi una mano sulle labbra.
Castiel parve confuso. «Non sono più cosa?»
«Non ci avevo minimamente pensato, ma non lo sei. Non puoi esserlo ancora quindi...»
«Dean vuoi deciderti a terminare la frase o no?» chiese, e sembrò quasi irritato? Piccato?
«Sei un uomo adesso! Non sei più vergine!»
«Io non sono un uomo, Dean. Sono un angelo, lo sai bene e... oh
«Oh sì.»
«Ti riferisci alla moglie di Emmanuel, non è così? Non conta.»
Dean lo vide adombrarsi e chinare il capo, quasi offeso, come se perdere la verginità con una donna fosse qualcosa di cui vergognarsi. Così tipico di Castiel. «Cas guarda che non c'è nulla di male» lo tranquillizzò.
«Non è questo che voglio dire. Non ero in me, ero un'altra persona. Non rammentavo nulla del mio passato perché altrimenti non lo avrei fatto.»
«Andiamo! Rilassati, amico. Ti stai comportando come se avessi scopato dopo una sbronza colossale!»
«Ma è così che mi sono sentito!» sputò fuori con rabbia, accorciando ancora le distanze fin quando non fu così vicino che Dean riuscì a sentire il suo respiro sulla pelle.
Il sorriso gli morì sulle labbra.
«L'ho fatto solo perché non ricordavo. La mia vita come Emmanuel era azzerata e mi sentivo così solo, così confuso. Daphne è stata gentile ma non credo mi amasse e io non amavo di certo lei. C'era e basta. Era la vita di qualcun altro, non la mia. Ogni tanto sentivo una canzone rock alla radio, o il rombo di un motore, o l'aroma di mele e cannella di una pasticceria e mi rendevo conto che mancava qualcosa. Qualcosa di essenziale. Ho iniziato a vagare aiutando le persone sperando di trovare quel qualcosa che mancava, pregando che se l'avessi visto lungo la strada l'avrei riconosciuto. Non mi importava di quella vita, Dean, stavo solo cercando di ritrovare questa.»
Dean tese una mano e sfiorò il polso dell'altro, così caldo e tangibile, così reale. «Va tutto bene» disse, tirandoselo contro e circondandogli la vita con le braccia. «Va tutto bene» ripeté, la testa poggiata sulla sua spalla.
Castiel rispose all'abbraccio con entusiasmo, si aggrappò a lui come se ne dipendesse la sua stessa vita - così lontano dal ricordo che Dean aveva del purgatorio- e lo spinse in maniera poco gentile contro il muro. Dean sentì il fiato mancare ma la sensazione fu sostituita da quella più piacevole del corpo caldo dell'angelo premuto addosso, i fianchi più stretti di quelli di una donna tra le sue mani ma non meno piacevoli, la barba ispida che gli solleticava il collo e un profumo che era più un ricordo, un profumo che sapeva di Lawrence, dei capelli di Mary, di polvere da sparo, dopo barba e polvere, di sangue e di terra, di pancake e sciroppo d'acero, di abete e muschio, di bruciato, di zucchero, di casa. E Castiel era casa per lui.
Percepì le labbra pallide e morbide dell'angelo posarsi sul suo collo, mandando una scarica di brividi al suo basso ventre. E poi quelle labbra furono sulle sue, delicate, in un tocco appena accennato e Dean capì che se avesse voluto tirarsi indietro, Castiel lo avrebbe lasciato fare.
Ma non si tirò indietro, non lo allontanò: lo strinse solo un po' più forte, inclinò il capo per approfondire il bacio e sfilò con un po' di fatica quel trench troppo ingombrante.
E Dean capì che se si fosse addormentato nel cuore della notte, una volta riaperti gli occhi avrebbe trovato Castiel al suo fianco.
Gli bastava questa certezza, dopotutto.

 FINE
 

[1] The O.C. 1x1 The Best Chrismukkah Ever

   
 
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